Imparare a Imparare in Medicina: Il PBL Mantiene Davvero le Promesse? Scoperte Inattese da Uno Studio nel Tempo
Ciao a tutti! Oggi voglio parlarvi di un argomento che mi sta molto a cuore e che riguarda il modo in cui noi futuri medici (e non solo!) impariamo. Si parla tanto di Problem-Based Learning (PBL), questo approccio super innovativo che dovrebbe trasformarci in pensatori critici, capaci di risolvere problemi complessi collaborando. L’idea di base è fantastica: invece di sorbirci lezioni frontali passive, ci si mette in gioco con casi reali, si scava a fondo per capire e trovare soluzioni, un po’ come dei detective della medicina. Ci si aspetta che questo metodo stimoli un apprendimento profondo, quello vero, che ti fa capire le cose nel midollo e non solo memorizzare per l’esame.
Ma… funziona davvero così nella pratica? È questa la domanda che ci siamo posti e che ci ha spinto a indagare più a fondo, seguendo un gruppo di studenti di medicina per un intero anno accademico. Volevamo capire se il PBL riuscisse davvero a coltivare quell’approccio profondo tanto desiderato, o se la realtà fosse un po’ più complicata. E, vi anticipo, qualche sorpresa l’abbiamo avuta!
Capiamo Meglio: Approcci all’Apprendimento e PBL
Prima di tuffarci nei risultati, facciamo un passo indietro. Cos’è esattamente il PBL? Immaginatelo come un’indagine collaborativa. Viene presentato un problema (spesso un caso clinico), e in piccoli gruppi, guidati da un facilitatore, si cerca di capire cosa sta succedendo, cosa bisogna sapere per risolverlo, e dove trovare le informazioni. La responsabilità è nostra, degli studenti. Dobbiamo essere attivi, curiosi, capaci di lavorare insieme e di dirigerci da soli nello studio. Sembra l’ideale per sviluppare competenze essenziali per un medico, no?
Ora, parliamo di come impariamo. Non siamo tutti uguali davanti ai libri o ai problemi. Gli esperti identificano principalmente tre “stili” o approcci all’apprendimento:
- Approccio Profondo (Deep Learning): Chi adotta questo approccio ha una motivazione intrinseca, una vera curiosità. Vuole capire a fondo, collegare le nuove informazioni a ciò che sa già, vedere il quadro generale. Non studia solo per passare l’esame, ma per comprendere il significato e l’applicazione pratica di ciò che impara. È spinto dal desiderio di padroneggiare l’argomento.
- Approccio Superficiale (Surface Learning): Qui la motivazione principale è esterna: evitare il fallimento, fare il minimo indispensabile per superare l’ostacolo. L’obiettivo è memorizzare fatti e nozioni, spesso a pappagallo, senza troppo sforzo critico o ricerca di connessioni. L’interesse per la materia è scarso, e si fatica a vederne la rilevanza pratica.
- Approccio Strategico (Strategic Learning): L’obiettivo primario è il voto, il risultato accademico, magari superare i compagni. Chi usa questo approccio è molto abile nel capire cosa vuole il “sistema” (professori, esami) e adatta le sue strategie per massimizzare il rendimento con il minimo sforzo percepito come “inutile”. Può usare tattiche sia profonde che superficiali, a seconda di cosa ritiene più efficace per ottenere un buon voto.
Idealmente, soprattutto in campi come la medicina, l’approccio profondo è quello che tutti vorremmo sviluppare e vedere negli studenti. Ma il PBL riesce davvero a spingerci in quella direzione?
La Nostra Indagine: Cosa Abbiamo Fatto
Per rispondere a questa domanda, abbiamo coinvolto 129 studenti del primo anno di medicina, provenienti da due università (una a Londra e una a Nicosia) che seguono esattamente lo stesso curriculum integrato basato sul PBL. Li abbiamo “fotografati” all’inizio dell’anno accademico e poi di nuovo alla fine, usando un questionario validato (lo Study Process Questionnaire, SPQ) per misurare i loro approcci all’apprendimento (profondo, superficiale, strategico) e le relative motivazioni e strategie.
Abbiamo raccolto anche dati sulle loro caratteristiche (età, genere, background formativo, etnia, ecc.), sui loro risultati agli esami (sia scritti che pratici, come gli OSCE – esami clinici a stazioni) e sulla loro soddisfazione riguardo all’esperienza PBL, in particolare per materie “toste” come la farmacologia. L’idea era vedere non solo se l’approccio cambiava nel tempo, ma anche se questi cambiamenti fossero legati alle performance o alla soddisfazione, e se alcuni gruppi di studenti fossero, diciamo, più “vulnerabili” alle sfide del PBL.

Risultati Sorprendenti: Cosa Abbiamo Scoperto
Ed eccoci al dunque. Cosa ci hanno detto i dati? Beh, la prima scoperta è stata un po’ un colpo di scena. Contrariamente alle aspettative, la motivazione profonda degli studenti è diminuita significativamente nel corso del primo anno. Sì, avete letto bene: meno entusiasmo personale, meno coinvolgimento intrinseco nello studio alla fine dell’anno rispetto all’inizio. Questo va un po’ contro l’idea che il PBL di per sé accenda la fiamma della curiosità profonda in modo duraturo.
Ma non è tutto uguale per tutti. Guardando i singoli studenti, abbiamo visto un bel po’ di movimento: c’era chi migliorava il proprio approccio, chi peggiorava, chi restava stabile. Il PBL non ha un effetto monolitico. E qui entrano in gioco le caratteristiche individuali:
- Studenti maschi, più grandi d’età, di etnia bianca, con già una laurea (specialmente in scienze biomediche) o madrelingua inglese tendevano a mostrare una minore motivazione profonda alla fine dell’anno.
- Studentesse femmine, studenti più giovani o con solo una laurea triennale mostravano invece un aumento della motivazione superficiale. Sembra che la paura di fallire o il desiderio di “fare il compitino” prendesse un po’ il sopravvento.
- Gli studenti della sede di Nicosia sono diventati mediamente meno strategici.
Un altro risultato interessante? Non abbiamo trovato un legame diretto tra l’approccio all’apprendimento (o il suo cambiamento durante l’anno) e i voti agli esami, né quelli scritti né quelli pratici (OSCE). Sembra quasi controintuitivo, no? Uno si aspetterebbe che chi impara “meglio” (in modo profondo) prenda anche voti migliori, ma nel nostro contesto non è stato così evidente. Forse gli esami misurano anche altre abilità, o forse anche chi studia in modo superficiale o strategico riesce a trovare il modo di performare bene.
E la soddisfazione? Qui qualche legame è emerso:
- Chi tendeva all’approccio superficiale era meno soddisfatto di come la farmacologia veniva integrata nel PBL e aveva meno fiducia nelle proprie capacità future di prescrivere farmaci.
- Chi usava un approccio strategico mostrava una preferenza per le lezioni tradizionali rispetto al PBL, aveva percezioni contrastanti sull’apprendimento della farmacologia nel PBL, ma apprezzava la diversità degli studenti nel gruppo come un aiuto per il proprio apprendimento (forse per capire meglio cosa è importante per l’esame?).

Perché Succede Questo? Possibili Spiegazioni
Ok, la motivazione profonda cala, alcuni si spostano verso un approccio superficiale, e i voti non sembrano dipendere direttamente dall’approccio. Perché? Non abbiamo una risposta unica, ma possiamo fare delle ipotesi basate anche su studi precedenti.
Il calo della motivazione profonda potrebbe essere legato a diversi fattori:
- Carico di lavoro eccessivo: Il primo anno di medicina è tosto, e forse la mole di studio spinge a cercare scorciatoie (approccio superficiale o strategico) piuttosto che a godersi il piacere della scoperta.
- Pressione degli esami: Se gli esami sono percepiti come basati sulla memorizzazione o richiedono performance specifiche, gli studenti potrebbero adattare il loro studio per massimizzare il voto, anche a scapito della comprensione profonda.
- Incertezza del curriculum PBL: L’apprendimento auto-diretto è bello, ma può anche generare ansia. “Sto studiando le cose giuste? Abbastanza in profondità? Come faccio a sapere se sono preparato?”. Questa incertezza, se non gestita bene, può portare a stress e a un approccio più superficiale per “coprire” tutto.
- Adattamento: Forse è semplicemente un processo di adattamento al nuovo ambiente universitario e alle sue richieste.
- Stress generale: Mancanza di conoscenze, ambiente clinico, competizione, vita quotidiana… sono tutti fattori che possono influenzare negativamente l’approccio all’apprendimento.
Il fatto che certi gruppi sembrino reagire diversamente (es. genere, età, background) suggerisce che le esperienze pregresse, le aspettative culturali o forse anche la maturità giocano un ruolo nel modo in cui si affronta un ambiente sfidante come il PBL. Ad esempio, le studentesse potrebbero sentire di più la pressione esterna, mentre gli studenti con lauree precedenti potrebbero perdere interesse se rivedono argomenti già noti, o al contrario sentirsi più sicuri e mantenere la motivazione.
Cosa Ci Portiamo a Casa? Implicazioni per l’Educazione Medica
Quindi, il PBL è da buttare? Assolutamente no! Rimane un approccio con enormi potenzialità. Ma questo studio ci dice chiaramente che non è una bacchetta magica e che i suoi benefici non sono automatici né uguali per tutti.
La lezione più importante è che dobbiamo essere consapevoli di queste dinamiche. Gli educatori, i tutor, le università devono riconoscere che implementare il PBL richiede attenzione non solo al metodo, ma anche al contesto e agli studenti.
- Supporto mirato: Abbiamo identificato gruppi di studenti che potrebbero essere più “a rischio” di sviluppare approcci meno desiderabili. Forse hanno bisogno di un supporto specifico per gestire lo stress, l’incertezza dell’auto-direzione, o per mantenere viva la motivazione intrinseca.
- Bilanciamento del carico di lavoro e delle valutazioni: È cruciale trovare un equilibrio tra sfide stimolanti e un carico sostenibile. Anche il modo in cui valutiamo gli studenti può influenzare potentemente il loro modo di studiare. Servono valutazioni che premino la comprensione profonda e il pensiero critico, non solo la memorizzazione.
- Chiarezza e guida: Pur mantenendo la centralità dello studente, è importante fornire una guida chiara e un feedback efficace per ridurre l’ansia legata all’incertezza.
- Flessibilità curriculare: Forse il curriculum stesso può essere adattato per integrare meglio i punti di forza del PBL e mitigare le sue potenziali debolezze, magari combinandolo strategicamente con altri metodi didattici.
Insomma, il viaggio nell’apprendimento medico è complesso. Capire come gli studenti imparano e come l’ambiente influenzi questo processo è fondamentale per formare medici competenti, riflessivi e motivati. Il nostro studio aggiunge un tassello importante a questo puzzle, ricordandoci che dobbiamo continuare a osservare, adattare e supportare i nostri studenti nel loro percorso. La ricerca futura dovrà esplorare ulteriormente come interventi specifici possano davvero aiutare a coltivare quell’apprendimento profondo che tutti desideriamo.

Fonte: Springer
