Vista grandangolare di un tunnel stradale moderno e illuminato, traffico fluido con scie luminose rosse e bianche delle auto, esposizione lunga, obiettivo 15mm, messa a fuoco nitida sull'architettura curva del tunnel, atmosfera urbana dinamica al crepuscolo.

Particolato dalle Auto: Quello che Non Vediamo (ma Respiriamo) – Scoperte Shock da un Tunnel!

Ciao a tutti! Oggi voglio parlarvi di qualcosa di invisibile ma incredibilmente importante per la nostra salute e per l’ambiente: le micro-particelle che escono dalle nostre auto. Sì, lo so, non è proprio l’argomento più allegro del mondo, ma credetemi, quello che abbiamo scoperto studiando il traffico “nel mondo reale” è affascinante e un po’ preoccupante.

Avete presente il famoso PM2.5? Quelle particelle così piccole da entrare nei nostri polmoni? Ecco, la faccenda è ancora più complessa. Esistono particelle ancora più minuscole, le cosiddette “ultrafini” (sotto i 100 nanometri, praticamente invisibili!), e capire quante ce ne sono e di che tipo è fondamentale. Il problema è che misurarle nel caos del traffico quotidiano, con mille variabili, è un’impresa titanica. I dati reali, quelli presi “sul campo”, scarseggiano.

La Sfida: Misurare l’Invisibile nel Traffico Reale

Per cercare di capirci qualcosa di più, abbiamo fatto una cosa un po’ particolare: ci siamo “accampati” per due settimane all’ingresso e all’uscita di un tunnel stradale molto trafficato in una megalopoli cinese, a Tianjin. Perché un tunnel? Beh, è un ambiente quasi “controllato”: l’inquinamento lì dentro viene quasi esclusivamente dalle auto che ci passano, senza troppe interferenze esterne come il sole che scatena reazioni chimiche strane o altre fonti di smog. Misurando la differenza tra l’aria che entra e quella che esce, potevamo avere un’idea abbastanza precisa di cosa “sputano” fuori le auto nel loro insieme, il cosiddetto “parco circolante”.

Abbiamo usato strumenti sofisticatissimi (SMPS e APS, per i più tecnici) per contare le particelle e misurarne le dimensioni, da quelle minuscole di 10 nanometri fino a quelle più “grossolane” di 10 micrometri. In più, abbiamo monitorato i soliti sospetti: ossidi di azoto (NOx), monossido di carbonio (CO), black carbon (BC, la fuliggine nera), e ovviamente abbiamo contato le auto, visto che tipo erano (benzina, diesel, nuove energie) e a che velocità andavano.

Sorpresa #1: Le Particelle “Appena Nate”

La prima cosa che ci ha colpito è stata la distribuzione dimensionale delle particelle (PSD). Sapete dove si concentrava il maggior numero di particelle emesse dalle auto nel tunnel? Nella cosiddetta modalità di nucleazione, cioè tra le particelle più piccole in assoluto (sotto i 25 nm). Il picco era intorno agli 11 nanometri! Questo è super interessante perché suggerisce che molte di queste particelle non escono direttamente così piccole dalla marmitta, ma si formano *subito dopo*, nell’aria, a partire da composti volatili presenti nei gas di scarico. Sono come particelle “appena nate”, fresche fresche.

Questo è importante perché le normative attuali, come la China-VI (simile all’Euro 6), si concentrano sul numero di particelle *non volatili* sopra i 25 nm. Ma qui vediamo che c’è un mondo di particelle volatili ancora più piccole che sfuggono a queste metriche!

Un altro dato curioso: confrontando le emissioni medie per litro di carburante (il cosiddetto “fattore di emissione”, PNEF) misurate nel tunnel con quelle misurate su singole auto in laboratorio (test al banco), abbiamo visto che nel tunnel le emissioni di queste particelle piccolissime erano *significativamente più basse*. Perché? Probabilmente per un mix di fattori:

  • Diluizione: Nel tunnel l’aria si mescola molto di più e più in fretta che in un test di laboratorio, limitando forse il tempo per la formazione di queste particelle volatili.
  • Veicoli Nuovi: Nel traffico reale c’erano anche veicoli elettrici o ibridi (circa il 20%) che abbassano la media delle emissioni.
  • Guida Reale vs Test: I test standard includono accelerazioni e frenate brusche che nel flusso più costante del tunnel magari non avvengono così spesso, e queste manovre tendono a produrre più particelle.

Fotografia di traffico intenso all'interno di un tunnel stradale, vista dall'interno di un'auto, obiettivo grandangolare 24mm, messa a fuoco nitida sulle luci posteriori delle auto rosse e bianche, effetto leggermente mosso per indicare movimento, atmosfera notturna.

Sorpresa #2: I “Super Inquinatori” Notturni

Ci aspettavamo che l’inquinamento da particelle seguisse l’andamento del traffico: più auto, più particelle. E in linea di massima era così, con picchi durante le ore di punta mattutine e serali. Ma poi abbiamo notato delle anomalie strane. Verso le 3 di notte e le 8 di sera, nonostante il traffico calasse, c’erano dei picchi improvvisi e notevoli nel numero di particelle (PNC) e nel black carbon (BC).

Indagando più a fondo sui tipi di veicoli che passavano in quelle ore, abbiamo trovato il colpevole: i cosiddetti “high-emitting vehicles” (HEV), ovvero veicoli particolarmente inquinanti. Spesso si trattava di mezzi pesanti (camion, autobus), magari un po’ datati o con sistemi di controllo delle emissioni non perfettamente funzionanti, provenienti da fuori città (li abbiamo chiamati OTV, “Outside Tianjin Vehicles”). Questi bestioni, anche se pochi in numero rispetto al totale, riuscivano a “sporcare” l’aria del tunnel in modo sproporzionato, specialmente durante le ore non di punta quando forse i controlli sono minori o semplicemente è permesso loro circolare.

Pensate che un’analisi specifica (la PMF, ne parliamo tra poco) ha stimato che questi HEV, pur essendo una piccola frazione del traffico, contribuivano fino all’11.7% delle emissioni totali di particelle in numero! E non solo: le particelle emesse da questi veicoli tendevano ad essere anche un po’ più grandi (picchi intorno ai 100-200 nm), forse a causa di una combustione più incompleta o di filtri antiparticolato difettosi. Addirittura, abbiamo notato ogni notte verso le 3:30 un carretto ambulante per il barbecue che passava nel tunnel… anche queste piccole fonti “non regolamentate” possono contribuire!

Sorpresa #3: Non è Tutta Colpa dello Scarico!

Finora abbiamo parlato molto di particelle fini e ultrafini, che sono dominate dalle emissioni dallo scarico. Ma che dire delle particelle più grandi, quelle nella cosiddetta modalità grossolana (sopra 1 micrometro)? Qui la storia cambia.

Se guardiamo alla massa totale delle particelle (PMC), e non solo al loro numero, scopriamo che le particelle più grossolane danno un contributo enorme. E da dove vengono principalmente? Non dallo scarico, ma dalle cosiddette emissioni “non-exhaust”:

  • Usura dei freni (pastiglie e dischi)
  • Usura degli pneumatici
  • Risollevamento della polvere stradale

Queste fonti sono diventate sempre più importanti man mano che le emissioni dallo scarico venivano ridotte dalle nuove tecnologie. Nel nostro studio, abbiamo stimato che le emissioni non-exhaust contribuivano per circa il 64.6% della massa totale delle particelle emesse nel tunnel! E se guardiamo specificamente al PM2.5, circa il 51.8% della massa proveniva da fonti non-exhaust. Questo conferma studi precedenti e ci dice che non basta pulire i gas di scarico, dobbiamo preoccuparci anche di freni, gomme e pulizia delle strade.

Macro fotografia di particelle scure simili a fuliggine depositate su una superficie metallica chiara e leggermente riflettente, obiettivo macro 100mm, alta definizione, illuminazione controllata laterale per evidenziare la texture granulare delle particelle.

Mettere Ordine nel Caos: L’Analisi PMF

Per districare ulteriormente questa matassa e capire meglio chi contribuiva a cosa, abbiamo usato una tecnica statistica chiamata Positive Matrix Factorization (PMF). È come dare in pasto al computer tutti i dati sulla dimensione delle particelle ora per ora e chiedergli: “riesci a trovare delle ‘firme’ ricorrenti che spieghino queste variazioni?”.

Ebbene, il modello ha identificato tre “fonti” principali che spiegavano l’inquinamento da particelle nel tunnel:

  1. Fattore 1 (Diesel): Il suo andamento seguiva il traffico generale, ma il profilo dimensionale mostrava un picco nella modalità Aitken (intorno ai 43 nm), tipico dei motori diesel e della formazione di fuliggine.
  2. Fattore 2 (High-Emitting Vehicles): Questo fattore aveva picchi proprio nelle ore “strane” (tipo le 8 di sera), era correlato al black carbon e alla presenza dei camion OTV, e mostrava un profilo dimensionale con particelle un po’ più grandi (picchi a 10 nm e 105 nm), coerente con veicoli molto inquinanti.
  3. Fattore 3 (Benzina): Questo fattore era associato alle particelle più piccole (picco a 15 nm, modalità di nucleazione) ed era correlato alle concentrazioni di monossido di carbonio (CO), tipico delle emissioni dei veicoli a benzina.

Analizzando i contributi di questi fattori, abbiamo visto che per le particelle sotto 1 micrometro (quelle più legate allo scarico), i veicoli a benzina contribuivano per il 56% del *numero* totale di particelle, seguiti dai diesel (31%) e dagli HEV (13%). Ma attenzione: se guardiamo alla *massa*, gli HEV, pur essendo meno numerosi, contribuivano per un impressionante 64%, proprio perché emettono particelle più grandi e dense! Questo sottolinea ancora una volta quanto sia critico intervenire su questi “super-inquinatori”.

Per le particelle sopra 1 micrometro (dominate dal non-exhaust), la suddivisione era diversa, con benzina (65%) e diesel (28%) a farla da padrone, e gli HEV con un contributo minore (7%). Questo suggerisce che le emissioni non-exhaust sono più legate al volume generale del traffico che non a specifici veicoli molto inquinanti.

Dettaglio macro di un disco freno di un'auto sportiva con pinza rossa, particelle scure di usura visibili sulla superficie del disco e sulla pinza, obiettivo macro 60mm, illuminazione laterale drammatica che crea ombre profonde, alta definizione, messa a fuoco precisa sulle particelle di polvere di freno.

Cosa Ci Portiamo a Casa?

Questo tuffo nel mondo reale delle emissioni veicolari ci lascia con alcuni messaggi chiave:

1. I dati reali sono fondamentali: Le misurazioni in tunnel, pur con i loro limiti, ci danno un quadro più rappresentativo delle emissioni medie di un parco circolante rispetto ai test su singole auto in laboratorio. Servono per affinare i modelli di qualità dell’aria.
2. Occhio ai “super-inquinatori”: Una piccola frazione di veicoli, spesso mezzi pesanti datati o provenienti da fuori città, può avere un impatto sproporzionato sull’inquinamento da particelle, specialmente durante le ore non di punta. Servono normative e controlli più stringenti su questi HEV.
3. Non dimentichiamo le particelle “nano”: C’è una quantità enorme di particelle ultrafini (nucleazione) che si formano appena fuori dallo scarico. Capire meglio come si formano e come mitigarle è cruciale, anche perché le normative attuali potrebbero non catturarle appieno.
4. Il problema “non-exhaust” è reale e crescente: Freni, gomme e polvere stradale contribuiscono in modo massiccio alla massa totale del particolato (specialmente PM2.5 e PM10). È un’area che richiederà sempre più attenzione e soluzioni innovative.

Insomma, la battaglia per un’aria più pulita nelle nostre città si combatte su più fronti. Non basta avere auto con motori più efficienti, dobbiamo guardare al quadro completo: dai vecchi camion che circolano di notte alle particelle invisibili generate dai nostri freni. La ricerca continua, ma studi come questo ci aiutano a puntare i riflettori dove serve di più. E spero che questa chiacchierata vi abbia reso un po’ più consapevoli di cosa c’è nell’aria che respiriamo ogni volta che siamo bloccati nel traffico!

Fonte: Springer

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