Parkinson e Muscoli: Scoperto un Sottogruppo con Deficit Energetico!
Ciao a tutti! Oggi voglio parlarvi di qualcosa di affascinante che sta emergendo nel campo della ricerca sul Parkinson, una malattia che conosciamo ancora troppo poco nelle sue sfumature. Sapete, il Parkinson non è un blocco monolitico; è più un mosaico di presentazioni cliniche, velocità di progressione e firme neuropatologiche. Questa eterogeneità ci fa sospettare da tempo che esistano diversi “sottotipi” biologici di Parkinson, ognuno con meccanismi e, potenzialmente, terapie specifiche. Trovare il modo di identificarli è cruciale se vogliamo sviluppare trattamenti davvero efficaci, capaci di modificare il corso della malattia.
I Mitocondri: Centrali Energetiche Sotto Lente
Uno degli attori principali che stiamo studiando da anni nel contesto del Parkinson è il mitocondrio. Pensate ai mitocondri come alle centrali energetiche delle nostre cellule. Producono l’energia (sotto forma di ATP) necessaria per quasi tutte le funzioni cellulari. Nel Parkinson, ci sono molte prove che puntano a un malfunzionamento di queste centrali, specialmente in una specifica area del cervello chiamata substantia nigra pars compacta (SNpc), dove muoiono i neuroni dopaminergici.
In particolare, si è spesso riscontrato un deficit di una componente chiave della catena di produzione energetica mitocondriale: il Complesso I (CI). Questo deficit è stato osservato in diverse regioni cerebrali e persino in tessuti al di fuori del cervello. Ma c’è un “ma”.
Il Mistero del Parkinson e i Suoi Sottotipi Cerebrali
Recentemente, il nostro gruppo di ricerca ha fatto una scoperta intrigante analizzando tessuto cerebrale post-mortem: questo marcato deficit neuronale del Complesso I non è universale in tutti i pazienti con Parkinson idiopatico (cioè senza una causa genetica nota). Sembra piuttosto caratterizzare un sottogruppo specifico, che abbiamo chiamato “PD CI-deficiente” (CI-PD), stimato intorno al 25% dei casi. Questo sottogruppo potrebbe essere particolarmente sensibile a terapie mirate a migliorare la funzione mitocondriale. Da qui nasce l’esigenza di trovare biomarcatori per identificare questi pazienti e includerli in studi clinici mirati.
La Domanda Cruciale: E Fuori dal Cervello?
Questo ci ha portato a chiederci: è possibile identificare questi individui analizzando campioni più accessibili, come il tessuto muscolare? L’idea non è campata in aria. Gli studi passati sulla funzione mitocondriale nei muscoli dei pazienti con Parkinson hanno dato risultati molto incoerenti. Circa metà degli studi trovava differenze significative rispetto ai controlli sani, l’altra metà no. Certo, le differenze metodologiche e le piccole dimensioni dei campioni (spesso meno di 30 pazienti) potevano giocare un ruolo. Ma questa variabilità ci ha fatto pensare: e se il deficit del Complesso I nei tessuti extra-neurali fosse confinato proprio a quel sottogruppo CI-PD?
Caccia al Deficit nel Muscolo: La Nostra Indagine
Per vederci chiaro, abbiamo avviato uno studio approfondito. Abbiamo raccolto piccole biopsie (con ago, una tecnica poco invasiva) dal muscolo vasto laterale (un muscolo della coscia) di un gruppo piuttosto ampio di persone: 83 individui con Parkinson e 29 controlli sani. Perché il muscolo? Perché è ricco di mitocondri ed è un tessuto post-mitotico (le cellule non si dividono più), accumulando cambiamenti mitocondriali nel tempo, un po’ come i neuroni.
Abbiamo analizzato questi campioni muscolari in lungo e in largo, usando diverse tecniche:
- Immunoistochimica: Per “vedere” e quantificare le proteine del Complesso I e del Complesso IV (un altro attore della catena energetica), insieme a un marcatore della massa mitocondriale totale (VDAC1).
- Istochimica COX/SDH: Una colorazione specifica per identificare le singole fibre muscolari con deficit del Complesso IV (spesso associato anche a deficit del CI).
- Saggi di attività enzimatica: Per misurare direttamente quanto “lavorano” i Complessi da I a IV e un enzima di riferimento (citrato sintasi, CS) per normalizzare i dati in base alla quantità di mitocondri.
- Analisi del DNA mitocondriale (mtDNA): Abbiamo cercato alterazioni nel DNA proprio dei mitocondri, come variazioni del numero di copie, delezioni (perdita di pezzi) o mutazioni puntiformi, sia nel tessuto totale che in singole fibre muscolari isolate con il laser.

I Risultati: Cosa Abbiamo Trovato nei Muscoli?
Ebbene, i risultati sono stati illuminanti e confermano in parte la nostra ipotesi.
1. Deficit Funzionale del Complesso I in un Sottogruppo: A livello di gruppo, l’attività del Complesso I (normalizzata per la massa mitocondriale, cioè CI/CS) è risultata significativamente più bassa nei pazienti con Parkinson rispetto ai controlli (circa il 17% in meno). Ma la cosa più interessante è la distribuzione dei valori: la maggior parte dei pazienti rientrava nei livelli dei controlli, ma un sottogruppo mostrava un’attività chiaramente ridotta. A seconda del criterio usato (sotto il range dei controlli o sotto 2 deviazioni standard dalla media dei controlli), questo sottogruppo rappresentava rispettivamente il 15.8% o l’8.8% dei nostri pazienti. Questi individui mostravano una riduzione media dell’attività del CI del 24.5% rispetto alla media dei controlli.
2. Altri Complessi Respiratori: Le attività degli altri complessi (CII, CIII, CIV), sempre normalizzate per CS, non erano significativamente diverse tra pazienti e controlli a livello di gruppo. Tuttavia, abbiamo notato che il range di attività di CII e CIV nei pazienti si estendeva leggermente più in basso rispetto ai controlli, suggerendo che in alcuni casi potrebbe esserci un coinvolgimento più ampio della catena respiratoria.
3. Quantità vs Funzione: L’immunoistochimica non ha rilevato una differenza significativa nella quantità di proteina del Complesso I (o del Complesso IV) tra i gruppi. Questo suggerisce che il problema principale nel muscolo di questo sottogruppo sia più funzionale che quantitativo, anche se abbiamo trovato un’associazione positiva significativa tra quantità e attività del CI. Quindi, non possiamo escludere del tutto che una riduzione quantitativa contribuisca al difetto funzionale osservato.
4. Il DNA Mitocondriale Non Sembra la Causa: Le nostre analisi approfondite del mtDNA, sia in singole fibre che nel tessuto totale, non hanno rivelato differenze significative tra pazienti (con o senza deficit di CI) e controlli per quanto riguarda il numero di copie, la presenza di delezioni o l’accumulo di mutazioni puntiformi (eteroplasmia). Quindi, almeno in questo contesto muscolare, il deficit di CI non sembra essere causato da problemi nel genoma mitocondriale.
5. Caratteristiche del Sottogruppo: Abbiamo osservato una tendenza interessante: il sottogruppo con bassa attività del CI muscolare sembrava avere una preponderanza femminile, anche se il dato non ha raggiunto la significatività statistica dopo le correzioni per test multipli. Non abbiamo trovato differenze significative tra i pazienti con attività CI normale e quelli con attività bassa per quanto riguarda l’età d’esordio, la funzione cognitiva (MoCA), la gravità motoria (MDS-UPDRS III) o il fenotipo motorio (tremore dominante vs instabilità posturale/difficoltà deambulatoria). Inoltre, non c’era un legame apparente con l’esposizione a pesticidi (anche se questi dati sono auto-riferiti e limitati).

Cosa Significa Tutto Questo? Implicazioni e Prospettive
Questi risultati sono importanti per diversi motivi. Innanzitutto, confermano l’esistenza di un sottogruppo di pazienti con Parkinson caratterizzato da una disfunzione mitocondriale (specifica per il CI) anche nel muscolo scheletrico. Questo spiega elegantemente perché gli studi precedenti, con campioni più piccoli, abbiano prodotto risultati così contrastanti: probabilmente erano sottodimensionati per rilevare un effetto presente solo in una minoranza di pazienti. Il nostro calcolo della potenza statistica lo conferma: servono campioni relativamente grandi (circa 80-100 persone in totale) per avere buone probabilità di vedere questa differenza a livello di gruppo.
La percentuale di pazienti con deficit di CI nel muscolo (9-16%) è inferiore a quella che avevamo stimato nel cervello (~25%). Questo potrebbe dipendere da vari fattori: forse il coinvolgimento mitocondriale nel muscolo è più lieve, o forse servono coorti ancora più grandi e diverse per stime più precise.
La scoperta di questo sottogruppo apre la porta alla possibilità di stratificare i pazienti. Immaginate di poter selezionare per studi clinici su farmaci pro-mitocondriali proprio quei pazienti che hanno maggiori probabilità di beneficiarne, perché hanno effettivamente un deficit mitocondriale. Questo approccio “dal basso verso l’alto”, basato sulla biologia molecolare, è fondamentale per sviluppare terapie personalizzate ed efficaci per il Parkinson.
Ma cosa causa questo deficit funzionale del CI nel muscolo? Bella domanda! Non sembra legato al mtDNA. Potrebbe dipendere da variazioni in geni nucleari che codificano per le subunità del CI o per i fattori di assemblaggio? Forse un “punteggio poligenico” di varianti comuni in geni legati alla fosforilazione ossidativa (OXPHOS), come suggerito da studi recenti? O forse c’entra l’esposizione ambientale a inibitori del CI, come alcuni pesticidi (anche se non l’abbiamo visto direttamente nei nostri dati)? O ancora, potrebbe essere un’interazione con l’invecchiamento (anche se nel nostro studio l’età non era associata all’attività del CI) o un legame con problemi nel controllo qualità delle proteine (proteostasi) e l’accumulo di α-sinucleina, una proteina chiave nel Parkinson? Sono tutte piste aperte per ricerche future.
Limiti e Passi Futuri
Come ogni studio, anche il nostro ha dei limiti. La biopsia muscolare, seppur minimamente invasiva, non è praticabile su larghissima scala. I nostri gruppi erano sbilanciati per sesso (più uomini tra i pazienti, più donne tra i controlli, riflettendo la prevalenza della malattia e le modalità di reclutamento). Non abbiamo potuto analizzare l’assemblaggio dei complessi respiratori per mancanza di materiale. E non abbiamo caratterizzato geneticamente tutti i partecipanti (anche se il Parkinson monogenico è raro nella popolazione studiata).
La domanda chiave ora è: il deficit di CI nel muscolo corrisponde a quello nel cervello? Per rispondere, dovremo aspettare di poter analizzare entrambi i tessuti dalle stesse persone, cosa che speriamo di fare grazie al programma di donazione del cervello legato allo studio STRAT-PARK da cui provengono molti dei nostri campioni. Nel frattempo, la ricerca di biomarcatori ancora meno invasivi, magari nel sangue (piastrine, linfociti), è fondamentale per poter un giorno classificare i pazienti in base alla loro “firma” mitocondriale in modo semplice e rapido.
In conclusione, il nostro lavoro aggiunge un tassello importante al complesso puzzle del Parkinson, confermando che guardare ai mitocondri, anche fuori dal cervello, può rivelare sottotipi distinti della malattia. Identificare e comprendere questi sottotipi è la strada maestra per sviluppare finalmente terapie mirate e personalizzate. La strada è ancora lunga, ma ogni scoperta ci avvicina all’obiettivo!
Fonte: Springer
