Veduta subacquea ampia di un parco eolico offshore, obiettivo grandangolare 15mm, con le basi delle turbine visibili in lontananza ricoperte di vita marina e banchi di pesci che nuotano tra di esse, luce solare che filtra dalla superficie creando raggi luminosi, acqua limpida.

Pale Eoliche Offshore: Come Stanno Riscrivendo le Reti Alimentari Sottomarine

Avete presente quelle immense distese di pale eoliche che stanno spuntando nei nostri mari? Sono una pedina fondamentale nella nostra corsa verso un futuro energetico più pulito, non c’è dubbio. Pensate che per rispettare gli Accordi di Parigi, entro il 2050 dovremmo installare una capacità globale di 2000 GW di eolico offshore! Questo significa dedicare a questi impianti un’area marina grande quasi quanto la Spagna. Impressionante, vero? Ma mi sono sempre chiesto: cosa succede *davvero* là sotto, sul fondale marino, quando piantiamo queste gigantesche strutture? Che impatto hanno sulla vita che brulica negli abissi?

Beh, recentemente mi sono imbattuto in uno studio affascinante che ha cercato di rispondere proprio a queste domande, concentrandosi su come i parchi eolici offshore (OWF, dall’inglese Offshore Wind Farms) modificano le dinamiche delle reti alimentari costiere. E i risultati, lasciatemelo dire, sono piuttosto sorprendenti.

Un Nuovo Quartiere Sottomarino: Le Turbine Come Scogliere Artificiali

Immaginate un fondale marino fatto principalmente di sabbia soffice. Poi, arriviamo noi e installiamo queste enormi turbine. Le loro fondamenta, che siano monopali, jacket o basi a gravità, diventano di fatto dei nuovi substrati duri in un ambiente che ne era privo. È come costruire grattacieli in una pianura! E cosa succede quando si creano nuove superfici solide in mare? Arrivano nuovi inquilini!

Parlo di quella che viene chiamata “epifauna” o “fouling fauna”: organismi come cozze, ostriche, anemoni, cirripedi, che hanno bisogno di una superficie solida per attecchire e crescere. Molti di questi nuovi arrivati sono filtratori sospensivori. Cosa significa? Che si nutrono filtrando enormi volumi d’acqua, catturando particelle di cibo come il fitoplancton (le alghe microscopiche) e lo zooplancton (piccoli organismi animali).

I Filtratori: Motori Inaspettati del Cambiamento

Ed è qui che le cose si fanno interessanti. Lo studio che ho letto, condotto nel Mare del Nord meridionale (una zona molto studiata e dinamica), ha utilizzato una tecnica chiamata Modellazione Lineare Inversa (LIM). È un metodo potentissimo che permette di ricostruire i flussi di energia (sotto forma di carbonio) all’interno di una rete alimentare, integrando dati reali sulla biomassa delle specie, sulla loro dieta (tramite analisi degli isotopi stabili) e sui processi metabolici come la respirazione.

I ricercatori hanno confrontato la rete alimentare all’interno di un parco eolico con quelle di due aree vicine con fondali sabbiosi diversi: uno a grana grossa (simile a quello originario del parco eolico) e uno a grana fine (più ricco di specie e materia organica).

Cosa hanno scoperto? Che gli organismi che colonizzano le fondamenta delle turbine giocano un ruolo fondamentale. Questi filtratori sono così efficienti che catturano circa il 26% del cibo disponibile nella colonna d’acqua all’interno dell’area del parco eolico! Non è pazzesco? Stiamo parlando di un quarto di tutto il “cibo fluttuante” che viene intercettato da questi nuovi abitanti delle strutture artificiali.

Macro fotografia di un gruppo di cozze blu (Mytilus edulis) attaccate alla superficie ruvida di una fondazione di turbina eolica subacquea, obiettivo macro 100mm, alta definizione dei dettagli dei gusci e dei bisso, illuminazione laterale controllata per creare ombre e profondità, messa a fuoco precisa sui sifoni aperti durante la filtrazione.

Ma non finisce qui. Filtrando, questi organismi producono feci e pseudo-feci (particelle non digerite espulse) che sono relativamente pesanti e tendono a cadere sul fondale marino circostante. Lo studio stima che questa “pioggia organica” proveniente dalle turbine aumenti la deposizione di carbonio sul fondale di circa il 10%. In pratica, le turbine fertilizzano il fondale sabbioso intorno a loro!

Una Rete Alimentare Più Ricca, Ma Meno “Matura”?

Questo flusso extra di cibo ha ovviamente delle conseguenze. La rete alimentare nell’area del parco eolico è risultata essere più complessa in termini di numero di specie presenti. C’erano ben 120 specie diverse nel modello OWF, contro le 57 del sito a sabbia grossa e le 92 di quello a sabbia fine. Le turbine, quindi, agiscono come un “effetto scogliera artificiale”, aumentando la biodiversità locale.

Tuttavia, c’è un “ma”. Nonostante la maggiore ricchezza di specie, la biomassa totale (la quantità di materia vivente) nell’area OWF era sorprendentemente più bassa rispetto al sito a sabbia fine, e questo principalmente a causa della scarsa presenza di un riccio di mare scavatore, l’Echinocardium cordatum, nei sedimenti vicino alle turbine (forse disturbato dalla costruzione o dalle nuove condizioni).

Inoltre, analizzando la struttura della rete alimentare con indici specifici, è emerso un quadro interessante. L’OWF aveva una maggiore “densità di legami” (più interazioni tra le specie), ma una minore “connessione” (la proporzione di legami possibili effettivamente realizzati) e un indice di riciclo del carbonio (l’indice di Finn) più basso rispetto ai siti naturali. Cosa suggerisce questo? Che la rete alimentare dell’OWF, pur essendo ricca di specie e interazioni, potrebbe essere meno stabile o meno “matura” rispetto agli ecosistemi circostanti. È come se fosse ancora in una fase di assestamento, un ecosistema giovane che sta ancora trovando il suo equilibrio. Forse la presenza di molte specie a bassa biomassa impedisce la formazione di legami trofici più forti e stabili.

Cosa Cambia per i Pesci?

E i pesci? Le strutture artificiali sono note per attirarli, offrendo riparo e potenziali nuove fonti di cibo. Lo studio ha analizzato anche la loro dieta. Ebbene sì, sembra che i pesci nell’area del parco eolico abbiano adattato il loro menù!

È stato osservato che diverse specie di pesci includono nella loro dieta prede associate alle strutture dure delle turbine, in particolare crostacei come anfipodi (ad esempio l’abbondante Jassa herdmani) e granchi. Circa il 25% del cibo consumato dalla comunità ittica nell’OWF proveniva proprio dagli abitanti delle turbine e delle protezioni antiscavazione (SPL). Questo conferma osservazioni precedenti: i pesci non sono solo attratti dalle strutture, ma le sfruttano attivamente come “ristorante”.

Fotografia subacquea con teleobiettivo zoom 150mm che cattura un banco di piccoli pesci (come merluzzi o simili) che nuotano vicino a una fondazione di turbina ricoperta di organismi marini, inseguimento del movimento con velocità dell'otturatore elevata per congelare l'azione, luce naturale che filtra dall'alto.

È interessante notare che, nonostante la biomassa ittica totale fosse simile tra l’OWF e il sito a sabbia grossa (e maggiore nel sito a sabbia fine), la produzione di biomassa ittica (cioè quanto crescono e si riproducono) era leggermente superiore nell’OWF rispetto al sito a sabbia grossa. Questo suggerisce che, anche se la biomassa totale di prede sul fondale sabbioso dell’OWF era inferiore, la disponibilità di nuove prede sulle strutture dure potrebbe sostenere una produttività ittica simile o leggermente maggiore. C’è però sempre da considerare la dicotomia “produzione-attrazione”: i pesci sono lì perché trovano più cibo e crescono di più, o semplicemente perché trovano rifugio? Probabilmente è una combinazione delle due cose.

Implicazioni e Sguardi al Futuro

Questo studio ci dice chiaramente che l’installazione di parchi eolici offshore non è un evento a impatto zero per l’ecosistema marino. Al contrario, innesca cambiamenti profondi e crea una nuova rete alimentare, con percorsi energetici inediti dominati dai filtratori sospensivori sulle strutture artificiali.

L’aumento della deposizione di carbonio sul fondale è un effetto notevole, che potrebbe avere conseguenze a lungo termine sulla biogeochimica dei sedimenti e sulla comunità bentonica che vi abita. L’aumento della biodiversità locale è un altro aspetto positivo, anche se la minore “maturità” della rete alimentare solleva interrogativi sulla sua resilienza a lungo termine.

Cosa ci aspetta in futuro? Le turbine diventano sempre più grandi e vengono installate sempre più al largo. Come cambieranno questi effetti su scale diverse? È difficile dirlo con certezza. Una cosa però è chiara: abbiamo un bisogno disperato di monitoraggio a lungo termine. Dobbiamo seguire l’evoluzione di questi nuovi ecosistemi creati dall’uomo, raccogliere dati in modo standardizzato e condividerli apertamente tra istituti e nazioni. Solo così potremo capire appieno le conseguenze ecologiche della transizione energetica in mare e gestirla nel modo più sostenibile possibile.

Insomma, la prossima volta che vedrete un parco eolico offshore, pensate che non sono solo giganti d’acciaio che catturano il vento. Sotto la superficie, stanno silenziosamente ma potentemente ridisegnando la mappa della vita marina, creando nuove connessioni e sfide per l’ecosistema costiero. È una storia affascinante che abbiamo appena iniziato a decifrare.

Paesaggio marino grandangolare, obiettivo 18mm, che mostra una vista sottomarina di diverse turbine eoliche in lontananza, con raggi di sole che penetrano l'acqua e illuminano il fondale sabbioso dove si intravedono tracce di vita bentonica, lunga esposizione per ammorbidire il movimento dell'acqua, messa a fuoco nitida sull'intera scena.

Fonte: Springer

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