Camminare Rivelatore: Come la Proteina p-tau181 nel Sangue Svela i Primi Segni del Declino Cognitivo Legati all’Andatura
Ciao a tutti! Oggi voglio parlarvi di qualcosa di affascinante che sta emergendo dalla ricerca sul cervello e sull’invecchiamento. Avete mai notato come a volte, con l’avanzare dell’età o con i primi segni di difficoltà cognitive, anche il modo di camminare possa cambiare? Sembra una cosa quasi scontata, ma la scienza dietro è complessa e, fino a poco tempo fa, piena di contraddizioni. Parliamo del Mild Cognitive Impairment (MCI), quella zona grigia tra l’invecchiamento normale e la demenza conclamata, come l’Alzheimer. Sappiamo che l’MCI può influenzare l’andatura, ma gli studi precedenti ci hanno lasciato con più domande che risposte: alcuni vedevano cambiamenti chiari, altri meno, altri ancora quasi nessuno. Perché questa confusione?
Il Mistero dei Biomarcatori e l’Andatura
Qui entrano in gioco i cosiddetti biomarcatori, delle “spie” biologiche che possono dirci cosa sta succedendo nel nostro corpo, in questo caso nel cervello. Per l’Alzheimer, i principali indiziati sono la proteina beta-amiloide (Aβ) e la proteina Tau fosforilata (p-tau). Si pensa che queste proteine siano legate ai problemi di andatura associati al declino cognitivo. Il problema è che, tradizionalmente, per misurarle servivano metodi invasivi come la puntura lombare o costosi come la PET. Ma la tecnologia avanza! Oggi abbiamo test del sangue super sensibili, come la tecnica Simoa, che possono scovare queste proteine (in particolare Aβ40, Aβ42 e la p-tau181) direttamente nel plasma, con una precisione incredibile. Questo apre porte enormi per la ricerca e, potenzialmente, per diagnosi più semplici e precoci.
Cosa Abbiamo Scoperto nel Nostro Studio?
Spinti dalla necessità di fare chiarezza, abbiamo condotto uno studio qui a Nanchino, coinvolgendo 231 persone tra i 41 e gli 88 anni, alcune con cognizione normale, altre con MCI. Abbiamo raccolto un sacco di dati: informazioni demografiche, valutazioni cognitive dettagliatissime, analisi del sangue per misurare i livelli di Aβ42/Aβ40 e p-tau181, e, ovviamente, un’analisi precisa dell’andatura. Per quest’ultima, abbiamo usato un sistema fighissimo chiamato ReadyGo, che usa sensori visivi ad alta precisione e intelligenza artificiale per mappare 32 punti ossei del corpo in tempo reale e analizzare ogni aspetto della camminata (velocità, lunghezza del passo, frequenza, ecc.).
Abbiamo diviso i partecipanti in gruppi basandoci sui loro livelli di p-tau181 e sul loro stato cognitivo:
- Bassa p-tau181 e cognizione normale (lT-NC)
- Bassa p-tau181 e MCI (lT-MCI)
- Alta p-tau181 e MCI (hT-MCI)
E poi li abbiamo raggruppati di nuovo basandoci sui livelli di Aβ42/Aβ40:
- Alto rapporto Aβ42/Aβ40 e cognizione normale (hA-NC)
- Alto rapporto Aβ42/Aβ40 e MCI (hA-MCI)
- Basso rapporto Aβ42/Aβ40 e MCI (lA-MCI) – un basso rapporto è considerato un segno di patologia Alzheimer.
Il Legame Sorprendente tra p-tau181 e la Lunghezza del Passo
Ed ecco la scoperta clou: analizzando i dati, tenendo conto dell’età (che era un po’ più alta nei gruppi hT-MCI e lA-MCI), abbiamo trovato una differenza significativa nella lunghezza del passo. Le persone con MCI e alti livelli di p-tau181 (il gruppo hT-MCI) avevano passi significativamente più corti rispetto sia a chi aveva cognizione normale e bassa p-tau181 (lT-NC), sia a chi aveva MCI ma bassa p-tau181 (lT-MCI). È importante notare che non c’era differenza significativa nella lunghezza del passo tra i due gruppi con bassa p-tau181 (lT-NC vs lT-MCI).
Questo ci dice una cosa fondamentale: nei pazienti con MCI, un livello elevato di p-tau181 nel sangue è associato a un’andatura peggiore, specificamente a una ridotta lunghezza del passo. E la cosa ancora più interessante è che questa associazione sembrava indipendente dallo stato cognitivo globale misurato con test standard come MMSE e MoCA (i punteggi erano simili tra i gruppi hT-MCI e lT-MCI). Certo, guardando più a fondo, il gruppo hT-MCI mostrava performance peggiori in alcuni test specifici (controllo cognitivo, memoria), ma il legame con la camminata ridotta era proprio lì, legato alla p-tau181.
E l’Amiloide (Aβ)?
Abbiamo fatto la stessa analisi per i gruppi basati sul rapporto Aβ42/Aβ40. Qui i risultati sono stati molto meno chiari. Abbiamo trovato qualche differenza sparsa in alcuni indicatori minori dell’andatura (come la velocità minima di oscillazione della gamba destra o la fase di appoggio/oscillazione), ma niente di così netto e consistente come per la p-tau181 e la lunghezza del passo. Sembra quindi che, almeno nel nostro campione e con le nostre misurazioni, l’accumulo di placche amiloidi (indicato dal basso rapporto Aβ42/Aβ40) non sia così direttamente collegato ai cambiamenti specifici dell’andatura che abbiamo osservato, a differenza della patologia legata alla tau (indicata dalla p-tau181).
Perché Proprio la Lunghezza del Passo e la p-tau181?
Ci siamo chiesti: perché questo legame specifico? La lunghezza del passo è spesso considerata un indicatore sensibile della qualità generale dell’andatura. Una sua riduzione può segnalare problemi sottostanti nel controllo motorio o nella pianificazione del movimento. Abbiamo anche visto che la lunghezza del passo nel nostro studio correlava significativamente con alcuni punteggi cognitivi, in particolare con il MoCA (valutazione cognitiva globale), il DSB (memoria di lavoro) e il TMT-B (attenzione divisa e flessibilità cognitiva). Questo suggerisce che le stesse reti cerebrali colpite dalla patologia tau, che influenzano queste funzioni cognitive, potrebbero essere coinvolte anche nel controllo dell’andatura.
La p-tau181 è un marcatore della formazione di grovigli neurofibrillari, un’altra caratteristica chiave dell’Alzheimer. Questi grovigli iniziano tipicamente in aree come la corteccia entorinale e l’ippocampo (cruciali per la memoria) ma poi si diffondono. È possibile che questa diffusione vada a interferire con i circuiti neurali che collegano le aree cognitive superiori con quelle che controllano il movimento, portando a cambiamenti sottili ma misurabili nell’andatura, come la riduzione della lunghezza del passo.
Un’altra osservazione curiosa: molte delle differenze significative nell’andatura che abbiamo trovato erano sul lato sinistro del corpo. Poiché tutti i nostri partecipanti erano destrimani, questo potrebbe avere a che fare con la lateralizzazione cerebrale. Il cervello non è perfettamente simmetrico; l’emisfero sinistro è dominante per il controllo motorio nella maggior parte delle persone (destrimani). Si ipotizza che l’emisfero non dominante (il destro, in questo caso, che controlla il lato sinistro del corpo) abbia meno “riserva neurale”. Quindi, quando iniziano i problemi legati alla patologia tau, potrebbero manifestarsi prima o in modo più evidente sul lato controllato dall’emisfero con meno riserva, cioè il sinistro. È un’ipotesi affascinante che merita ulteriori indagini!
Cosa Significa Tutto Questo e Quali Sono i Prossimi Passi?
La nostra scoperta principale è che alti livelli di p-tau181 nel plasma sono associati a una riduzione della lunghezza del passo in persone con MCI, e questo legame sembra indipendente dal livello generale di performance cognitiva. Questo è importante perché suggerisce che la p-tau181 potrebbe non essere solo un marcatore della patologia di Alzheimer nel cervello, ma anche un indicatore precoce di una disfunzione motoria correlata alla tau, che si manifesta sottilmente nell’andatura.
Pensateci: un semplice esame del sangue potrebbe un giorno aiutarci a identificare persone a rischio non solo di declino cognitivo, ma anche di problemi di mobilità legati a questi processi neurodegenerativi, forse anche prima che i sintomi siano evidenti. Questo potrebbe aprire la strada a interventi precoci per preservare sia la funzione cognitiva che quella motoria.
Certo, il nostro studio ha dei limiti. Abbiamo analizzato i dati in un dato momento (cross-sezionale), quindi non possiamo stabilire una causa-effetto definitiva. Serviranno studi longitudinali, che seguano le persone nel tempo, per vedere se chi ha alta p-tau181 e passi più corti sviluppa poi effettivamente problemi maggiori. Inoltre, il nostro campione proveniva da un unico ospedale e avremmo bisogno di conferme su popolazioni più ampie e diverse. Non abbiamo nemmeno escluso altre possibili cause di accumulo di tau non legate all’Alzheimer (tauopatie primarie legate all’età).
Nonostante ciò, crediamo che questi risultati siano un passo avanti importante. Sottolineano il valore potenziale della p-tau181 plasmatica come strumento di screening accessibile, specialmente in contesti con risorse limitate, per individuare precocemente chi potrebbe essere a rischio di declino motorio legato alla tau nell’ambito dell’MCI.
La strada è ancora lunga, ma capire questi legami sottili tra cervello, biomarcatori e movimento ci avvicina sempre di più a svelare i misteri delle malattie neurodegenerative e a trovare modi migliori per affrontarle.
Fonte: Springer