Ascoltare l’Universo più Velocemente: La Mia Avventura nell’Ottimizzazione delle Osservazioni VGOS con l’SNR
Amici appassionati di geodesia spaziale e radioastronomia, oggi voglio portarvi con me in un viaggio affascinante, quello che mi ha visto esplorare come “ascoltare” l’universo in modo più efficiente. Parliamo di Very Long Baseline Interferometry (VLBI), una tecnica pazzesca che usa una rete di radiotelescopi sparsi per il globo come se fossero un unico, gigantesco strumento. Grazie a questa sincronia, il VLBI ci permette di misurare con una precisione incredibile la rotazione della Terra, le sue piccole variazioni di orientamento nello spazio e contribuisce a definire i sistemi di riferimento celesti (ICRF) e terrestri (ITRF) con cui, beh, misuriamo praticamente tutto!
Queste osservazioni sono organizzate dall’International VLBI Service for Geodesy and Astrometry (IVS). Per anni, ci siamo affidati alla rete S/X-band, che però inizia a sentire il peso degli anni e presenta una certa disomogeneità tra i telescopi. Si riuscivano a fare circa 20 “scansioni” (osservazioni di sorgenti radio celesti) all’ora. Ma per le sfide future, come quelle poste dal Global Geodetic Observing System (GGOS), serviva di più, molto di più.
La Nascita di VGOS e la Sfida della Troposfera
Il principale “nemico” della precisione VLBI? Le turbolenze troposferiche. Per contrastarle, bisogna campionare la troposfera rapidamente, osservando sorgenti a diversi angoli di azimut ed elevazione in brevi periodi. Le simulazioni ci dicevano che per raggiungere gli obiettivi del GGOS serviva un intervallo di cambio sorgente di circa 30 secondi, ovvero 120 scansioni all’ora! Un salto enorme.
Così è nato il VLBI Global Observing System (VGOS): una nuova rete di telescopi super veloci. Per ottenere questa agilità, si è dovuto sacrificare un po’ il diametro delle antenne, impattando la loro sensibilità. Ma niente paura! Per compensare, si è sviluppato un nuovo modo di osservare, usando quattro bande di frequenza e una velocità di registrazione dati maggiore. Dal 2020, la rete VGOS è operativa con il programma VGOS–OPS, ma i telescopi partecipanti fanno circa 40 scansioni all’ora. Meglio delle S/X, certo, ma ancora lontani dalle 120 auspicate. Perché? Principalmente perché ogni scansione dura 30 secondi fissi, indipendentemente dalla sensibilità del telescopio o dalla luminosità della sorgente, e ci sono altre limitazioni tecnologiche che aggiungono tempi morti.
L’Avventura VGOS–ReD: Verso Scansioni più Intelligenti
Ed è qui che entra in gioco la mia storia, o meglio, quella del programma VGOS–ReD (Research and Development) del 2022. L’IVS ci ha dato risorse per sei sessioni dedicate con un obiettivo chiaro: trovare il modo di aumentare drasticamente il numero di scansioni orarie. La chiave? Esplorare una strategia di osservazione ottimizzata basata sul Signal-to-Noise Ratio (SNR), ovvero il rapporto segnale-rumore, con tempi di osservazione più brevi, e contemporaneamente limare le limitazioni tecnologiche.
L’idea è semplice: se una sorgente è brillante e il telescopio è sensibile, perché osservarla per 30 secondi quando magari ne bastano molti meno per ottenere un buon SNR? Certo, un SNR elevato è cruciale per tutta una serie di processi di calibrazione e analisi, ma eravamo convinti che il gioco valesse la candela, puntando a un miglioramento nella stima dei parametri geodetici. E poi, diciamocelo, le tecniche di processamento VGOS sono in continua evoluzione e diventano sempre più robuste.
Il tempo di osservazione necessario tra due stazioni si può calcolare con una formula che tiene conto della densità di flusso della sorgente (la sua “luminosità”), della sensibilità della stazione (SEFD), dell’SNR desiderato, di un fattore di efficienza e della velocità di registrazione. Il “trucco” sta nel calcolare questo tempo per ogni coppia di telescopi (baseline) e per ogni banda di frequenza, e poi prendere il minimo. Il problema principale? Per le frequenze VGOS mancavano modelli di densità di flusso delle sorgenti adatti allo scheduling VLBI. I cataloghi esistenti (come sked) sono per S/X-band.
Nelle sessioni VGOS–ReD, abbiamo esplorato due strade per stimare questa densità di flusso:
- Inter/estrapolazione dai modelli S/X: Usando l’indice spettrale della sorgente, abbiamo provato a “trasportare” i modelli S/X alle frequenze VGOS. Un approccio con i suoi limiti, specialmente per sorgenti non puntiformi o per estrapolazioni “estreme”.
- Nuovi modelli di flusso per VGOS: Abbiamo generato un nuovo catalogo usando osservazioni da 10 sessioni VGOS–OPS precedenti. Un lavoraccio, basato sulle ampiezze correlate e calibrate con le misure di temperatura di sistema dei telescopi. Questo catalogo, però, era limitato a 138 sorgenti e derivato da sessioni con una geometria non ottimale (poche baseline nord-sud lunghe, ad esempio).
Per l’SNR, abbiamo puntato a un valore tra 10 e 15 per banda. Sembra un dettaglio tecnico, ma è fondamentale. Per darvi un’idea, con le precisioni di ritardo di gruppo e le larghezze di banda di VGOS, un SNR minimo di 15 è un buon target, anche se un rilevamento valido si ha già con SNR intorno a 7. Abbiamo preferito essere un po’ conservativi.
Limare i Tempi Morti e Confrontare le Strategie
Oltre alla strategia basata sull’SNR, abbiamo analizzato attentamente i “tempi morti” nelle operazioni VGOS. Ogni scansione implica: puntare la sorgente (slewing), attendere che tutti i telescopi siano pronti (idle time), e osservare. Nelle sessioni VGOS–OPS, c’erano 4 secondi di calibrazione prima di ogni scansione e altri 4 secondi di overhead fisso. Inoltre, per alcune stazioni, serviva un tempo aggiuntivo, lungo quanto l’osservazione stessa, per assicurarsi che i dati fossero scritti su disco. Un bel po’ di tempo perso!
Per VGOS–ReD, abbiamo scoperto che l’overhead fisso di 4s poteva essere eliminato e il tempo di calibrazione ridotto a 2s. L’uso di un secondo modulo di registrazione ha poi eliminato la necessità di quel tempo extra per lo storage dei dati. Immaginate la scena: i dati arrivano a 8 Gbps, ma un modulo disco ne gestisce fino a 4 Gbps. Con due moduli, tutto fila liscio in tempo reale. Anche se, va detto, con i nostri tempi di osservazione ridotti (in media 10s nelle ReD contro i 30s delle OPS), questo specifico overhead era diventato meno impattante.
Le sessioni VGOS–ReD si sono tenute ogni due mesi nel 2022. Nelle prime due (VR2201, VR2202) abbiamo usato l’approccio di inter/estrapolazione dai modelli S/X. Nelle successive tre (VR2203–VR2205), i nuovi modelli VGOS. Nell’ultima (VR2206), un mix. Il tempo minimo di osservazione era 7s, il massimo 20s (tranne in VR2204, dove erano 5s e 18s). Questo significa anche che sorgenti molto deboli, al limite della rilevabilità in 30s, non potevano più essere osservate, riducendo un po’ la lista delle sorgenti disponibili.
I Risultati Parlano Chiaro: Più Scansioni, Più Osservazioni!
E i risultati? Beh, preparatevi, perché sono stati entusiasmanti! Confrontando le sessioni VGOS–ReD con quelle VGOS–OPS del 2022, abbiamo visto che il numero di scansioni per stazione è aumentato di un fattore 2.3, e il numero di osservazioni per stazione di un fattore 2.6! Un incremento pazzesco.
Analizzando come le stazioni hanno impiegato il loro tempo, abbiamo notato che nelle sessioni ReD c’è stato il 20% in meno di tempo dedicato all’osservazione vera e propria, nonostante il numero di scansioni molto più alto. Questo grazie all’algoritmo basato sull’SNR, con un tempo medio di osservazione di 10s contro i 30s. Meno tempo a “registrare” significa anche meno dati da trasferire e correlare, che sono attualmente i colli di bottiglia operativi di VGOS.
Il tempo di “slewing” (movimento del telescopio) è raddoppiato. Questo è un forte indizio di un miglior campionamento atmosferico, perché tempi di slewing più lunghi di solito significano che si osservano angoli di azimut ed elevazione più variati. E infatti, analizzando la “copertura del cielo”, abbiamo visto miglioramenti netti: in alcuni casi, le sessioni ReD hanno registrato osservazioni nel doppio delle aree di cielo rispetto alle OPS in brevi periodi. C’è ancora un tempo di “idle” (attesa) significativo, ma è legato al fatto che la rete deve aspettare il telescopio più lento (nel nostro caso, Wf, Westford) prima di iniziare l’osservazione.
La grande domanda era: ma con scansioni più brevi, perderemo troppe osservazioni a causa di un SNR troppo basso? Abbiamo definito un’osservazione “riuscita” se veniva usata nell’analisi geodetica. Ebbene, molte baseline hanno avuto un tasso di successo superiore al 90%, simile a quello delle sessioni VGOS–OPS! Le eccezioni erano dovute a stazioni nuove e non ancora pienamente validate o a problemi tecnici specifici non correlati alla strategia SNR. Quindi, entrambe le strategie per i modelli di flusso (inter/estrapolazione S/X e nuovi modelli VGOS) hanno funzionato alla grande. Questo suggerisce che i margini di errore che includiamo nel calcolo del tempo di osservazione compensano le imperfezioni dei modelli.
Abbiamo anche confrontato gli SNR teorici (quelli predetti) con quelli osservati (ricostruiti dai dati). È emerso che i nostri modelli tendevano ad essere un po’ troppo ottimisti, specialmente nella banda D (la più alta in frequenza) e nelle prime sessioni ReD. Questo potrebbe essere dovuto ad assunzioni sulla sensibilità delle stazioni (SEFD) non perfette, o al fatto che l’estrapolazione dei flussi per la banda D fosse troppo generosa. Tuttavia, nonostante SNR osservati a volte bassini, i sistemi di processamento VGOS sono riusciti spesso a estrarre osservazioni utilizzabili. C’è sicuramente spazio per migliorare i modelli e renderli più accurati, ma i margini di errore attuali ci hanno “salvato”.
L’Impatto sulla Geodesia: Precisione alle Stelle
Ma cosa significa tutto questo per la geodesia, vi chiederete? Le simulazioni Monte-Carlo ci davano già un’idea: con la nuova strategia di scheduling, la precisione delle coordinate delle stazioni stimate sarebbe migliorata del 50% rispetto alle sessioni VGOS–OPS. E un miglioramento simile era atteso per i parametri di orientamento della Terra (EOP).
Quando siamo passati all’analisi dei dati reali delle sessioni del 2022 (poche, solo sei ReD, quindi con cautela!), abbiamo visto che la precisione del ritardo di gruppo mediano era un po’ più alta per le ReD (intorno ai 3-5 ps) rispetto alle OPS (1-3.5 ps), come ci si aspettava a causa dei tempi di osservazione ridotti e quindi SNR mediamente più bassi. Ma guardando gli errori formali delle coordinate delle stazioni, abbiamo confermato le aspettative: una riduzione media del 50% con la nostra analisi (usando il software VieVS) e del 40% secondo i report ufficiali IVS. Anche per gli EOP, la riduzione degli errori formali è stata del 40-50%. Questi risultati sono in linea con le simulazioni!
È importante notare che la rete VGOS analizzata non è ancora ottimale per stimare gli EOP, a causa della mancanza di stazioni nell’emisfero australe e quindi di lunghe baseline nord-sud. Ma i segnali sono incoraggianti.
Il Futuro è Adesso: Prossimi Passi per VGOS
Quindi, cosa abbiamo imparato da questa avventura? Che l’approccio di scheduling basato sull’SNR con tempi di osservazione brevi (intorno ai 10s) e tempi morti ridotti funziona alla grande per VGOS, da cima a fondo: dalle antenne, alla correlazione, al fringe fitting, fino all’analisi geodetica. Abbiamo dimostrato che non è strettamente necessario osservare ogni scansione per 30 secondi.
La raccomandazione principale è di applicare queste strategie nelle sessioni VGOS operative. Questo ci darà un campione di dati molto più grande per analisi statisticamente significative e per confermare l’impatto sulla precisione dei parametri geodetici, come ipotizzato nei documenti di progettazione di VGOS.
Certo, c’è ancora tanto da fare. Dobbiamo migliorare il monitoraggio della sensibilità dei telescopi (misure continue di temperatura di sistema), sviluppare modelli di densità di flusso delle sorgenti più sofisticati e automatizzati, e aggiornare i software per supportare tutte queste nuove informazioni. Pensate che questo aprirebbe anche la strada a ricerche astronomiche affascinanti, come l’imaging con le sessioni VGOS!
E non finisce qui. Ci sono gli effetti della struttura delle sorgenti radio (che sono tutt’altro che puntiformi!), gli effetti ionosferici, la robustezza dei telescopi (nel 2022 quasi ogni sessione ha avuto almeno un telescopio con problemi tecnici), le interferenze radio, la “salute” a lungo termine dell’hardware VGOS con questi movimenti così aggressivi… Insomma, la ricerca continua, ma abbiamo fatto un bel passo avanti per sfruttare al meglio questa incredibile tecnologia che è VGOS.
Spero che questo racconto della mia “incursione” nel mondo dell’ottimizzazione VGOS vi abbia appassionato almeno quanto ha appassionato me farne parte. L’universo ha ancora tantissime storie da raccontarci, e con strumenti sempre più performanti, saremo pronti ad ascoltarle!
Fonte: Springer