Cancro della Pelle e AI: Ho Scoperto Come ‘Accordare’ le Reti Neurali per Diagnosi Pazzesche!
Ragazzi, parliamoci chiaro: il cancro della pelle, specialmente il melanoma, è una brutta bestia. Fa paura, e purtroppo i numeri sono in crescita. Ma sapete una cosa? La tecnologia, in particolare l’intelligenza artificiale (AI), ci sta dando una mano incredibile per combatterlo, soprattutto nella diagnosi precoce, che è *fondamentale*. Una diagnosi rapida può letteralmente salvare la vita.
Negli ultimi anni, ho passato un sacco di tempo a ‘giocare’ con algoritmi di Machine Learning (ML) e Deep Learning (DL) per capire come possono aiutarci a scovare il cancro della pelle dalle immagini. È un campo affascinante! Gli algoritmi ML se la cavano bene con pochi dati, ma vanno in crisi con dataset enormi. Al contrario, il Deep Learning, soprattutto con le Reti Neurali Convoluzionali (CNN), dà il meglio con grandi quantità di immagini, ma a volte inciampa sui dataset più piccoli.
La Sfida: Ottimizzare le CNN per la Pelle
Qui entra in gioco la parte divertente (e un po’ da smanettoni, lo ammetto!). Mi sono chiesto: cosa succede se prendiamo una CNN, che è un po’ il ‘cervello’ artificiale specializzato nel ‘vedere’ le immagini, e iniziamo a modificare i suoi parametri interni? Un po’ come accordare uno strumento musicale per ottenere il suono perfetto. L’obiettivo? Vedere quale combinazione di ‘accordature’ (parametri) ci dà i risultati migliori nel riconoscere lesioni cutanee sospette.
Il problema è che spesso, nella ricerca, si prendono modelli AI già pronti (pre-addestrati) o si usano configurazioni standard senza chiedersi se siano davvero le migliori per *quel* compito specifico, come analizzare le immagini della pelle. Molti studi non esplorano a fondo quanto un modello possa essere robusto e adattabile se viene ‘messo a punto’ (fine-tuning) come si deve. E credetemi, fa una differenza enorme!
La Nostra Avventura nel Fine-Tuning
Così, mi sono messo all’opera. Ho preso una CNN di base e ho iniziato a fare esperimenti su esperimenti, usando dataset di immagini dermatoscopiche (quelle foto super dettagliate dei nei che fanno i dermatologi). Ho provato a:
- Aggiungere più strati: Sia strati ‘densi’ (quelli che fanno i calcoli finali) sia strati convoluzionali (quelli che ‘guardano’ l’immagine).
- Variare il numero di ‘filtri’ in ogni strato convoluzionale: I filtri sono come piccoli ‘occhi’ specializzati nel riconoscere pattern specifici (bordi, texture, colori…). Ho provato a usarne un numero diverso in strati diversi.
- Eliminare i ‘dropout layers’: Questi strati servono a prevenire l’overfitting (quando il modello impara troppo a memoria i dati di training e non generalizza bene), ma a volte possono ‘buttare via’ informazioni utili.
- Modificare la ‘velocità di apprendimento’ (learning rate): Quanto velocemente il modello impara dai suoi errori.
- Cambiare il ‘padding’: Una tecnica che aggiunge ‘bordi’ all’immagine per non perdere informazioni ai lati durante l’analisi.

I risultati? Sorprendenti! Siamo partiti da un’accuratezza modesta, circa il 62.5%. Non male, ma si può fare molto meglio. Ebbene, semplicemente ‘accordando’ la CNN, siamo schizzati all’85% di accuratezza! Un balzo del 22.5%, pazzesco!
Le Scoperte Chiave: Cosa Funziona Davvero?
Cosa ha fatto la differenza più grande? Due cose in particolare mi hanno colpito:
1. Aggiungere strati e variare i filtri: Dare al modello più ‘profondità’ e specializzare gli ‘occhi’ di ogni strato ha decisamente potenziato la sua capacità di capire le immagini complesse delle lesioni cutanee. È come passare da una visione generale a una più dettagliata e stratificata.
2. Eliminare i dropout layers e il padding ‘same’: Questa è stata la vera sorpresa. Nel nostro caso specifico, i dropout stavano eliminando troppe informazioni preziose. Togliendoli, il modello ha ‘respirato’ meglio. Similmente, togliere il padding ‘same’ (che mantiene le dimensioni dell’immagine) e usare il padding ‘valid’ (che le riduce leggermente) ha aiutato il modello a concentrarsi sulle caratteristiche centrali della lesione, migliorando le performance. È come se avessimo detto al modello: “Ok, ignora un po’ i bordi e concentrati sul cuore del problema”.
Abbiamo anche visto che giocare troppo con il learning rate può essere controproducente. Un valore troppo alto o troppo basso può mandare in tilt l’apprendimento. Trovare il giusto equilibrio è cruciale.
Perché un Modello ‘Su Misura’ Batte Quelli Pre-Addestrati?
Un’altra cosa interessante emersa è che il nostro modello CNN ‘fatto in casa’ e ben ottimizzato ha superato, su questi specifici dataset, modelli molto più complessi e famosi come EfficientNet, ResNet50 e VGG16, che sono pre-addestrati su milioni di immagini generiche (il dataset ImageNet). Questo non significa che quei modelli non siano validi, anzi! Ma dimostra che per compiti molto specifici, come l’analisi di immagini mediche particolari, un modello più snello ma *perfettamente calibrato* può essere più efficace, veloce e richiedere meno risorse computazionali. È la prova che il fine-tuning è una vera superpotenza!

Abbiamo anche usato una tecnica chiamata Grad-CAM per ‘vedere’ dove il modello stava guardando nell’immagine per prendere la sua decisione. È affascinante vedere come, strato dopo strato, il modello impari a focalizzarsi sulle aree davvero rilevanti della lesione, ignorando il resto. Queste ‘mappe di calore’ potrebbero persino aiutare i dermatologi a capire meglio cosa rende una lesione sospetta agli ‘occhi’ dell’AI.
Guardando al Futuro
Certo, c’è ancora strada da fare. Abbiamo usato dataset relativamente piccoli e dovremo testare questi approcci su set di dati più grandi e variegati. Ma questi risultati sono incredibilmente incoraggianti. Dimostrano che non basta ‘prendere’ un modello AI e usarlo; bisogna capirlo, ‘coccolarlo’, regolarlo finemente per tirare fuori il suo massimo potenziale.
Spero che questa nostra ‘avventura’ nel mondo del fine-tuning delle CNN possa essere utile ad altri ricercatori che lavorano su questo fronte. Capire quali parametri muovere e come possono influenzare le performance è fondamentale per costruire strumenti AI sempre più precisi ed efficaci nella lotta contro il cancro della pelle. È un piccolo passo, ma nella direzione giusta per aiutare medici e pazienti. E per me, questa è la soddisfazione più grande!

Fonte: Springer
