Fotografia macro di una piastra di Petri con colonie batteriche di Bacillus cereus su agar amido, che mostrano chiare zone di idrolisi dopo l'aggiunta di iodio di Lugol. Illuminazione controllata da laboratorio, obiettivo macro 90mm, alta definizione dei dettagli delle colonie e delle zone chiare.

Bacillus Cereus dalle Terme: Il Segreto per Amilasi Super Potenti!

Ciao a tutti! Oggi voglio raccontarvi una storia affascinante che unisce la bellezza della natura, la potenza dei microbi e un pizzico di ingegneria biologica. Parliamo di enzimi, quelle incredibili molecole biologiche che accelerano le reazioni chimiche senza consumarsi. Sono fondamentali in tantissimi processi industriali, pensate che il mercato globale degli enzimi vale miliardi! Tra questi, le amilasi sono delle vere superstar, rappresentando circa il 30% del mercato mondiale. Perché? Perché sono essenziali in settori come l’alimentare, la birrificazione, il tessile, i detergenti e persino nella produzione di biocarburanti. In pratica, “digeriscono” l’amido trasformandolo in zuccheri più semplici come glucosio e maltosio.

La richiesta di amilasi, specialmente quelle super resistenti che provengono da organismi “estremofili” (cioè che amano condizioni ambientali estreme come alte temperature o pH particolari), è in continua crescita. Immaginate enzimi che lavorano senza problemi anche quando fa molto caldo o l’ambiente è acido o basico: una manna dal cielo per l’industria!

La Caccia al Tesoro Microbico nelle Sorgenti Termali

Allora, ci siamo chiesti: dove possiamo trovare nuovi microbi capaci di produrre queste amilasi “toste”? La risposta ci è venuta da un luogo tanto suggestivo quanto promettente: le sorgenti termali. In particolare, siamo andati a Ikogosi, nel sud-ovest della Nigeria, un luogo noto per le sue acque calde (circa 37°C nel punto di raccolta) usate per scopi ricreativi e non solo. Le sorgenti termali sono veri e propri scrigni di biodiversità microbica, spesso ospitando organismi con caratteristiche uniche.

Armati di bottiglie sterili, abbiamo raccolto campioni d’acqua in diversi punti della sorgente. Tornati in laboratorio, abbiamo iniziato la “caccia”: abbiamo coltivato i microbi presenti nei campioni in un terreno nutriente a 45°C. Da questa prima fase, abbiamo isolato ben sedici ceppi batterici diversi. Ma quali di questi erano i nostri campioni di amilasi?

Per scoprirlo, li abbiamo messi alla prova su piastre contenenti amido. Dopo averli fatti crescere, abbiamo inondato le piastre con una soluzione di iodio (il famoso reattivo di Lugol). Bingo! Alcune colonie batteriche erano circondate da un alone chiaro: significava che avevano “mangiato” l’amido circostante, producendo quindi amilasi. Tra tutti, un ceppo si è distinto per l’alone più grande e netto, suggerendo una produzione di enzimi particolarmente elevata. Era il nostro candidato ideale!

Identikit del Nostro Campione: Signore e Signori, Bacillus cereus!

A questo punto, dovevamo dare un nome e un volto al nostro campione. Abbiamo usato un mix di tecniche: osservazione al microscopio, test biochimici classici (come la colorazione di Gram, test di motilità, catalasi, ecc.) e, per la conferma definitiva, l’analisi molecolare del suo DNA, in particolare del gene 16S rRNA. Questo gene è come un’impronta digitale per i batteri.

I risultati non hanno lasciato dubbi: il nostro super produttore di amilasi apparteneva alla specie Bacillus cereus. E non era un Bacillus cereus qualsiasi: i test hanno confermato la sua natura “termofila moderata”. Poteva crescere tranquillamente fino a 65°C e tollerare picchi di 80°C, con una temperatura ottimale di crescita e produzione di amilasi a 45°C. Fantastico! Avevamo trovato un batterio robusto, proprio quello che cercavamo.

Fotografia di paesaggio di una sorgente termale naturale (Ikogosi Warm Spring, Nigeria), vapore che sale dall'acqua circondata da vegetazione lussureggiante. Obiettivo grandangolare 20mm, luce naturale del mattino, messa a fuoco nitida sull'acqua e sulle rocce.

Ottimizzare la Produzione: La Via Tradizionale (OFAT)

Avere un buon microbo è solo l’inizio. Per rendere la produzione di enzimi efficiente ed economica su scala industriale, bisogna trovare le condizioni perfette che massimizzino la resa. Qui entra in gioco l’ottimizzazione.

Abbiamo iniziato con un metodo classico, chiamato OFAT (One-Factor-At-a-Time, cioè “un fattore alla volta”). In pratica, si cambia un parametro alla volta (temperatura, pH, tempo di incubazione, tipo e quantità di nutrienti come fonti di carbonio e azoto, quantità di batteri iniziali, concentrazione di amido) mantenendo costanti tutti gli altri, per vedere come influenza la produzione di amilasi.

Dopo una serie di esperimenti, abbiamo trovato le condizioni “ottimali” secondo l’OFAT:

  • Concentrazione di amido: 5% (peso/volume)
  • Volume di inoculo (batteri iniziali): 2% (volume/volume)
  • pH: 8 (leggermente basico)
  • Temperatura di incubazione: 45°C
  • Tempo di incubazione: 48 ore

Con queste condizioni, il nostro Bacillus cereus ha prodotto un’attività amilasica di 172.6 U/mL. Non male! Abbiamo anche scoperto che preferiva l’amido come fonte di carbonio e l’estratto di lievito come fonte di azoto.

Un Salto di Qualità: L’Ottimizzazione Statistica (BBD-RSM)

Il metodo OFAT è utile, ma ha un grosso limite: non tiene conto delle possibili interazioni tra i diversi fattori. Magari l’effetto del pH cambia a seconda della temperatura, o la concentrazione di amido ottimale dipende dal tempo di incubazione. Per superare questo limite, abbiamo usato un approccio statistico più sofisticato: il Box-Behnken Design (BBD) combinato con la Response Surface Methodology (RSM).

Sembra complicato, ma l’idea è geniale: invece di testare un fattore alla volta, si progetta un set di esperimenti in cui si variano simultaneamente i fattori più importanti (nel nostro caso, pH, tempo di incubazione e concentrazione di amido, basandoci sui risultati OFAT) a diversi livelli (basso, medio, alto). I risultati vengono poi analizzati con modelli matematici per capire non solo l’effetto di ogni singolo fattore, ma anche come interagiscono tra loro, creando una sorta de “mappa” (la superficie di risposta) che predice la resa di amilasi per ogni combinazione di condizioni.

Abbiamo eseguito 17 esperimenti secondo il piano BBD, misurando l’attività amilasica in ogni condizione. I dati sono stati usati per costruire un modello matematico quadratico.

Fotografia still life di provette in un bagnomaria termostatato durante un saggio enzimatico dell'amilasi. Primo piano sulle provette con liquidi colorati (reazione DNS), illuminazione precisa da laboratorio, obiettivo macro 100mm, alta definizione dei dettagli delle etichette e delle bollicine.

Risultati da Urlo: Produzione Massimizzata!

L’analisi statistica (ANOVA) ha confermato che il nostro modello era estremamente accurato (con un coefficiente di determinazione R² altissimo, 0.9957, vicinissimo a 1 che indica una predizione perfetta!) e che i fattori scelti (tempo, concentrazione di amido) e le loro interazioni avevano un impatto significativo sulla produzione di amilasi. Curiosamente, in questo range specifico, il pH da solo non è risultato statisticamente così determinante come gli altri fattori e le interazioni.

Ma la cosa più importante è stata la previsione del modello: le condizioni ottimali per la massima produzione di amilasi erano leggermente diverse da quelle trovate con l’OFAT:

  • pH: 7 (neutro)
  • Tempo di incubazione: 48 ore (come OFAT)
  • Concentrazione di amido: 5% (peso/volume) (come OFAT)
  • Temperatura: 45°C (mantenuta costante come da OFAT)

Abbiamo quindi fatto la prova del nove in laboratorio, ripetendo l’esperimento con queste condizioni precise. Il risultato? Un’attività amilasica media di 196.02 U/mL! Si tratta di un aumento di 1.2 volte rispetto al massimo ottenuto con il metodo OFAT. Un successo!

Perché Tutto Questo è Importante?

Questa ricerca dimostra diverse cose fantastiche. Primo, che ambienti come le sorgenti termali sono miniere d’oro per scovare microrganismi con proprietà utili per la biotecnologia. Secondo, abbiamo isolato un ceppo di Bacillus cereus particolarmente interessante perché produce amilasi termostabili, capaci cioè di resistere a temperature relativamente alte, e lo fa bene in un ampio range di pH. Terzo, abbiamo dimostrato ancora una volta come metodi di ottimizzazione statistica come il BBD-RSM siano nettamente superiori all’approccio tradizionale “un fattore alla volta” per massimizzare la produzione di enzimi (o qualsiasi altro prodotto biotecnologico), permettendo di ottenere rese significativamente maggiori.

Il nostro Bacillus cereus “termale” ha tutte le carte in regola per poter essere utilizzato in futuro a livello commerciale, contribuendo a soddisfare la crescente domanda di enzimi robusti ed efficienti. È stata un’avventura scientifica entusiasmante, che ci ricorda quanta ricchezza si nasconda ancora nel mondo microscopico che ci circonda!

Fonte: Springer

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