Primissimo piano di un'ostrica piatta europea, Ostrea edulis, parzialmente aperta, che mostra il mantello. Fotografia macro con obiettivo 90mm, alta definizione, illuminazione laterale controllata per creare ombre morbide e accentuare la texture umida e iridescente della conchiglia e del tessuto molle. Messa a fuoco estremamente precisa sul bordo del mantello.

L’Orologio Segreto dell’Ostrica Piatta: Ritmi Nascosti e Minacce Luminose

Ciao a tutti! Oggi voglio portarvi con me in un viaggio affascinante nel mondo sottomarino, alla scoperta dei segreti di una creatura tanto preziosa quanto minacciata: l’ostrica piatta europea, la nostra Ostrea edulis. Magari la conoscete per il suo sapore prelibato, ma vi siete mai chiesti come vive la sua giornata? Ha una routine? Un orologio biologico come il nostro? Beh, è proprio quello che abbiamo cercato di scoprire.

Perché studiare il “ticchettio” delle ostriche?

Prima di tuffarci nei dettagli, lasciatemi dire perché l’Ostrea edulis è così importante. Un tempo abbondantissima lungo le coste europee, dal Mare del Nord al Mediterraneo, questa ostrica è una vera e propria ingegnera degli ecosistemi. Costruisce delle vere e proprie scogliere (reef biogenici) che diventano casa per tantissime altre specie, aumentando la biodiversità e fornendo servizi ecosistemici fondamentali. Purtroppo, nel corso del XX secolo, a causa della pesca eccessiva, delle malattie e di altri stress causati dall’uomo, le sue popolazioni sono crollate drasticamente. Oggi è uno degli habitat marini più minacciati d’Europa.

Ecco perché ci sono tanti sforzi in corso per proteggerla e ripristinare i suoi habitat. Ma per farlo bene, dobbiamo conoscerla a fondo. E indovinate un po’? Della sua “cronobiologia”, cioè lo studio dei suoi ritmi biologici, sapevamo ancora pochissimo. Capire come si sincronizza con l’ambiente ciclico in cui vive è cruciale per aiutarla ad adattarsi.

L’orologio interno e i segnali dall’ambiente

Come quasi tutti gli organismi sulla Terra, anche le ostriche devono fare i conti con i cicli ambientali: il giorno e la notte, le maree, le stagioni. Per “tenere il tempo” e anticipare questi cambiamenti, abbiamo evoluto degli orologi biologici interni, presenti in ogni cellula. Questi orologi sono meccanismi molecolari complessi, delle specie di “ingranaggi” genetici che si autoregolano.

Per funzionare in sintonia con l’esterno, questi orologi interni hanno bisogno di segnali ambientali affidabili, chiamati zeitgebers (dal tedesco, “donatori di tempo”). Il più potente zeitgeber per il ritmo circadiano (quello di circa 24 ore) è la luce. La luce sincronizza il nostro orologio interno, dettando i ritmi di sonno-veglia, metabolismo e tante altre funzioni. E se togliamo questi segnali esterni? L’orologio continua a ticchettare “a ruota libera” (free-running), mostrando il suo periodo endogeno, che è vicino ma non identico alle 24 ore.

Come abbiamo “ascoltato” le ostriche

Ma come si fa a studiare il ritmo di un’ostrica, che non ha certo un orologio al polso? Abbiamo usato una tecnica super interessante e non invasiva chiamata valvometria ad alta frequenza (HFNI). In pratica, abbiamo incollato dei minuscoli e leggerissimi elettrodi sulle due valve (i gusci) di 32 ostriche. Questi elettrodi generano un debole campo elettromagnetico che ci permette di misurare con precisione ogni quanto e quanto ampiamente le ostriche aprono e chiudono le loro valve, ogni pochi secondi! L’apertura delle valve è legata a funzioni vitali come respirare, nutrirsi e riprodursi, quindi è un ottimo indicatore del loro comportamento e del loro ritmo interno.

Abbiamo tenuto le nostre ostriche in vasche speciali, isolate da vibrazioni e luci esterne, in un laboratorio ad Arcachon, in Francia. Per 97 giorni, le abbiamo sottoposte a diverse condizioni di luce:

  • Cicli normali di 12 ore di luce e 12 ore di buio (12L:12D).
  • Buio costante (D:D) per vedere l’orologio “a ruota libera”.
  • Luce fioca costante (dim L:L), un’altra condizione di “ruota libera”.
  • Un ciclo luce/buio sfasato di 4 ore, per testare la loro capacità di adattamento.
  • Un ciclo 12L:12D ma con luce artificiale notturna (ALAN) a bassa intensità (5 lux), per simulare l’inquinamento luminoso.
  • Un ciclo 12L:12D con cibo costante, per vedere se la fame influenzava il ritmo.

Abbiamo analizzato due parametri principali: l’ampiezza di apertura delle valve (VOA, Valve Opening Amplitude) e la durata dell’apertura (VOD, Valve Opening Duration).

Macro fotografia di un'ostrica piatta europea, Ostrea edulis, sott'acqua nel suo habitat naturale roccioso. Obiettivo macro 100mm, alta definizione, messa a fuoco precisa sulla texture della conchiglia leggermente aperta, illuminazione controllata per evidenziare i dettagli biologici.

I risultati: un’ostrica nottambula e un orologio “flessibile”

Cosa abbiamo scoperto? È stato davvero sorprendente!
1. L’ostrica è nottambula: In condizioni normali di luce/buio (12L:12D), le ostriche mostravano un chiaro ritmo giornaliero. Erano più attive di notte! Sia l’ampiezza (VOA) che la durata (VOD) dell’apertura raggiungevano il picco poco dopo lo spegnimento della luce. E la cosa affascinante è che non reagivano passivamente alla luce: iniziavano a ridurre l’attività prima dell’alba e ad aumentarla prima del tramonto. Anticipavano i cambiamenti, un chiaro segno che c’era di mezzo un orologio interno! Fornire cibo non cambiava molto questo schema notturno.

2. L’orologio interno c’è, ma è “labile”: Quando abbiamo messo le ostriche al buio costante (D:D), il ritmo non è sparito del tutto! Abbiamo osservato un ritmo con un periodo leggermente più lungo di 24 ore (circa 25-26 ore), tipico di un orologio circadiano endogeno che gira “a ruota libera”. Questo conferma l’esistenza di un meccanismo interno. Tuttavia, questo ritmo endogeno era piuttosto debole, “rumoroso” e non tutti gli individui lo mostravano chiaramente. Lo definiamo un orologio “labile”, cioè con poca inerzia, non molto robusto quando mancano i segnali esterni. Curiosamente, in condizioni di luce fioca costante (dim L:L), il ritmo non era rilevabile, forse mascherato dalla pur debole luce continua.

3. Un orologio “plastico” e adattabile: Quando abbiamo sfasato il ciclo luce/buio di 4 ore, le ostriche si sono risincronizzate immediatamente, senza periodi di transizione. Questo dimostra una grande “plasticità”: il loro orologio è flessibile e capace di adattarsi rapidamente ai cambiamenti nei segnali luminosi. Questa combinazione di labilità e plasticità potrebbe essere un vantaggio evolutivo. Pensateci: le ostriche vivono in ambienti costieri dove non c’è solo il ciclo giorno/notte, ma anche quello delle maree (circa 12.4 ore), che si sfasa continuamente rispetto al ciclo solare. Un orologio non troppo rigido potrebbe permettere loro di destreggiarsi meglio tra questi diversi ritmi e di adattarsi alle variazioni locali delle maree o ai cambiamenti stagionali della durata del giorno, specialmente a latitudini diverse.

Fotografia dell'allestimento sperimentale in laboratorio per lo studio dei ritmi circadiani delle ostriche. Serbatoi d'acqua con ostriche Ostrea edulis dotate di elettrodi per valvometria HFNI. Illuminazione controllata, ambiente scientifico pulito. Obiettivo grandangolare 18mm per mostrare l'intero setup, messa a fuoco nitida.

La minaccia dell’inquinamento luminoso (ALAN)

Se da un lato un orologio labile e plastico può essere utile, dall’altro può rendere le ostriche più vulnerabili a disturbi nuovi, come l’inquinamento luminoso. L’Artificial Light At Night (ALAN) è una minaccia crescente negli ecosistemi costieri, proprio dove vivono le nostre ostriche. Mascherando il buio naturale, l’ALAN può confondere gli orologi biologici degli organismi marini, scombussolando la loro fisiologia e il loro comportamento.

E cosa è successo alle nostre Ostrea edulis quando abbiamo acceso una debole luce artificiale (appena 5 lux) durante la notte? Il risultato è stato preoccupante. Mentre il ritmo dell’ampiezza di apertura (VOA) persisteva, seppur indebolito, il ritmo della durata di apertura (VOD) è praticamente scomparso! Anzi, il picco di attività del VOD si è spostato dal periodo notturno a quello diurno. Questo conferma l’ipotesi: l’orologio labile dell’ostrica piatta la rende particolarmente sensibile all’ALAN. Essendo organismi sessili (cioè fissi al fondale), non possono scappare dalla luce artificiale, e questo disturbo potrebbe avere conseguenze negative sulla loro salute, sulla riproduzione e, in definitiva, sulla sopravvivenza delle popolazioni, mettendo a rischio anche i progetti di ripristino. Pensate che si stima che oltre il 50% delle coste europee, habitat potenziale per queste ostriche, sia già inquinato dalla luce!

Paesaggio costiero notturno in Europa inquinato da luce artificiale (ALAN). Luci arancioni/bianche provenienti da una città vicina si riflettono sull'acqua calma vicino a un'area di potenziale habitat per le ostriche. Esposizione lunga per catturare la luce ambientale e l'acqua liscia, obiettivo grandangolare 15mm, messa a fuoco nitida sull'interfaccia acqua-costa.

Cosa ci insegna l’orologio dell’ostrica?

Questo studio ci ha aperto una finestra sull’affascinante mondo della cronobiologia dell’Ostrea edulis. Abbiamo scoperto che possiede un orologio circadiano endogeno, responsabile del suo comportamento prevalentemente notturno. Questo orologio è caratterizzato da una notevole plasticità, che le permette di adattarsi rapidamente ai cambiamenti dei cicli di luce, e da una certa labilità, che lo rende meno robusto in assenza di segnali esterni ma anche più vulnerabile all’inquinamento luminoso.

Questa “personalità” dell’orologio biologico potrebbe spiegare come l’ostrica piatta sia riuscita storicamente a colonizzare una vasta gamma di ambienti, da acque poco profonde a quelle più profonde, dal Mediterraneo alla Norvegia. Tuttavia, nel mondo di oggi, con i rapidi cambiamenti climatici e l’aumento delle pressioni antropiche come l’ALAN, questa stessa labilità potrebbe diventare un tallone d’Achille.

Capire come funzionano questi ritmi e come vengono influenzati dall’ambiente (naturale e alterato dall’uomo) è fondamentale per il successo dei programmi di conservazione e ripristino di questa specie così importante per i nostri mari. C’è ancora molto da scoprire, ad esempio come l’orologio reagisce ai cambiamenti di temperatura (un aspetto chiave nell’era del riscaldamento globale) e come si comporta l’ostrica nel suo ambiente naturale, ma abbiamo aggiunto un tassello importante alla conoscenza di questo prezioso abitante dei nostri mari. La prossima volta che vedrete un’ostrica, pensate al piccolo, complesso orologio che ticchetta dentro di lei, scandendo la sua vita al ritmo del pianeta… e a come le nostre luci notturne potrebbero disturbarlo.

Fonte: Springer

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