Un primo piano macro di un insetto Orius strigicollis mentre preda un piccolo acaro su una foglia verde di melanzana. L'immagine è scattata con un obiettivo macro da 100mm, con illuminazione controllata per massimizzare i dettagli dei tricomi della foglia e una profondità di campo ridotta per far risaltare il soggetto. L'Orius è di colore scuro con macchie chiare, e l'acaro è rossastro, quasi perso tra i peli della foglia.

Orius Strigicollis: Sesso, Pianta e Preda – I Segreti di un Predatore Top!

Amici appassionati di natura e agricoltura sostenibile, oggi vi porto con me in un’avventura microscopica, alla scoperta di un piccolo eroe che lavora instancabilmente per proteggere le nostre colture: l’Orius strigicollis. Questo minuscolo insetto antocoride è un predatore formidabile, una vera e propria arma biologica contro alcuni dei parassiti più temuti, come l’acaro rosso scuro (Tetranychus ludeni) e i tripidi (Frankliniella intonsa). Ma cosa rende questo piccolo killer così efficiente? E come possiamo aiutarlo a fare al meglio il suo lavoro? Beh, mi sono imbattuto in uno studio affascinante che ha cercato di svelare proprio questi misteri, analizzando come la specie della preda, la pianta ospite e persino il sesso del nostro Orius influenzino la sua “risposta funzionale”. Pronti a scoprire i dettagli?

Ma cos’è questa “Risposta Funzionale”?

Prima di addentrarci nei dettagli, spendiamo due parole sulla “risposta funzionale”. Immaginatela come la capacità di un predatore di trovare, catturare e “gestire” (cioè mangiare) le sue prede. Gli scienziati la descrivono spesso con dei modelli matematici, e uno dei più comuni è quello di “Tipo II”. Senza entrare troppo nel tecnico, una risposta di Tipo II significa che all’aumentare della densità delle prede, il nostro Orius ne mangia sempre di più, ma fino a un certo punto! A un certo punto, si sazia o semplicemente impiega troppo tempo a “processare” una preda per poterne catturare altre, anche se ce ne sono in abbondanza. I parametri chiave qui sono il tasso di attacco (quanto velocemente trova e attacca la preda) e il tempo di manipolazione (quanto ci mette a mangiarla). Ebbene, lo studio ha confermato che il nostro Orius strigicollis mostra proprio questa risposta di Tipo II in tutte le condizioni testate. Ma le cose si fanno interessanti quando vediamo come questi parametri cambiano…

La Pianta Ospite: Non tutte le foglie sono uguali!

Una delle prime cose che i ricercatori hanno voluto capire è se la pianta su cui avviene la caccia fa la differenza. Hanno messo alla prova femmine di Orius su foglie di melanzana e di fagiolo rampicante, offrendo loro degli acari (Tetranychus ludeni). Sorpresa! Le femmine su melanzana si sono dimostrate cacciatrici più efficienti. Hanno mostrato un tasso di attacco significativamente più alto e un tempo di manipolazione più breve rispetto a quelle su fagiolo rampicante. Ma perché?
La risposta sembra risiedere nella struttura della foglia, in particolare nei tricomi, quei peletti che ricoprono la superficie fogliare. Le foglie di melanzana hanno tricomi più lunghi, più densi e di forma stellata, mentre quelli del fagiolo sono più corti, meno densi e uncinati.
Questi tricomi più “complessi” sulla melanzana sembrano fare da trappola per gli acari! Infatti, è stato osservato che gli acari si muovevano significativamente più lentamente sulle foglie di melanzana. Immaginate un labirinto intricato: per gli acari è più difficile scappare, mentre per l’Orius, che non sembra essere ostacolato più di tanto dai tricomi, diventa più facile catturarli. È come se la melanzana desse una mano al nostro piccolo predatore! Questo è un dato importantissimo, perché suggerisce che selezionare varietà di piante con certe caratteristiche fogliari potrebbe rendere il controllo biologico ancora più efficace.

Macro fotografia di una foglia di melanzana con tricomi stellati ben visibili, illuminazione controllata per evidenziare i dettagli, obiettivo macro 90mm. Un piccolo acaro rosso scuro (Tetranychus ludeni) cerca di muoversi tra i tricomi.

Una Questione di Gusti (e Dimensioni): Acari vs. Tripidi

Il secondo fattore indagato è stato il tipo di preda. Le femmine di Orius sono state messe di fronte a due “piatti” diversi: le deutoninfe dell’acaro Tetranychus ludeni e le larve di secondo stadio del tripide Frankliniella intonsa. Entrambi sono parassiti dannosi, ma c’è una bella differenza nelle loro dimensioni e mobilità.
I risultati? L’Orius ha mostrato una netta preferenza, o meglio, una maggiore efficienza, nel predare gli acari. Il tasso di attacco contro gli acari era più alto e il tempo di manipolazione decisamente più breve rispetto a quando cacciava i tripidi.
La spiegazione sembra legata principalmente alle dimensioni corporee della preda. I tripidi, in questo studio, erano significativamente più grandi degli acari, quasi quanto l’Orius stesso. È logico pensare che una preda più piccola sia più facile e veloce da sopraffare e consumare. Inoltre, anche se la velocità di movimento dei due tipi di preda non era drasticamente diversa, l’analisi ha mostrato una correlazione: prede più grandi e veloci tendono a ridurre l’efficienza predatoria dell’Orius. I tripidi, più grossi, probabilmente hanno anche maggiori capacità di fuga. Quindi, il nostro piccolo eroe è un cacciatore versatile, ma sembra cavarsela meglio con prede più minute.

Maschio Contro Femmina: Chi è il Predatore Alfa?

E arriviamo alla “battaglia dei sessi”! Chi è il cacciatore più abile tra maschi e femmine di Orius strigicollis? Per scoprirlo, i ricercatori hanno offerto acari T. ludeni sia a maschi che a femmine, sulla stessa pianta ospite (fagiolo rampicante).
I risultati sono stati chiari: le femmine sono predatrici superiori. Hanno mostrato un tasso di attacco significativamente più alto, un tempo di manipolazione più breve e, di conseguenza, una capacità di consumo massimo giornaliero maggiore rispetto ai maschi. Questo è particolarmente evidente quando le prede sono abbondanti.
La cosa curiosa è che non sono state osservate differenze significative nelle dimensioni corporee o nella velocità di movimento tra maschi e femmine di Orius. Allora, perché questa differenza nelle prestazioni? La risposta più probabile risiede nelle diverse esigenze biologiche. Le femmine hanno bisogno di molte più risorse per la produzione delle uova. Questo “investimento riproduttivo” le spinge a essere cacciatrici più voraci ed efficienti. Questa scoperta è cruciale per le strategie di controllo biologico: considerare il rapporto tra i sessi nelle popolazioni di Orius rilasciate potrebbe fare una bella differenza sull’efficacia del trattamento!

Due insetti Orius strigicollis, una femmina e un maschio, su una foglia di fagiolo rampicante. La femmina, leggermente più grande, sta predando un piccolo tripide (Frankliniella intonsa). Fotografia macro, obiettivo 105mm, alta definizione, illuminazione da studio per dettagli nitidi.

Metodi d’Indagine: Come Hanno Fatto a Capirlo?

Vi chiederete come si fa a misurare queste cose. Beh, non è magia, ma scienza! I ricercatori hanno utilizzato un approccio combinato. Prima di tutto, hanno misurato le caratteristiche fisiche: lunghezza e densità dei tricomi sulle foglie, dimensioni e velocità di movimento di predatori e prede. Poi, hanno condotto esperimenti di “risposta funzionale” in laboratorio, offrendo diverse densità di prede agli Orius e contando quante ne venivano mangiate in 24 ore.
Per analizzare tutti questi dati, hanno usato strumenti statistici come la regressione logistica polinomiale (per determinare il tipo di risposta funzionale), l’equazione del predatore casuale di Rogers (per stimare tasso di attacco e tempo di manipolazione), e poi l’analisi di correlazione di Pearson e l’Analisi delle Componenti Principali (PCA). Questi ultimi due metodi sono potentissimi per capire le relazioni tra le diverse variabili e identificare quali fattori hanno l’impatto maggiore sull’efficienza predatoria. È un po’ come fare un’indagine da detective, cercando indizi e collegando i puntini!

Implicazioni Pratiche: Cosa Ci Insegnano Queste Scoperte?

Tutto questo lavoro di laboratorio e analisi non è fine a se stesso. Le scoperte hanno implicazioni pratiche molto importanti per la Gestione Integrata dei Parassiti (IPM).
Innanzitutto, ci dicono che la scelta della varietà colturale può fare la differenza. Privilegiare piante con caratteristiche fogliari che ostacolano i parassiti ma favoriscono i predatori (come i tricomi lunghi e densi della melanzana per gli acari) potrebbe essere una strategia vincente. Questo apre la strada a programmi di breeding mirati a sviluppare colture “amiche” dei nostri insetti utili.
In secondo luogo, capire quale tipo di preda l’Orius gestisce meglio e che le femmine sono cacciatrici più performanti ci aiuta a ottimizzare i rilasci di questi agenti di controllo biologico. Magari, in certe situazioni, potrebbe essere utile assicurare una certa proporzione di femmine.
Certo, come sottolineano gli stessi ricercatori, questi sono studi condotti in condizioni controllate. Saranno necessarie ulteriori ricerche sul campo per validare questi risultati in condizioni ambientali più variabili e complesse. Ma la strada è tracciata!
Combinare l’analisi della risposta funzionale con studi di correlazione e PCA si è dimostrato un approccio potente per svelare i meccanismi nascosti che influenzano l’efficacia dei nostri piccoli alleati. È un passo avanti verso strategie di controllo biologico sempre più precise, sostenibili e mirate. E io non vedo l’ora di scoprire quali altri segreti la natura ha in serbo per noi!

Fonte: Springer

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