Il DNA non basta: l’Origine Climatica Influenza il Legno del Pino Silvestre!
Ciao a tutti! Oggi voglio parlarvi di qualcosa di affascinante che riguarda gli alberi, in particolare il pino silvestre (Pinus sylvestris L.), una specie fondamentale per le nostre foreste e per l’industria del legno, specialmente qui in Polonia dove ricopre quasi il 70% dell’area forestale. Avete mai pensato a quanto conta il “passaporto” di un albero? Cioè, da dove provengono i suoi “genitori”? Sembra una domanda strana, ma una ricerca recente, a cui abbiamo contribuito, ha svelato dettagli sorprendenti su come l’origine genetica influenzi una caratteristica chiave del legno: la proporzione di legno giovanile. E non solo la genetica pura, ma forse anche una sorta di “memoria” climatica ereditata!
Ma cos’è il Legno Giovanile?
Immaginate il tronco di un pino. Vicino al centro, attorno al midollo, c’è una zona di legno che si forma nei primissimi anni di vita dell’albero, diciamo nei primi 5-20 anelli di crescita. Questo è il cosiddetto legno giovanile (in inglese “juvenile wood”). È diverso dal legno più esterno, quello “maturo” (“mature wood”), che si forma dopo.
Perché ci interessa questa distinzione? Perché il legno giovanile ha caratteristiche diverse:
- Densità generalmente inferiore
- Cellule (fibre) più corte
- Percentuale minore di legno tardivo (quello più denso che si forma a fine stagione)
- Pareti cellulari più sottili
In pratica, dal punto di vista industriale, il legno giovanile è spesso considerato di qualità inferiore, più debole e problematico per certi usi come la produzione di carta o prodotti strutturali. Quindi, capire quanta parte del tronco è occupata da questo tipo di legno è cruciale per valutare la qualità complessiva del legname e per ottimizzarne l’uso. La proporzione tra legno giovanile e maturo dipende da tanti fattori: genetica, pratiche forestali, clima… un bel mix!
L’Esperimento di Rogów: Pini da Tutta la Polonia Cresciuti Insieme
Per capire meglio il ruolo dell’origine genetica, abbiamo utilizzato i dati provenienti da un’area sperimentale speciale a Rogów, nel centro della Polonia. Qui, nel lontano 1966, sono stati piantati pini silvestri “figli” di alberi provenienti da diverse regioni della Polonia (chiamate “provenienze”). Pensate: alberi con origini geografiche e climatiche diverse (dalla foresta di Tuchola a nord, fino ai monti Tatra a sud con Nowy Targ), ma cresciuti tutti nello stesso identico posto, stesso suolo, stesso clima locale, stesse cure per oltre 50 anni!
L’idea di base di questi esperimenti “common garden” è semplice: se ci sono differenze tra alberi di origini diverse cresciuti nelle medesime condizioni, queste differenze devono essere legate alla loro eredità genetica o, come vedremo, forse a qualcos’altro legato all’ambiente dei genitori.

Risultati Sorprendenti: L’Origine Conta, Eccome! E Spunta l’Epigenetica
E qui viene il bello! Analizzando il legno di questi pini ormai adulti (57 anni!), abbiamo scoperto che l’origine dei “genitori” ha un impatto significativo sulla quantità di legno giovanile. Non solo sul numero di anelli annuali che compongono questa zona, ma anche sul volume che occupa nel tronco. Alcune provenienze avevano una transizione più rapida al legno maturo (es. Rychtal, Rogów, Nowy Targ con 10-14 anelli giovanili), altre più lenta (es. Jegiel con circa 17 anelli). La percentuale di volume occupata dal legno giovanile variava dal 24% a oltre il 40%!
Ma la cosa ancora più intrigante è che sembra esserci una correlazione con le condizioni climatiche del luogo di origine dei genitori. In particolare, abbiamo notato che una maggiore quantità di precipitazioni nel sito parentale è associata a una minore quantità di legno giovanile nella progenie. Questo ci fa pensare all’epigenetica. L’epigenetica studia quei meccanismi che modificano l’espressione dei geni senza cambiare la sequenza del DNA, e questi cambiamenti possono essere influenzati dall’ambiente e, a volte, trasmessi alle generazioni successive. È come se gli alberi portassero con sé una “memoria” delle condizioni climatiche vissute dai loro antenati, influenzando il modo in cui formano il loro legno, anche quando crescono in un ambiente diverso!
Un caso emblematico è quello della provenienza di Nowy Targ, situata in montagna. Questi alberi hanno mostrato un pattern di crescita degli anelli diverso dagli altri, senza una netta stabilizzazione della larghezza, probabilmente un riflesso delle condizioni più difficili (stagione di crescita più breve, temperature più basse) vissute dai loro genitori. È un chiaro esempio di come l’ambiente possa plasmare le caratteristiche degli alberi, forse anche attraverso meccanismi epigenetici che “ricordano” lo stress ambientale passato.
Un Nuovo Modello Matematico per Semplificare le Cose
Tradizionalmente, il confine tra legno giovanile e maturo si determina osservando grafici che mostrano come cambia la percentuale di legno tardivo anno per anno. È un metodo valido, ma un po’ macchinoso, specialmente quando si hanno tanti campioni da analizzare come nel nostro caso (64 alberi da 8 provenienze diverse!).
Perciò, abbiamo proposto e testato un nuovo approccio basato su un modello matematico. In pratica, abbiamo usato una funzione matematica (una funzione di potenza) che mette in relazione il rapporto tra la larghezza del legno primaticcio (earlywood) e quella del legno tardivo (latewood) con il numero dell’anello annuale (l’età cambiale). Il bello è che un parametro di questa funzione ci dà direttamente una stima del numero di anelli che costituiscono la zona di legno giovanile. Abbiamo confrontato i risultati del modello con quelli del metodo grafico tradizionale e… funziona! Certo, c’è un margine di approssimazione, ma il modello si è rivelato decisamente utile e molto più rapido. Una novità che potrebbe semplificare molto questo tipo di analisi in futuro.

Perché Tutto Questo è Importante?
Capire come l’origine genetica e, potenzialmente, epigenetica influenzi la formazione del legno giovanile ha implicazioni enormi.
- Miglioramento genetico e selvicoltura: Possiamo selezionare le provenienze che producono legno di qualità migliore (con meno legno giovanile, se quello è l’obiettivo) e che sono più adatte a specifiche condizioni ambientali, soprattutto in vista dei cambiamenti climatici.
- Adattamento ai cambiamenti climatici: L’idea che possa esistere una “memoria epigenetica” legata al clima apre scenari affascinanti sulla capacità di adattamento degli alberi. Potrebbe essere un fattore chiave da considerare nei programmi di rimboschimento e nella gestione forestale per aumentare la resilienza delle foreste.
- Utilizzo del legno: Conoscere in anticipo la probabile proporzione di legno giovanile in base all’origine può aiutare l’industria a pianificare meglio l’utilizzo del legname.
Questa ricerca sottolinea la necessità di non guardare solo al DNA, ma di considerare anche questi indicatori “epigenetici” (legati all’ambiente dei genitori) nelle future strategie di selezione e gestione forestale. È un campo di studio complesso, che richiede un approccio interdisciplinare – genetisti, forestali, esperti di legno, climatologi – ma le potenzialità sono enormi per comprendere e gestire meglio le nostre preziose foreste.
Insomma, la prossima volta che passeggerete in un bosco di pini, pensate che ogni albero porta con sé non solo il suo codice genetico, ma forse anche l’eco del clima vissuto dai suoi antenati! Affascinante, no?
Fonte: Springer
