Immagine fotorealistica, scattata con obiettivo prime da 35mm e profondità di campo ridotta, che mostra uno scienziato o una scienziata mentre osserva con attenzione una piastra di Petri contenente organoidi cerebrali luminosi. La scena è ambientata in un laboratorio high-tech, scarsamente illuminato, creando un'atmosfera di scoperta scientifica.

Alzheimer Sporadico: Ho Visto il Futuro della Ricerca nei Mini-Cervelli!

Ragazzi, lasciate che vi racconti una cosa incredibile su cui sto lavorando e che potrebbe davvero cambiare le carte in tavola nella lotta contro l’Alzheimer. Parliamo di una malattia devastante, la forma più comune di demenza, che colpisce milioni di persone nel mondo. E la cosa frustrante è che, nonostante anni di ricerca, le terapie efficaci sono ancora pochissime. Un vero grattacapo.

Il Problema: Modelli Vecchi e l’Enigma dell’Alzheimer Sporadico

Sapete, gran parte della ricerca si è concentrata sulla forma familiare dell’Alzheimer (fAD), quella legata a specifiche mutazioni genetiche. Ma questa forma rappresenta solo una piccola fetta della torta, meno del 5%. Il vero “mostro” è l’Alzheimer sporadico (sAD), che colpisce oltre il 95% dei pazienti e le cui cause sono molto più complesse e meno comprese, probabilmente un mix di fattori genetici e ambientali.

Il problema è che i modelli usati finora, soprattutto quelli animali (topi, principalmente), hanno dei limiti enormi. Primo, spesso replicano solo la forma familiare. Secondo, beh, un topo non è un essere umano. Ci sono differenze biologiche fondamentali che potrebbero spiegare perché tanti farmaci promettenti negli animali poi falliscono miseramente negli studi clinici sull’uomo. C’era un bisogno disperato di modelli umani più realistici, soprattutto per studiare la forma sporadica.

La Soluzione: Costruire un “Mini-Cervello” in Laboratorio

Ed è qui che entriamo in gioco noi. Abbiamo pensato: e se potessimo creare un modello di cervello umano in miniatura, direttamente in laboratorio, usando cellule umane? Non un cervello completo, ovviamente, ma una struttura 3D che contenga i tipi di cellule chiave coinvolte nell’Alzheimer.

Così, partendo da cellule staminali pluripotenti umane (quelle cellule “jolly” che possono diventare qualsiasi tipo di cellula), abbiamo messo a punto una “ricetta” per creare degli organoidi neuroimmuni vascolarizzati. Sembra un nome complicato, ma significa semplicemente che siamo riusciti a far crescere insieme, in una piccola sfera tridimensionale:

  • Neuroni (le cellule nervose fondamentali)
  • Astrociti (cellule di supporto importanti)
  • Microglia (le cellule immunitarie del cervello, cruciali nell’infiammazione legata all’AD)
  • Vasi sanguigni (sì, abbiamo ricreato una sorta di rete vascolare!)

Avere tutti questi attori insieme è fondamentale, perché l’Alzheimer è una malattia complessa dove l’interazione tra diverse cellule gioca un ruolo chiave. Soprattutto la microglia e i vasi sanguigni erano i grandi assenti nei modelli precedenti.

Fotografia macro con lente da 100mm di organoidi cerebrali sferici in una piastra di Petri. Illuminazione controllata da laboratorio che evidenzia la loro struttura traslucida e complessa, con dettagli precisi e messa a fuoco nitida.

L’Intuizione: Usare il “Veleno” dell’Alzheimer per Innescare la Malattia

Ok, avevamo il nostro mini-cervello complesso. Ma come indurre l’Alzheimer, specialmente la forma sporadica, senza mutazioni genetiche note? Qui è arrivata l’idea, un po’ audace ma basata su ricerche precedenti: usare estratti di cervello provenienti da pazienti deceduti affetti da Alzheimer sporadico.

Sappiamo che nel cervello dei malati si accumulano proteine “appiccicose” e tossiche, come la beta-amiloide (Aβ) e la proteina tau. Queste proteine anomale possono agire come “semi” (in gergo scientifico si parla di prion-like seeding activity), inducendo le proteine normali presenti nelle cellule sane a ripiegarsi male e aggregarsi, propagando così la malattia. La nostra ipotesi era: se esponiamo i nostri organoidi sani a questi estratti cerebrali “malati”, riusciremo a scatenare le patologie tipiche dell’Alzheimer?

La risposta è stata un clamoroso !

Cosa Abbiamo Visto Dentro i Mini-Cervelli “Infettati”

È stato incredibile osservare cosa succedeva. Dopo solo quattro settimane dall’esposizione agli estratti di cervello sAD (un tempo relativamente breve rispetto ai mesi necessari con altri modelli), i nostri organoidi hanno iniziato a mostrare una serie di patologie che mimano in modo impressionante ciò che si vede nel cervello dei pazienti:

  • Aggregati simili a placche di Aβ: Vere e proprie “macchie” dense di proteina beta-amiloide si sono formate all’esterno delle cellule, proprio come le famose placche senili. Abbiamo usato anticorpi specifici (6E10, 4G8) e coloranti come la Tioflavina-S (che si lega alle strutture a foglietto beta tipiche delle placche) per confermarlo.
  • Aggregati simili a grovigli di Tau: All’interno dei neuroni, abbiamo visto accumuli di proteina tau iperfosforilata (usando l’anticorpo AT8 e altri marcatori come pThr217), che formavano strutture aggrovigliate simili ai grovigli neurofibrillari (NFTs), un altro segno distintivo dell’AD. Anche la colorazione Gallyas Silver, un metodo classico per vedere i grovigli, ha confermato la loro presenza.
  • Neuroinfiammazione: Come previsto, la presenza delle proteine tossiche ha scatenato una risposta infiammatoria. Abbiamo misurato un aumento di molecole infiammatorie come IL-6 e CCL2. La microglia, la nostra cellula immunitaria, si è attivata: da un lato, abbiamo visto che cercava di “mangiare” (fagocitare) gli aggregati di Aβ, un ruolo protettivo.
  • Potatura Sinaptica Eccessiva da Parte della Microglia: Dall’altro lato, però, la microglia ha iniziato a fare danni. Abbiamo osservato che eliminava attivamente le sinapsi (i punti di contatto tra neuroni, fondamentali per la comunicazione) in modo eccessivo, un fenomeno noto per contribuire al declino cognitivo nell’AD.
  • Perdita di Sinapsi e Neuroni: Conseguenza diretta dell’infiammazione e della potatura sinaptica, abbiamo riscontrato una riduzione del numero di sinapsi (marcatore Homer1) e un aumento della morte neuronale (marcatore Caspasi-3 attiva).
  • Attività di Rete Neurale Compromessa: Usando microelettrodi (MEA) per “ascoltare” l’attività elettrica degli organoidi, abbiamo visto che quelli trattati con estratti AD avevano un’attività di rete significativamente ridotta (meno “scariche” elettriche, meno comunicazione), segno di un danno funzionale.

Immagine al microscopio a fluorescenza ad alta risoluzione di una sezione di organoide cerebrale. Si vedono neuroni marcati in verde (MAP2 o NeuN) e aggregati di proteina tau iperfosforilata marcati in rosso (AT8) all'interno dei corpi cellulari neuronali, con dettagli nitidi delle strutture simili a grovigli.

Conferma Molecolare: Il Profilo Proteico Corrisponde

Per essere ancora più sicuri, abbiamo fatto un’analisi proteomica, cioè abbiamo guardato a tutte le proteine presenti negli organoidi. Risultato? Negli organoidi “malati” erano alterate proprio le vie molecolari note per essere coinvolte nell’Alzheimer umano (come quelle legate alle sinapsi, al trasporto vescicolare, alla neurodegenerazione). Abbiamo ritrovato proteine considerate biomarcatori dell’AD (come GFAP, CD44, MAPT) aumentate, proprio come nei pazienti. Questo ci ha dato una grande conferma che il nostro modello stava davvero replicando le caratteristiche molecolari della malattia.

Un Banco di Prova per Nuovi Farmaci: Il Test con Lecanemab

Avere un modello che replica così bene la malattia è fantastico, ma la vera utilità sta nel poterlo usare per testare nuovi farmaci. E lo abbiamo fatto! Abbiamo preso Lecanemab, un anticorpo monoclonale anti-Aβ approvato di recente dalla FDA per il trattamento dell’Alzheimer precoce.

Abbiamo trattato i nostri organoidi “malati” con Lecanemab per due settimane. I risultati sono stati entusiasmanti:

  • Riduzione del carico di Aβ: Il farmaco ha significativamente ridotto la quantità di aggregati di beta-amiloide negli organoidi.
  • Aumento della Fagocitosi Microgliale: Abbiamo osservato che la microglia negli organoidi trattati con Lecanemab era ancora più attiva nel “mangiare” l’Aβ, suggerendo che il farmaco aiuti proprio le cellule immunitarie a fare pulizia. Questa è una prova diretta, in un sistema umano, del meccanismo d’azione ipotizzato per questo tipo di anticorpi.
  • Indizi sui Potenziali Effetti Collaterali: Lecanemab e farmaci simili possono causare effetti collaterali noti come ARIA (anomalie di imaging correlate all’amiloide), che coinvolgono gonfiore cerebrale e problemi vascolari. Anche se il nostro modello non può replicare completamente l’ARIA, abbiamo notato che il trattamento con Lecanemab aumentava l’espressione di VCAM-1 (una molecola legata all’infiammazione vascolare) e tendeva a ridurre VE-Cadherina (importante per l’integrità dei vasi). Questo suggerisce che il nostro modello potrebbe essere utile anche per studiare e prevedere, almeno a livello molecolare, i potenziali rischi dei farmaci.

Perché Questo Modello è un Passo Avanti Decisivo?

Credo davvero che questo approccio rappresenti un salto di qualità. Riassumendo i vantaggi:

  • Modella l’Alzheimer Sporadico: Finalmente un modello umano che si concentra sulla forma più comune della malattia, senza bisogno di mutazioni genetiche artificiali.
  • È Complesso e Realistico: Include neuroni, astrociti, microglia e vasi sanguigni, permettendo di studiare le interazioni cellulari complesse che avvengono nel cervello malato.
  • È Relativamente Veloce: Induce patologie multiple in circa 1 mese e mezzo (10 giorni di differenziazione + 4 settimane post-esposizione), rendendolo più pratico per la ricerca e lo screening di farmaci.
  • È Ottimo per Testare Immunoterapie: La presenza di microglia umana lo rende ideale per valutare l’efficacia e i meccanismi degli anticorpi terapeutici come Lecanemab.
  • Permette di Studiare le Interazioni tra Patologie: Vedere Aβ, tau, infiammazione e danno neuronale svilupparsi nello stesso sistema ci aiuterà a capire meglio come queste diverse componenti della malattia si influenzano a vicenda.

Cosa Ci Riserva il Futuro?

Certo, nessun modello è perfetto. Dobbiamo ancora lavorare per caratterizzare meglio gli estratti cerebrali, usare linee cellulari da più donatori (anche donne, per studiare le differenze di genere nell’AD), e magari riuscire a modellare anche la patologia vascolare CAA (Angiopatia Amiloide Cerebrale). Un’altra sfida è la relativa “immaturità” delle cellule negli organoidi rispetto a un cervello adulto; forse in futuro potremmo trapiantare questi organoidi in modelli animali per farli maturare di più.

Ma nonostante questo, sono convinto che questi organoidi neuroimmuni vascolarizzati siano uno strumento potentissimo. Ci offrono una finestra unica sull’Alzheimer sporadico in un contesto umano e tridimensionale. È un passo da gigante che ci avvicina alla comprensione profonda di questa malattia e, speriamo, allo sviluppo di terapie davvero efficaci. Il futuro della ricerca sull’Alzheimer, almeno una parte importante, potrebbe davvero trovarsi dentro queste piccole sfere cellulari che cresciamo in laboratorio. E io sono entusiasta di far parte di questa avventura!

Fonte: Springer

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