Fotografia macro di una sezione trasversale di mela rossa resa trasparente con tecnica di 'optical clearing', obiettivo macro 105mm, alta definizione, illuminazione laterale controllata che evidenzia strutture fungine bluastre (Botryosphaeria dothidea) appena sotto la buccia, messa a fuoco precisa sulle cellule vegetali traslucide e sulla struttura della buccia.

Spiare i Funghi Nascosti: Come Rendiamo Trasparenti le Mele per Studiare le Malattie!

Ciao a tutti! Oggi voglio portarvi con me in un viaggio affascinante nel cuore… o meglio, nella buccia e nei rametti di una mela! Sì, avete capito bene. Parleremo di come siamo riusciti a rendere “trasparenti” parti di una pianta di melo per spiare da vicino un fungo un po’ fastidioso, il Botryosphaeria dothidea, mentre cerca di farsi strada. Sembra fantascienza, vero? Eppure, è scienza pura, e vi assicuro che è più intrigante di quanto sembri!

Il Problema: Vedere l’Invisibile

Avete mai provato a guardare attraverso una foglia o la buccia di un frutto con un microscopio? È un bel pasticcio. Le piante sono piene di “muri” – le pareti cellulari, le fibre – e di colori – i pigmenti come la clorofilla o quelli rossi delle mele mature. Tutte queste cose assorbono e deviano la luce, rendendo quasi impossibile vedere chiaramente cosa succede a livello microscopico, specialmente se vogliamo osservare qualcosa *in vivo*, senza fare fettine sottilissime del campione. È come cercare di guardare attraverso un vetro smerigliato e colorato: si intuisce qualcosa, ma i dettagli sfuggono. E quando si studia un patogeno, come il nostro fungo, capire esattamente come si comporta sulla superficie dell’ospite, prima ancora di penetrare, è fondamentale.

La Soluzione Magica: l’Optical Clearing

Ed ecco che entra in gioco la nostra “bacchetta magica”: l’optical clearing. Non è proprio magia, ma una serie di passaggi chimici che rendono un tessuto biologico, che normalmente è opaco, quasi trasparente. Pensateci: se riusciamo a far sì che la luce attraversi il tessuto senza essere deviata o assorbita troppo, allora potremo vedere cosa c’è dentro o sopra! Questa tecnica è stata sviluppata molto per i tessuti animali, ma applicarla alle piante è una sfida più recente e complessa, proprio per via di quelle robuste pareti cellulari e dei pigmenti ostinati.

Nel nostro caso, volevamo osservare il comportamento di Botryosphaeria dothidea. Questo fungo è un tipaccio: causa cancri sui rami e una malattia chiamata “marciume bianco” sulle mele, creando quelle macchie marroncine chiare, un po’ depresse e concentriche che a volte rovinano i frutti. Sappiamo che le sue spore germinano sulla superficie della mela, formano delle strutture specializzate chiamate appressori (una specie di ventosa per attaccarsi e penetrare), e poi cercano delle micro-fessure per entrare. Ma vedere questo processo “in diretta” con un normale microscopio ottico era difficile.

Il Nostro Esperimento: Mele Trasparenti e Funghi Colorati

Cosa abbiamo fatto, quindi? Abbiamo preso delle belle mele rosse mature (‘Fuji’, per la precisione) e dei rametti di due anni. Li abbiamo lavati per bene e poi, in punti specifici, abbiamo depositato delle goccioline contenenti le spore del nostro fungo B. dothidea. Abbiamo messo tutto in un ambiente umido (una “camera della rugiada”, che simula le condizioni ideali per l’infezione) a 25°C per 9 ore.

Dopo questo periodo di incubazione, abbiamo prelevato dei piccoli quadratini di buccia dalla mela e di tessuto sugherificato dai rametti (circa 1×1 cm). Ed ecco il trucco: abbiamo immerso questi campioni per una notte in una miscela speciale di etanolo e cloroformio (in rapporto 3:1) con un pizzico di acido tricloroacetico (0.15%). Questa pozione ha il compito di “scolorire” i tessuti, rimuovendo i pigmenti e modificando le proprietà ottiche delle cellule per renderle più trasparenti. Questo metodo, per i più tecnici, rientra nelle tecniche “idrofobiche” di clearing.

Ma non basta rendere trasparente la mela, dobbiamo anche vedere il fungo! Per questo, dopo il trattamento schiarente, abbiamo immerso i campioni in una soluzione di blu cotone lattofenolo. Questo colorante ha una particolarità: colora specificamente di blu le strutture fungine, come le spore, i filamenti (ife) che ne escono durante la germinazione (i tubi germinativi) e gli appressori, perché si lega alla chitina presente nelle loro pareti cellulari.

Macro fotografia di spore del fungo Botryosphaeria dothidea che germinano sulla superficie di una buccia di mela resa trasparente. Si vedono spore fusiformi con tubi germinativi che emergono da uno o entrambi i poli, colorate in blu intenso dal blu cotone lattofenolo. Obiettivo macro 100mm, alta definizione, illuminazione controllata per evidenziare i dettagli fungini sulla superficie traslucida della mela.

Cosa Abbiamo Visto? Uno Spettacolo Microscopico!

Il risultato? Fantastico! Guardando i campioni al microscopio ottico standard, potevamo vedere tutto chiaramente. Sulla buccia della mela “trasparente”, il fungo blu spiccava benissimo. Abbiamo osservato le spore, che sono a forma di fuso (più strette alle estremità) e lunghe circa 20 micrometri. Abbiamo visto come germinano: a volte il tubo germinativo esce da un solo polo della spora (germinazione monopolare), altre volte da entrambi (germinazione bipolare). In alcuni casi curiosi, un tubo usciva da un lato e un altro spuntava perpendicolarmente dall’altro capo!

Dopo la germinazione e l’allungamento del tubo germinativo, alla sua estremità si formava l’appressorio. Abbiamo notato diverse forme: la maggior parte erano rotondi, ma ne abbiamo visti anche a forma di uncino o dalla forma più irregolare. Queste variazioni potrebbero dipendere dallo stadio di sviluppo o da come il fungo “sente” la superficie su cui si trova.

E sui Rametti? Le Lenticelle Sotto Osservazione

Anche sui rametti la tecnica ha funzionato. Il fungo si comportava in modo simile a quanto visto sulla frutta, anche se forse la colorazione blu era un po’ meno intensa. Abbiamo osservato la germinazione bipolare delle spore proprio sulle lenticelle. Le lenticelle sono quelle piccole aperture naturali che si vedono sulla corteccia dei rami, una specie di “pori” che la pianta usa per gli scambi gassosi. Beh, abbiamo visto che il fungo forma appressori multipli proprio sulle cellule sugherificate all’interno delle lenticelle. Questo è un indizio forte: suggerisce che il fungo usa queste aperture naturali come porte d’ingresso preferenziali per invadere il ramo. Studi precedenti avevano già ipotizzato che le lenticelle fossero punti di ingresso, e le nostre osservazioni *in vivo* del comportamento pre-penetrativo lo confermano visivamente.

Microfotografia ottica di una lenticella su un rametto di melo reso trasparente con tecnica di optical clearing. Si notano chiaramente spore di Botryosphaeria dothidea germinate (colorate in blu) e la formazione di multipli appressori rotondi sulle cellule sugherificate all'interno della lenticella. Obiettivo macro 105mm, messa a fuoco precisa, dettaglio elevato delle strutture fungine e delle cellule vegetali traslucide circostanti.

Perché è Importante Tutto Questo?

Questo studio è emozionante perché, per la prima volta (a quanto ne sappiamo), siamo riusciti a usare una tecnica di optical clearing per documentare il comportamento iniziale di Botryosphaeria dothidea su mele e rametti usando un semplice microscopio ottico. Riuscire a “decolorare” efficacemente i tessuti della mela e colorare selettivamente il fungo ci ha permesso di vedere dettagli cruciali del processo di infezione che altrimenti sarebbero rimasti nascosti.

Capire come il fungo germina, dove forma gli appressori e quali vie d’ingresso preferisce (come le lenticelle) è fondamentale per sviluppare strategie di controllo più mirate ed efficaci. Ad esempio, sapere che le lenticelle sono un punto debole potrebbe guidare trattamenti specifici in determinati periodi. Inoltre, questo fungo può causare infezioni latenti, rimanendo nascosto nella pianta senza dare sintomi evidenti, per poi scatenarsi quando la pianta è stressata. Studiare le primissime fasi di interazione potrebbe aiutarci a capire anche questi meccanismi nascosti.

Certo, c’è ancora strada da fare. Il blu cotone lattofenolo contiene fenolo, che non è proprio salutare. Sarebbe bello trovare alternative più sicure per colorare i funghi. E migliorare ulteriormente le tecniche di clearing per tessuti legnosi ci aprirebbe ancora più porte per studiare le interazioni tra microbi e piante *in vivo*.

Ma per ora, siamo entusiasti di aver aggiunto un nuovo strumento alla nostra cassetta degli attrezzi per “spiare” questi affascinanti (anche se dannosi) microrganismi nel loro ambiente naturale. È un po’ come avere degli occhiali a raggi X per vedere le prime mosse del nemico sul campo di battaglia!

Fonte: Springer

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