Omicron e il nostro DNA: Come le varianti EG.5 e XBB.1.16 ‘parlano’ al sistema immunitario di diverse popolazioni
Ciao a tutti! Oggi voglio portarvi con me in un viaggio affascinante nel cuore della battaglia tra il nostro sistema immunitario e le nuove varianti di SARS-CoV-2, in particolare le famigerate Omicron EG.5 e XBB.1.16. Come sapete, da quando è emerso alla fine del 2019, questo virus non ci ha dato tregua, continuando a evolversi e a presentare sfide sanitarie globali non indifferenti. Nonostante i vaccini, la sua capacità di mutare rapidamente ha permesso ad alcune varianti di “imparare” a eludere le nostre difese, causando ondate ricorrenti di infezione con esiti molto diversi nel mondo.
Una delle domande chiave che ci siamo posti fin dall’inizio è: perché alcune persone si ammalano gravemente di COVID-19 e altre no? Esistono dei biomarcatori genetici che ci rendono più predisposti? Qui entra in gioco un protagonista fondamentale del nostro sistema immunitario: le molecole HLA (Human Leukocyte Antigen).
Ma cosa sono esattamente queste molecole HLA?
Immaginate le molecole HLA come delle “vetrine” esposte sulla superficie delle nostre cellule. Il loro compito è presentare piccoli frammenti del virus (chiamati peptidi) ai nostri “soldati” specializzati, le cellule T. Queste cellule T, una volta riconosciuto il nemico, scatenano la risposta immunitaria per eliminarlo. Il punto cruciale è che i geni HLA sono incredibilmente polimorfici, cioè esistono in tantissime versioni diverse nella popolazione umana. Questa diversità genetica fa sì che ognuno di noi presenti i peptidi virali in modo leggermente diverso, influenzando l’efficacia della risposta immunitaria. È un po’ come avere serrature diverse: non tutte le chiavi (peptidi virali) si adattano perfettamente a tutte le serrature (molecole HLA). Questa diversità è stata associata a diverse suscettibilità alle infezioni e a esiti variabili della malattia, spesso in modo specifico per diverse popolazioni.
Le mutazioni di Omicron e l’interazione con HLA
Le varianti di SARS-CoV-2, specialmente Omicron e le sue “figlie” come EG.5 e XBB.1.16, hanno introdotto nuove mutazioni, soprattutto nella proteina Spike – il “grimaldello” che il virus usa per entrare nelle nostre cellule e bersaglio principale del nostro sistema immunitario. Queste mutazioni possono cambiare la sequenza dei peptidi virali. La domanda che ci siamo posti in questo studio è stata: questi cambiamenti influenzano il modo in cui i peptidi si legano alle diverse molecole HLA? E questo legame varia tra popolazioni diverse?
Per rispondere, abbiamo aggiornato il nostro portale web T-CoV [5], uno strumento che avevamo creato nel 2021 proprio per monitorare come le mutazioni virali impattassero sulle affinità di legame tra peptidi virali e alleli HLA comuni. Abbiamo analizzato specificamente le varianti EG.5 e XBB.1.16, concentrandoci sulle popolazioni di Taiwan, Gran Bretagna e Russia. Abbiamo usato metodi computazionali (netMHCpan-4.1 e netMHCIIpan-4.0 [16]) per predire l’affinità di legame tra i peptidi Spike mutati e gli alleli HLA più comuni in queste tre popolazioni, classificando il legame come “forte” (alta affinità, IC50 ≤ 50 nM), “moderato” (50 nM < IC50 ≤ 500 nM) o "debole/nullo" (IC50 > 500 nM). Abbiamo poi confrontato queste affinità con quelle dei peptidi corrispondenti del ceppo originale di Wuhan per vedere se il legame era aumentato, diminuito o rimasto invariato.
Risultati sorprendenti: HLA Classe II sotto i riflettori
I risultati sono stati davvero interessanti! Una delle scoperte chiave è che le mutazioni nella proteina Spike hanno avuto un impatto molto più pronunciato sulle affinità di legame con le molecole HLA di classe II rispetto a quelle di classe I. Perché è importante? Le molecole HLA di classe II sono cruciali perché presentano gli antigeni alle cellule T helper (CD4+), che sono i veri “direttori d’orchestra” della risposta immunitaria adattativa. Un cambiamento nel modo in cui queste molecole legano i peptidi virali può influenzare profondamente l’efficacia della nostra difesa.
Mentre i profili di legame per HLA di classe I erano abbastanza simili tra le tre popolazioni (Taiwanese, Britannica e Russa), abbiamo osservato variazioni significative e specifiche per popolazione per gli alleli HLA di classe II. In particolare, la popolazione britannica ha mostrato una proporzione inferiore di peptidi mutati con legame forte rispetto alle popolazioni taiwanese e russa, specialmente per la variante EG.5. Questo suggerisce che la risposta immunitaria mediata dalle cellule T helper potrebbe essere modulata diversamente in queste popolazioni a causa della loro specifica “dotazione” di alleli HLA di classe II.
Abbiamo anche trovato differenze significative confrontando direttamente le due varianti Omicron, EG.5 e XBB.1.16. Ancora una volta, queste differenze erano molto più marcate per il legame con HLA di classe II che per quello con HLA di classe I. Questo indica che anche tra sotto-varianti strettamente correlate, le mutazioni possono portare a percorsi evolutivi distinti nell’interazione con il sistema immunitario ospite, soprattutto a livello della risposta T helper.
Cosa significa “cambiamento” nell’affinità di legame?
Abbiamo analizzato più a fondo come le affinità cambiassero. Per esempio, un peptide che nel ceppo di Wuhan si legava debolmente a un certo HLA, nella variante Omicron poteva iniziare a legarsi fortemente (legame aumentato). Viceversa, un peptide che si legava forte poteva iniziare a legarsi debolmente (legame diminuito), oppure l’affinità poteva rimanere simile (legame invariato).
Per HLA di classe I, i pattern di cambiamento erano abbastanza simili tra le popolazioni e le varianti. La maggior parte dei peptidi mutati che mostravano un legame forte o moderato nelle varianti Omicron provenivano da peptidi che si legavano più debolmente nel ceppo di Wuhan (quindi un aumento dell’affinità).
Per HLA di classe II, la situazione era più complessa e variabile. Abbiamo visto differenze significative nei pattern di cambiamento tra le popolazioni e tra le varianti EG.5 e XBB.1.16. Ad esempio, la proporzione di peptidi che mantenevano un legame forte (legame invariato) variava notevolmente. Questo suggerisce che l’evoluzione virale sta “giocando” in modo diverso con le molecole HLA di classe II nelle diverse popolazioni.
Conservazione ed evoluzione: un quadro dinamico
Abbiamo anche cercato di capire se le varianti tendessero a “conservare” affinità di legame preesistenti (da forte/moderato a forte/moderato) o a “guadagnare” nuove affinità (da debole/nullo a forte/moderato). Anche qui, le differenze più significative sono emerse per HLA di classe II, sia confrontando le popolazioni (specialmente per XBB.1.16) sia confrontando le due varianti Omicron tra loro. Questo rafforza l’idea che l’interazione con HLA di classe II sia un campo di battaglia evolutivo molto dinamico e popolazione-specifico per SARS-CoV-2.
Visivamente, abbiamo mappato dove si trovavano questi peptidi mutati lungo la proteina Spike e come cambiava la loro affinità. La maggior parte delle mutazioni si concentrava nella regione centrale della proteina. Le mappe di affinità per HLA di classe I erano più simili tra le popolazioni britannica e russa (probabilmente per una maggiore somiglianza nei loro profili HLA), mentre quelle per HLA di classe II mostravano variazioni più marcate tra tutte e tre le popolazioni, riflettendo la maggiore diversità degli alleli di classe II coinvolti (DRB1, DPA1/DPB1).
Implicazioni per il futuro: Vaccini e strategie sanitarie
Cosa ci dicono, in sintesi, questi risultati? Ci confermano che le mutazioni nelle varianti di SARS-CoV-2 influenzano significativamente le interazioni con il nostro sistema immunitario, alterando il legame peptide-HLA. Soprattutto, evidenziano il ruolo cruciale della diversità degli alleli HLA di classe II nel modellare le risposte immunitarie e, potenzialmente, la suscettibilità alla malattia COVID-19 in diverse popolazioni.
Queste scoperte non sono solo accademiche. Hanno implicazioni importanti per lo sviluppo di vaccini di nuova generazione e per le strategie di salute pubblica. Se popolazioni diverse rispondono in modo diverso alle stesse varianti a causa del loro background genetico HLA, allora forse abbiamo bisogno di approcci più personalizzati o mirati. Integrare i profili HLA specifici delle popolazioni nella progettazione dei vaccini e nelle strategie di intervento potrebbe essere essenziale per migliorare la nostra lotta contro le varianti di SARS-CoV-2 in continua evoluzione.
Certo, il nostro studio ha delle limitazioni: si basa su predizioni computazionali e si concentra sugli alleli HLA più comuni e sulla sola proteina Spike. Ricerche future potrebbero esplorare sperimentalmente queste interazioni e includere altre proteine virali e popolazioni.
Tuttavia, credo che questo lavoro aggiunga un tassello importante al complesso puzzle dell’interazione tra SARS-CoV-2 e l’immunità umana, sottolineando ancora una volta come la nostra diversità genetica sia una variabile chiave nell’equazione della pandemia.
Fonte: Springer