Concetto astratto di altruismo e cooperazione, con due figure stilizzate che si aiutano a vicenda su uno sfondo che suggerisce complessità e interconnessione, con elementi grafici che richiamano formule e dinamiche. Illuminazione diffusa, obiettivo 35mm, colori caldi e freddi in duotono per simboleggiare il costo e il beneficio.

Altruismo: E se la Regola di Hamilton Non Bastasse Più? Viaggio al Cuore della Cooperazione

Da sempre mi affascina il concetto di altruismo nel mondo naturale. Come può un comportamento che, a prima vista, sembra svantaggioso per l’individuo, evolvere e persistere? Per decenni, la risposta più gettonata è stata la regola di Hamilton. Un’elegante formuletta: Costo < Parentela * Beneficio (C < r * B). In pratica, un atto altruistico conviene se il costo per chi lo compie è minore del beneficio per chi lo riceve, moltiplicato per il grado di parentela genetica tra i due. Semplice, no? Beh, forse non così tanto.

Recentemente, mi sono imbattuto in un lavoro scientifico che scava più a fondo, intitolato “Beyond the Classical Hamilton’s Rule: State Distribution Asymmetry and the Dynamics of Altruism”. E devo dire che mi ha aperto un mondo. Pare che la realtà sia un tantino più complessa e, se vogliamo, ancora più affascinante.

Quando la Regola Classica Incontra i Limiti

La regola di Hamilton, per quanto geniale, si basa su alcune semplificazioni. Esistono principalmente due “scuole di pensiero” su come interpretarla e applicarla: il “metodo controfattuale” e il “metodo di regressione” derivato dall’equazione di Price. Usano termini simili ma li definiscono in modo leggermente diverso, il che, come potete immaginare, ha alimentato un dibattito scientifico piuttosto acceso. Il punto è che l’idea di base – un comportamento cooperativo individuale può favorire la diffusione dei geni cooperativi portati da altri – è chiara e potente. Ma le formulazioni matematiche sono diventate via via più intricate.

Questo nuovo studio cerca di fare chiarezza analizzando le relazioni tra la regola di Hamilton e gli ultimi sviluppi nella teoria dei giochi evolutivi demografici. La differenza fondamentale? Molti problemi legati alla regola di Hamilton vedono un individuo “attivo” (il donatore) e altri “passivi” (i riceventi) che ne subiscono gli effetti. Nella teoria dei giochi classica, invece, entrambi i giocatori agiscono e si influenzano a vicenda. Qui si cerca di unire le due prospettive.

Demografia e Stati: Un Nuovo Livello di Dettaglio

La teoria dei giochi evolutivi classica si basa su matrici di payoff che descrivono il “guadagno” rispetto al tasso di crescita medio della popolazione. Per renderla più realistica e ancorata a parametri misurabili, si è passati a esprimerla in termini di tassi demografici vitali: mortalità e fertilità. Ma non basta. C’è un’assunzione forte: gli individui differiscono solo per la strategia ereditata. Quelli con la stessa strategia sono identici.

E qui entra in gioco l’approccio “basato sullo stato”. Le differenze individuali causate dalle condizioni ambientali e la loro distribuzione nella popolazione vengono prese esplicitamente in considerazione. I payoff dipendono dallo stato attuale dell’individuo, che nel nostro caso è il ruolo di donatore o ricevente. Pensate alle formiche C. floridanus: le più anziane tendono a foraggiare (un ruolo più rischioso), mentre le giovani lavorano nel nido. Questo è un esempio di “cambio di stato”.

L’articolo si concentra sull’integrazione di questa nuova metodologia con i concetti di regola di Hamilton e selezione parentale, usando come esempio illustrativo il classico segnale d’allarme per i predatori. Un comportamento altruistico per eccellenza: chi lancia l’allarme può mettere a rischio se stesso per salvare gli altri.

Un gruppo di suricati in allerta, uno in posizione eretta scruta l'orizzonte mentre gli altri sono pronti a nascondersi. Fotografia naturalistica, teleobiettivo 200mm, scatto rapido per catturare l'istante, luce naturale del deserto che evidenzia la tensione e la cooperazione del gruppo.

Un Modello “Nullo” per Iniziare: Hamilton in Salsa Demografica

Per prima cosa, gli autori “traducono” la regola di Hamilton classica in parametri demografici. Immaginiamo il nostro segnale d’allarme. Un individuo avvista un predatore. Se è un cooperatore, lancia l’allarme (pagando un costo in termini di aumentata mortalità) e i vicini ne beneficiano (diminuzione della loro mortalità). Se non è un cooperatore, sta zitto.

Nel modello base, si assume che il ruolo di donatore (chi avvista e decide se allarmare) e ricevente (chi beneficia dell’allarme) sia assegnato casualmente ad ogni interazione. Se la popolazione è ben mescolata e l’accoppiamento è casuale, i cooperatori finiscono per avere una mortalità maggiore dei non cooperatori. L’altruismo non paga. Per questo, entra in gioco il concetto di assortimento: i cooperatori dovrebbero aiutare preferenzialmente altri cooperatori. Questo spesso avviene tramite la selezione parentale (aiuto i miei parenti, che probabilmente portano i miei stessi geni cooperativi).

Se esprimiamo costi (C) e benefici (B) in termini di variazioni della probabilità di sopravvivenza durante l’evento critico (l’attacco del predatore), e consideriamo l’assortimento, arriviamo a una condizione simile alla regola di Hamilton classica: (pCR – pNR) * B > C, dove pCR è la probabilità che un ricevente cooperatore riceva aiuto e pNR quella per un ricevente non cooperatore. Se l’aiuto è diretto ai parenti, la differenza tra queste probabilità è la parentela ‘r’, e ritroviamo rB > C.

Un aspetto interessante è che, usando la mortalità come “moneta”, il modello diventa testabile. Non dobbiamo fare “calcoli sulla prole non nata”, ma possiamo stimare la mortalità osservando le interazioni reali. Questo è un passo avanti notevole!

Oltre il Caso Semplice: Quando i Ruoli Non Sono Casuali

Fin qui, tutto bene. Ma cosa succede se l’assegnazione dei ruoli di donatore e ricevente non è casuale ad ogni interazione? Immaginate una popolazione strutturata: alcuni individui vivono ai margini dell’habitat, più esposti ai predatori (potenziali donatori di allarme), mentre altri stanno al sicuro all’interno (potenziali riceventi). Gli individui possono spostarsi tra margine e interno, ma questo movimento potrebbe essere indipendente dall’aver appena dato o ricevuto un allarme.

Qui le cose si complicano e il modello classico non basta più. Entra in scena la dinamica del cambio di stato. Dobbiamo descrivere come gli individui passano da un ruolo all’altro, con tassi di transizione che possono dipendere o meno dalla loro strategia (cooperatore vs. non cooperatore).

La scoperta cruciale è che, anche se i meccanismi di cambio di ruolo sono “neutrali” (agiscono allo stesso modo su tutte le strategie), le differenze di mortalità nell’interazione altruistica portano a distribuzioni di ruoli diverse per strategie diverse. Questo fenomeno è chiamato asimmetria della distribuzione degli stati.

Visualizzazione astratta di due gruppi di particelle (bianche e grigie) che si muovono tra due aree distinte (confine e interno). Le particelle bianche (cooperatori) potrebbero avere tassi di movimento diversi rispetto alle grigie (non cooperatori). Fotografia macro di un modello fisico o rendering 3D, obiettivo 60mm, alta definizione, illuminazione che enfatizza i percorsi e le densità.

Una Nuova Regola per la Cooperazione: Entra in Scena il “Terzo Incomodo”

Questa asimmetria nella distribuzione dei ruoli porta a una regola per la cooperazione più complessa di quella di Hamilton. Oltre ai classici costo (C) e beneficio (B), spunta un terzo componente, che ho simpaticamente battezzato il “terzo incomodo”, indicato con D. Questo D rappresenta la differenza di mortalità tra il donatore che coopera e il ricevente che viene aiutato.

Il significato di questo terzo componente cambia a seconda del suo segno:

  • Se D > 0: la sopravvivenza del donatore è maggiore di quella del ricevente aiutato. Questo può accadere se, ad esempio, il donatore riesce a mettersi al sicuro prima di lanciare l’allarme. Questo D positivo agisce come un “surplus di sopravvivenza” per il cooperatore, che si aggiunge al beneficio B nella nuova regola.
  • Se D < 0: la sopravvivenza del donatore è minore di quella del ricevente aiutato (il donatore si sacrifica di più). Questo D negativo diventa un “costo del sacrificio“, che va a diminuire il beneficio B.

La nuova regola generale per la cooperazione, tenendo conto di ciò, diventa più articolata. Non è più solo rB > C. La formula esatta è piuttosto complessa (ve la risparmio!), ma il concetto chiave è che la frazione di individui non aiutati per entrambe le strategie e questo fattore D giocano un ruolo cruciale.

La cosa sbalorditiva è che, con questa nuova visione, la cooperazione può emergere anche in scenari dove la regola di Hamilton classica direbbe “impossibile!”. Ad esempio, se i tassi di cambio di ruolo sono diversi per cooperatori e non cooperatori (magari i cooperatori, stressati da atti eroici, tendono a ritirarsi più spesso in ruoli “da ricevente” per riposarsi), i cooperatori potrebbero avere la meglio anche se l’assortimento è inefficiente, o addirittura negativo (cioè, se i non cooperatori ricevono aiuto leggermente più spesso dei cooperatori!).

Implicazioni e Scenari Complessi

Pensiamo al caso del “costo del sacrificio” (D < 0). Qui, il donatore che lancia l'allarme si espone a un pericolo maggiore rispetto ai riceventi che avverte. In questa situazione, la cooperazione potrebbe diffondersi anche con bassi livelli di assortimento, suggerendo che una sofisticata "intelligenza machiavellica" per riconoscere i free-rider non sia sempre necessaria. Tuttavia, in altri contesti, con probabilità di assortimento più alte, il riconoscimento dei profittatori diventa fondamentale.

Anche la selezione parentale diventa più sfumata. Limitare l’azione altruistica ai soli parenti non protegge completamente dall’impatto della frequenza attuale del gene cooperativo nella popolazione, come invece accade nella regola classica. La dinamica dipende da un equilibrio tra la parentela, il costo, il beneficio, il fattore D e le proporzioni di donatori tra cooperatori e non cooperatori.

Ci sono situazioni in cui i cooperatori possono dominare, altre in cui vincono i non cooperatori, e scenari intermedi con stati polimorfici stabili (coesistenza di entrambe le strategie). Le strategie possono “competere” anche aggiustando i loro pattern di mobilità, che influenzano i tassi di cambio di ruolo!

Due lupi che interagiscono in un paesaggio innevato, uno potrebbe mostrare un comportamento di sottomissione o cura verso l'altro. Fotografia naturalistica, teleobiettivo 400mm, luce invernale fredda, focus sull'interazione e le espressioni, per illustrare dinamiche sociali complesse.

Cosa Ci Riserva il Futuro?

Questo nuovo quadro, sebbene più completo, ha ancora delle semplificazioni. Ad esempio, i meccanismi di assortimento sono trattati come costanti, ma potrebbero dipendere dalla frequenza delle strategie. Pensate al problema dell’eliminazione dei free-rider: se riconosciuti, non vengono aiutati, ma in alcuni casi (come i segnali d’allarme) beneficiano comunque dell’azione cooperativa generale. Forse dovrebbero essere espulsi dal gruppo.

La dinamica del cambio di ruolo potrebbe essere fondamentale per spiegare molti fenomeni biologici, come l’aiuto a individui malati. Se un individuo malato ha una malattia infettiva, l’atto altruistico di curarlo potrebbe portare all’infezione del donatore, aumentando la frazione di cooperatori “in difficoltà”. Questo si collega a osservazioni recenti su pipistrelli vampiro infetti che evitano altri membri del gruppo.

Inoltre, queste dinamiche potrebbero giocare un ruolo chiave nell’evoluzione della struttura sociale e della divisione del lavoro negli insetti sociali. Le formiche C. floridanus, citate prima, hanno un sofisticato meccanismo di cambio di ruolo tra chi cura la prole e chi foraggia, influenzato dall’età e dal comportamento altrui. Combinare modelli strutturati per età con queste dinamiche di cambio di ruolo è una promettente direzione futura.

Certo, bisogna anche tenere a mente che questo approccio, come la teoria dei giochi evolutivi in generale, tende a ignorare gli aspetti di genetica delle popolazioni, che possono essere importanti, specialmente nella selezione parentale. Ma è un passo avanti enorme.

Insomma, l’altruismo è un puzzle ancora più intricato e meraviglioso di quanto pensassimo. La vecchia regola di Hamilton ci ha dato una mappa preziosa, ma ora, grazie a questi nuovi strumenti, stiamo iniziando a esplorare territori sconosciuti, dove le dinamiche degli stati e le loro asimmetrie dipingono un quadro molto più ricco della vita sociale e della cooperazione nel mondo naturale. E io non vedo l’ora di scoprire cosa ci riserveranno le prossime ricerche!

Fonte: Springer

Articoli correlati

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *