Stenosi Lombare Severa? La Fusione Obliqua (OLIF) Potrebbe Essere la Svolta Che Non Ti Aspetti!
Ciao a tutti! Oggi voglio parlarvi di un argomento che tocca da vicino molti di noi, o persone che conosciamo: il mal di schiena invalidante, quello legato alla stenosi lombare spinale centrale severa. Sapete, quella condizione in cui il canale vertebrale si restringe così tanto da “strozzare” i nervi, causando dolore lombare, alle gambe, e quella fastidiosissima claudicatio intermittente (il bisogno di fermarsi dopo pochi passi). Spesso, i sintomi migliorano un po’ da sdraiati, ma la vita quotidiana diventa un incubo.
Per anni, le soluzioni chirurgiche tradizionali, come la fusione intersomatica posteriore (PLIF) o transforaminale (TLIF), sono state il gold standard. Efficaci, certo, ma spesso a costo di un intervento invasivo, con danni ai muscoli paravertebrali e recuperi lunghi. Ma se vi dicessi che c’è un’alternativa meno “aggressiva” che sta dando risultati sorprendenti proprio nei casi più seri? Parliamo della Fusione Intersomatica Lombare Obliqua (OLIF).
Cos’è la Stenosi Lombare Spinale Centrale Severa?
Prima di tuffarci nell’OLIF, capiamo meglio il nemico. La stenosi lombare spinale centrale è un restringimento del canale al centro della colonna vertebrale lombare. Quando questo restringimento diventa “severo” (classificato come grado C o D secondo la classificazione di Schizas, basata sulle immagini della risonanza magnetica), lo spazio per il sacco durale e le radici nervose si riduce drasticamente. Immaginate un tubo che si stringe sempre di più. I sintomi tipici includono:
- Dolore lombare (low back pain)
- Dolore irradiato alle gambe (radicolopatia)
- Claudicatio neurogena (dolore e debolezza alle gambe camminando, che migliora fermandosi o piegandosi in avanti)
- Spesso, un sollievo dei sintomi in posizione supina (sdraiati)
Tradizionalmente, per questi casi gravi, si pensava fosse indispensabile una decompressione posteriore diretta, ovvero “aprire” il canale da dietro per liberare i nervi.
OLIF: Un Approccio Diverso e Meno Invasivo
Qui entra in gioco l’OLIF. Invece di passare dalla schiena, l’accesso avviene lateralmente, attraverso un piccolo taglio sul fianco. Si attraversano obliquamente i muscoli addominali (obliquo esterno, interno e trasverso) per raggiungere lo spazio retroperitoneale. Da lì, si individua il disco intervertebrale “malato” passando tra il muscolo psoas e i grossi vasi (come l’aorta).
Il bello di questo approccio? Si evita di toccare i muscoli posteriori della schiena e le strutture ossee posteriori (lamine, processi spinosi). Si esegue una discectomia completa (rimozione del disco danneggiato), si preparano le superfici ossee delle vertebre e si inserisce una “gabbia” (cage) in materiale biocompatibile (PEEK), riempita di innesto osseo, nello spazio discale. Questa gabbia ha due scopi fondamentali:
- Ripristinare l’altezza del disco: Sollevando le vertebre, si aumenta indirettamente lo spazio nel canale spinale e nei forami da cui escono i nervi.
- Favorire la fusione: L’innesto osseo promuove la crescita di nuovo osso che unirà stabilmente le due vertebre.
Questo processo viene chiamato decompressione indiretta: non si rimuove direttamente ciò che comprime i nervi (come l’osso o il legamento ispessito), ma si “allarga” lo spazio agendo sul disco.

Il Nostro Studio: OLIF alla Prova dei Fatti sulla Stenosi Severa
Proprio sull’efficacia dell’OLIF nei casi di stenosi centrale severa c’era (e per alcuni c’è ancora) un po’ di scetticismo. Era davvero sufficiente la decompressione indiretta? Per capirlo meglio, abbiamo condotto uno studio retrospettivo, analizzando i dati di 48 pazienti operati tra ottobre 2018 e ottobre 2022 nel nostro centro. Tutti avevano una diagnosi preoperatoria di stenosi lombare centrale severa (grado C o D di Schizas) confermata dalla risonanza magnetica. Erano pazienti con dolore lombare e alle gambe, claudicatio o dolore radicolare “dinamico”, e una caratteristica importante: i loro sintomi miglioravano stando sdraiati. Questo suggeriva che la componente “instabilità” o il carico giocassero un ruolo chiave.
Abbiamo escluso pazienti con tumori, infezioni, fratture o precedenti interventi addominali che potessero complicare l’accesso obliquo. Tutti i pazienti sono stati informati delle varie opzioni chirurgiche e hanno dato il consenso informato per l’OLIF.
La procedura OLIF è stata eseguita come descritto sopra. Poi, la maggior parte dei pazienti (41 su 48) ha ricevuto anche una stabilizzazione posteriore con viti peduncolari percutanee. Questo significa inserire delle viti nelle vertebre attraverso piccole incisioni sulla schiena, collegandole con barre, per dare maggiore stabilità immediata e favorire la fusione, riducendo il rischio che la gabbia sprofondi nell’osso (subsidenza). Sette pazienti hanno ricevuto solo l’OLIF (stand-alone), 8 hanno avuto le viti inserite in un secondo momento (entro una settimana), e 33 hanno fatto tutto in un unico intervento (OLIF + viti).
Risultati Che Parlano Chiaro: Dolore Giù, Spazio Su!
Ebbene, i risultati sono stati davvero incoraggianti! Abbiamo seguito i pazienti per almeno un anno, valutando il dolore (scala VAS per schiena e gambe) e la disabilità (indice ODI) prima dell’intervento e a 1, 3 e 12 mesi dopo. Ecco cosa abbiamo visto:
- Miglioramento clinico significativo: Tutti i punteggi (ODI, VAS schiena, VAS gambe) sono migliorati drasticamente già al primo mese e hanno continuato a migliorare o si sono stabilizzati a livelli molto bassi a 3 e 12 mesi (tutti i P < 0.01 o < 0.05, il che significa che i miglioramenti sono statisticamente molto significativi).
- Aumento dell’altezza del disco: L’altezza media del disco è passata da 7.8 mm prima dell’intervento a 10.4 mm subito dopo, mantenendosi a 10.1 mm a 12 mesi (P < 0.01). Un leggero calo è normale, ma l'aumento rispetto al pre-operatorio è netto.
- Ripristino della lordosi: Anche l’angolo di lordosi segmentale (la curvatura fisiologica della schiena) è migliorato, passando da 7.7° a 8.9° e rimanendo stabile (P < 0.01 per l'aumento iniziale).
- Decompressione indiretta efficace: La misurazione chiave! L’area della sezione trasversale (CSA) del sacco durale, misurata sulla risonanza magnetica, è aumentata notevolmente. Da una media di 44.0 mm² prima dell’intervento, è passata a 65.1 mm² subito dopo (P < 0.01) e, cosa ancora più interessante, ha continuato ad aumentare fino a 124.9 mm² a 12 mesi (P < 0.01)! Questo suggerisce un rimodellamento positivo del canale spinale nel tempo, oltre all'effetto meccanico immediato della gabbia.
- Alto tasso di fusione: A un anno, la fusione ossea era avvenuta nel 97.9% dei casi, confermata dalla TAC.

L’Importanza della Stabilizzazione Posteriore (Viti Peduncolari)
Un dato importante emerso è la differenza tra chi ha fatto solo l’OLIF e chi ha aggiunto le viti peduncolari. Dei 7 pazienti con OLIF “stand-alone”, 3 (42.8%) hanno avuto una subsidenza della gabbia (sprofondamento nell’osso vertebrale). Di questi, 2 hanno avuto una recidiva dei sintomi alle gambe e hanno dovuto subire un secondo intervento di decompressione posteriore diretta (tasso di reintervento del 28.5% nel gruppo stand-alone).
Nei 41 pazienti che hanno avuto l’OLIF associato alle viti peduncolari (in uno o due tempi), la subsidenza si è verificata solo in 4 casi (9.8%), e nessuno di questi pazienti ha avuto sintomi tali da richiedere un reintervento. Questo conferma che, specialmente nei casi di stenosi severa o quando ci sono fattori di rischio per la subsidenza (come scarsa qualità ossea, danno alla placca vertebrale durante l’intervento, età avanzata), aggiungere la fissazione con viti peduncolari è fondamentale per garantire la stabilità, mantenere la decompressione indiretta ottenuta e prevenire complicazioni che richiedano nuovi interventi.
Nel nostro centro, infatti, abbiamo attraversato tre fasi: all’inizio eravamo cauti e proponevamo l’OLIF stand-alone (con la possibilità di un secondo intervento se necessario), poi siamo passati a un approccio in due tempi (OLIF e poi viti dopo una settimana, se i sintomi erano migliorati), e infine, vista l’efficacia e la sicurezza, siamo approdati all’approccio in un unico tempo (OLIF + viti percutanee), che ora è la nostra scelta preferenziale per questi pazienti.
Complicazioni e Considerazioni Finali
Come ogni chirurgia, anche l’OLIF non è esente da possibili complicazioni. Nel nostro studio, oltre alla subsidenza, abbiamo registrato alcuni casi di danno intraoperatorio alla placca vertebrale (che può favorire la subsidenza) e 4 casi di dolore/intorpidimento transitorio alla coscia (legato probabilmente all’irritazione del nervo genitofemorale o dello psoas durante l’accesso). Tuttavia, l’incidenza di complicazioni gravi tipiche della chirurgia posteriore (lesioni durali, sanguinamenti epidurali, fibrosi) è potenzialmente ridotta con questo approccio.
È importante sottolineare che questo studio ha delle limitazioni: è retrospettivo, su un numero non enorme di pazienti, da un singolo centro e senza un gruppo di controllo diretto (ad esempio, pazienti trattati con TLIF). Serviranno studi prospettici più ampi per confermare questi risultati su larga scala.
Tuttavia, la nostra esperienza suggerisce fortemente che l’OLIF combinato con la fissazione con viti peduncolari percutanee è un’opzione chirurgica efficace e valida per trattare la stenosi lombare spinale centrale severa, specialmente in quei pazienti i cui sintomi traggono beneficio dalla posizione sdraiata. Offre i vantaggi di una chirurgia meno invasiva, un recupero potenzialmente più rapido, una buona correzione biomeccanica e, soprattutto, un’efficace decompressione nervosa ottenuta in modo indiretto, con risultati clinici e radiologici molto soddisfacenti a medio termine.
Se soffrite di stenosi lombare severa, parlatene con il vostro specialista: l’OLIF potrebbe essere una strada da considerare seriamente!

Fonte: Springer
