Un medico che utilizza un dispositivo di oscillometria a impulsi (IOS) su un paziente obeso in un ambiente clinico. L'immagine è un ritratto con obiettivo da 35mm, con una profondità di campo che sfoca leggermente lo sfondo, e utilizza una palette di colori duotone verde acqua e grigio per un aspetto professionale e moderno.

ASO con Mansioni Aggiuntive: Eroi Silenziosi dell’Odontoiatria o Talento Inespresso?

Ciao a tutti! Oggi voglio parlarvi di una figura professionale che, secondo me, merita molta più attenzione di quella che riceve: l’Assistente di Studio Odontoiatrico (ASO), specialmente quando ha quelle che vengono definite “mansioni aggiuntive”. Sì, perché dietro ogni sorriso smagliante e ogni intervento dentistico riuscito, c’è spesso un ASO che lavora sodo, e a volte con competenze che vanno ben oltre quello che immaginiamo. Mi sono imbattuto in uno studio molto interessante condotto presso un NHS Trust di Londra, che ha voluto vederci chiaro su motivazioni, soddisfazione lavorativa, utilizzo delle competenze e persino i tempi delle procedure svolte da questi professionisti. E credetemi, i risultati fanno riflettere!

Chi sono e cosa spinge a diventare ASO?

Prima di tutto, chiariamo: gli ASO sono professionisti sanitari registrati, un vero e proprio pilastro negli studi dentistici. Pensate che nel Regno Unito rappresentano quasi la metà (47,3%) di tutta la forza lavoro odontoiatrica registrata! Negli ultimi 15 anni, il percorso per diventarlo si è formalizzato parecchio, con tanto di registrazione obbligatoria e formazione continua.

Ma cosa spinge una persona a intraprendere questa carriera? Lo studio ha rivelato che le motivazioni principali sono:

  • Il desiderio di lavorare con le persone: un classico, ma sempre valido!
  • La sicurezza del posto di lavoro: un aspetto da non sottovalutare di questi tempi.
  • La voglia di lavorare nel settore sanitario: una vera e propria vocazione per molti.
  • Orari di lavoro regolari: anche questo ha il suo perché.

Curiosamente, quando è stato chiesto di indicare UN SOLO fattore principale, sono emersi alla pari “sicurezza del posto”, “influenza degli amici”, “desiderio di lavorare con le persone”, “esperienza personale con le cure dentali” e persino “reddito elevato”. Solo uno ha ammesso di aver scelto perché “aveva bisogno di un lavoro”. Insomma, un mix di idealismo e pragmatismo.

Soddisfatti sì, ma non troppo: luci e ombre della professione

E la soddisfazione lavorativa? Qui la faccenda si fa più complessa. Quasi la metà degli intervistati si è dichiarata “molto” o “estremamente soddisfatta” della propria esperienza lavorativa generale. I fattori che più contribuiscono a questa soddisfazione sono i colleghi, le ore di lavoro e la quantità di responsabilità assegnata. Sentirsi valorizzati e parte di un team affiatato fa la differenza, no?

Però, c’è un “però”, e bello grosso. Le principali fonti di insoddisfazione riguardano:

  • La retribuzione: un tasto dolente, già evidenziato in studi precedenti. Molti ASO, soprattutto quelli con mansioni aggiuntive, sentono che il loro stipendio non riflette adeguatamente le responsabilità e le competenze.
  • Le condizioni fisiche di lavoro: ambienti non sempre ottimali possono pesare.
  • Il riconoscimento per il buon lavoro: una pacca sulla spalla, un “bravo/a” sincero, o anche incentivi economici, a volte mancano e questo può demotivare.

Quest’ultimo punto, la mancanza di riconoscimento, è particolarmente critico. Se non ci si sente apprezzati per l’impegno e la dedizione, la motivazione cala. E questo, amici miei, è un problema serio che andrebbe affrontato per trattenere questi preziosi professionisti.

Fotografia ritratto di un'assistente alla poltrona (ASO) sorridente e professionale, in uno studio dentistico moderno e luminoso. Obiettivo da 35mm, luce naturale diffusa, leggero effetto duotone blu e grigio per un tocco di serietà e fiducia. Profondità di campo che sfoca leggermente lo sfondo.

Quelle competenze in più: un tesoro spesso non sfruttato

Molti ASO non si fermano alla qualifica base, ma acquisiscono competenze aggiuntive attraverso corsi specifici. Pensiamo all’educazione alla salute orale, alla radiografia dentale, all’assistenza in sedazione cosciente, all’assistenza in cure speciali o in ortodonzia. Alcuni possono persino applicare vernici al fluoro, prendere impronte o rimuovere suture. Un bel bagaglio di abilità, vero?

Eppure, lo studio ha evidenziato una variabilità nell’utilizzo di queste skill. Alcune competenze, come l’assistenza in sedazione cosciente e la radiografia, sembrano essere tra le più acquisite e utilizzate. Altre, come l’applicazione di vernice al fluoro, risultano sorprendentemente sottoutilizzate: dei quattro ASO formati per questa mansione, solo uno la svolgeva regolarmente. Un vero peccato!

Perché questo spreco di talento? Le ragioni sono diverse:

  • Vincoli di risorse: mancanza di poltrone disponibili, di tempo, carenza di personale.
  • Disponibilità del servizio/specializzazione: non tutti i reparti richiedono tutte le competenze.
  • Coinvolgimento limitato: a volte i dentisti stessi non sono pienamente consapevoli di cosa un ASO qualificato possa fare, oppure le risorse limitate portano a perdere opportunità di collaborazione.

Il risultato? ASO formati e capaci che non possono contribuire al massimo delle loro potenzialità. Questo porta a de-skillizzazione (perdita di abilità per mancato utilizzo), demotivazione e, nel peggiore dei casi, alla perdita di professionisti validi. Immaginate la frustrazione!

Quanto tempo ci vuole? Un’analisi dettagliata

Un aspetto molto interessante dello studio riguarda i tempi necessari agli ASO con mansioni aggiuntive per svolgere alcune procedure chiave, come l’applicazione di vernice al fluoro, l’educazione alla salute orale e la consulenza su dieta, igiene orale, cessazione del fumo e consumo di alcol.

È emerso che, in generale, questi ASO potrebbero impiegare più tempo rispetto ad altri professionisti dentali (dentisti, igienisti) per alcune di queste procedure preventive. Ad esempio, l’applicazione di vernice al fluoro in contesti non clinici (come scuole o case di cura) richiedeva più tempo rispetto all’ambiente clinico. Stessa cosa per la consulenza dietetica. Al contrario, l’educazione alla salute orale e i consigli per smettere di fumare richiedevano un po’ più di tempo in clinica.

Ma perché questa differenza? Una possibile spiegazione è che, essendo queste procedure preventive una parte significativa delle loro competenze aggiuntive, gli ASO potrebbero affrontarle in modo più completo e approfondito, dedicando più tempo a spiegazioni dettagliate, discussioni e interazioni con il paziente. Dentisti e igienisti, invece, potrebbero avere un approccio più snello, focalizzandosi su altre procedure nel loro ambito di pratica. Non è una gara a chi fa prima, ma una questione di approccio e focus!

I fattori che influenzano questi tempi sono molteplici:

  • Fattori legati al paziente: età, capacità mentale, ansia, cooperazione, puntualità. Un paziente ansioso, ad esempio, richiede più tempo e rassicurazioni.
  • Qualità della cura: standard da rispettare e gestione del tempo.
  • Setting clinico: spazi, lavoro di squadra, organizzazione degli strumenti, gestione dei rifiuti, personale inadeguato. Lavorare in un edificio datato con problemi infrastrutturali (riscaldamento, perdite d’acqua) non aiuta di certo!
  • Attrezzature: disponibilità e accessibilità.
  • Competenze ed esperienza personali: capacità di comunicazione, anni di pratica, conoscenza e sicurezza nell’utilizzo delle proprie abilità.

È interessante notare che, secondo i partecipanti, il sistema di pagamento non influisce sui tempi di trattamento.

Scatto macro di mani guantate di un'assistente alla poltrona (ASO) che applicano con cura del fluoro su un modello dentale didattico. Obiettivo macro da 100mm, illuminazione controllata da studio per evidenziare i dettagli, messa a fuoco precisa sul punto di applicazione.

Voglia di crescere, ma quali ostacoli?

Nonostante le difficoltà, la maggior parte degli ASO intervistati ha espresso il desiderio di migliorare le proprie qualifiche (56%) e molti ricevono supporto per lo sviluppo nel loro campo (46%). C’è un forte interesse ad acquisire ulteriori competenze, principalmente nella rimozione di suture, radiografia, applicazione di vernice al fluoro e sedazione cosciente. Questa è una notizia fantastica, perché dimostra un grande impegno verso la crescita professionale!

Tuttavia, quasi la metà (48,7%) ha segnalato una mancanza di opportunità di progressione di carriera. E questo è un problema. Se non si vedono prospettive di crescita, la motivazione può vacillare.
I piani di carriera per i successivi cinque anni rivelati dagli ASO si raggruppano in quattro temi:

  1. Transizione a ruoli non clinici.
  2. Ulteriore formazione e sviluppo delle competenze.
  3. Progressione per diventare terapista ortodontico, igienista o terapista.
  4. Incertezza/mancanza di un piano di carriera specifico.

Un dato che mi ha colpito è che solo 8 su 16 ASO con mansioni aggiuntive hanno compilato la sezione sui tempi delle procedure. Pare che la difficoltà stesse nella mancanza di opportunità cliniche per applicare le loro competenze, ad esempio nell’applicazione del fluoro. Inoltre, sebbene una buona parte degli ASO intervistati (61,5%) avesse ricevuto formazione in almeno una competenza aggiuntiva, solo il 43,6% si auto-identificava come ASO con mansioni aggiuntive. Forse perché la struttura lavorativa non permette loro di usare queste specializzazioni, o forse alcuni non sono pienamente consapevoli che le loro qualifiche post-registrazione li abilitano a svolgere compiti extra. C’è bisogno di più chiarezza e supporto!

Cosa ci portiamo a casa da questa indagine?

Questo studio, seppur limitato a un singolo NHS Trust e con un tasso di risposta non altissimo (influenzato da scioperi e vincoli finanziari post-COVID), ci offre spunti preziosissimi.
Gli ASO sono motivati dal desiderio di aiutare le persone e dalla sicurezza del lavoro, ma la frustrazione per stipendio, condizioni di lavoro e scarso riconoscimento è palpabile. C’è una forte volontà di crescere professionalmente e acquisire nuove competenze, ma queste rimangono spesso inutilizzate a causa di vincoli di risorse o scarsa consapevolezza da parte dei clinici.

È fondamentale che il sistema sanitario e gli studi dentistici riconoscano il valore di questi professionisti e creino le condizioni per utilizzare al meglio le loro competenze. Non si tratta solo di migliorare la soddisfazione lavorativa degli ASO (che già sarebbe un ottimo risultato!), ma di rendere l’assistenza odontoiatrica più efficiente ed efficace per i pazienti. Pensate a cliniche specializzate gestite da ASO nella comunità, come suggerito da alcuni partecipanti: potrebbe essere un modo per migliorare l’accesso a cure specialistiche e dare più spazio a questi professionisti.

Insomma, c’è tanto potenziale inespresso. Sfruttare appieno le capacità degli ASO con mansioni aggiuntive non è solo una questione di giustizia verso di loro, ma una strategia intelligente per migliorare la salute orale di tutti. Speriamo che studi come questo spingano a una riflessione seria e a cambiamenti concreti. Io ci credo! E voi?

Fonte: Springer
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Fotografia di un team odontoiatrico al lavoro in uno studio moderno e ben illuminato. Un’assistente alla poltrona (ASO) è in primo piano, attenta e competente, mentre assiste un dentista (parzialmente visibile). Obiettivo da 35mm, stile reportage, colori naturali ma vividi, profondità di campo che mette a fuoco l’ASO. L’immagine trasmette professionalità, collaborazione e l’importanza del ruolo dell’ASO.
Odontoiatria
Indagine su ASO con mansioni aggiuntive: motivazioni, soddisfazione, utilizzo competenze e tempi procedure. Scopri il loro ruolo cruciale e le sfide.
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Respiro Affannoso? L’Obesità Potrebbe Essere la Spia (e l’IOS ce lo Dice!)

oscillometria a impulsi (IOS) e un cervellone statistico noto come Random Forest per capirci qualcosa di più. E i risultati, ve lo dico subito, sono piuttosto illuminanti!

L’Obesità: Un Peso Anche per i Polmoni

Prima di addentrarci nei meandri della ricerca, facciamo un passo indietro. L’Organizzazione Mondiale della Sanità ci dice che nel 2022 ben il 43% degli adulti era in sovrappeso e il 16% obeso. Numeri impressionanti, vero? Questa “epidemia” non solo aumenta il rischio di disturbi metabolici, ma mette a dura prova anche il nostro apparato respiratorio. L’obesità, infatti, tende a ridurre i volumi polmonari, in particolare il volume di riserva espiratoria (ERV) e la capacità funzionale residua (FRC). Immaginate i polmoni come dei palloncini: se c’è qualcosa che li “schiaccia” dall’esterno (come l’eccesso di adipe, soprattutto a livello addominale), faranno più fatica a gonfiarsi e sgonfiarsi completamente. Questo può peggiorare i sintomi in chi ha già l’asma o la BPCO. Studi precedenti avevano già notato una connessione tra indice di massa corporea (BMI) e alterazioni nei parametri IOS, come un aumento delle resistenze delle vie aeree. Ma c’era bisogno di capire quali di questi parametri fossero davvero i più “predittivi”, i più bravi a segnalarci un problema respiratorio legato all’obesità. Ed è qui che entra in gioco il nostro studio.

IOS e Random Forest: Una Squadra Vincente per Smascherare i Problemi

Lo studio che ho analizzato ha coinvolto la bellezza di 1.947 pazienti adulti, tutti con sintomi polmonari o sospetta riduzione della funzionalità respiratoria. Un bel campione, non c’è che dire! I ricercatori hanno raccolto dati da visite, test di funzionalità polmonare standard come la spirometria, la misurazione dell’ossido nitrico esalato (FeNO), e, ovviamente, l’oscillometria a impulsi (IOS). Ma cos’è esattamente l’IOS? A differenza della spirometria, che richiede uno sforzo espiratorio forzato (il classico “soffi forte!”), l’IOS valuta la funzionalità polmonare durante la respirazione normale e rilassata. In pratica, invia piccole onde di pressione nelle vie aeree a diverse frequenze e misura come queste rispondono. È una tecnica meno faticosa per il paziente e ci dà informazioni preziose sulla resistenza (Rrs) e sulla reattanza (Xrs) del sistema respiratorio, sia a livello delle grandi che delle piccole vie aeree. Nello specifico, i parametri IOS che ci interessano di più sono:
  • R5: la resistenza respiratoria a 5 Hz, che rappresenta la resistenza totale delle vie aeree.
  • R20: la resistenza respiratoria a 20 Hz, che riflette la resistenza nelle vie aeree centrali (quelle più grandi).
  • R5-R20: la differenza tra R5 e R20, un indicatore chiave della resistenza nelle piccole vie aeree periferiche. Un suo aumento è un segnale di disfunzione delle piccole vie aeree (SAD).
  • Fres: la frequenza di risonanza.
  • AX: l’area di reattanza, un altro parametro legato all’elasticità e alla funzionalità delle piccole vie aeree.
Per analizzare questa montagna di dati e capire quali parametri IOS fossero più legati al BMI, i ricercatori hanno usato un modello di Random Forest. Immaginatelo come un comitato di alberi decisionali super intelligenti che lavorano insieme per fare previsioni accurate e, soprattutto, per dirci quali “ingredienti” (i parametri IOS, in questo caso) sono più importanti per ottenere quella previsione. È una tecnica statistica avanzata che aiuta a evitare errori comuni e a dare un peso corretto anche ai gruppi meno rappresentati (ad esempio, persone con obesità patologica). Un medico pneumologo che esamina attentamente i grafici colorati dei risultati di un test IOS su un monitor ad alta definizione in un ambiente clinico moderno e luminoso. Obiettivo prime, 35mm, profondità di campo, con un leggero effetto duotone blu e grigio per un look sofisticato. I pazienti sono stati divisi in base al BMI (Normopeso/Sottopeso, Sovrappeso, Obeso, Gravemente Obeso) e alla diagnosi (Solo Asma, BPCO con o senza Asma, Altre Patologie Polmonari, Nessuna Patologia Polmonare).

I Risultati: L’Obesità Lascia il Segno (Soprattutto sulle Piccole Vie Aeree)

E veniamo al dunque! Cosa è emerso da questa complessa analisi? Preparatevi, perché i risultati sono piuttosto netti. L’obesità ha un impatto significativo sui parametri IOS, e questo vale per tutti i gruppi di pazienti, che avessero o meno una malattia polmonare diagnosticata! In particolare, tre moschettieri si sono distinti per la loro importanza nel predire l’impatto del BMI: R5-R20, AX e Fres. Nei pazienti obesi, questi valori erano costantemente più alti, indicando un aumento della resistenza e una disfunzione a carico delle piccole vie aeree. Questo è un punto cruciale: l’obesità sembra colpire in modo particolare le parti più piccole e periferiche dei nostri polmoni. E questi parametri IOS sono bravissimi a “sentire” questi cambiamenti, anche quando la spirometria tradizionale potrebbe non mostrare alterazioni evidenti. Pensateci: se le piccole vie aeree si restringono o funzionano male, l’aria fa più fatica a passare. Questo può spiegare perché molte persone obese si sentono affannate anche per sforzi minimi, indipendentemente dal fatto che abbiano una diagnosi di asma o BPCO. Interessante notare che, sebbene sia l’obesità che le malattie polmonari ostruttive (asma, BPCO) siano correlate indipendentemente alla disfunzione delle piccole vie aeree (SAD), l’obesità sembra esercitare un effetto ancora più profondo sui parametri IOS rispetto alla sola malattia respiratoria. È come se l’obesità aggiungesse un ulteriore carico di lavoro ai polmoni, peggiorando una situazione già compromessa o creandone una nuova.

Cosa Ci Dicono Questi Dati per la Pratica Clinica?

Questi risultati hanno implicazioni importanti. L’IOS, e in particolare i parametri R5-R20, AX e Fres, potrebbero diventare strumenti preziosi per identificare precocemente il deterioramento respiratorio nelle persone obese. Potrebbero aiutarci a capire chi è più a rischio e a intervenire prima che i sintomi diventino invalidanti. Immaginate un paziente obeso che lamenta un po’ di fiatone, ma la cui spirometria risulta normale. L’IOS potrebbe svelare una disfunzione delle piccole vie aeree che altrimenti passerebbe inosservata, permettendo di dare consigli mirati, come la perdita di peso, che studi precedenti hanno dimostrato migliorare i parametri IOS dopo chirurgia bariatrica. Inoltre, l’IOS si è dimostrata sensibile nell’identificare l’asma non controllato, sottolineando la sua utilità clinica nel rilevare anomalie sottili delle vie aeree. Un altro aspetto toccato dallo studio è l’apnea ostruttiva del sonno (OSA), una condizione comune negli obesi e caratterizzata da ostruzioni ricorrenti delle vie aeree superiori durante il sonno. Anche se il numero di pazienti con OSA nello studio era limitato, i dati suggeriscono un legame tra OSA e SAD, con valori IOS peggiori nelle vie aeree periferiche nei pazienti obesi con OSA. Questo apre la strada a future ricerche per capire meglio l’intreccio tra OSA, obesità, asma, BPCO e la salute delle piccole vie aeree. Visualizzazione astratta 3D delle piccole vie aeree polmonari, alcune normali e altre ristrette, con un focus su un grafico IOS che mostra picchi anomali. Obiettivo macro, 60mm, alta definizione, illuminazione drammatica per evidenziare le differenze.

Limiti e Prospettive Future

Come ogni studio, anche questo ha i suoi limiti. Ad esempio, non sono stati raccolti dati specifici sulla distribuzione del grasso (centrale vs. periferico) o sulla composizione corporea (massa grassa vs. massa magra), che potrebbero influenzare diversamente la funzione polmonare. La mancanza di dati sull’OSA nei pazienti con BMI inferiore a 30 è un’altra potenziale limitazione. Tuttavia, il disegno “real-life” dello studio, con un campione ampio e rappresentativo, ne aumenta la generalizzabilità. I risultati sono un forte richiamo all’importanza di considerare l’impatto dell’obesità sulla meccanica respiratoria. In futuro, sarebbe interessante approfondire la relazione tra i parametri IOS e fattori specifici della composizione corporea, in particolare la distribuzione del grasso centrale. Questo potrebbe aiutarci a capire ancora meglio perché l’obesità “pesa” così tanto sulle piccole vie aeree. Inoltre, studi futuri potrebbero esplorare il potenziale predittivo dell’IOS per gli esiti clinici nei pazienti obesi con malattie respiratorie, informando interventi più mirati, come strategie di gestione del peso, per migliorare la salute respiratoria e la qualità della vita.

In Conclusione: Ascoltiamo il Nostro Respiro (e l’IOS!)

Questo studio ci ricorda che l’obesità non è solo una questione estetica o metabolica, ma ha un impatto profondo e misurabile sulla salute dei nostri polmoni, specialmente sulle piccole vie aeree. Parametri come R5-R20, AX e Fres, misurati con l’oscillometria a impulsi, si sono rivelati indicatori sensibili di questi cambiamenti. L’integrazione dell’IOS nella pratica clinica routinaria, insieme alla spirometria, potrebbe essere particolarmente vantaggiosa per i pazienti obesi o con sintomi respiratori, anche quando la spirometria sembra normale. Potrebbe essere la chiave per una diagnosi più precoce e per strategie di intervento più efficaci. Quindi, se siete in sovrappeso o obesi e sentite che il vostro respiro non è più quello di una volta, parlatene con il vostro medico. Tecniche come l’IOS potrebbero offrire risposte importanti e aiutarvi a respirare meglio. La scienza va avanti, e noi dobbiamo essere pronti ad ascoltare ciò che ha da dirci! Fonte: Springer