Visualizzazione astratta di dati scientifici che si collegano a una rappresentazione stilizzata dei polmoni, simboleggiando la ricerca sulla salute respiratoria. Obiettivo macro 60mm, illuminazione da studio, alta definizione dei dettagli grafici.

Asma: e se un semplice rapporto nel sangue svelasse nuovi indizi sul rischio? La mia immersione tra LASSO e Boruta!

Ciao a tutti, appassionati di scienza e salute! Vi siete mai chiesti se, nascosto nei nostri esami del sangue di routine, ci fosse un piccolo indizio capace di dirci qualcosa di più su malattie complesse come l’asma? Beh, io sì, e oggi voglio raccontarvi di un’avventura affascinante nel mondo dei dati sanitari, dove ho esplorato proprio questa possibilità.

Recentemente, mi sono imbattuto in uno studio che ha catturato la mia attenzione: si parlava di un parametro chiamato rapporto neutrofili-percentuale/albumina (NPAR) e della sua potenziale correlazione con l’asma. L’idea di base è che questo rapporto potrebbe riflettere sia lo stato infiammatorio (legato ai neutrofili) sia quello nutrizionale (legato all’albumina), entrambi fattori che, come vedremo, possono giocare un ruolo nell’asma. Per investigare questa ipotesi, lo studio ha utilizzato due “detective” statistici molto potenti: la regressione LASSO e l’algoritmo Boruta. Pronti a seguirmi in questa esplorazione?

Cos’è l’Asma, in parole povere?

Prima di addentrarci nei dettagli tecnici, rinfreschiamoci un attimo la memoria sull’asma. Si tratta di una malattia infiammatoria cronica delle vie aeree, quelle che portano l’aria ai nostri polmoni. Immaginatele come dei tubi che, in chi soffre d’asma, tendono a restringersi e infiammarsi più facilmente, causando difficoltà respiratorie, tosse, sibili e senso di oppressione al torace. Pensate che nel 2019, si stimava che ben 262 milioni di persone nel mondo ne soffrissero! Un numero enorme, con un impatto significativo sulla vita quotidiana e sui sistemi sanitari.

L’asma non è tutta uguale. Si distingue principalmente in asma estrinseca (o allergica), scatenata da allergeni e caratterizzata da una risposta infiammatoria di tipo Th2, e asma intrinseca, che può essere innescata da vari fattori come infezioni, esercizio fisico, stress, farmaci o persino la genetica. In base al tipo di infiammazione, si parla anche di asma Th2-alta (con molti eosinofili) e Th2-bassa (che include forme neutrofiliche).

Neutrofili, Albumina e il misterioso NPAR: di cosa parliamo?

Qui entrano in gioco i nostri protagonisti. I neutrofili sono un tipo di globuli bianchi, veri e propri soldati del nostro sistema immunitario, fondamentali nelle risposte infiammatorie. Studi hanno mostrato che un aumento della loro percentuale è associato alla gravità dell’asma. L’albumina sierica, invece, è la proteina più abbondante nel nostro plasma; oltre ad essere un indicatore nutrizionale, ha proprietà anti-infiammatorie e antiossidanti. Bassi livelli di albumina (ipoalbuminemia) sono stati collegati a un maggior rischio di asma.

L’NPAR, quindi, è semplicemente il rapporto tra la percentuale di neutrofili e il livello di albumina. L’idea è che questo valore combinato possa darci un quadro più completo dello stato infiammatorio e nutrizionale, e quindi avere una potenziale associazione con il rischio di sviluppare l’asma. È un po’ come mettere insieme due indizi per avere un quadro più chiaro della situazione.

La nostra indagine: i dati NHANES e gli algoritmi “investigatori”

Per testare questa ipotesi, lo studio si è basato su un tesoro di informazioni: il database NHANES (National Health and Nutrition Examination Survey), che raccoglie dati sulla salute e la nutrizione di adulti e bambini negli Stati Uniti. Immaginate un’enorme biblioteca piena di schede dettagliate su migliaia di persone! Dopo aver “pulito” i dati e rimosso i valori mancanti, sono stati inclusi ben 31.138 partecipanti, raccolti tra il 2001 e il 2018. Un campione davvero notevole!

Questi partecipanti sono stati poi divisi casualmente: il 70% è finito nel “gruppo di addestramento” (training cohort) e il restante 30% nel “gruppo di validazione” (validation cohort). È un po’ come insegnare a un computer a riconoscere qualcosa usando una parte dei dati e poi testare quanto ha imparato sull’altra parte.

E qui entrano in scena i nostri due algoritmi di machine learning:

  • Regressione LASSO (Least Absolute Shrinkage and Selection Operator): È una versione potenziata della regressione lineare, molto utile per selezionare le variabili più importanti da un grande insieme di dati e per evitare che il modello diventi troppo complesso. Immaginatela come un setaccio super intelligente che ci aiuta a scegliere solo gli ingredienti (le variabili) che contano davvero per la nostra ricetta (il modello predittivo).
  • Algoritmo Boruta: Questo algoritmo, basato sulle foreste casuali (un altro metodo di machine learning), è un vero segugio per scovare le variabili rilevanti. Lo fa confrontando l’importanza di ogni variabile reale con quella di variabili “ombra” create casualmente. Se una variabile reale batte costantemente le ombre, allora è considerata importante.

L’obiettivo era usare questi strumenti sul gruppo di addestramento per identificare i fattori di rischio per l’asma e capire quale dei due metodi fosse più performante.

Immagine macro di una goccia di sangue su un vetrino da laboratorio, con provette e un microscopio sfocati sullo sfondo, illuminazione controllata e precisa, obiettivo macro 90mm, alta definizione dei dettagli delle cellule sanguigne.

La diagnosi di asma nello studio si basava su due semplici domande: “Un medico o un altro operatore sanitario le ha mai detto che soffre d’asma?” e “Soffre ancora d’asma?”. Se la risposta era “sì” a una delle due, il partecipante veniva classificato come asmatico. Oltre a questo, sono state raccolte tantissime altre informazioni: dati demografici (età, sesso, razza, istruzione, reddito), dati fisici (BMI, ovvero l’indice di massa corporea) e dati da questionari (abitudini al fumo, consumo di alcol, ipertensione, diabete, cancro, malattie cardiovascolari).

I risultati sul tavolo: cosa abbiamo scoperto?

Ebbene, dopo aver macinato tutti questi dati, cosa è emerso? Innanzitutto, confrontando i pazienti asmatici con quelli non asmatici, si è visto che alcuni fattori sembravano aumentare il rischio di asma. Tra questi: essere donna, essere più giovani, appartenere a determinate etnie, avere un’istruzione universitaria parziale, essere divorziati/separati/mai sposati/conviventi, avere un basso rapporto reddito/povertà (PIR), un BMI elevato, essere fumatori attuali, soffrire di diabete, malattie cardiovascolari (CVD), cancro e, tenetevi forte, avere un NPAR più alto! Questa è stata una conferma importante: un NPAR elevato sembrava effettivamente associato a una maggiore incidenza di asma (con un valore di P < 0.01, che in statistica indica una forte significatività).

Ma quale dei due algoritmi si è comportato meglio? Per valutarlo, si è guardata l’AUC (Area Under the Curve) della curva ROC. Senza entrare troppo nel tecnico, l’AUC è una misura di quanto bene un modello riesce a distinguere tra due gruppi (in questo caso, asmatici e non asmatici). Un valore più alto è meglio. La regressione LASSO ha ottenuto un AUC di 0.66, mentre l’algoritmo Boruta si è fermato a 0.64. Una piccola differenza, ma che ha indicato una performance leggermente superiore per LASSO.

Grazie alla regressione LASSO, sono state selezionate 10 variabili chiave come potenziali predittori del rischio di asma:

  • Sesso
  • Razza
  • Stato di fumatore
  • Ipertensione
  • Diabete
  • Cancro
  • Rapporto reddito/povertà (PIR)
  • Indice di Massa Corporea (BMI)
  • Malattie Cardiovascolari (CVD)
  • Età

L’algoritmo Boruta, invece, ne aveva identificate 14, includendo anche l’NPAR, il consumo di alcol, il livello di istruzione e lo stato civile. È interessante notare che, sebbene l’analisi generale dei dati NHANES mostrasse una correlazione significativa tra NPAR e asma, la regressione LASSO, nel suo processo di selezione delle variabili più “forti” per il modello predittivo finale, non ha incluso esplicitamente l’NPAR tra le sue top 10. Questo non significa che l’NPAR non sia importante, ma che, nel contesto di quel specifico modello LASSO e con le altre variabili presenti, il suo contributo aggiuntivo alla predizione non è emerso come preponderante rispetto alle altre 10 selezionate. Tuttavia, l’associazione generale rimaneva valida.

Sulla base delle 10 variabili identificate da LASSO, è stato costruito un nomogramma. Un nomogramma è uno strumento grafico, una specie di “calcolatore visivo”, che permette di stimare la probabilità di un evento (in questo caso, il rischio di asma) basandosi sui valori dei diversi predittori. Per verificare l’affidabilità di questo nomogramma, sono state tracciate la curva ROC (che ha confermato la capacità predittiva), la curva di calibrazione (che ha mostrato una buona corrispondenza tra le previsioni e i dati reali) e la curva di analisi decisionale (DCA), che aiuta a capire se il modello è utile nella pratica clinica.

Un medico pensieroso osserva un grafico a nomogramma su un tablet, in un ambiente clinico moderno e luminoso. Fotografia ritratto, obiettivo 35mm, profondità di campo che sfoca leggermente lo sfondo, toni caldi.

NPAR e Asma: un legame confermato e altri fattori di rischio

Lo studio ha quindi confermato che un NPAR più elevato è associato a un aumentato rischio di asma. Ma perché? Come abbiamo detto, i neutrofili sono legati all’infiammazione. Nell’asma, un aumento dei neutrofili è spesso associato a forme più severe della malattia, a ostruzione delle vie aeree e a una minore risposta ai corticosteroidi (i farmaci comunemente usati). I neutrofili possono rilasciare varie sostanze, tra cui le “trappole extracellulari dei neutrofili” (NETs), che sembrano giocare un ruolo importante nella fisiopatologia dell’asma, contribuendo al rimodellamento delle vie aeree e all’eccessiva produzione di muco.

L’NPAR potrebbe quindi essere un biomarcatore dell’attività dei neutrofili e dello stato infiammatorio sistemico nei pazienti asmatici, aiutando a identificare e gestire pazienti con diversi fenotipi infiammatori.

È interessante anche notare gli altri fattori di rischio emersi:

  • Sesso femminile: Le donne, specialmente quelle con asma premestruale, sembrano avere un rischio maggiore, spesso con asma più severa e BMI più alto.
  • Diabete: Chi soffre di diabete ha un rischio significativamente più alto di sviluppare asma. Questo potrebbe essere legato al declino della funzione polmonare o allo stato infiammatorio sistemico causato dal diabete.
  • Malattie Cardiovascolari (CVD): Esiste un’associazione significativa tra asma e incidenza di CVD. Entrambe le condizioni coinvolgono processi infiammatori cronici, che potrebbero essere il collegamento cruciale.
  • Cancro: I pazienti oncologici potrebbero avere un rischio aumentato di asma, forse a causa di alterazioni del sistema immunitario.

Questi risultati suggeriscono che l’asma e la sindrome metabolica potrebbero condividere fattori eziologici comuni. In effetti, in adulti, un NPAR elevato è associato a un maggior rischio di sindrome metabolica, che a sua volta è legata a varie malattie infiammatorie croniche.

Punti di forza, limiti e uno sguardo al futuro

Come ogni ricerca scientifica, anche questa ha i suoi punti di forza. Innanzitutto, l’utilizzo di un database ampio e rappresentativo a livello nazionale (NHANES) e l’aggiustamento per le covariate appropriate rendono i risultati più affidabili. Poi, lo studio ha colmato una lacuna, essendo, a quanto mi risulta, il primo a investigare specificamente la relazione tra NPAR e asma, fornendo una nuova base teorica per la predizione precoce del rischio. Infine, l’NPAR è un marcatore facile da ottenere e a basso costo, il che lo rende potenzialmente molto utile nella pratica clinica.

Ci sono, ovviamente, anche delle limitazioni. La raccolta dati si è basata principalmente su questionari, il che potrebbe introdurre un “bias di ricordo” da parte dei partecipanti. Nonostante gli sforzi, potrebbero esserci fattori confondenti non misurati o non controllati. Inoltre, i valori di NPAR possono variare in base a fattori come l’ora del giorno, la dieta e l’attività fisica al momento del prelievo. Infine, i valori di AUC (0.66 per LASSO e 0.64 per Boruta), sebbene indichino una certa capacità predittiva, non sono eccezionali, suggerendo che c’è spazio per migliorare i modelli.

Per il futuro, si potrebbe pensare di:

  • Introdurre più variabili (altri marcatori infiammatori o immunologici).
  • Fare un’analisi più approfondita delle caratteristiche esistenti (feature engineering).
  • Integrare i risultati dei modelli LASSO e Boruta o usare metodi di ensemble learning (come Random Forest o XGBoost).
  • Ottimizzare più finemente gli iperparametri dei modelli.

Visualizzazione artistica ma fotorealistica di neutrofili che attaccano patogeni in un vaso sanguigno, con dettagli microscopici evidenti. Obiettivo macro 100mm, illuminazione drammatica per evidenziare l'azione, alto dettaglio.

In conclusione: un nuovo potenziale alleato contro l’asma

Tirando le somme di questa mia “immersione” nello studio, emerge un quadro intrigante. Nonostante la regressione LASSO non abbia inserito direttamente l’NPAR nel suo modello predittivo finale, l’analisi complessiva dei dati NHANES ha mostrato una correlazione positiva significativa tra NPAR e rischio di asma. Questo suggerisce che l’NPAR potrebbe davvero servire come un potenziale biomarcatore per predire il rischio di sviluppare questa complessa malattia respiratoria.

Certo, la strada della ricerca è ancora lunga e servono ulteriori studi per confermare questi risultati e per capire meglio i meccanismi specifici con cui l’NPAR influenza l’asma. Ma ogni nuova scoperta, anche la più piccola, ci avvicina a una migliore comprensione e, speriamo, a strategie di prevenzione e intervento sempre più efficaci. E chissà, magari un giorno un semplice rapporto come l’NPAR potrà davvero fare la differenza nella vita di molte persone.

Per me, è stata un’ulteriore conferma di quanto sia affascinante il mondo della ricerca e di come, armati di curiosità e degli strumenti giusti, possiamo continuare a svelare i misteri del corpo umano!

Fonte: Springer

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