Nistagmo Posizionale: Quando le Vertigini Nascondono un Pericolo Cerebrale – Un Caso Che Fa Riflettere
Vertigini: Un Fastidio Comune, Ma Non Sempre Innocuo
Amici, a chi non è capitato almeno una volta di alzarsi di scatto e sentire la stanza girare? Quelle fastidiose vertigini posizionali, che spesso ci fanno pensare subito alla labirintite o, più tecnicamente, alla Vertigine Parossistica Posizionale Benigna (VPPB). È la causa più comune di nistagmo posizionale (quel movimento involontario degli occhi) e, diciamocelo, di solito si risolve con qualche manovra specifica. Ma se vi dicessi che a volte, dietro a sintomi apparentemente classici, può nascondersi un nemico ben più insidioso?
Vi racconto una storia che mi ha fatto davvero riflettere, tratta da un caso clinico pubblicato di recente. Parla di come un nistagmo posizionale centrale (NPC), causato da metastasi cerebrali, possa incredibilmente imitare una VPPB, rispondendo persino, in modo transitorio, alle manovre liberatorie. Un vero e proprio lupo travestito da agnello!
Un Paziente, Sintomi Classici e una Diagnosi Scontata (Forse Troppo)
Immaginate un uomo di 44 anni, in buona salute, che da dieci giorni combatte con vertigini scatenate dai movimenti, nausea e un’andatura incerta. Arriva al pronto soccorso e, dopo i primi esami, i medici notano un nistagmo posizionale apogeotropico (cioè, gli occhi “battono” lontano dal suolo quando è sdraiato e gira la testa), più intenso quando l’orecchio sinistro è verso il basso. Sembra un caso da manuale di VPPB del canale laterale destro, una variante un po’ meno comune ma conosciuta. E via con le manovre liberatorie, come la manovra di Gufoni (eseguita “nose-up” in questo caso). E sapete una cosa? All’inizio, sembra funzionare! Il paziente migliora, il nistagmo scompare. Caso chiuso? Nemmeno per sogno.
La Recidiva e Quel Nistagmo Bizzarro: Campanelli d’Allarme
Purtroppo, il sollievo è di breve durata. Al controllo successivo, il nistagmo apogeotropico è di nuovo lì, bello presente. I medici tentano un’altra manovra, la “Barbecue” a 360° verso sinistra, e qui succede qualcosa di strano: il nistagmo si trasforma, diventando geotropico (cioè, batte verso il suolo), con intensità simile da entrambi i lati. Okay, pensano, forse è una conversione in una canalolitiasi geotropica del canale laterale destro. Altra manovra “Barbecue”, stavolta verso destra, e di nuovo il nistagmo scompare. Ma al secondo controllo, tre giorni dopo, riecco il nistagmo apogeotropico di moderata intensità. Ancora una volta, una manovra “Barbecue” a sinistra lo converte in geotropico, che viene poi trattato con una manovra “Barbecue” a destra, con apparente risoluzione. Questa altalena di sintomi, questa risposta solo transitoria alle manovre, inizia a far suonare più di un campanello d’allarme. Nonostante le manovre sembrassero inizialmente efficaci, qualcosa non tornava.
La Doccia Fredda della Risonanza Magnetica
A questo punto, con i risultati ricorrenti e una persistente moderata instabilità dell’andatura, si decide per una risonanza magnetica cerebrale. E qui, la scoperta che nessuno si aspettava: metastasi cerebrali cistiche disseminate, sia a livello infratentoriale che sopratentoriale. La massa più grande comprimeva le strutture mediane del cervelletto e il quarto ventricolo. Un intervento chirurgico d’urgenza per la resezione della massa cerebellare sinistra rivela la natura di queste metastasi: un adenocarcinoma polmonare, fino a quel momento sconosciuto, positivo al fattore di trascrizione tiroideo 1 (TTF1). Una diagnosi terribile, che getta una luce completamente diversa su quei sintomi iniziali.

Il paziente è stato poi sottoposto a radioterapia panencefalica e chemioterapia con un inibitore dell’EGFR (Osimertinib). A nove mesi di distanza, mostrava ancora instabilità e, al test di Romberg, oscillazioni. Le saccadi orizzontali erano ipermetriche. Al test supino rotatorio (SRT), persisteva un nistagmo apogeotropico, ma senza nausea o vertigini. Purtroppo, la progressione tumorale è continuata, portando al decesso del paziente due anni dopo la diagnosi.
Ma Perché il Cervello Ingannava Così Bene?
Vi starete chiedendo: com’è possibile che delle metastasi cerebrali abbiano mimato così perfettamente una VPPB, rispondendo persino, seppur temporaneamente, alle manovre? La risposta, amici, sta nella complessità del nostro cervello e, in particolare, del cervelletto. Le lesioni in quest’area, specialmente quelle vicino al quarto ventricolo o che coinvolgono strutture come il nodulo e l’ugola (parti del verme caudale cerebellare), possono causare quello che chiamiamo Nistagmo Posizionale Centrale (NPC).
Nel nostro caso, si ipotizza che la massa cistica nel cervelletto, con una componente solida mediale e una grande componente cistica laterale, esercitasse una pressione variabile sul nodulo e sull’ugola a seconda della posizione della testa rispetto alla gravità. Queste strutture sono cruciali per l’elaborazione dei segnali gravitazionali e per il meccanismo di “velocity storage”, una sorta di memoria interna della velocità angolare che aiuta a stabilizzare lo sguardo. Alterando questi meccanismi, la lesione induceva un nistagmo che cambiava direzione e intensità. Le manovre liberatorie, ruotando la testa del paziente a 360°, potrebbero aver temporaneamente modificato la compressione esercitata dalla massa o addirittura causato un movimento del fluido all’interno della cisti tumorale, richiedendo tempo per stabilizzarsi. Questo avrebbe potuto portare a effetti diversi sul nodulo e sull’ugola durante questa fase transitoria, causando il nistagmo geotropico o la sua scomparsa, prima che si ristabilisse la condizione di nistagmo apogeotropico una volta raggiunta una nuova stabilità. Un inganno diabolico!
Questo meccanismo sarebbe analogo ad altri sintomi legati alla postura descritti in letteratura, come le cefalee ortostatiche in pazienti con emorragie cerebellari o tumori infratentoriali.
Lezioni da Imparare: Non Sottovalutare Mai una Vertigine “Strana”
Questo caso clinico, purtroppo con un esito infausto per il paziente, ci insegna alcune cose fondamentali:
- L’importanza del follow-up: Una risposta positiva alle manovre liberatorie non è sempre sinonimo di VPPB risolta. È cruciale rivedere il paziente, specialmente se i sintomi erano atipici o se si trattava di una sospetta VPPB del canale laterale apogeotropica, che è una delle varianti più frequentemente mimate da lesioni centrali (NPC).
- Attenzione ai pattern atipici: Un nistagmo che cambia continuamente pattern (da apogeotropico a geotropico e viceversa), che non scompare del tutto, o che si accompagna ad altri segni neurologici (anche sfumati, come un’instabilità della marcia che non migliora) deve far sospettare una causa centrale. Mentre la VPPB del canale laterale apogeotropica è meno comune di quella geotropica, un nistagmo apogeotropico è il pattern più comune di NPC.
- La VPPB non è l’unica causa di nistagmo posizionale: Anche se la VPPB è la più frequente, studi retrospettivi indicano che circa l’11-12% dei pazienti con nistagmo posizionale ha in realtà patologie centrali, come ictus vertebrobasilare o neoplasie della fossa posteriore.
- Le manovre possono “ingannare”: La risposta transitoria alle manovre, come in questo caso, è un vero e proprio tranello diagnostico. Solitamente, la mancanza di risposta alle manovre è considerata una caratteristica distintiva dell’NPC, ma questo caso dimostra che non è sempre vero.
Se le manovre non funzionano come dovrebbero, o se c’è una risposta solo temporanea, e/o se il pattern di nistagmo osservato durante le manovre di provocazione è atipico per la VPPB, bisogna sospettare un NPC e richiedere una risonanza magnetica cerebrale con mezzo di contrasto. In assenza di lesioni strutturali e di emicrania vestibolare, andrebbe eseguita una puntura lombare per cercare cause infiammatorie (autoimmuni).

Un Promemoria Cruciale per Medici e Pazienti
Insomma, la storia di questo paziente è un monito potente. Ci ricorda che il corpo umano è una macchina incredibilmente complessa e che, a volte, i sintomi possono essere dei veri e propri camaleonti. Le vertigini posizionali sono spesso benigne, ma mai dare nulla per scontato. Un’attenta valutazione, la capacità di riconoscere i segnali d’allarme e, soprattutto, un follow-up scrupoloso possono fare la differenza. Questo caso sottolinea come anche una risposta apparentemente positiva a un trattamento possa nascondere realtà ben più complesse, spingendoci a indagare più a fondo quando l’istinto clinico suggerisce che c’è “qualcosa che non va”. È fondamentale validare la risposta al trattamento con una visita di controllo.
Fonte: Springer
