Nichel Sostenibile: La Rivoluzione dell’Idrogeno Plasma per un Futuro Verde
Ciao a tutti! Oggi voglio parlarvi di qualcosa che mi sta davvero a cuore e che potrebbe cambiare le carte in tavola per un futuro più sostenibile: il nichel. Sì, proprio quel metallo che magari associate all’acciaio inossidabile o, sempre più spesso, alle batterie delle auto elettriche. È un elemento cruciale per la transizione energetica, ma c’è un “ma” grande come una casa: produrlo oggi è un processo parecchio inquinante. Pensate che per ogni tonnellata di nichel si emettono circa 20 tonnellate di CO2! Un’enormità, dieci volte più dell’acciaio. Ma se vi dicessi che abbiamo trovato un modo per cambiare radicalmente le cose? Un metodo che usa l’idrogeno e il plasma per estrarre nichel in modo molto più pulito ed efficiente. Sembra fantascienza? Continuate a leggere!
Il Dilemma del Nichel: Essenziale ma Insostenibile
Il nichel è ovunque. Lo troviamo nell’acciaio inossidabile che rende i nostri elettrodomestici e strutture più duraturi (circa 1,97 milioni di tonnellate all’anno!) e in superleghe speciali che migliorano l’efficienza dei motori (210 mila tonnellate). Ma la vera esplosione della domanda sta arrivando dal settore dei trasporti: l’elettrificazione di massa richiede quantità enormi di nichel per le batterie. Si prevede che entro il 2040 la domanda globale raddoppierà, passando da 3 a 6 milioni di tonnellate all’anno, solo per soddisfare il bisogno delle batterie!
Il problema è da dove prendiamo questo nichel. Circa il 60% viene da minerali solfuri ad alta concentrazione (1.5-4% di nichel), più facili da trattare. Ma le riserve si stanno esaurendo. Il restante 40% (che però rappresenta il 60% delle riserve terrestri totali!) proviene dalle lateriti, minerali a bassa concentrazione (in media 1.5% di nichel), molto più complessi da lavorare. Nelle lateriti, il nichel non si trova in minerali distinti, ma è “sciolto” all’interno di silicati complessi di magnesio e ferro (le saproliti) o sostituisce il ferro negli ossidi di ferro (le limoniti). Questa complessità rende l’estrazione difficile e, soprattutto, poco “verde”.
I Metodi Tradizionali: Un Labirinto Inquinante
I metodi attuali per trattare le lateriti sono principalmente due, a seconda del tipo:
- Limoniti (basso Ni e MgO): Si usa la lisciviazione acida ad alta pressione (HPAL), che recupera nichel e cobalto ma utilizza acidi potenti come l’acido solforico. Emette circa 14 tonnellate di CO2e per tonnellata di nichel.
- Saproliti (ricche di silicati): Si usa la pirometallurgia, un processo a più fasi che include essiccazione, riduzione parziale in forni rotanti (RK) usando coke (carbon fossile), e fusione in forni elettrici ad arco (EAF) – il metodo RK-EF – o in altiforni. Questo processo è energivoro (da 230 a 570 GJ per tonnellata di Ni, contro i 22 GJ/ton dell’acciaio!) ed emette tantissimo: circa 45 tonnellate di CO2e per tonnellata di nichel!
Considerando anche l’estrazione dai solfuri (circa 6 t CO2e/t Ni), l’impronta di carbonio media dell’industria del nichel è spaventosa: 20-27 tonnellate di CO2e per tonnellata di nichel. Un paradosso: usiamo il nichel per tecnologie sostenibili, ma la sua produzione è dannosa per l’ambiente.
La Svolta: Riduzione con Plasma di Idrogeno (HPSR)
Ed ecco che entriamo in gioco noi, con un approccio completamente diverso: la Riduzione per Fusione con Plasma di Idrogeno (HPSR – Hydrogen Plasma Smelting Reduction). L’idea è semplice ma rivoluzionaria: usare plasma di idrogeno per trattare direttamente il minerale di laterite essiccato, in un unico passaggio metallurgico, dentro un solo forno. Niente più passaggi multipli, niente coke, niente acidi aggressivi.
Immaginate un forno elettrico ad arco, ma invece di un’atmosfera inerte o basata sul carbonio, lo inondiamo con una miscela di argon e idrogeno (ad esempio, Ar-10%H2). L’arco elettrico crea un plasma caldissimo e altamente reattivo. Quando il minerale fuso entra in contatto con questo plasma:
- Si rompono i legami: La struttura cristallografica complessa dei silicati (tipo (Mg,Fe,Ni)3Si2O5(OH)4) viene dissociata in ioni più semplici (Fe2+, Ni2+, Mg2+, O2−, SiO44−) senza bisogno di catalizzatori.
- L’idrogeno fa il suo lavoro: Le specie reattive dell’idrogeno nel plasma (H, H+, H2) reagiscono con l’ossigeno “libero” (O2−) presente nel fuso, formando vapore acqueo (H2O) e lasciando dietro di sé elettroni (2e−).
- Precipitazione selettiva: Questi elettroni vengono “catturati” preferenzialmente dagli ioni metallici con minore affinità per l’ossigeno. Indovinate chi ha l’affinità più bassa nel nostro sistema? Esatto, il Nichel (Ni2+)! Quindi, il nichel metallico precipita per primo (Ni2+ + 2e− → Ni), seguito poi dal ferro (Fe2+).
- Separazione naturale: Il nichel e il ferro fusi formano una lega (ferronickel) che, essendo molto più densa dei silicati fusi (la scoria), si separa naturalmente per gravità sul fondo del forno.
Il risultato? Otteniamo direttamente una lega di ferronickel di alta qualità, con pochissime impurità (meno dello 0.04% di silicio, circa 0.01% di fosforo, meno dello 0.09% di calcio), eliminando la necessità di ulteriori raffinazioni costose ed energivore.
I Vantaggi Verdi (e non solo) dell’HPSR
I benefici di questo approccio sono enormi:
- Emissioni CO2 drasticamente ridotte: Sostituendo il carbonio con idrogeno (prodotto da fonti rinnovabili) ed usando elettricità rinnovabile per il forno, possiamo tagliare le emissioni dirette di CO2 fino all’84% rispetto ai metodi tradizionali come l’RK-EF!
- Maggiore efficienza energetica: Saltando tutti i passaggi di pre-trattamento (essiccazione spinta, calcinazione, pre-riduzione) che sprecano un sacco di energia (soprattutto nei forni rotanti), stimiamo un risparmio energetico potenziale fino al 18%.
- Processo semplificato: Un unico passaggio in un unico forno. Meno complessità, meno costi operativi.
- Flessibilità: Funziona con le lateriti a basso grado (saproliti), che costituiscono la maggior parte delle riserve mondiali. Abbiamo testato con successo due tipi diversi di laterite.
- Niente acidi pericolosi: A differenza dell’HPAL, non usiamo acidi aggressivi.
- Sottoprodotto utile: La scoria rimanente è composta principalmente da silicati di magnesio, utilizzabili nell’industria edilizia (mattoni, cemento, strade) o persino cosmetica.
Mettere a Punto la Ricetta: Il Controllo è Fondamentale
Una delle scoperte chiave è stata capire quanto sia importante controllare l’atmosfera riducente, cioè la quantità di idrogeno nel plasma. La termodinamica ci dice (e gli esperimenti lo confermano) che c’è un “intervallo magico” di rimozione dell’ossigeno (tra il 20.7% e il 21.3%) in cui possiamo ottenere una lega ricchissima di nichel (70-90%!) con ottimi tassi di recupero (60-90%).
Nei nostri esperimenti, esponendo il minerale al plasma Ar-10%H2 per 2 minuti, abbiamo ottenuto goccioline di metallo con un contenuto di nichel altissimo, fino al 97.3% in alcune micro-zone! Questo conferma la riduzione selettiva. Processando per più tempo (4 minuti), il grado di nichel nella lega principale scende (ad esempio al 42-52%) perché inizia a ridursi anche più ferro, ma il recupero totale di nichel aumenta (fino al 74%).
Abbiamo fatto un esperimento interessante su un secondo tipo di minerale (Ni ore 2):
- Step 1: 2 minuti in Ar-10%H2 -> Lega con 65% Ni (recupero 45%).
- Step 2 (sulla scoria dello step 1): Altri 2 minuti in Ar-10%H2 -> Lega con 12.4% Ni.
Il grado medio combinato era del 30% Ni con un recupero totale del 65%. Ma poi abbiamo provato a cambiare strategia:
- Step 1: 2 minuti in Ar-10%H2 -> Lega con 65% Ni (recupero 45%).
- Step 2 (sulla scoria dello step 1): Altri 2 minuti ma in Ar-2.5%H2 (meno idrogeno) -> Lega con ben 45% Ni!
Il grado medio combinato è salito al 55% di Nichel, con un recupero simile (64%)! Questo dimostra che modulando la quantità di idrogeno nel tempo, possiamo ottimizzare la purezza della lega finale senza sacrificare troppo il recupero. Nella pratica industriale, questo controllo può avvenire in continuo, senza fermare il processo.
Verso l’Industrializzazione: Sfide e Soluzioni
Ok, tutto bellissimo in laboratorio, ma si può fare su larga scala? La sfida principale è garantire che il minerale fuso arrivi continuamente all’interfaccia arco-fuso dove avviene la reazione. Ma l’industria metallurgica ha già le soluzioni!
- Mescolamento naturale: L’arco stesso e le correnti elettriche (in forni DC) inducono un forte rimescolamento.
- Tecnologie esistenti: Si possono usare archi corti ad alta corrente, più elettrodi (in forni AC), agitatori elettromagnetici esterni o iniezione di gas dal fondo per migliorare ulteriormente il mescolamento.
- Bassa viscosità: Man mano che il minerale complesso si trasforma in silicati di magnesio più semplici, la viscosità del fuso diminuisce, aiutando il flusso.
Inoltre, il gas caldo in uscita (H2 + H2O) può essere usato per pre-essiccare il minerale in ingresso, e l’idrogeno non reagito può essere riciclato, come già si fa negli impianti di riduzione diretta del ferro basati sull’idrogeno. Un’analisi preliminare dei costi (dettagliata nelle informazioni supplementari dello studio originale) suggerisce anche la fattibilità economica di questo processo.
Un Futuro più Verde per il Nichel
Quindi, ricapitolando: abbiamo dimostrato che la tecnologia HPSR è un modo fattibile, sostenibile ed efficiente per estrarre nichel da minerali lateritici a basso grado. Controllando l’atmosfera di idrogeno, possiamo produrre direttamente una lega di ferronichel di alta qualità, pronta per l’uso nell’industria dell’acciaio inossidabile o delle leghe speciali, o ulteriormente raffinabile per applicazioni come le batterie. Il tutto con un potenziale risparmio energetico del 18% e una riduzione delle emissioni di CO2 fino all’84%, usando solo elettricità rinnovabile e idrogeno verde.
Questo lavoro apre una strada concreta per risolvere la contraddizione tra l’uso benefico del nichel nelle tecnologie sostenibili e il danno ambientale causato dalla sua produzione attuale. È un passo importante verso una metallurgia veramente “verde” e un futuro in cui possiamo avere i materiali di cui abbiamo bisogno senza compromettere il nostro pianeta. Non è fantastico?
Fonte: Springer