Neuroserpina e Preeclampsia: Un Nuovo Indizio nel Sangue delle Future Mamme?
Amiche e amici appassionati di scienza, oggi voglio parlarvi di una condizione che, purtroppo, tocca da vicino molte future mamme e che, da sempre, tiene sulle spine medici e ricercatori: la preeclampsia. Immaginatevi l’attesa gioiosa di un figlio, e poi, all’improvviso, questa complicazione che può mettere a rischio sia la mamma che il bambino. Ecco, la ricerca non si ferma mai e, proprio di recente, uno studio prospettico caso-controllo ha acceso un nuovo faro su un potenziale protagonista in questa complessa vicenda: la neuroserpina.
Ma cos’è esattamente la preeclampsia?
Prima di addentrarci nei meandri della neuroserpina, facciamo un piccolo ripasso. La preeclampsia è una patologia che può insorgere durante la gravidanza, tipicamente dopo la 20esima settimana, e si manifesta con un aumento della pressione sanguigna associato spesso a proteinuria (presenza di proteine nelle urine) o ad altri segni di danno d’organo. Pensate che colpisce circa il 2-5% delle gravidanze a livello globale ed è una delle cause principali di morbilità e mortalità materno-fetale. Non è uno scherzo, insomma! Le cause precise sono ancora in parte un mistero, ma sappiamo che c’entrano un’infiammazione sistemica, una disfunzione dell’endotelio (il rivestimento interno dei vasi sanguigni) e uno stato procoagulante. Un cocktail pericoloso che parte da un problema nella placentazione, ovvero nel modo in cui la placenta si “attacca” all’utero materno.
E la neuroserpina che c’entra?
Ed è qui che entra in gioco una molecola dal nome un po’ ostico, ma dalle proprietà affascinanti: la neuroserpina. Si tratta di un inibitore delle proteasi seriniche, il che significa che regola l’attività di certi enzimi. È nota soprattutto per le sue proprietà anti-infiammatorie e neuroprotettive. Se pensiamo che la preeclampsia ha una forte componente infiammatoria e può avere ripercussioni neurologiche, capite bene che l’interesse dei ricercatori si è acceso. Potrebbe la neuroserpina giocare un ruolo chiave in questa patologia?
Lo studio: cosa hanno scoperto i ricercatori?
Un team di ricercatori in Turchia ha deciso di vederci chiaro, conducendo uno studio prospettico caso-controllo in un importante centro di riferimento ad Ankara. Hanno coinvolto 88 donne in gravidanza: 44 con diagnosi di preeclampsia e 44 donne sane, con gravidanze normotensive, appaiate per età gestazionale come gruppo di controllo. L’obiettivo primario era misurare i livelli di neuroserpina nel siero materno utilizzando un test ELISA. Hanno anche analizzato la situazione in base alla gravità della preeclampsia (lieve o severa).
Ebbene, i risultati sono stati piuttosto eloquenti! Le donne con preeclampsia avevano livelli di neuroserpina nel siero significativamente più bassi rispetto alle donne del gruppo di controllo (p=0.018). Ma non è finita qui: all’interno del gruppo con preeclampsia, le pazienti con la forma più severa della malattia mostravano concentrazioni di neuroserpina ancora più ridotte rispetto a quelle con preeclampsia lieve. Questo suggerisce che non solo c’è un’associazione tra bassi livelli di neuroserpina e la presenza di preeclampsia, ma anche con la sua gravità.

I ricercatori hanno anche utilizzato l’analisi della curva ROC (Receiver Operating Characteristic) per capire se la neuroserpina potesse essere un buon “campanello d’allarme”. Hanno identificato un valore soglia (cutoff) di neuroserpina ≤ 22.95 ng/mL per identificare la preeclampsia, con una sensibilità dell’86.4% e una specificità del 43.2%. Per la preeclampsia severa, il cutoff era ancora più basso, ≤ 14.7 ng/mL, con una sensibilità del 50.0% ma una specificità molto alta, del 96.7%.
Cosa ci dice tutto questo, in soldoni?
Questi risultati sono davvero interessanti perché aprono nuove prospettive. Sembra che la neuroserpina, con le sue doti anti-infiammatorie, venga a mancare proprio quando ce ne sarebbe più bisogno, ovvero in una condizione come la preeclampsia, caratterizzata da una forte infiammazione. La sua riduzione potrebbe quindi contribuire all’infiammazione vascolare e alla disfunzione endoteliale che vediamo in questa patologia. È come se venisse meno un “pompiere” naturale del nostro organismo.
Certo, lo studio ha analizzato le correlazioni tra i livelli di neuroserpina e altri parametri materni e perinatali (età materna, BMI, enzimi epatici, esiti neonatali), e queste correlazioni non sono risultate statisticamente significative. Tuttavia, il trend costante di diminuzione della neuroserpina all’aumentare della gravità della malattia rafforza l’idea che non si tratti di una coincidenza, ma di un legame fisiopatologico.
Pensate, la neuroserpina è prodotta principalmente dagli assoni neuronali, ma anche da altri tessuti, e gioca un ruolo nella crescita neuronale, nella plasticità sinaptica e nella maturazione cellulare. Studi sperimentali avevano già mostrato i suoi effetti anti-infiammatori, ad esempio nel ridurre l’attivazione immunitaria e il danno vascolare in modelli di vasculopatia da trapianto. Questo studio è solo il secondo a indagare il suo ruolo nella preeclampsia e il primo a fare un’analisi specifica basata sulla severità della malattia.
Punti di forza e qualche ombra
Ogni studio ha i suoi punti di forza e, diciamocelo, qualche piccola ombra. Tra i punti di forza di questa ricerca ci sono sicuramente il disegno prospettico, i rigorosi criteri di inclusione e l’uso di un gruppo di controllo appaiato per età gestazionale, che aiuta a ridurre potenziali fattori confondenti. L’uso di protocolli standardizzati per i test e la gestione dei campioni aggiunge robustezza ai risultati.
D’altro canto, bisogna considerare alcune limitazioni. Il campione, sebbene statisticamente adeguato, era relativamente modesto e limitato a un singolo centro. Inoltre, il disegno cross-sezionale non permette di valutare come i livelli di neuroserpina cambino nel tempo, durante la gravidanza o dopo il parto. Sarebbe fantastico vedere studi longitudinali in futuro!

Cosa ci aspetta, dunque?
Insomma, questa ricerca apre una finestra intrigante sul complesso puzzle della preeclampsia. I risultati suggeriscono che la neuroserpina potrebbe essere un candidato biomarker, un segnale nel sangue che riflette il carico della malattia e l’attività infiammatoria. Questo è un passo avanti importante, perché avere biomarker affidabili potrebbe aiutarci a diagnosticare prima la preeclampsia, a stratificare meglio il rischio per le pazienti e, chissà, un giorno a personalizzare i trattamenti.
Ovviamente, come sempre nella scienza, c’è bisogno di conferme. Serviranno studi più ampi, multicentrici e, come dicevo, longitudinali per validare questi risultati e per capire appieno l’utilità clinica della neuroserpina nella gestione della preeclampsia. Ma la strada è tracciata, e ogni nuova scoperta ci avvicina un po’ di più a comprendere e combattere questa insidiosa nemica delle future mamme.
Io, come sempre, resto sintonizzata e non vedo l’ora di raccontarvi i prossimi sviluppi!
Fonte: Springer
