Anoressia Nervosa: Una Nuova Luce dalla Neurochirurgia? Viaggio nel Cervello e nella Speranza di Guarigione
Amici lettori, oggi voglio parlarvi di un argomento tanto delicato quanto cruciale: l’anoressia nervosa (AN). Una patologia che, purtroppo, conosciamo per la sua gravità e per le difficoltà che comporta nel trovare trattamenti realmente efficaci a lungo termine. Ma la scienza non si ferma mai, e oggi vi porto nel cuore di una ricerca che apre spiragli di speranza davvero affascinanti, esplorando come interventi neurochirurgici mirati possano non solo aiutare nel recupero del peso, ma anche svelarci qualcosa in più sui misteri del nostro cervello.
L’Anoressia Nervosa: Un Nemico Silenzioso e Tenace
Prima di addentrarci nelle novità, rinfreschiamoci un attimo la memoria. L’anoressia nervosa è un disturbo psichiatrico complesso, caratterizzato da una ricerca ossessiva della magrezza e da una paura patologica di ingrassare. Esistono principalmente due sottotipi:
- L’AN restrittiva (AN-RES), dove il basso peso è mantenuto principalmente con diete ferree e digiuno.
- L’AN con abbuffate e condotte di eliminazione (AN-BP), che include episodi di abbuffate seguiti da comportamenti compensatori come vomito autoindotto o abuso di lassativi.
Purtroppo, l’AN vanta il triste primato del più alto tasso di mortalità tra tutti i disturbi psichiatrici, spesso a causa di complicazioni mediche o suicidio. E come se non bastasse, circa il 20% dei pazienti risulta refrattario alle terapie convenzionali, come psicoterapia e farmaci. Capite bene, quindi, l’urgenza di trovare alternative terapeutiche, soprattutto per i casi più gravi e resistenti.
Una Speranza dalla Neurochirurgia: Capsulotomia e DBS
Ed è qui che entra in gioco la neurochirurgia. Due approcci, la capsulotomia anteriore bilaterale (una procedura ablativa, cioè che “disattiva” una piccolissima area cerebrale) e la stimolazione cerebrale profonda (DBS) del nucleo accumbens (NAc) (che invece impianta elettrodi per modulare l’attività di quest’area), si stanno rivelando opzioni promettenti per i pazienti con AN severa e refrattaria ai trattamenti. Immaginate il nucleo accumbens come un centro nevralgico per la ricompensa e la motivazione, e la capsula anteriore come un’autostrada di fibre che connette aree frontali (legate al controllo cognitivo) con strutture più profonde. Intervenire qui può, in teoria, “resettare” circuiti disfunzionali.
Studi precedenti, inclusi quelli del team di ricerca che ha condotto l’analisi di cui vi parlo oggi, hanno già mostrato miglioramenti significativi nei sintomi, non solo un aumento di peso ma anche una riduzione delle comorbidità psichiatriche, con profili di sicurezza incoraggianti. Ma, come sempre nella scienza, c’è bisogno di conferme, di capire meglio chi risponde meglio e perché.
Lo Studio: Un’Analisi Retrospettiva per Capire di Più
Recentemente, un gruppo di ricercatori ha condotto uno studio retrospettivo, pubblicato su una prestigiosa rivista scientifica, analizzando i dati di pazienti con AN che si sono sottoposti a uno di questi due interventi neurochirurgici (capsulotomia anteriore o DBS del NAc) tra il 2019 e il 2023. L’obiettivo? Valutare l’efficacia nel recupero del peso e, cosa super affascinante, cercare di identificare caratteristiche del cervello, visibili tramite risonanza magnetica pre-operatoria, che potessero predire la risposta al trattamento. Per farlo, hanno utilizzato una tecnica sofisticata chiamata morfometria basata sui voxel (VBM), che permette di misurare il volume della materia grigia in diverse aree cerebrali e confrontarlo tra gruppi di persone o correlarlo con variabili cliniche.
Nello studio sono stati inclusi 19 pazienti (6 trattati con DBS del NAc e 13 con capsulotomia). E i risultati sul peso sono stati davvero notevoli!

In media, l’indice di massa corporea (BMI) dei pazienti è passato da un preoccupante 13.4 kg/m² prima dell’intervento a un molto più sano 20.7 kg/m² dopo l’intervento. Un aumento statisticamente super significativo! Pensate che ben 11 pazienti (quasi il 58%) hanno raggiunto un BMI considerato normale (≥18.5 kg/m²) un anno dopo l’operazione. Certo, c’è stato anche qualche caso (quattro, per la precisione, tutti sottoposti a capsulotomia) che è diventato sovrappeso, evidenziando come la procedura ablativa possa portare a un forte desiderio di cibo, forse per una perdita del controllo inibitorio sul nucleo accumbens. Un effetto che, curiosamente, la DBS sembra poter modulare meglio, essendo più “regolabile”.
Il Cervello Sotto la Lente: Cosa Ci Dice la VBM?
Ma veniamo alla parte che, personalmente, trovo più intrigante: cosa hanno scoperto i ricercatori guardando dentro il cervello di questi pazienti prima dell’intervento?
Confrontando i pazienti con AN con un gruppo di controllo di persone sane, la VBM ha rivelato che i pazienti con anoressia mostravano un volume di materia grigia significativamente inferiore in diverse aree cerebrali. Parliamo di regioni come il cervelletto, il talamo, il giro temporale, il giro frontale orbitale e il giro sensomotorio. Queste scoperte sono in linea con altri studi e confermano che l’anoressia nervosa lascia un’impronta strutturale sul cervello, anche se non è sempre chiaro se queste alterazioni siano causa o conseguenza della malattia e della malnutrizione cronica.
La vera sfida, però, era capire se qualche caratteristica cerebrale pre-operatoria potesse predire quanto peso i pazienti avrebbero recuperato. E qui, le cose si fanno un po’ più complesse. Dopo aver controllato per età, sesso, tipo di intervento e volume intracranico totale (tutti fattori che possono influenzare i risultati), nessuna area cerebrale specifica è emersa come un predittore “forte” (cioè statisticamente significativo dopo le dovute correzioni per confronti multipli) della variazione di BMI.
Tuttavia, a un livello di analisi più esplorativo (tecnicamente, peak-level uncorrected), sono emerse alcune correlazioni interessanti:
- Un volume maggiore nel caudato sinistro e nel giro frontale medio destro sembrava associato a un maggiore aumento percentuale del BMI. Il caudato è parte dello striato dorsale, implicato nelle abitudini e nella sensibilità alla ricompensa, mentre il giro frontale medio è coinvolto nel controllo cognitivo, anche sull’alimentazione.
- Al contrario, un volume maggiore nell’area motoria supplementare destra, nel giro paraippocampale destro, nel precuneo destro e nel cervelletto sinistro sembrava associato a un minore aumento percentuale del BMI.
Questi sono indizi, “sussurri” dal cervello che ci dicono che l’integrità strutturale di specifiche regioni potrebbe giocare un ruolo nel recupero. Ma, ed è un “ma” importante, questi risultati vanno presi con le pinze: necessitano di conferme in studi più ampi per capire la loro reale robustezza e rilevanza clinica.
Capsulotomia vs. DBS: Una Scelta Ponderata
Nello studio, non sono emerse differenze significative nel recupero di BMI tra i due tipi di intervento, anche se c’era una tendenza (borderline) per le chirurgie ablative a mostrare un aumento di BMI leggermente maggiore. La scelta tra capsulotomia e DBS, nella pratica clinica, non è casuale. Dipende da molti fattori: la gravità della malattia, la durata, il sottotipo di AN (sembra che i pazienti con AN-BP beneficino meno dalla DBS rispetto a quelli con AN-RES), la presenza di altre comorbidità psichiatriche e, non da ultimo, le preferenze del paziente. Alcuni potrebbero essere restii ad avere un dispositivo impiantato (come nella DBS), altri potrebbero preferire la relativa reversibilità e modulabilità della DBS rispetto all’effetto più “definitivo” della capsulotomia.
È fondamentale sottolineare che, sebbene questi interventi si siano dimostrati generalmente sicuri quando eseguiti correttamente, non sono privi di rischi. Nello studio, un paziente con DBS ha avuto un ematoma epidurale acuto (risolto con un intervento), e due pazienti dopo capsulotomia hanno riportato letargia. Altri studi hanno segnalato effetti avversi più seri come apatia o cambiamenti di personalità, il che ci ricorda sempre la cautela necessaria quando si considerano approcci così invasivi, riservandoli ai casi davvero intrattabili e pericolosi per la vita.

Limiti e Prospettive Future
Come ogni studio scientifico, anche questo ha i suoi limiti. Innanzitutto, il numero di pazienti, soprattutto quelli che hanno ricevuto la DBS, era limitato. Questo rende più difficile trarre conclusioni definitive, specialmente sulle differenze tra i due interventi o sui predittori di risposta. Inoltre, a causa della pandemia di COVID-19, molti dati sul BMI post-operatorio sono stati raccolti telefonicamente e autodichiarati, e non è stato possibile raccogliere dati psicometrici dettagliati per valutare altri aspetti del recupero oltre al peso. Sappiamo bene che il recupero dall’anoressia non è solo una questione di chili, ma coinvolge un profondo cambiamento psicologico ed emotivo.
Nonostante queste limitazioni, lo studio aggiunge un tassello importante alla nostra comprensione. Conferma che la neurochirurgia può essere un’opzione efficace per il recupero ponderale in pazienti con anoressia nervosa severa e resistente ai trattamenti. E, anche se i risultati sui predittori cerebrali sono ancora preliminari, aprono la strada a future ricerche. Immaginate se un giorno potessimo, attraverso una semplice risonanza magnetica, capire meglio quali pazienti beneficeranno di più da un certo tipo di intervento, personalizzando ancora di più la cura.
La strada è ancora lunga, c’è bisogno di studi più ampi, con follow-up più dettagliati che includano valutazioni psicologiche complete. Ma ogni passo avanti, ogni nuova scoperta, ci avvicina a offrire una speranza più concreta a chi lotta contro questo disturbo devastante. E questo, lasciatemelo dire, è incredibilmente affascinante e importante.
Fonte: Springer
