Neoantigeni Condivisi: La Svolta Nascosta nelle Isoforme Tumorali per Sconfiggere il Cancro?
Amici, parliamoci chiaro: il cancro è una brutta bestia, una sfida sanitaria globale che ci tiene tutti col fiato sospeso. Sappiamo che le cellule tumorali sono maestre nel trasformarsi e, soprattutto, nel sfuggire al nostro sistema immunitario. È un po’ come se giocassero a nascondino, ma la posta in gioco è altissima. Proprio per questo, negli ultimi anni, l’immunoterapia ha acceso una luce di speranza, con tecniche come i vaccini a neoantigeni che mirano a “svegliare” le nostre difese immunitarie per riconoscere e distruggere il nemico.
Ma cos’è un neoantigene? Immaginatelo come una sorta di “bandierina” molecolare che spunta solo sulla superficie delle cellule tumorali. Alcuni neoantigeni sono unici per ogni paziente, come un vestito su misura, e questo rende le terapie molto personalizzate, ma anche complesse e costose da produrre. La vera domanda che ci siamo posti è: e se esistessero dei neoantigeni “condivisi”, presenti in più pazienti e magari in diversi tipi di cancro? Sarebbe una svolta pazzesca, perché un singolo trattamento potrebbe aiutare tantissime persone!
La Caccia ai Neoantigeni Condivisi: Un Nuovo Indizio nelle Isoforme
Tradizionalmente, la ricerca di neoantigeni si è concentrata sulle mutazioni genetiche specifiche del tumore. Ma il cancro è un processo molto più arzigogolato e produce un sacco di altre “firme” uniche a livello molecolare. Tra queste, una delle più affascinanti è il fenomeno dello “isoform switching“.
Cosa significa? Pensate a un gene come a una ricetta base. Questa ricetta può essere leggermente modificata per produrre diverse versioni della stessa proteina, chiamate isoforme. È un po’ come avere la ricetta della torta margherita, ma poter scegliere se aggiungere gocce di cioccolato o scorza di limone per creare varianti diverse. Normalmente, le nostre cellule sane usano una certa “variante” predominante. Nel cancro, però, succede spesso che la cellula inizi a produrre in abbondanza una variante diversa, un’isoforma che nei tessuti sani è rara o assente. Questo “cambio di isoforma” è proprio l’indizio che abbiamo seguito!
Studi precedenti avevano già fiutato questa pista, notando come geni importanti nella lotta contro il cancro (come BRCA1 e PTEN) o quelli che lo promuovono (come KRAS e CD44) potessero subire questi “switch”. L’idea che ci ha guidato è stata: e se queste isoforme specifiche del cancro potessero generare neoantigeni condivisibili tra più pazienti e più tipi di tumore?
Un Lavoro da Detective Molecolare: Analizzare Montagne di Dati
Per rispondere a questa domanda, ci siamo rimboccati le maniche e abbiamo intrapreso un’indagine su larga scala. Abbiamo integrato ben cinque enormi database trascrittomici, per un totale di oltre 19.500 campioni, che coprivano 29 tipi di cancro e 54 tipi di tessuti normali. Parliamo di colossi come The Cancer Genome Atlas (TCGA), Pan-Cancer Analysis of Whole Genome (PCAWG) e Gene-Tissue Expression (GTEx), oltre ai dati di ONCOBOX. Un vero e proprio tesoro di informazioni!
Il nostro obiettivo era identificare eventi di isoform switching comuni a più tipi di cancro. E non solo: volevamo capire se queste isoforme “anomale” potessero davvero produrre peptidi (piccoli frammenti di proteine) capaci di essere riconosciuti dal sistema immunitario, ovvero i nostri famosi neoantigeni. Per farlo, abbiamo verificato la presenza di questi peptidi in altri database, questa volta di proteomica (che studiano le proteine effettivamente prodotte), e abbiamo usato simulazioni di dinamica molecolare per vedere se questi neoantigeni potessero legarsi efficacemente al complesso HLA (Human Leukocyte Antigen). L’HLA è come un “vassoio” molecolare che presenta i peptidi alle cellule immunitarie: se il legame è forte, c’è una buona probabilità che il sistema immunitario si attivi.
I criteri per definire un’isoforma come “specifica del cancro” e potenzialmente “pan-cancer” (cioè presente in molti tipi di tumore) erano piuttosto stringenti:
- Doveva essere espressa in modo consistente in almeno il 90% dei campioni per ogni tipo di cancro.
- Doveva avere un’espressione media superiore a 1 TPM (Transcripts Per Million, un’unità di misura dell’espressione genica) nei tessuti tumorali.
- Doveva avere un’espressione media inferiore a 1 TPM nei tessuti normali.
Questi paletti ci hanno aiutato a concentrarci su candidati che fossero veramente specifici del tumore, pur tenendo conto di una certa variabilità tra i pazienti.
Risultati Promettenti: Isoforme “Speciali” e Neoantigeni Potenziali
Analizzando i dati di TCGA e GTEx, abbiamo trovato un bel po’ di isoforme specifiche per singolo tipo di cancro. Ad esempio, il linfoma diffuso a grandi cellule B ne aveva 110, mentre il carcinoma polmonare a cellule squamose 94. Considerando tutti i 10 tipi di cancro di TCGA, abbiamo identificato 42 isoforme pan-cancer specifiche. È interessante notare che una buona parte di queste derivava da pseudogeni o RNA transfer mitocondriali, oltre che da geni codificanti per proteine.
Quando abbiamo incrociato i vari database, il numero di isoforme pan-cancer “universali” si è ridotto, il che non sorprende vista la complessità e le differenze tecniche tra i set di dati. Ad esempio, confrontando PCAWG con una combinazione di GTEx e ONCOBOX-ANTE (un database di tessuti normali), abbiamo trovato solo quattro isoforme pan-cancer. Questo ci ha anche fatto riflettere su quanto sia importante la scelta del dataset di riferimento per i tessuti normali e come le differenze sistematiche tra i database possano influenzare i risultati.
Ci siamo poi concentrati su due tipi di cancro molto diffusi, quello al seno e quello ai polmoni, perché presenti in tutti e tre i nostri database tumorali principali. Usando GTEx come riferimento per i tessuti normali, abbiamo identificato due isoforme specifiche comuni a entrambi i tumori in tutti i dataset: IGKJ4 e IGKJ1, entrambe componenti delle immunoglobuline, proteine chiave del sistema immunitario. Questo è un dato intrigante: la loro presenza potrebbe essere dovuta a cellule immunitarie infiltrate nel tumore, ma studi recenti suggeriscono che anche le cellule tumorali stesse potrebbero esprimere proteine simili alle immunoglobuline, forse per favorire la loro crescita o eludere le difese.
Quando abbiamo usato un altro database di tessuti normali (ONCOBOX-ANTE), i risultati sono cambiati, evidenziando isoforme di geni coinvolti in processi fondamentali come la produzione di proteine ribosomiali (RPS6, RPL7A) o il sistema del proteasoma (PSMA2, PSMB5), entrambi spesso disregolati nel cancro.
Zoom su Geni Chiave: LRRTM4, HNRNPC e SELENBP1
Tra le isoforme pan-cancer più interessanti emerse dal confronto tra PCAWG e i database di tessuti normali, c’è quella del gene LRRTM4. Studi precedenti avevano identificato un RNA non codificante lungo (lncRNA) vicino a LRRTM4 che promuoveva la crescita e la metastasi nel cancro del colon-retto. Sorprendentemente, l’isoforma pan-cancer di LRRTM4 che abbiamo trovato (LRRTM4-206) si sovrapponeva a questo lncRNA e mostrava una somiglianza notevole, suggerendo un ruolo regolatorio simile.
Altri due geni che hanno catturato la nostra attenzione, emersi dal confronto tra TCGA, ONCOBOX Cancer e GTEx, sono HNRNPC e SELENBP1.
HNRNPC è coinvolto nel metabolismo dell’RNA e la sua espressione elevata è spesso legata a una prognosi infausta in vari tumori. Noi abbiamo identificato un’isoforma specifica del cancro (HNRNPC-224) che presentava delle differenze strutturali rispetto a quella principale dei tessuti normali, con la perdita di un esone (un pezzo del gene) e l’acquisizione di un altro.
Per SELENBP1, invece, la situazione è opposta: la sua sovraespressione è generalmente associata a una soppressione della crescita tumorale. Le isoforme che abbiamo trovato espresse esclusivamente nei tumori (come SELENBP1-212, dato che SELENBP1-201 mancava nei dati pre-processati di GTEx) erano diverse da quelle prevalenti nei tessuti sani, che sembravano essere introni trattenuti (parti del gene che normalmente vengono eliminate).
Dalle Isoforme ai Neoantigeni: La Prova del Nove
Identificare le isoforme è stato solo il primo passo. La vera domanda era: queste isoforme producono neoantigeni capaci di scatenare una risposta immunitaria? Abbiamo selezionato nove trascritti rappresentativi (tra cui quelli di HNRNPC e SELENBP1, ma anche FLI1, IL3RA, MKL1, CYREN, VEGFA, TBCA, RYK) basandoci sulla loro ricorrenza e rilevanza funzionale.
Da questi, abbiamo identificato ben 268 peptidi unici di 9 amminoacidi (9-meri) che non si trovano nel proteoma umano di riferimento e che, secondo le previsioni del software NetMHCPan, potrebbero legarsi fortemente a qualche allele HLA. Altri 383 sono risultati “leganti deboli”. È importante sottolineare che ci siamo concentrati sui 9-meri perché sono i più comuni per l’HLA di classe I, ma includere peptidi di lunghezza diversa amplierebbe ulteriormente il repertorio.
Poi, grazie a uno strumento chiamato PepQuery, siamo andati a caccia di questi peptidi nei dati proteomici di 20 tipi di cancro e 2 tipi di tessuti normali. E qui la bella notizia: i precursori triptici (i “genitori” dei nostri peptidi candidati, ottenuti dopo una digestione enzimatica standard in laboratorio) di 155 dei nostri 9-meri candidati sono stati trovati in diversi proteomi tumorali, ma non nei tessuti normali! Alcuni di questi erano presenti addirittura in 10-14 dei 20 dataset tumorali analizzati. Questo è un indizio fortissimo che le isoforme specifiche del cancro vengono effettivamente tradotte in proteine e potrebbero quindi essere “viste” dal sistema immunitario.
Simulazioni al Computer: Vedere per Credere
Per avere una conferma ancora più solida, abbiamo preso cinque di questi neoantigeni putativi che sembravano legarsi forte all’allele HLA-A*02:01 (uno degli HLA più comuni) e abbiamo simulato la loro interazione al computer usando la dinamica molecolare. È come creare un modello 3D super dettagliato della coppia neoantigene-HLA e osservare come si comportano nel tempo, quali legami formano, quanto è stabile il complesso.
I risultati sono stati entusiasmanti! Per tre di questi neoantigeni (NLIPLFLYL da HNRNPC, MLTPSLPSI e SLFWALTSL da SELENBP1), abbiamo osservato energie di legame più basse (che significa un legame più forte) e una maggiore frequenza di legami idrogeno con la proteina HLA rispetto a peptidi “normali” con sequenza simile usati come controllo. Ad esempio, NLIPLFLYL formava molti più contatti con l’HLA rispetto al suo “cugino” normale WAIPLFLFL, risultando in un complesso molto più stabile. Queste simulazioni ci danno una fiducia maggiore nelle previsioni e ci aiutano a capire quali residui amminoacidici del neoantigene sono cruciali per il legame.
Cosa Significa Tutto Questo e Quali Sono i Prossimi Passi?
Il nostro studio, seppur condotto in silico (cioè al computer), fornisce prove robuste che le isoforme trascrizionali pan-cancer possono davvero generare neoantigeni “azionabili”, cioè utilizzabili per terapie. Il fatto che alcuni di questi trascritti derivino da geni con ruoli noti nel cancro (come LRRTM4, HNRNPC, SELENBP1) suggerisce che potrebbero essere bersagli stabili, meno propensi a scomparire sotto la pressione immunitaria.
Certo, ci sono delle considerazioni da fare. La dimensione e le caratteristiche dei dataset influenzano i risultati. Ad esempio, usare un database di tessuti normali più piccolo potrebbe portare a identificare più isoforme “specifiche”, ma alcune potrebbero essere falsi positivi. Per questo è cruciale standardizzare le analisi bioinformatiche e integrare informazioni biologiche, come la rilevanza funzionale delle isoforme.
L’arricchimento di trascritti di geni delle immunoglobuline (IGK, IGH) nei campioni di TCGA e PCAWG potrebbe, come accennato, essere dovuto alla presenza di linfociti B infiltranti. Tuttavia, non possiamo escludere che le cellule tumorali stesse esprimano queste proteine “simil-immunoglobuliniche”, che sembrano avere un ruolo nella progressione tumorale.
Nonostante queste cautele, i risultati sono incoraggianti. Aver confermato a livello proteico la presenza specifica nei tumori di precursori di neoantigeni (circa il 24% dei nostri candidati 9-meri!) e aver visto che alcuni sono rilevabili in oltre la metà dei proteomi tumorali analizzati, è un grande passo avanti. Se pensiamo che questi trascritti candidati dovrebbero essere presenti nel 90% dei tumori e che i neoantigeni derivati sono stati trovati nel 50-70% dei dati proteomici tumorali, si capisce che una fetta significativa di pazienti potrebbe beneficiare di approcci basati su questi bersagli.
La strada è ancora lunga, ovviamente. I prossimi passi fondamentali saranno la conferma sperimentale in laboratorio del legame HLA e, soprattutto, dell’immunogenicità di questi neoantigeni candidati: cioè, dobbiamo verificare se sono davvero in grado di scatenare una risposta immunitaria efficace contro il tumore. Ma la nostra ricerca ha aperto una finestra importante, suggerendo che lo “switch” delle isoforme nel cancro è una miniera di potenziali bersagli per immunoterapie più ampie e, speriamo, più efficaci per molti pazienti. È una prospettiva che ci dà grande motivazione per continuare a scavare!
Fonte: Springer