Fotografia medica, obiettivo macro 85mm, dettaglio di un rene umano modello con un tumore renale complesso (>7cm) evidenziato, posizionato come se fosse visto da un approccio retroperitoneale. Illuminazione controllata da studio, alta definizione dei dettagli anatomici, focus preciso sulla lesione e sullo spazio chirurgico circostante simulato.

Nefrectomia Parziale Retroperitoneale: Sfida Vinta Anche con Tumori Renali Grandi?

Ciao a tutti! Oggi voglio parlarvi di un argomento che mi sta molto a cuore e che rappresenta una frontiera affascinante nel mio campo: la chirurgia conservativa del rene, in particolare quando ci troviamo di fronte a tumori di dimensioni importanti. Sapete, per anni la nefrectomia parziale (PN), cioè l’asportazione del solo tumore preservando il rene, è stata la strategia d’elezione per i tumori renali classificati come cT1 (quelli fino a 7 cm). Studi su studi hanno confermato che è sicura ed efficace, spesso meglio della rimozione totale del rene (nefrectomia radicale, RN) per queste dimensioni.

Ma cosa succede quando il tumore supera i 7 cm, entrando nella categoria cT2? Qui le cose si sono sempre fatte più… dibattute. La complessità chirurgica aumenta, e con essa i timori per possibili complicanze e per l’efficacia oncologica a lungo termine. È davvero possibile “salvare” il rene anche in questi casi, magari usando un approccio mininvasivo come quello retroperitoneale?

La nostra esperienza: uno sguardo da vicino

Proprio per cercare di fare chiarezza, nel nostro centro abbiamo deciso di analizzare la nostra esperienza con la nefrectomia parziale eseguita per via retroperitoneale, sia con tecnica laparoscopica tradizionale (LPN) che robotica (RAPN). Perché l’approccio retroperitoneale? Perché permette di accedere al rene “da dietro”, senza entrare nella cavità addominale dove ci sono l’intestino e altri organi, potenzialmente riducendo alcune complicanze.

Abbiamo raccolto i dati di 201 pazienti operati tra gennaio 2017 e aprile 2021. Li abbiamo divisi in due gruppi:

  • Gruppo A: 173 pazienti (86.1%) con tumori ≤ 7 cm (cT1).
  • Gruppo B: 28 pazienti (13.9%) con tumori > 7 cm (cT2).

L’obiettivo era confrontare questi due gruppi sotto tutti gli aspetti cruciali: dalle caratteristiche dei pazienti e dei tumori, agli esiti dell’intervento (tempo operatorio, perdite di sangue, degenza, complicanze, margini chirurgici), alla funzionalità renale nel tempo, fino al rischio di recidiva del tumore.

Tumori più grandi, sfide maggiori?

Come c’era da aspettarsi, i tumori nel Gruppo B erano decisamente più grandi (in media 9.9 cm contro 3.67 cm) e, cosa importante, presentavano una complessità anatomica significativamente maggiore, valutata con un punteggio specifico chiamato RENAL score (9.21 vs 7.64). Questo punteggio tiene conto di vari fattori come la dimensione (Radius), la posizione rispetto alla superficie del rene (Exophytic/Endophytic), la vicinanza ai vasi sanguigni e al sistema di raccolta dell’urina. Insomma, operare i tumori del Gruppo B era sulla carta più complesso.

7cm) con elevato punteggio RENAL score, evidenziando la sua vicinanza ai vasi principali e al sistema collettore. Illuminazione da studio controllata, alta definizione dei dettagli, focus preciso sulla complessità della lesione.” />

E durante l’intervento? L’unica differenza significativa che abbiamo trovato è stata nel tempo di ischemia calda (WIT), cioè il tempo in cui l’arteria renale viene temporaneamente chiusa per limitare il sanguinamento durante l’asportazione del tumore. Nel Gruppo B, questo tempo è stato leggermente più lungo (22.6 minuti contro 18.9 minuti nel Gruppo A), ma comunque entro limiti considerati sicuri per la funzione renale. Sorprendentemente, non abbiamo riscontrato differenze significative nelle perdite di sangue stimate o nel tasso di complicanze post-operatorie maggiori (quelle classificate come Clavien-Dindo > 3). Questo è un dato davvero incoraggiante!

E la funzione renale a lungo termine?

Questo è uno dei punti cruciali quando si sceglie la nefrectomia parziale. L’obiettivo è togliere il tumore, ma preservare al massimo la capacità del rene di filtrare il sangue. Abbiamo misurato la velocità di filtrazione glomerulare stimata (eGFR), un indice chiave della funzione renale, prima dell’intervento e poi a 1 giorno, 3 mesi, 6 mesi e 1 anno dopo.

Cosa abbiamo visto? Nel Gruppo B (tumori > 7 cm), c’è stato un calo più marcato della funzione renale subito dopo l’intervento (al giorno 1), e questa differenza rispetto al Gruppo A era statisticamente significativa. Tuttavia, guardando i controlli successivi a 3, 6 e 12 mesi, non abbiamo più trovato differenze significative tra i due gruppi. Certo, analizzando solo il Gruppo B nel tempo, abbiamo notato che a 3 mesi e a 1 anno il calo della funzione renale rispetto al valore pre-operatorio era significativo, suggerendo che un monitoraggio attento è importante in questi pazienti. Ma nel complesso, anche per i tumori più grandi, la nefrectomia parziale retroperitoneale ha permesso di ottenere risultati funzionali che possiamo definire assolutamente accettabili.

Controllo oncologico e il “Trifecta”

Parliamo di cancro. L’obiettivo primario è curare la malattia. Come sono andate le cose da questo punto di vista? I tassi di recidiva locale (cioè la ricomparsa del tumore nella zona operata) sono stati molto bassi e praticamente identici nei due gruppi (3.47% nel Gruppo A vs 3.57% nel Gruppo B) durante il periodo di follow-up (in media quasi 42 mesi). Ancora più importante, non abbiamo osservato metastasi a distanza in nessun paziente. Questo ci dice che l’approccio retroperitoneale è oncologicamente sicuro anche per tumori di dimensioni maggiori.

Fotografia still life, obiettivo macro 60mm, di tre simboli dorati (un segno di spunta per 'margini negativi', un rene stilizzato per 'funzione preservata', uno scudo per 'assenza di complicanze') disposti a triangolo su uno sfondo medico pulito, a rappresentare il concetto di 'Trifecta' nella chirurgia renale. Alta definizione, illuminazione controllata.

Esiste un concetto in chirurgia renale chiamato “Trifecta”, che indica il raggiungimento di tre obiettivi fondamentali simultaneamente:

  1. Margini chirurgici negativi (tutto il tumore è stato rimosso).
  2. Assenza di complicanze maggiori (CDS ≥ 3).
  3. Declino della funzione renale post-operatoria inferiore al 30%.

Abbiamo usato una definizione aggiornata di Trifecta, adatta anche alle tecniche “off-clamp” (senza chiusura dell’arteria) che abbiamo usato in alcuni casi. Ebbene, i tassi di successo nel raggiungere il Trifecta sono stati ottimi in entrambi i gruppi: 90.2% nel Gruppo A e 78.6% nel Gruppo B. Anche se leggermente inferiore per i tumori più grandi, la differenza non era statisticamente significativa, confermando l’ottima performance complessiva della procedura.

Il vantaggio del “passaggio posteriore”

Un aspetto che voglio sottolineare della nostra esperienza con l’approccio retroperitoneale è l’assenza totale di complicanze gastrointestinali. Quando si opera per via transperitoneale (entrando nell’addome), c’è sempre un rischio, seppur basso, di lesioni intestinali o di ileo paralitico prolungato (un blocco temporaneo dell’intestino). Evitare la cavità addominale sembra offrire un vantaggio in questo senso.

Cosa ci portiamo a casa?

Certo, il nostro è uno studio retrospettivo, condotto in un singolo centro e con un numero di pazienti nel gruppo dei tumori grandi (cT2) non enorme. Serviranno studi più ampi e con follow-up più lunghi per confermare questi risultati su larga scala. Tuttavia, la nostra esperienza suggerisce fortemente che la nefrectomia parziale per via retroperitoneale (laparoscopica o robotica) è un’opzione fattibile, sicura ed efficace anche per tumori renali selezionati di dimensioni superiori ai 7 cm o con complessità medio-alta.

Nonostante la maggiore complessità intrinseca e un tempo di ischemia calda leggermente più lungo, siamo riusciti ad ottenere risultati funzionali, oncologici e perioperatori assolutamente accettabili, con tassi di complicanze contenuti e senza problemi a carico dell’intestino. Questo apre la porta a preservare il rene in un numero maggiore di pazienti, un vantaggio non da poco considerando l’importanza della funzione renale per la salute generale a lungo termine. È una bella notizia, non trovate?

Fotografia ritratto, obiettivo 35mm, un chirurgo urologo sorridente e fiducioso in camice verde guarda verso la camera, in una sala operatoria moderna e luminosa ma fuori fuoco sullo sfondo. Luce morbida, stile film noir leggero con toni blu e grigi duotone, profondità di campo.

Fonte: Springer

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