Nasse Fantasma nel Mare di Barents: La Pesca Segreta che Costa Cara
Ciao a tutti! Oggi voglio parlarvi di qualcosa che mi affascina e preoccupa allo stesso tempo: la pesca del granchio delle nevi (Chionoecetes opilio) nel freddo e remoto Mare di Barents. Sembra una storia di successo, no? Una specie considerata invasiva, osservata per la prima volta nel 1996, che oggi alimenta una fiorente attività commerciale norvegese iniziata nel 2012. Pensate che nel 2024 le catture hanno superato le 10.000 tonnellate! Ma c’è un lato oscuro, un problema sommerso di cui si parla poco: le nasse perdute.
Il Problema Nascosto: Le Nasse Fantasma
Immaginate queste grandi nasse coniche, cariche di esche, calate sui fondali fangosi e sabbiosi fino a 450 metri di profondità. Sono lo strumento principale per catturare questi pregiati crostacei. Il problema è che il Mare di Barents non è esattamente una piscina tranquilla. Parliamo di condizioni meteo spesso proibitive, ghiaccio alla deriva, operazioni complesse in aree remote. Il risultato? Molte di queste nasse vengono perse. Non si sa esattamente quante, ma i racconti dei pescatori di gamberetti, che le trovano impigliate nelle loro reti, e i recuperi effettuati dalle autorità norvegesi suggeriscono che il numero sia sostanziale.
E qui arriva il vero guaio: una nassa persa non smette di funzionare. Continua a catturare granchi, intrappolandoli senza possibilità di fuga. Questo fenomeno si chiama “pesca fantasma” (ghost fishing). È una trappola mortale che non solo inquina i fondali marini con attrezzi abbandonati, ma continua a decimare la popolazione di granchi senza alcun beneficio economico, anzi, causando un danno. Studi sperimentali e ritrovamenti durante le operazioni di recupero hanno confermato che queste nasse fantasma sono terribilmente efficaci: in alcuni casi, il 43% delle nasse recuperate conteneva granchi intrappolati.
Quanto Costa Questa Pesca Invisibile?
Per darvi un’idea della scala del problema, pensate che ogni peschereccio può avere a bordo fino a 8.000 nasse (fino al 2024 erano 9.000!). Anche un tasso di perdita apparentemente piccolo, diciamo tra lo 0.5% e il 3% delle nasse calate in una stagione, può fare una differenza enorme. Ho analizzato i dati disponibili, combinando informazioni sulla pesca, studi scientifici e stime sui tassi di perdita, per capire l’impatto reale.
I risultati sono piuttosto impressionanti:
- Con uno scenario di perdita dello 0.5%, si stima che in 3 anni vengano catturati “a fantasma” circa 11.5 tonnellate di granchi.
- Se la perdita sale al 3%, la cifra balza a quasi 70 tonnellate nello stesso periodo!
Tradotto in termini economici, considerando il prezzo di mercato del granchio delle nevi (circa 180 corone norvegesi al kg per le chele congelate nel 2024), questa perdita rappresenta un valore che varia da circa 9.000 a quasi 55.000 euro (106.751 – 641.342 NOK) solo per le nasse perse in una singola stagione e attive per tre anni. E questo calcolo non tiene conto di tutti gli altri costi ambientali e delle perdite accumulate negli anni precedenti! È chiaro che anche piccole variazioni nel tasso di perdita hanno conseguenze economiche e ambientali significative.

Un Contesto Complesso: La Pesca del Granchio delle Nevi
Questa pesca è relativamente giovane ma è cresciuta a ritmi vertiginosi. Le condizioni nel Mare di Barents sembrano ideali per il granchio delle nevi, tanto che si prevede un’ulteriore espansione verso nord e ovest. Per garantire la sostenibilità, sono state introdotte diverse misure:
- Una stagione di chiusura (dal 1 luglio al 30 novembre) per proteggere i granchi durante la muta.
- Quote totali ammissibili di cattura (TAC) basate su monitoraggi annuali.
- Una taglia minima di sbarco (95 mm di larghezza del carapace), che di fatto protegge le femmine (più piccole) e i maschi giovani. Le maglie delle nasse (130-140 mm) dovrebbero permettere la fuga degli individui sotto taglia.
- Limiti al numero di nasse per imbarcazione.
- Dal 2025, l’introduzione di quote individuali per le imbarcazioni attive, per limitare la “corsa alla pesca” (modello olimpico) che può incentivare pratiche rischiose e aumentare la perdita di attrezzi.
Nonostante queste regole, la sfida delle nasse perdute rimane centrale. La pesca avviene lontano dalla costa, spesso in condizioni estreme, rendendo il recupero degli attrezzi persi un’operazione costosa, difficile e che copre solo una frazione del materiale abbandonato sul fondale.
Cercare Soluzioni: Dalla Prevenzione alla Biodegradabilità
Cosa si può fare, allora? La buona notizia è che qualcosa si sta muovendo. Dal 2024, in Norvegia è diventato obbligatorio l’uso di uno spago biodegradabile in cotone nelle nasse. L’idea è semplice ma geniale: questo spago, meno resistente della rete in polietilene, si degrada nel tempo (si stima circa 1.5 anni, a seconda delle condizioni) creando un’apertura sufficientemente grande (almeno 20 cm) da permettere ai granchi intrappolati di fuggire. È una soluzione già adottata con successo in Canada.
Certo, non è la panacea. Innanzitutto, non risolve il problema delle migliaia di nasse “vecchio stile” già perse e che giacciono sui fondali, potenzialmente attive per anni. Inoltre, anche le nuove nasse con lo spago biodegradabile possono continuare la pesca fantasma per oltre un anno prima di diventare inoffensive.

Per questo, secondo me, bisogna lavorare su più fronti:
- Prevenzione prima di tutto: Migliorare le pratiche operative, forse rivedere il modello di gestione della pesca per ridurre la pressione che porta a correre rischi.
- Migliorare la tracciabilità e il recupero: Potenziare la marcatura degli attrezzi (boe visibili, riflettori radar) e sviluppare tecnologie come i tag a radiofrequenza (RFID) per localizzare più facilmente le nasse perse.
- Innovare nei materiali: Oltre allo spago, si potrebbero usare pannelli di fuga interamente biodegradabili o sostituire sezioni della rete in polietilene con materiali che si degradano più velocemente in mare.
Oltre la Perdita Economica: Impatti Ecologici e Futuro Sostenibile
La pesca fantasma non è solo una perdita economica diretta. Ha anche un impatto ecologico subdolo. Le nasse catturano prevalentemente i granchi maschi di grandi dimensioni, quelli sopra la taglia minima. La perdita continua di questi individui maturi potrebbe, a lungo termine, ridurre la capacità riproduttiva della popolazione, anche se al momento lo stock nel Mare di Barents è considerato in buona salute.
Questo studio, basato sulle migliori informazioni scientifiche disponibili oggi, vuole essere un campanello d’allarme. Ci mostra come anche piccole percentuali di perdita di attrezzi possano sommarsi fino a creare un problema significativo. Sottolinea l’importanza delle misure tecniche come lo spago biodegradabile, ma ci ricorda che la soluzione più efficace è sempre la prevenzione. Dobbiamo continuare a studiare il fenomeno, affinare le stime e, soprattutto, implementare tutte le strategie possibili per ridurre la quantità di “attrezzi fantasma” che lasciamo nei nostri mari. La sostenibilità di questa preziosa risorsa dipende anche da questo.
Fonte: Springer
