Narcisismo Geografico in Medicina: Quando la Città Pensa di Essere l’Unico Sole (e la Periferia Ne Paga il Prezzo)
Ammettiamolo, quante volte abbiamo pensato, magari senza neanche rendercene conto, che “il meglio” si trovi sempre e solo nelle grandi città? Che sia per un ristorante stellato, un’opportunità di lavoro o, ahimè, per le cure mediche. Ecco, proprio di quest’ultimo aspetto voglio parlarvi oggi, perché mi sono imbattuto in un concetto tanto affascinante quanto preoccupante: il narcisismo geografico in ambito medico. Un termine un po’ altisonante, lo so, ma che descrive una realtà insidiosa che serpeggia tra i corridoi delle università di medicina e negli ospedali, con conseguenze dirette sulla nostra salute, soprattutto se viviamo lontano dai grandi centri.
Recentemente, uno studio australiano ha messo nero su bianco quello che molti sospettavano: questo “narcisismo geografico” non è solo una sensazione, ma un’esperienza tangibile per studenti di medicina e giovani medici. Si tratta, in parole povere, della convinzione, spesso inconscia, che la migliore assistenza sanitaria, la conoscenza più avanzata e le carriere più brillanti si trovino esclusivamente nelle metropoli. E tutto ciò che è “rurale” o “periferico”? Beh, viene implicitamente (e a volte neanche tanto implicitamente) svalutato.
Ma cos’è esattamente questo “Narcisismo Geografico”?
Immaginatevi il narcisismo classico, quello della persona tutta concentrata su di sé. Ora, applicatelo a un luogo: la grande città che si specchia, convinta della propria superiorità, e guarda con un misto di sufficienza e paternalismo le aree circostanti. Questo fenomeno, come sottolinea lo studio, non riguarda solo la sanità, ma permea la cultura, l’economia e la società in generale. Le città sono storicamente viste come centri di potere, innovazione e decisione. Il narcisismo geografico è un po’ come altri pregiudizi – sessismo, razzismo – ma basato sulla geografia. Più ci si allontana dal centro metropolitano, più diminuiscono lo status percepito, le opportunità e la qualità della vita, almeno nell’immaginario collettivo plasmato da questa distorsione.
Chi vive da sempre in una metropoli, spesso non si rende nemmeno conto di questo “privilegio metropolitano”, un po’ come un pesce non si accorge dell’acqua. Prima che venisse coniato questo termine nel 2018, si parlava più genericamente di “divario città-campagna”. Ma “narcisismo geografico” rende molto meglio l’idea di questa svalutazione attiva, di questo stereotipo negativo che colpisce chi vive e lavora in contesti non metropolitani.
Il Narcisismo Geografico nel Curriculum Nascosto
Una delle scoperte più interessanti dello studio è che il narcisismo geografico fa parte del cosiddetto “curriculum nascosto” della formazione medica. Non è qualcosa che trovi scritto sui libri di testo, ma si impara implicitamente, attraverso esempi, commenti casuali, e la cultura stessa delle istituzioni educative e sanitarie. Gli studenti e i giovani medici intervistati hanno raccontato di una percezione diffusa, quasi un sottotesto costante, che la medicina rurale sia inferiore. Spesso, non per una volontà cosciente dei docenti o dei clinici, ma come un bias radicato.
“Non so se sono stato direttamente vittima di narcisismo geografico… Ma penso… sia solo quella cultura… di condiscendenza… Come tutte le forme di discriminazione, è spesso più subconscia di quanto vorremmo e si manifesta più con commenti estemporanei che diretti,” ha raccontato un giovane medico. Un altro studente ha aggiunto: “Quando gran parte dei corsi è tenuta da persone che non praticano in aree rurali, quelle sfumature di… elitismo (metropolitano) più generalizzato, è così che lo interpreto.”
A volte, la medicina rurale non viene nemmeno denigrata apertamente, ma semplicemente ignorata, liquidata come irrilevante. Un messaggio potente, soprattutto se arriva da formatori che di pratica medica rurale sanno poco o nulla. Si insinua anche l’idea che i posti di lavoro in aree rurali siano meno competitivi, implicando che richiedano competenze inferiori. Per i medici laureati all’estero, poi, lavorare in provincia è visto da alcuni come un mero “trampolino di lancio” per la città, dando per scontato che nessuno sceglierebbe di restarci a lungo.
Quando la Formazione Ufficiale Sminuisce la Periferia
Il narcisismo geografico, però, non è sempre così subdolo. A volte emerge chiaramente durante le lezioni formali o nell’ambiente clinico, soprattutto in contesti metropolitani. Quando i casi di studio ambientati in contesti rurali vengono presentati, lo studio ha rilevato che spesso ciò avviene con una “lente deficitaria”, sottolineando le mancanze, i limiti, ciò che “non si può fare” in periferia, invece di valorizzare ciò che si offre o i benefici specifici.
“Penso che nei casi di Apprendimento Basato sui Casi (CBL), ambientati in aree rurali, gli spunti di discussione fossero su quali servizi non puoi fare in campagna e non erano davvero abbinati a nessuna lente positiva o versione su cosa si può offrire in campagna, o quali sono i benefici…,” ha osservato uno studente. Un altro ha rincarato la dose: “La lente era sempre: quali sono i limiti dell’essere rurale? Cosa non hanno? Non hanno una TAC, quindi cosa farai?”
Anche la scelta degli “esperti” per tenere lezioni è emblematica: quasi sempre sub-specialisti di ospedali metropolitani, che presentano i casi attraverso il prisma di un sistema sanitario ben fornito e “città-centrico”, implicitamente definendo quello come l’unico standard di alta qualità. Si riconosce la loro vasta conoscenza, certo, ma il fatto che comprendano solo la prospettiva metropolitana è, di per sé, una forma di narcisismo geografico.
Capita poi che i medici metropolitani critichino apertamente la formazione rurale o la medicina praticata in provincia, magari definendola “un po’ arretrata”. Queste critiche emergono spesso quando pazienti vengono trasferiti da ospedali rurali a centri metropolitani per condizioni complesse, senza che il medico di città comprenda appieno il contesto rurale, le risorse disponibili e l’ambito di pratica del collega.
Consigli di Carriera: La Via Maestra è Sempre Metropolitana?
Quando arriva il momento di pianificare la propria carriera, studenti e giovani medici cercano consiglio da chi li ha preceduti. E qui, il narcisismo geografico gioca un ruolo cruciale. Chi aspira a una specializzazione non-GP (cioè non medicina generale o di famiglia) si sente spesso dire che è fondamentale passare gli anni di formazione pre-specialistica in un ospedale metropolitano. I motivi? Presunta formazione di qualità superiore e maggiori chance di entrare nel percorso di specializzazione desiderato.
“Un paio di consulenti, chiedendomi delle mie future scelte di carriera… hanno fatto commenti superficiali… non andrai lontano nella tua carriera se ti formi in un posto che non sia l’ospedale (terziario metropolitano),” ha confidato uno studente. Chi invece mostra interesse per una carriera rurale, si scontra con domande critiche e con l’assunto diffuso che i medici in provincia ci siano finiti per ripiego, non per scelta. Un vero e proprio stigma.
Si diffonde così la percezione che fare un internato o i primi anni post-laurea in un ospedale rurale possa essere dannoso per la progressione di carriera. “Ho l’impressione che se vuoi fare chirurgia, non puoi fare un internato in (grande città rurale),… Non so perché ho questa convinzione. Ma sembra che mi sia stata trasmessa da qualche parte, da diverse conversazioni che ho avuto con le persone,” ha ammesso uno studente. Anche quando si incoraggia un periodo in ambito rurale, è spesso con la clausola che sia temporaneo: “vai, impara, e poi torna in città”. L’idea che la pratica rurale sia solo un trampolino di lancio è un chiaro esempio di come il narcisismo geografico faciliti uno sfruttamento delle aree rurali, viste come terreno di apprendimento temporaneo per poi abbandonarle.
Un Sistema Sanitario “Città-Centrico”
Il narcisismo geografico, secondo i partecipanti allo studio, si manifesta anche nella struttura stessa del sistema sanitario, nella distribuzione dei servizi e nell’allocazione delle risorse. Il modello è prevalentemente “metrocentrico”: i servizi specializzati si concentrano nelle grandi città, senza considerare una distribuzione geografica basata sull’incidenza reale delle patologie per determinare dove gli investimenti sanitari sarebbero più urgenti.
“Ci siamo spostati troppo verso il far volare tutti dentro e fuori dalle città e fornire assistenza sanitaria lì, piuttosto che rimanere sul posto e consentire ai generalisti di fornire assistenza sanitaria di alta qualità in sicurezza,” ha lamentato un giovane medico. Un altro esempio lampante: “Nonostante (grande città rurale) sia la capitale dei giovani colpiti da ictus, non abbiamo servizi di recupero trombi… Serve solo a sottolineare il fatto che non è giusto o egualitario, è la realtà che abbiamo.”
Anche i sussidi per i viaggi dei pazienti, costretti a spostarsi in città per accedere a servizi specialistici, sono stati definiti inadeguati e irrispettosi. Generalmente non coprono i costi totali e ignorano i costi indiretti come la perdita di giornate di lavoro, la necessità di un accompagnatore, ecc. E poi c’è la percezione, condivisa a volte dagli stessi pazienti, che l’assistenza in città sia intrinsecamente migliore, “perché è la città”. Questo si lega all’investimento in risorse per casi complessi, ma non sempre riflette la qualità dell’assistenza per le problematiche più comuni.
Le Conseguenze: Un Circolo Vizioso di Disuguaglianza
Questo studio è il primo a identificare in modo così specifico le esperienze di narcisismo geografico durante la formazione medica, confermando che si tratta di una sfida critica. Contribuisce a un bias sistemico che favorisce le esperienze cliniche metropolitane, le risorse e gli investimenti nelle città, alimentando probabilmente le continue carenze di personale medico nelle aree rurali a livello globale.
L’esposizione ricorrente al narcisismo geografico rischia di perpetuare questo bias nelle future generazioni di medici. Anche se pochi partecipanti allo studio hanno ammesso un impatto diretto sulle loro scelte di carriera (come rinunciare a lavorare in aree rurali), la gamma di esperienze identificate conferma un’esposizione regolare. È probabile che questo fenomeno contribuisca al cambiamento delle preferenze di carriera a sfavore delle aree rurali, minando le politiche, pur ben intenzionate e basate sull’evidenza, volte ad aumentare il numero di medici in provincia.
La narrazione che la formazione e i medici “migliori” emergano solo dalle metropoli trascura i contributi vitali e le competenze uniche coltivate nella pratica rurale. I medici rurali, ad esempio, sono molto più propensi a comprendere l’intersezionalità delle problematiche dei loro pazienti e ad adattare la gestione alle circostanze individuali, fornendo una vera assistenza olistica.
L’allocazione delle risorse sanitarie, che privilegia la “centralizzazione” nelle aree metropolitane anche al netto della dimensione della popolazione, aggrava le disuguaglianze. Sebbene lo studio sia stato condotto in Australia, è molto probabile che il narcisismo geografico sia presente in molti programmi di formazione medica in tutto il mondo, contribuendo alle carenze di personale medico rurale a livello internazionale.
Cosa Possiamo Imparare (e Fare)?
L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) riconosce l’importanza della formazione medica nelle aree rurali e raccomanda investimenti in infrastrutture rurali, risorse sanitarie specifiche per tali contesti, e opportunità di sviluppo professionale e carriera basate in queste aree. Queste raccomandazioni, pur non sviluppate specificamente per contrastare il narcisismo geografico, potrebbero minimizzarne l’influenza negativa.
Lo studio ha il merito di aver utilizzato una metodologia robusta e di aver raccolto testimonianze da partecipanti con esperienze sia rurali che metropolitane, garantendo una diversità di prospettive. Certo, il termine “narcisismo geografico” non è ancora molto conosciuto, e questo potrebbe aver limitato la riflessione dei partecipanti durante le interviste, ma potrebbe anche essere un punto di forza, avendo evitato risposte “preconfezionate”.
La conclusione è chiara: il narcisismo geografico è una realtà vissuta durante tutto il percorso formativo medico, spesso come parte del curriculum nascosto. Dicerie, supposizioni e idee sbagliate sembrano alimentarlo più dell’esperienza diretta. Se educatori medici, dottori, leader sanitari e responsabili politici ignorano o scelgono di non affrontare questo problema, il ciclo di disuguaglianza persisterà. E le popolazioni rurali continueranno a soffrire di esiti sanitari peggiori rispetto ai loro concittadini metropolitani, in parte proprio a causa del Narcisismo Geografico. Un boccone amaro da mandare giù, ma necessario per iniziare a cambiare le cose.
Fonte: Springer