Immagine atmosferica dell'Oceano Atlantico settentrionale vista dallo spazio, con sistemi meteorologici visibili che illustrano la dinamica dell'Oscillazione Nord Atlantica. Obiettivo grandangolare, 10mm, long exposure per nuvole setose, messa a fuoco nitida sull'orizzonte terrestre curvo, colori intensi del blu profondo dell'oceano e del bianco brillante delle formazioni nuvolose, evocando un senso di cambiamento climatico.

CO2 alle Stelle? L’Oscillazione Nord Atlantica Cambia Faccia (e il Nostro Clima con Lei!)

Ciao a tutti! Oggi voglio portarvi con me in un viaggio affascinante nel cuore di uno dei grandi “registi” del tempo meteorologico che sperimentiamo qui in Europa e nel Nord America: sto parlando dell’Oscillazione Nord Atlantica, o NAO, per gli amici. Immaginatela come un’enorme altalena di pressione atmosferica sopra l’Atlantico settentrionale, con un fulcro vicino all’Islanda e un altro vicino alle Azzorre. A seconda di come “oscilla”, il nostro clima può cambiare parecchio, sia in inverno che in estate.

Da un po’ di tempo, noi scienziati ci stiamo grattando la testa su una domanda cruciale: con l’aumento vertiginoso della CO2 nell’atmosfera, cosa succederà a questa nostra NAO? I modelli climatici suggerivano già una tendenza verso una NAO più “positiva” nel corso del XXI secolo, specialmente con scenari ad alte emissioni. Però, diciamocelo, c’era ancora un bel po’ di incertezza, soprattutto perché la NAO è di per sé una tipa piuttosto variabile e capricciosa.

La nostra indagine: CO2 a palla per vederci chiaro!

Ecco, nel nostro studio, abbiamo deciso di andare un po’ oltre. Invece di limitarci agli scenari “standard”, abbiamo voluto vedere cosa succede alla NAO quando la CO2 raggiunge livelli davvero elevati: il doppio, il quadruplo e addirittura l’ottuplo dei valori preindustriali! Abbiamo analizzato un bel gruzzolo di modelli climatici di ultima generazione, alcuni dei quali li abbiamo fatti girare apposta per questa ricerca. L’obiettivo? Capire non solo se la NAO cambia, ma come cambia, e cosa questo comporta per gli eventi climatici estremi.

E i risultati, ragazzi, sono stati illuminanti! La prima cosa che salta all’occhio è che, sì, con concentrazioni di CO2 crescenti, la NAO tende a diventare più positiva. Questo significa, in soldoni, che la differenza di pressione tra l’alta pressione delle Azzorre (che si rafforza) e la bassa pressione islandese (che si approfondisce) aumenta. In inverno, una NAO positiva tende a portare condizioni più umide e miti nel nord Europa, e più secche e fredde nel sud. In estate, gli effetti sono un po’ diversi ma sempre significativi, influenzando la posizione e la forza delle correnti a getto e delle perturbazioni.

Pensate che negli esperimenti con CO2 doppia, quadrupla e ottupla, la NAO è diventata più positiva in oltre l’83% dei modelli in inverno e nel 79% in estate. L’aumento medio, rispetto ai valori preindustriali, è stato del 10-15% in inverno e addirittura del 19-32% in estate a seconda del livello di CO2. Mica poco!

Meno “ballerina”: la sorpresa della variabilità ridotta

Ma la vera sorpresa, quella che ci ha fatto drizzare le antenne, è un’altra. Non solo la NAO diventa mediamente più positiva, ma diventa anche meno variabile! Avete capito bene: le sue oscillazioni, la sua “danza” da un estremo all’altro, si smorzano. La deviazione standard della NAO, che è una misura della sua variabilità, diminuisce in modo significativo con l’aumentare della CO2, sia in inverno che in estate. In inverno, ad esempio, con CO2 ottuplicata, la riduzione della variabilità arriva a circa 2.3 hPa, un bel colpo!

Questa scoperta è importante perché, finora, ci si era concentrati molto sul cambiamento medio della NAO, trascurando un po’ come potesse cambiare la sua “personalità” più instabile. E, come vedremo, questo ha implicazioni dirette sulla frequenza degli eventi estremi.

Fotografia realistica, vista satellitare stilizzata dell'Oceano Atlantico settentrionale che mostra una vasta area di alta pressione intensificata vicino alle Azzorre e una profonda area di bassa pressione sull'Islanda, simboleggiando una fase NAO positiva. Obiettivo grandangolare, 15mm, messa a fuoco nitida, colori vividi del blu oceano e bianco delle nuvole, illuminazione atmosferica.

Cosa succede agli estremi? Meno NAO negative, ma più NAO positive (e non è così semplice)

A questo punto, la domanda sorge spontanea: se la NAO diventa più positiva e meno variabile, che ne è degli eventi NAO estremi, quelli che ci portano ondate di freddo o di caldo e siccità particolarmente intense?

Partiamo dagli eventi NAO estremamente negativi (NAO-). Qui le notizie sembrano buone: la loro frequenza si riduce, sia in inverno che in estate. Questo accade per due motivi:

  • Il fatto che la NAO media si sposti verso valori più positivi “allontana” la distribuzione dalla zona negativa.
  • La ridotta variabilità “restringe” la distribuzione, rendendo meno probabili i valori estremi su entrambi i lati.

In pratica, con una CO2 quadruplicata, abbiamo visto una riduzione di questi eventi del 39% in inverno e del 42% in estate. Non male!

E per gli eventi NAO estremamente positivi (NAO+)? Qui la faccenda è più sfumata. L’aumento della NAO media tenderebbe a farli aumentare, certo. Però, la riduzione della variabilità, di per sé, tenderebbe a diminuirli! Un bel dilemma. Allora, chi vince? Beh, entra in gioco un terzo incomodo: la forma della distribuzione della NAO. Non è una campana gaussiana perfetta, ma ha una sua “asimmetria” (in gergo tecnico, skewness) e altre caratteristiche che influenzano le code estreme.

Analizzando tutto insieme, abbiamo scoperto che, nonostante la variabilità ridotta cerchi di frenare l’aumento degli NAO+ estremi, alla fine questi aumentano comunque. Anzi, l’incremento è notevole: con CO2 quadruplicata, parliamo di un +56% in inverno e un +49% in estate! E una parte significativa di questo aumento è dovuta proprio ai cambiamenti nell’asimmetria e negli altri “momenti statistici superiori” della distribuzione della NAO. In pratica, la distribuzione si “inclina” in un modo che favorisce gli estremi positivi.

Il risultato finale è che, con alti livelli di CO2, l’aumento degli eventi NAO+ estremi è maggiore della diminuzione degli eventi NAO- estremi. Questo ci dice che non basta guardare solo alla media o alla variabilità prese singolarmente, ma bisogna considerare l’intera “personalità” statistica della NAO.

Perché succede tutto questo? Una questione di gradienti termici

Ma quali sono i meccanismi fisici dietro questi cambiamenti? È una battaglia complessa tra diversi effetti. L’aumento dei gas serra provoca il famoso “Arctic amplification”, un riscaldamento amplificato dell’Artico. Questo riduce il gradiente di temperatura tra le medie latitudini e il polo nella bassa troposfera, tendendo a spostare le correnti a getto verso l’equatore e quindi a favorire una NAO più negativa.

Dall’altro lato, però, c’è un riscaldamento potenziato nella alta troposfera tropicale (e un raffreddamento della stratosfera) che rafforza il gradiente di temperatura in quota, spingendo le correnti a getto verso il polo e favorendo una NAO più positiva. Sembra che, con alti livelli di CO2, questo secondo effetto tenda a prevalere, portando a una NAO mediamente più positiva.

La riduzione della variabilità, invece, è coerente con altre proiezioni che indicano una diminuzione della variabilità della corrente a getto nord-atlantica. Potrebbe essere legata a un aumento della frequenza di un regime di corrente a getto più “centrale” e meno incline a oscillazioni estreme.

Grafico concettuale astratto ma fotorealistico che visualizza una distribuzione di probabilità asimmetrica (skewed) con colori vivaci, con picchi e valli che rappresentano eventi estremi. Macro lens, 80mm, high detail, precise focusing, illuminazione da studio per enfatizzare le texture del grafico tridimensionale.

Cosa ci portiamo a casa?

Questo studio ci lascia con alcuni messaggi chiave importanti. Primo, l’aumento della CO2 non solo sposta la NAO verso una fase mediamente più positiva, ma ne riduce anche la variabilità. Secondo, questi cambiamenti combinati, insieme a modifiche nell’asimmetria della sua distribuzione, portano a una diminuzione degli eventi NAO- estremi ma a un aumento ancora maggiore degli eventi NAO+ estremi. Terzo, per capire l’impatto sul clima e sugli eventi estremi, è fondamentale guardare all’intera distribuzione della NAO, non solo al suo valore medio.

Certo, ci sono ancora questioni aperte. Il famoso “paradosso segnale-rumore” (i modelli sembrano sottostimare la risposta della NAO ai forcing esterni rispetto alle osservazioni) rimane un tema caldo. E anche se la maggior parte dei modelli concorda sulla risposta della NAO all’aumento di CO2, il sistema climatico reale potrebbe riservarci sorprese.

Quello che è certo è che l’Oscillazione Nord Atlantica, questo gigante che governa il nostro tempo, sta cambiando volto sotto la spinta della CO2. E capire a fondo questi cambiamenti è cruciale per prepararci a un futuro climatico che si preannuncia sempre più caratterizzato da eventi… beh, diciamo “interessanti”. Continueremo a studiare, promesso!

Fonte: Springer

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