Microscopia ad alta risoluzione di cellule intestinali umane (Caco-2) in coltura, che mostrano segni di stress cellulare. In primo piano, sfere traslucide rappresentanti nanoplastiche e molecole stilizzate di PFOS interagiscono con le membrane cellulari. Illuminazione controllata, lente macro 100mm, alta definizione, focus preciso sulle interazioni a livello cellulare.

Allarme Intestino: Le Nanoplastiche Amplificano la Tossicità dei PFAS?

Ciao a tutti! Oggi voglio parlarvi di qualcosa che, purtroppo, ci riguarda molto da vicino, anche se spesso non ce ne rendiamo conto. Parliamo di inquinanti ambientali, in particolare di due protagonisti piuttosto ingombranti: le sostanze per- e polifluoroalchiliche (PFAS) e le nanoplastiche. Sentiamo spesso parlare dei PFAS, quelle sostanze chimiche quasi “eterne” usate in tantissimi prodotti, dalla padella antiaderente ai tessuti impermeabili. Sappiamo che sono persistenti, si accumulano nel nostro corpo e sono legate a diversi problemi di salute. Poi ci sono le nanoplastiche, questi frammenti minuscoli, invisibili a occhio nudo, che derivano dalla degradazione della plastica più grande e che ormai troviamo ovunque, dagli oceani più profondi alle vette delle montagne, e sì, anche nel cibo che mangiamo e nell’acqua che beviamo.

La cosa preoccupante è che questi due “ospiti indesiderati” spesso si trovano insieme nell’ambiente. Le nanoplastiche, infatti, possono agire come delle spugne, assorbendo sulla loro superficie proprio i PFAS. E visto che una delle vie principali attraverso cui entriamo in contatto con entrambi è l’ingestione, sorge spontanea una domanda cruciale: cosa succede quando arrivano insieme nel nostro intestino? L’intestino non è solo un tubo digerente, è una barriera fondamentale per la nostra salute, importantissima per il sistema immunitario. Capire come queste sostanze interagiscono una volta ingerite è fondamentale. Fino ad oggi, però, gli effetti combinati di PFAS e nanoplastiche sulla nostra salute, e in particolare sulle cellule intestinali, erano un territorio in gran parte inesplorato. Ed è proprio qui che entra in gioco la nostra ricerca.

Cosa abbiamo combinato in laboratorio?

Per vederci chiaro, abbiamo deciso di studiare questa “coppia tossica” direttamente sulle cellule che rivestono il nostro intestino. Abbiamo usato un modello cellulare ben noto, le cellule Caco-2, che mimano molte funzioni delle cellule intestinali umane. Abbiamo esposto queste cellule a tre condizioni diverse per 24 ore: solo a un tipo specifico di PFAS molto diffuso, l’acido perfluorottansolfonico (PFOS), solo a nanoplastiche di polistirene (simili a quelle che si trovano nell’ambiente, con un diametro medio di circa 100 nanometri), oppure a una combinazione di entrambi.

Per capire cosa succedeva a livello cellulare, non ci siamo accontentati dei test di tossicità classici (come la vitalità cellulare o il rilascio di molecole infiammatorie, che peraltro non hanno mostrato grandi cambiamenti, a parte un piccolo aumento di interleuchina-8 con il solo PFOS). Abbiamo voluto scavare più a fondo, usando due tecniche potentissime e all’avanguardia: la “Cell Painting” (fenomica) e la metabolomica non mirata. La prima è come una sorta di “radiografia” super dettagliata che ci permette di mappare tutte le alterazioni nella forma e nella struttura delle cellule e dei loro organelli (nucleo, mitocondri, reticolo endoplasmatico, ecc.). La seconda, invece, analizza l’insieme completo dei piccoli metaboliti presenti nelle cellule, una specie di “impronta digitale” chimica che ci dice come sta funzionando il metabolismo cellulare. L’idea era di ottenere un quadro il più completo possibile degli effetti, anche quelli più sottili.

Visualizzazione 3D di nanoplastiche sferiche traslucide che interagiscono con la membrana di cellule intestinali stilizzate. Alcune particelle aderiscono, altre sono parzialmente internalizzate. Molecole astratte di PFOS fluttuano intorno alle cellule. Lente macro 85mm, profondità di campo ridotta per focalizzare sull'interazione, illuminazione laterale drammatica, alta definizione.

Cosa abbiamo visto: morfologia cellulare sotto attacco

I risultati della Cell Painting sono stati affascinanti. Abbiamo visto che il PFOS da solo colpiva principalmente lo scheletro della cellula (l’actina), l’apparato del Golgi (una sorta di centro di smistamento) e la membrana plasmatica. Le nanoplastiche da sole, invece, sembravano avere un bersaglio preferenziale: i mitocondri, le nostre centrali energetiche cellulari. Questo potrebbe essere legato al fatto che le nanoplastiche sono note per stimolare la produzione di specie reattive dell’ossigeno (ROS), i famosi radicali liberi, proprio entrando nei mitocondri.

E la combinazione? Qui le cose si facevano interessanti. L’esposizione combinata a nanoplastiche e PFOS causava i danni maggiori al reticolo endoplasmatico (la fabbrica delle proteine e dei lipidi), all’RNA e, di nuovo, ai mitocondri. Ma l’aspetto più sorprendente è che il profilo morfologico complessivo delle cellule esposte al mix assomigliava di più a quello delle cellule esposte alle sole nanoplastiche, piuttosto che a quelle esposte al solo PFOS. Era come se, in questa “danza tossica”, fossero le nanoplastiche a guidare i passi principali. Questo suggerisce che l’interazione tra nanoplastiche e PFOS potrebbe aumentare l’ingresso delle nanoplastiche stesse nelle cellule, potenziandone gli effetti, come osservato anche in altri studi recenti.

Scavando più a fondo: il metabolismo va in tilt

Guidati da questi cambiamenti morfologici, soprattutto negli organelli metabolicamente attivi come mitocondri e reticolo endoplasmatico, siamo andati a vedere cosa succedeva a livello metabolico. Anche qui, i risultati sono stati illuminanti. Ogni tipo di esposizione ha lasciato un’impronta metabolica distinta. Il PFOS da solo ha mostrato un impatto soprattutto sulla L-carnitina (fondamentale per trasportare i grassi nei mitocondri e produrre energia), su alcuni acidi grassi, nucleotidi e zuccheri. In pratica, sembrava interferire con la produzione di energia cellulare.

Le nanoplastiche, invece, hanno avuto un effetto diverso ma ancora più marcato. Hanno soppresso numerosi lipidi importanti come ceramidi, trigliceridi e sfingomieline (cruciali per le membrane cellulari e la comunicazione tra cellule) e diversi acidi grassi. Inoltre, hanno fatto aumentare i livelli di omocisteina, una molecola associata a stress cellulare e infiammazione. Ancora una volta, l’esposizione combinata ha prodotto un profilo metabolico molto simile a quello indotto dalle sole nanoplastiche. C’erano alcune differenze specifiche, probabilmente dovute all’effetto aggiunto del PFOS (ad esempio, livelli ancora più alti di omocisteina e alterazioni specifiche in alcuni lipidi), ma il “sapore” dominante era decisamente quello delle nanoplastiche. Questo contrasta con alcuni studi precedenti, sottolineando quanto sia complesso questo campo.

Concetto astratto di perturbazione metabolica all'interno di una cellula intestinale. Reti complesse di molecole (metaboliti) mostrano percorsi interrotti o alterati, alcuni nodi luminosi, altri spenti. Simboli stilizzati di mitocondri e reticolo endoplasmatico appaiono stressati sullo sfondo. Lente macro 60mm, focus selettivo su nodi chiave della rete metabolica, illuminazione interna soffusa, dettagli elevati.

Il quadro generale: le nanoplastiche dettano legge

Mettendo insieme i dati di morfologia (fenomica) e metabolismo (metabolomica), il quadro è diventato ancora più chiaro. Analizzando i dati combinati, abbiamo visto che i diversi gruppi di esposizione (controllo, solo PFOS, solo nanoplastiche, combinazione) si distinguevano meglio rispetto all’analisi dei singoli set di dati. E l’analisi ha confermato il nostro sospetto: nell’esposizione combinata, le nanoplastiche sembravano essere il principale motore della tossicità osservata nelle nostre cellule intestinali Caco-2.

Abbiamo anche trovato delle correlazioni intriganti tra specifici cambiamenti morfologici e alterazioni metaboliche. Ad esempio, molti lipidi erano negativamente associati alla granularità dei mitocondri e del DNA, mentre la distribuzione radiale del reticolo endoplasmatico era correlata positivamente con metaboliti come la tirosina e l’acido lattico. Questo suggerisce un dialogo complesso e finora poco esplorato tra la struttura cellulare e la sua funzione metabolica in risposta a questi inquinanti. Certo, queste correlazioni andranno investigate più a fondo, ma aprono strade di ricerca davvero nuove.

In conclusione, il nostro studio, utilizzando un approccio integrato e innovativo, ha fatto un po’ di luce sulla complessa interazione tra nanoplastiche e PFOS a livello intestinale. Abbiamo non solo caratterizzato in dettaglio le alterazioni morfologiche e metaboliche, ma abbiamo anche identificato le nanoplastiche come l’attore principale nello scenario di co-esposizione, almeno nel nostro modello sperimentale. Questi risultati sono importanti perché ci aiutano a capire meglio i potenziali rischi per la salute umana derivanti dall’esposizione combinata a questi inquinanti sempre più diffusi e potrebbero portare all’identificazione di nuovi biomarcatori per valutare la tossicità ambientale. La strada è ancora lunga, ma abbiamo aggiunto un tassello importante alla comprensione di questo “cocktail tossico”.

Fonte: Springer

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