Un Oceano Glaciale Sorprendente: Le Acque Profonde dell’Atlantico Non Erano Come Pensavamo!
Ciao a tutti, appassionati di misteri del passato e del nostro incredibile pianeta! Oggi voglio portarvi con me in un viaggio indietro nel tempo, precisamente all’Ultimo Massimo Glaciale (LGM), circa 21.000 anni fa, e al successivo periodo freddo noto come Heinrich Stadial 1 (HS1). Parleremo di oceani, correnti profonde e di come queste abbiano plasmato il clima del nostro mondo. E preparatevi, perché quello che abbiamo scoperto potrebbe rimescolare un po’ le carte in tavola!
La Vecchia Storia: Un Atlantico Diverso?
Per anni, noi scienziati abbiamo avuto un’idea abbastanza precisa di come doveva essere l’Oceano Atlantico durante le ere glaciali. Immaginatevelo: enormi calotte di ghiaccio che ricoprivano gran parte dell’emisfero nord. Si pensava che questa situazione avesse drasticamente ridotto la formazione della cosiddetta Acqua Profonda Nord Atlantica (NADW), quella massa d’acqua fredda e ben ventilata che oggi gioca un ruolo cruciale nel trasportare calore e regolare il clima globale. L’ipotesi dominante era che, con una NADW più debole e meno estesa, altre acque, come quelle provenienti dall’Antartide (Antarctic Bottom Water, AABW) o dal Pacifico (Pacific Deep Water, PDW), avessero preso il sopravvento, riempiendo gli abissi e facilitando l’immagazzinamento di CO2, contribuendo così a mantenere basse le temperature globali.
Durante l’HS1, poi, la situazione sarebbe ulteriormente peggiorata. Questo periodo è stato caratterizzato da un massiccio rilascio di iceberg nell’Atlantico settentrionale. Tutta quest’acqua dolce in superficie avrebbe, secondo la teoria, “soffocato” la formazione di acque profonde, indebolendo ulteriormente la circolazione oceanica. Sembrava un quadro logico, no?
La Nostra Indagine: Mettere Insieme i Pezzi del Puzzle
Ma sapete, la scienza è bella perché non si ferma mai e ama mettere in discussione anche le certezze più consolidate. Così, ci siamo messi al lavoro, combinando ben cinque diversi tipi di “indizi” geochimici (proxy, in gergo tecnico) estratti da sedimenti marini raccolti in vari punti dell’Atlantico. Pensatela come un’indagine poliziesca: più prove diverse hai, più robusta sarà la tua ricostruzione dei fatti. Questi proxy ci raccontano storie diverse ma complementari sulle caratteristiche delle acque del passato: temperatura, salinità, ventilazione, nutrienti.
Abbiamo analizzato i gusci calcarei di microscopici organismi bentonici, i foraminiferi, che vivono sul fondo dell’oceano. Le loro “casette” registrano la composizione chimica dell’acqua in cui sono cresciuti. Studiando gli isotopi dell’ossigeno (δ18Ob) e del carbonio (δ13Cb), le concentrazioni di ioni carbonato ([CO32−]), gli isotopi del neodimio (εNd) e l’età al radiocarbonio delle acque, abbiamo cercato di dipingere un quadro più dettagliato possibile.
La grande novità del nostro approccio è stata quella di identificare non solo le principali masse d’acqua, ma anche le loro diverse “modalità” o “versioni”. Un po’ come dire che non esiste solo “il caffè”, ma “l’espresso”, “il lungo”, “il macchiato”… ognuno con le sue peculiarità.
La Sorpresa: La NADW Era Più Tenace del Previsto!
E qui viene il bello! Contrariamente a quanto si pensava, i nostri dati suggeriscono che la NADW è rimasta sorprendentemente diffusa sia durante l’LGM che durante l’HS1. Non è scomparsa né si è ritirata drasticamente! Ciò che è cambiato, piuttosto, sono state le sue proprietà.
Abbiamo identificato principalmente due “modalità” per le acque di origine settentrionale (Northern Sourced Water, NSW), che compongono la NADW. Una modalità (che abbiamo chiamato “modo 1”) era caratterizzata da acque più fredde e ben ventilate, simile a come ce l’aspettavamo per l’LGM. L’altra (“modo 2”) era invece meno ventilata e, potenzialmente, persino più calda.
Durante l’LGM, sembra che la NADW fosse prevalentemente in “modo 1”. Ma con l’arrivo dell’HS1, e il conseguente massiccio afflusso di acqua dolce dagli iceberg, c’è stato un cambiamento: la formazione di acque in “modo 1” è diminuita, ma è stata compensata da un aumento della formazione di acque in “modo 2”. In pratica, la NADW non si è arresa, ha solo cambiato “strategia” di formazione!
Questo significa che la formazione di acque profonde nell’Atlantico settentrionale è continuata attivamente anche durante l’HS1, nonostante le condizioni superficiali fossero decisamente avverse. È una scoperta notevole, perché implica una resilienza del sistema oceanico che forse avevamo sottovalutato.

Un altro attore importante che abbiamo identificato è l’Acqua del Mediterraneo Artico Glaciale (AMW). Questa massa d’acqua, formata nelle regioni artiche e poi riversatasi nell’Atlantico profondo, contribuiva a quella che oggi chiamiamo Lower NADW (l-NADW). Anche l’AMW sembra aver avuto le sue due modalità, comportandosi in modo simile alla Upper NADW (u-NADW), che si forma più a sud, nel subpolare Nord Atlantico.
E le Acque Meridionali? Un Nuovo Protagonista
Non ci siamo dimenticati delle acque provenienti da sud (Southern Sourced Water, SSW). Qui, la sorpresa è stata vedere che, durante l’LGM e l’HS1, l’Acqua Profonda del Pacifico (PDW), ricca di nutrienti e povera di carbonati, sembra aver giocato un ruolo più importante del previsto, penetrando verso nord e sostituendo in parte la AABW nelle profondità abissali dell’Atlantico. Stimiamo che la PDW contribuisse per circa il 28% del totale in entrambi i periodi. Questo è un dettaglio non da poco, che i modelli di circolazione oceanica faticano ancora a riprodurre.
Cosa Significa Tutto Questo?
Beh, innanzitutto che il volume complessivo della NADW (considerando tutte le sue componenti e modalità) nell’Atlantico profondo (sotto i 2 km) è rimasto notevolmente costante tra LGM e HS1, e solo moderatamente inferiore rispetto ai giorni nostri. Le nostre stime parlano di un contributo medio della NADW del 52% durante l’LGM e del 53% durante l’HS1, contro il circa 75% odierno. Questi valori sono significativamente più alti di alcune stime precedenti.
Questo non significa che la circolazione oceanica non sia cambiata, anzi! Ma i cambiamenti nei segnali geochimici che osserviamo nei sedimenti sembrano essere dovuti principalmente a una variazione nella composizione interna della NADW (più “modo 2” durante l’HS1) e delle SSW, piuttosto che a una drastica riorganizzazione delle masse d’acqua o a una massiccia riduzione del volume della NADW.
Se la formazione di acque profonde durante l’HS1 è stata effettivamente più debole rispetto all’LGM (come suggerito da altre evidenze), per mantenere una distribuzione simile delle masse d’acqua, come indicano i nostri dati, deve esserci stata una compensazione. Ad esempio, una riduzione anche nella produzione delle acque di origine meridionale (SSW) potrebbe aver bilanciato un eventuale indebolimento della produzione di NADW.
Le caratteristiche del “modo 2” della NADW, con isotopi dell’ossigeno e del carbonio più bassi, potrebbero essere spiegate in vari modi. Una possibilità è l’incorporazione di acqua di fusione meteorica (con δ18O molto basso) trasportata in profondità da salamoie dense formatesi durante la creazione del ghiaccio marino. Un’altra ipotesi è che queste acque fossero semplicemente più calde. Oppure, una ridotta interazione con l’atmosfera a causa di una maggiore copertura di ghiaccio marino potrebbe aver limitato lo scambio di gas, influenzando il δ13C.
Un Nuovo Bersaglio per i Modelli Climatici
Queste nuove scoperte sono fondamentali. Forniscono un importante punto di riferimento e un banco di prova per i modelli del sistema Terra. Se i modelli riescono a simulare accuratamente queste complesse dinamiche del passato, possiamo avere maggiore fiducia nelle loro proiezioni per il futuro climatico del nostro pianeta.
Insomma, il nostro viaggio negli oceani glaciali ci ha mostrato un sistema più resiliente e complesso di quanto immaginassimo. La NADW, questo gigante buono della circolazione oceanica, ha dimostrato di sapersi adattare, cambiando pelle ma non abbandonando il suo ruolo cruciale nell’Atlantico. E noi siamo qui, pronti a continuare a indagare, perché ogni nuova scoperta apre la porta a nuove, affascinanti domande!
Fonte: Springer
