Sfeno-mandibolare: Il Muscolo ‘Segreto’ della Mandibola Svelato dalla Plastinazione P45
Ciao a tutti! Oggi voglio parlarvi di un protagonista un po’ nascosto della nostra anatomia facciale, un muscolo che per anni è stato al centro di un vero e proprio dibattito accademico: lo sfeno-mandibolare (SM). Magari avete sentito parlare del muscolo temporale (TM), quel grosso muscolo a forma di ventaglio ai lati della testa che ci aiuta a masticare. Ebbene, per molto tempo si è pensato che fosse composto da due o tre parti, ma già dagli anni ’50, e poi in modo più deciso nel 1996, qualcuno ha iniziato a sostenere che una di queste “parti”, lo sfeno-mandibolare appunto, fosse in realtà un muscolo a sé stante. Un’idea affascinante, ma che ha scatenato pareri contrastanti tra gli esperti.
Ecco perché, incuriositi da questa controversia e dalla potenziale importanza clinica di questo muscolo (si parla di possibili compressioni nervose e dolori!), abbiamo deciso di indagare a fondo. Come? Combinando la buona vecchia dissezione anatomica con una tecnica super innovativa chiamata plastinazione P45 in sezione sottile. Pronti a scoprire cosa abbiamo trovato?
Un Muscolo Fantasma? La Storia dello Sfeno-mandibolare
La storia dello sfeno-mandibolare è quasi un giallo anatomico. Tutto inizia “ufficialmente” nel 1996, quando il Dr. Dunn, un esperto di ortodonzia e terapia dell’articolazione temporo-mandibolare, conia il termine “Sphenomandibularis”. Suggerisce che questo muscolo, originando dall’osso sfenoide e inserendosi sulla mandibola (sulla cresta temporale, dietro l’ultimo molare), potesse comprimere il nervo mascellare (CN V2) e causare dolori retro-orbitali. Apriti cielo! La comunità scientifica si divise: alcuni videro una speranza per pazienti con dolori cronici, altri storsero il naso, dubitando che fosse davvero una struttura indipendente.
Subito emersero commenti e precisazioni: Tillman e Sharawy espressero dubbi, pur riconoscendo il valore della ricerca. Altri, come Steele, videro l’opportunità di dimostrare che l’anatomia non è una disciplina “morta”. Ma ecco il colpo di scena: Bonalume Neto fece notare su Nature che un gruppo brasiliano (Ramalho) aveva già descritto questo muscolo nel 1978 (in portoghese!) come la “porzione profonda del TM”. Poco dopo, Groseurth citò uno studio tedesco del 1955 che lo chiamava “la porzione mediale del TM”. Insomma, più che una scoperta ex novo, sembrava una ridescrizione, forse un po’ gonfiata mediaticamente, come concluse Türp.
Nonostante la polemica sembrasse chiusa alla fine del XX secolo, la ricerca sullo sfeno-mandibolare non si è mai fermata. Studi microscopici (Geers), endoscopici (Herzallah), analisi delle inserzioni (Benninger), nuove dissezioni (Palomari, Yu) e persino ipotesi alternative (Rusu lo considerò un accessorio del pterigoideo laterale) hanno continuato ad alimentare il dibattito. E nel frattempo, studi clinici basati sull’ipotesi di Dunn sulla compressione nervosa continuavano ad essere pubblicati. Visto questo persistente interesse e le potenziali implicazioni cliniche (compressione del nervo mascellare, anatomia della fossa pterigopalatina, identificazione del nervo buccale, comprensione del complesso fasciale-tendineo), abbiamo sentito il bisogno di fare chiarezza con uno studio sistematico.
Alla Scoperta dello Sfeno-mandibolare: Cosa Abbiamo Visto
Per questo studio, abbiamo esaminato 14 teste di cadaveri fissate in formaldeide e 6 teste fresche congelate, provenienti da donatori (età media 68.4 anni). Su 10 di questi campioni abbiamo anche eseguito una tecnica di calco vascolare per visualizzare meglio i vasi sanguigni. Abbiamo utilizzato tre approcci di dissezione diversi per avere una visione completa da varie angolazioni.
Ma la vera novità è stata l’uso della plastinazione P45 in sezione sottile, una tecnica brevettata dal Professor Hongjin Sui. Abbiamo analizzato 15 serie di sezioni plastinate consecutive: 5 coronali, 5 sagittali e 5 orizzontali. Questa tecnica permette di ottenere sezioni molto sottili, trasparenti e vicine allo stato naturale, mostrando le strutture interne con una chiarezza incredibile.
E cosa abbiamo osservato? Lo sfeno-mandibolare ha caratteristiche anatomiche ben distinte!
- Forma: È un muscolo a forma di striscia, non a ventaglio come il temporale.
- Origine: Nasce da un’area specifica dell’osso sfenoide, precisamente dalla superficie mascellare della grande ala e da parte della superficie infratemporale. Abbiamo notato che la superficie ossea da cui origina l’SM ha una densità di piccoli fori (aperture) maggiore rispetto a quella da cui origina il TM, suggerendo forse un apporto sanguigno e nervoso più ricco.
- Decorso: Corre dall’alto e dall’interno verso il basso e l’esterno, con un’inclinazione posteriore.
- Inserzione: Si attacca alla mandibola, lungo la cresta temporale, proprio dietro il cosiddetto trigono retromolare (quell’area triangolare dietro l’ultimo molare). Vicino all’inserzione, forma una struttura quasi triangolare-prismatica, con una parte tendinea ben definita che si attacca obliquamente all’osso.
- Dimensioni (medie): Larghezza all’origine 2.13 cm, larghezza all’inserzione 1.91 cm, lunghezza 6.33 cm. L’angolo con il piano sagittale mediano è di circa 19.35°.
- Separazione dal Temporale: Anche se all’origine le fibre sono vicine a quelle del temporale profondo, l’inserzione è chiaramente separata. Inoltre, ci sono dei “marcatori” anatomici che aiutano a distinguerli: l’arteria infraorbitale e l’arteria palatina discendente (rami dell’arteria mascellare) passano proprio tra SM e TM. Anche la cresta infratemporale dello sfenoide sembra fare da spartiacque.
- Innervazione e Vascolarizzazione: È innervato principalmente da piccoli rami del nervo mandibolare (tronco anteriore) e nutrito da rami dell’arteria mascellare (in particolare dal suo secondo segmento, quello pterigoideo).

La Plastinazione P45: Uno Sguardo Unico
Devo dire che la tecnica di plastinazione P45 ci ha aperto un mondo. Queste sezioni sottilissime e trasparenti ci hanno permesso di seguire il percorso dello sfeno-mandibolare in modo tridimensionale e di apprezzarne i rapporti con le strutture vicine con una precisione mai vista prima.
Osservando le sezioni sagittali (quelle che tagliano da davanti a dietro), la differenza tra la forma a striscia dell’SM e quella a ventaglio del TM era lampante. Abbiamo potuto confermare l’inclinazione posteriore del muscolo durante il suo tragitto verso il basso. In queste sezioni abbiamo anche identificato una struttura nervosa, con un diametro di circa 2 mm, che viaggiava vicino alla superficie superficiale dell’SM: tutto faceva pensare al nervo mascellare (CN V2) nel suo percorso nella fossa pterigopalatina, prima di entrare nella fessura orbitaria inferiore.
Nelle sezioni coronali (quelle che tagliano da un lato all’altro), abbiamo notato differenze persino nel colore e nella densità apparente delle fibre tra lo strato superficiale del TM, quello profondo del TM e l’SM. Le fibre mediali dell’SM apparivano in stretta relazione con il nervo mascellare e con il segmento pterigopalatino dell’arteria mascellare. La cresta infratemporale dello sfenoide si confermava come un buon punto di riferimento per separare SM e TM.
Infine, nelle sezioni orizzontali (quelle che tagliano dall’alto in basso), abbiamo osservato come l’area della sezione trasversale dell’SM cambiasse lungo il suo percorso (piccola in alto, più grande al centro, di nuovo piccola in basso), mentre quella del TM si riduceva progressivamente verso il basso. Addirittura, nelle sezioni più inferiori, vicino alla mandibola, l’area della sezione dell’SM era maggiore di quella del TM! Questo dimostra che l’SM si inserisce più in basso sulla mandibola rispetto al TM. In queste sezioni era visibile anche una capsula di tessuto connettivo tra l’SM e il muscolo buccinatore (BM).
Relazioni Pericolose: Sfeno-mandibolare, Nervi e Arterie
La posizione anatomica dello sfeno-mandibolare lo mette in contatto intimo con strutture neurovascolari cruciali, e questo potrebbe spiegare alcuni sintomi clinici.
Partiamo dal nervo mascellare (CN V2) e dalla fossa pterigopalatina (PPF). La PPF è quello spazio piccolo ma affollato dietro il seno mascellare, pieno di nervi, vasi e grasso. Abbiamo osservato che l’origine dell’SM si estende proprio all’interno della PPF, partecipando alla formazione della sua parete posteriore. Il CN V2, uscendo dal cranio attraverso il forame rotondo, passa vicinissimo al margine mediale dell’origine dell’SM. Sebbene ci sia del tessuto adiposo tra i due, in uno spazio così ristretto è plausibile che una contrazione o un’infiammazione dell’SM possa irritare o comprimere il CN V2. Questo getta una nuova luce sulla possibile causa di alcune nevralgie del trigemino (quelle che interessano la seconda branca, V2) o di certi tipi di mal di testa (come la cefalea a grappolo), soprattutto considerando che la masticazione è un trigger comune per la nevralgia. Studi clinici che hanno trattato l’SM (con tenotomia o tossina botulinica) sembrano supportare questa ipotesi, riportando un sollievo dal dolore.
Poi c’è il nervo buccale (BN). Questo nervo, ramo del nervo mandibolare, di solito passa tra i due capi del muscolo pterigoideo laterale. Ma noi, come altri prima di noi (Dunn, Schön Ybarra, Mérida-Velasco), abbiamo osservato un fatto curioso: in molti casi, il BN penetra attraverso il ventre muscolare dell’SM, vicino alla sua inserzione sulla mandibola, prima di distribuirsi alla guancia. Questa stretta relazione solleva domande interessanti: il BN dà fibre motorie all’SM? O riceve fibre sensitive dall’SM? Se così fosse, un’infiammazione o uno spasmo dell’SM potrebbero causare dolore o alterazioni della sensibilità nella guancia intrappolando le fibre del BN. È anche un’informazione utile per chi esegue blocchi anestetici del nervo buccale.
Infine, l’arteria mascellare: abbiamo visto chiaramente, sia nella dissezione con calco vascolare che nelle sezioni P45, come questa importante arteria “abbracci” l’SM, passandogli posteriormente e poi avvolgendosi attorno al suo margine mediale per entrare nella PPF. I suoi rami (infraorbitale e palatino discendente) formano, come detto, un confine tra SM e TM, ma l’arteria stessa dà piccoli rami che nutrono direttamente l’SM.
Non Solo Masticazione: Funzione e Connessioni
Se l’SM è un muscolo distinto, avrà anche una funzione distinta o almeno peculiare? Pensiamo di sì.
La direzione delle sue fibre (dall’interno/alto all’esterno/basso, inclinate indietro) è diversa da quella del TM. Questo suggerisce funzioni diverse o complementari. Alcuni studi elettromiografici (EMG) hanno mostrato pattern di attivazione differenti tra SM e TM durante la masticazione. Potrebbe agire come antagonista del TM in certi movimenti, o come stabilizzatore (fissatore) quando entrambi si contraggono insieme, ad esempio durante il morso potente.
Potrebbe anche avere un ruolo nel mantenere la postura della mandibola e nel controbilanciare la trazione posteriore del TM durante la chiusura, contribuendo alla coordinazione dei movimenti masticatori insieme ai muscoli pterigoidei. Data la sua posizione più mediale e inferiore all’inserzione, potrebbe essere un elevatore della mandibola più potente del TM stesso. Studi sulle isoforme della miosina (Ciurana) indicano che l’SM ha una maggiore resistenza alla fatica e una velocità di contrazione più lenta rispetto al TM, caratteristiche che si allineano con un ruolo posturale o di stabilizzazione.
Un’altra connessione affascinante è quella con il muscolo buccinatore (BM), il muscolo principale della guancia. Già nel 1982, Harn e Shackelford descrissero il complesso fasciale-tendineo (FTC) nel trigono retromolare, un punto di incontro per tendini e fasce di diversi muscoli, tra cui l’SM e il BM. Studi successivi (Rusu, Fukino, Sedlmayr, Mi-Sun) hanno confermato e dettagliato questa connessione, tanto che alcuni considerano l’SM una delle origini del BM! Noi stessi abbiamo osservato una capsula connettivale che li unisce strettamente e un intreccio di fibre tra i due. Questa connessione SM-FTC-BM è importantissima: fornisce supporto alla guancia, previene il morsicamento della mucosa durante la chiusura della mandibola e coordina i movimenti legati a masticazione, suzione e deglutizione, collegando funzionalmente i muscoli masticatori con quelli mimici. È come se ci fosse un ponte muscolare che trasmette tensioni e movimenti tra la regione temporale/mandibolare e quella orale.

Un Tuffo nel Passato (e nel Regno Animale)
Guardando oltre l’uomo, scopriamo che lo sfeno-mandibolare (o una sua struttura omologa) è presente in molti altri mammiferi, suggerendo che sia una componente antica del sistema masticatorio. La sua dimensione e forma variano notevolmente tra le specie, riflettendo adattamenti a diete e strategie alimentari diverse. Ad esempio, nei primati più vicini a noi, come gli scimpanzé, è chiaramente distinto dal temporale. Nei roditori può essere molto sviluppato. Nell’uomo, il sistema masticatorio si è ridotto rispetto ad altri primati, probabilmente in seguito ai cambiamenti dietetici legati alla cottura dei cibi. L’SM umano, pur essendo forse un residuo “degenerato” di una struttura più imponente nei nostri antenati, conserva caratteristiche (come la resistenza alla fatica) e connessioni che lo rendono funzionalmente importante. Studiarlo in chiave comparativa ci aiuta a capire l’evoluzione del nostro apparato masticatorio.
Perché Chiamarlo Sfeno-mandibolare? Tiriamo le Somme
Alla luce di tutte queste osservazioni – la forma distinta a striscia, l’origine e l’inserzione specifiche, i marcatori di separazione dal TM (vasi, cresta ossea), l’innervazione e vascolarizzazione peculiari, le differenze funzionali suggerite dalla direzione delle fibre, dai dati EMG e biochimici, le connessioni uniche con il nervo buccale e il complesso FTC/buccinatore – siamo convinti che lo sfeno-mandibolare meriti di essere considerato un muscolo masticatorio distinto, separato dal temporale.
Certo, il nome “Sphenomandibularis” non è ancora ufficialmente riconosciuto dalla terminologia anatomica internazionale (FIPAT) e forse non è il più preciso (anche altri muscoli collegano sfenoide e mandibola), ma usarlo, come proposto da Dunn e supportato da noi, serve a richiamare l’attenzione su questa struttura troppo spesso trascurata.
Non è solo una questione di nomenclatura anatomica. Riconoscere l’SM come entità separata ha implicazioni cliniche:
- Può aiutarci a capire meglio l’origine di alcuni dolori facciali (nevralgia V2, dolore alla guancia).
- Può migliorare la precisione di procedure chirurgiche o iniettive nella regione temporale e infratemporale.
- Ci dà una comprensione più completa della biomeccanica della masticazione e della stabilità mandibolare.
Insomma, lo sfeno-mandibolare non è un muscolo fantasma né una semplice porzione del temporale. È una struttura anatomica con una sua identità, una storia controversa e un’importanza clinica e funzionale che stiamo solo iniziando a comprendere appieno. L’anatomia, come vedete, non smette mai di riservare sorprese!
Fonte: Springer
