Bombe nel Blu: Come le Parole Possono Salvare i Nostri Mari (Anche Senza Tutte le Risposte)
Ciao a tutti! Oggi voglio parlarvi di una storia incredibile che arriva dalle profondità dei mari tedeschi, una storia che mescola fantasmi del passato, rischi ambientali attuali e, soprattutto, il potere affascinante delle parole e delle informazioni scientifiche. Sembra un thriller, vero? E in un certo senso lo è. Parliamo di 1,6 milioni di tonnellate di munizioni scaricate nel Mar Baltico e nel Mare del Nord dopo la Seconda Guerra Mondiale. Sì, avete letto bene. Un’eredità pericolosa che per quasi 80 anni è rimasta lì, “lontano dagli occhi, lontano dal cuore”, finché qualcosa è cambiato.
Ma come si fa a convincere un intero paese a intraprendere un’operazione di bonifica colossale e costosa, soprattutto quando le informazioni scientifiche sui rischi reali e sulle modalità di intervento sono limitate o in continua evoluzione? È qui che entra in gioco la strategia, la narrazione, l’arte di usare le informazioni (e anche la loro assenza!) per costruire un caso convincente. Ho analizzato a fondo questo processo, basandomi su uno studio che ha esaminato 138 articoli di giornale tedeschi dal 2001 al 2021, e quello che ho scoperto è davvero illuminante per chiunque si occupi di conservazione marina o, più in generale, di come la scienza interagisce con la politica.
Un Tappeto di Bombe Sotto le Onde
Immaginatevi la scena: dopo la guerra, gli Alleati avevano un problema enorme. Cosa fare di tutte quelle bombe, granate, mine? La soluzione più “semplice” all’epoca fu buttarle in mare. Si pensava che l’oceano, vasto e profondo, potesse diluire e rendere innocuo tutto. Errore colossale. Queste munizioni, corrose dal tempo e dall’acqua salata, rappresentano oggi un cocktail micidiale di rischi:
- Ambientali: Rilasciano sostanze chimiche tossiche, come il TNT, che contaminano l’acqua, i sedimenti e possono entrare nella catena alimentare.
- Per la salute pubblica: Il rischio che queste tossine finiscano nei pesci che mangiamo è concreto. Alcune di queste sostanze sono cancerogene o possono ridurre la fertilità.
- Economici: Ostacolano lo sviluppo di attività fondamentali come la pesca, l’acquacoltura e, soprattutto, l’installazione di parchi eolici offshore, cruciali per la transizione energetica.
Nonostante tutto questo, per decenni la politica prevalente è stata quella dell’inerzia. C’era una sorta di “coalizione contro la bonifica”, formata principalmente da autorità federali e statali, che si trincerava dietro le incertezze legali e scientifiche: “Non sappiamo esattamente dove sono tutte”, “Non conosciamo bene il loro stato”, “Rimuoverle potrebbe essere pericoloso e costoso”. L’incertezza diventava una scusa per non agire.
Il Potere delle Storie: Quando la Scienza Incontra la Narrazione
Allora, cosa ha sbloccato la situazione? Un nuovo gruppo di attori – scienziati, organizzazioni ambientaliste, politici locali (in particolare dello Schleswig-Holstein), e poi anche aziende private – ha iniziato a costruire una narrazione diversa, più potente. Hanno usato quello che in gergo accademico si chiama Narrative Policy Framework (NPF), che in parole povere significa capire come le storie che raccontiamo su un problema influenzano le decisioni politiche.
L’NPF ci dice che ogni storia politica efficace ha degli elementi chiave:
- Personaggi: Eroi (chi propone soluzioni), Cattivi (chi causa o ostacola), Vittime (chi soffre), Beneficiari (chi guadagna dalla soluzione).
- Ambientazione: Il contesto, incluse le leggi, la geografia e, appunto, le informazioni scientifiche (o la loro mancanza).
- Trama: Il modo in cui la storia si sviluppa.
- Morale/Soluzione: Il messaggio finale, la proposta politica.
I sostenitori della bonifica (li chiameremo “pro-clearance”) sono stati maestri nell’usare questi elementi, adattando le loro strategie man mano che le conoscenze scientifiche aumentavano e il supporto politico cresceva.
Le Trame Intessute per Salvare il Mare
Analizzando gli articoli di giornale, abbiamo identificato quattro tipi principali di “trame” usate dai pro-clearance:
1. Storie di Declino (Stories of Decline)
Questa è stata la narrazione dominante. Dipingeva un quadro sempre più cupo: le munizioni (i cattivi) si corrodono, il rischio di esplosioni aumenta, la contaminazione peggiora. Le vittime erano tante: l’ecosistema marino, la salute pubblica, l’economia (soprattutto l’eolico offshore bloccato). Qui, l’informazione scientifica, anche se limitata all’inizio, veniva usata per sottolineare la certezza del pericolo imminente. La metafora chiave? La “bomba a orologeria” (ticking time bomb). Funzionava alla grande per creare urgenza. Col tempo, con più dati (es. TNT trovato nei pesci), questa narrazione è diventata ancora più forte, collegando direttamente le munizioni a rischi concreti per le persone (“Il TNT nel piatto”).
2. Il Principio di Precauzione (Precautionary Principle Plot)
Questa è una variante affascinante della storia di declino, particolarmente usata quando l’incertezza scientifica era alta (soprattutto nel periodo 2001-2018). Il messaggio era: “Non sappiamo esattamente quanto sia grave il danno potenziale, ed è proprio per questo che dobbiamo agire ora, prima che sia troppo tardi!”. Qui, l’incertezza scientifica non era una scusa per l’inazione, ma la ragione stessa per agire. Si usavano le certezze disponibili (es. le bombe si corrodono) per evidenziare le grandi incertezze (es. dove sono tutte? quanto sono pericolose?). Anche qui, le munizioni erano i cattivi e l’ambiente e la salute le vittime potenziali. Una frase emblematica citata nello studio è: “Probabilmente ci vorrà ancora un po’ prima di un verdetto finale. Forse finché l’ultima granata non sarà arrugginita sul fondo del Mar Baltico”. L’urgenza nasceva proprio dal non sapere quando il punto di non ritorno sarebbe stato raggiunto.
3. Trame Cospirative (Conspiracy Plot)
Questa narrazione puntava il dito contro i cattivi umani: le amministrazioni passate, le istituzioni che avevano ignorato o minimizzato il problema, forse per paura dei costi. Si usavano frasi come “lontano dagli occhi, lontano dal cuore” o si accusavano i governi di “nascondere e banalizzare il problema”. Questa trama serviva a creare un senso di ingiustizia e a spingere per un cambio di rotta, distanziando i nuovi politici dalle colpe del passato. Curiosamente, questa trama usava meno le informazioni scientifiche dirette, concentrandosi più sulla responsabilità politica.
4. Storie di Controllo (Stories of Control)
Man mano che la ricerca progrediva e le tecnologie miglioravano (soprattutto nel periodo 2019-2021), emergeva questa narrazione più positiva. Il messaggio diventava: “Il problema è grave, ma possiamo gestirlo”. Gli eroi qui erano la scienza, la tecnologia, le aziende innovative, i ricercatori. Si sottolineava la fattibilità della bonifica sistematica, a volte dipingendola persino come un’opportunità economica per la Germania, leader in nuove tecnologie di recupero subacqueo. Questa trama mirava a infondere fiducia nella soluzione proposta. Interessante notare che, secondo l’analisi, questa trama usava meno la scienza per dimostrare la certezza (forse perché la bonifica su larga scala non era ancora iniziata), ma puntava molto sulla credibilità degli “eroi”.
La Danza Strategica tra Certezza e Incertezza
Una delle scoperte più interessanti è proprio come i sostenitori della bonifica abbiano usato strategicamente sia la certezza che l’incertezza scientifica per spingere verso il cambiamento. Questo va un po’ contro l’idea, a volte presente in letteratura, che la certezza serva a mantenere lo status quo e l’incertezza a promuoverne il cambiamento.
Qui abbiamo visto che:
- La certezza (anche se magari basata su dati parziali o proiettata con metafore forti come la “bomba a orologeria”) veniva usata nelle Storie di Declino per sottolineare l’urgenza e la gravità del problema attuale, e nelle Storie di Controllo per mostrare la fattibilità delle soluzioni.
- L’incertezza veniva usata magistralmente nelle trame basate sul Principio di Precauzione per dire: “Proprio perché non sappiamo tutto, dobbiamo agire per prevenire il peggio”.
Entrambe le strategie servivano allo stesso scopo: espandere il numero di persone e interessi coinvolti (il cosiddetto “scope of conflict”) e convincere che l’azione era necessaria. Chi si opponeva alla bonifica, invece, usava la certezza (dei costi, delle difficoltà) e l’incertezza (sui reali pericoli, sugli effetti della rimozione) per contenere il problema e giustificare l’inazione. Una vera partita a scacchi giocata con le parole e la scienza!
L’Evoluzione della Narrazione nel Tempo
Lo studio mostra anche chiaramente come le strategie narrative siano cambiate nel tempo, in risposta all’aumento delle informazioni scientifiche e del supporto politico.
- Periodo 1 (2001-2018): Con meno dati e meno supporto, dominavano le trame basate sul Principio di Precauzione (che sfruttano l’incertezza) e le prime Storie di Declino (che iniziavano a definire il problema).
- Periodo 2 (2019-2021): Con più ricerca, più attenzione mediatica e politica (anche grazie all’urgenza creata dall’espansione dell’eolico offshore), le Storie di Declino si sono rafforzate (usando più certezza sui rischi) e le Storie di Controllo sono diventate più prominenti (mostrando la fattibilità della soluzione). L’uso del Principio di Precauzione è diminuito, anche se non scomparso.
Questo suggerisce un processo di “apprendimento politico” (policy learning): i sostenitori della bonifica hanno imparato a usare le nuove informazioni per adattare e rendere più efficaci le loro storie.
Lezioni per Altre Sfide Marine (e Non Solo)
Questa storia tedesca non è solo affascinante in sé, ma offre lezioni preziose per affrontare altre complesse questioni di conservazione marina dove la scienza è incompleta o in rapida evoluzione. Pensiamo allo sfruttamento minerario dei fondali oceanici (deep-sea mining) o all’impatto dei parchi eolici offshore sugli ecosistemi.
Cosa possiamo imparare?
- La scienza da sola non basta: Servono narrazioni potenti che la traducano in messaggi comprensibili ed emotivamente coinvolgenti. Usare personaggi (eroi, vittime, cattivi) e metafore efficaci è cruciale.
- Flessibilità strategica: Bisogna saper usare sia la certezza che l’incertezza scientifica a proprio vantaggio, adattando la strategia al contesto e al livello di conoscenza disponibile.
- Adattabilità nel tempo: Le narrazioni devono evolvere man mano che la scienza progredisce e il contesto politico cambia. Passare dalla definizione del problema alla proposta di soluzioni fattibili è un passo chiave.
- Costruire coalizioni: Coinvolgere attori diversi (scienza, ONG, politica, industria) può rafforzare la narrazione e creare un fronte comune, soprattutto se si riesce a mostrare come la conservazione possa allinearsi (almeno in parte) con altri interessi, come quelli economici. Attenzione però a non dipendere troppo da questi allineamenti, perché gli interessi possono divergere nel lungo periodo.
- Trasparenza e credibilità: Usare strategicamente la scienza è un’arte sottile. Bisogna fare attenzione a non manipolare eccessivamente i dati o a fare promesse irrealistiche, per non perdere la fiducia del pubblico e degli stakeholder nel lungo termine.
Il caso delle munizioni nei mari tedeschi ci dimostra che anche di fronte a problemi enormi e a conoscenze imperfette, è possibile ottenere cambiamenti positivi per l’ambiente. La chiave sta nel combinare la migliore scienza disponibile con l’arte della narrazione, costruendo storie che non solo informino, ma che ispirino, mobilitino e convincano all’azione. Una lezione fondamentale nell’era della rapida industrializzazione degli oceani e delle crescenti pressioni sui nostri preziosi ecosistemi marini. La battaglia per la conservazione si vince anche (e forse soprattutto) con le parole giuste.
Fonte: Springer