Illustrazione concettuale fotorealistica che mostra l'enzima MTHFD2 come bersaglio all'interno di una cellula di mieloma multiplo stilizzata. Frecce luminose indicano l'alterazione del metabolismo energetico (mitocondri e glicolisi visibili sullo sfondo) e la sinergia con molecole del farmaco Bortezomib che interagiscono con la cellula. Lente macro 90mm, alta definizione dei dettagli cellulari, illuminazione drammatica controllata con toni blu e viola per evidenziare l'interazione farmacologica.

Mieloma Multiplo: Ho Trovato un Nuovo Tallone d’Achille! La Storia di MTHFD2

Ciao a tutti! Oggi voglio raccontarvi una storia affascinante che arriva direttamente dal fronte della ricerca contro il cancro, in particolare contro una “brutta bestia” chiamata Mieloma Multiplo (MM). Sapete, il MM è un tumore del sangue, una forma di cancro ematologico che purtroppo, ad oggi, rimane incurabile per molti. Nasce da una proliferazione incontrollata di plasmacellule un po’ “impazzite” nel midollo osseo.

Negli ultimi anni abbiamo fatto passi da gigante con nuove terapie, come gli inibitori del proteasoma (tipo il bortezomib), gli immunomodulatori e le terapie immunologiche super avanzate come gli anticorpi monoclonali e le CAR-T. Queste cure hanno davvero migliorato la sopravvivenza dei pazienti, e questo è fantastico! Ma c’è un “ma”: spesso il tumore diventa resistente ai farmaci o ritorna più aggressivo di prima (quello che chiamiamo fenomeno refrattario). Ecco perché c’è un bisogno disperato, quasi urlato, di trovare nuovi bersagli terapeutici, nuovi punti deboli da colpire.

Un Enzima Sotto i Riflettori: MTHFD2

Ed è qui che entra in gioco il protagonista della nostra storia: un enzima chiamato Metilentetraidrofolato deidrogenasi 2, o più semplicemente MTHFD2. Lo so, il nome è uno scioglilingua, ma fidatevi, è importante. Questo enzima lavora nei mitocondri, le centrali energetiche delle nostre cellule, ed è un pezzo chiave del cosiddetto metabolismo del carbonio-1 (1C). Questo metabolismo è fondamentale per un sacco di cose: creare aminoacidi, i mattoncini delle proteine; sintetizzare purine e pirimidine, i mattoncini del DNA e RNA; mantenere l’equilibrio epigenetico e gestire lo stress ossidativo.

Durante lo sviluppo embrionale, MTHFD2 è super attivo perché supporta la rapida crescita delle cellule. Nella maggior parte dei tessuti adulti, invece, se ne sta buono buono, quasi spento. Ma indovinate un po’? Nei tumori, MTHFD2 si riattiva e viene espresso a livelli molto alti in tantissimi tipi di cancro, dal cancro gastrico a quello del colon, dal rene alla leucemia mieloide acuta, e così via. Sembra proprio che le cellule tumorali abbiano un disperato bisogno di lui per crescere e proliferare.

Ma cosa fa esattamente MTHFD2 nel Mieloma Multiplo? Fino a poco tempo fa, il suo ruolo e i meccanismi precisi in questo specifico tumore erano avvolti nel mistero. E qui inizia la nostra avventura investigativa!

MTHFD2: Un Cattivo Compagno nel Mieloma Multiplo

La prima cosa che abbiamo fatto è stata andare a vedere i dati. Analizzando database pubblici (come GSE6477 e MMRF-CoMMpass), abbiamo avuto una conferma schiacciante: i livelli di MTHFD2 sono significativamente più alti nei pazienti con Mieloma Multiplo appena diagnosticato rispetto a donatori sani. Non solo: più avanzato è lo stadio della malattia (secondo la classificazione ISS), più alti sono i livelli di MTHFD2. E, dato ancora più preoccupante, alti livelli di MTHFD2 sono associati a una prognosi peggiore, cioè a una minore sopravvivenza globale dei pazienti.

Abbiamo anche confermato questi dati analizzando direttamente le cellule tumorali (le CD138+) prelevate da pazienti con MM: MTHFD2 era molto più espresso lì rispetto alle altre cellule del midollo (le CD138-). Insomma, tutti gli indizi puntavano nella stessa direzione: MTHFD2 sembra giocare un ruolo importante, e probabilmente negativo, nello sviluppo e nella progressione del Mieloma Multiplo.

Visualizzazione microscopica ad alta definizione di cellule di mieloma multiplo (MM) che mostrano un'intensa colorazione marrone per l'enzima MTHFD2, evidenziando la sua sovraespressione rispetto alle cellule circostanti più chiare. Lente macro, 100mm, illuminazione controllata per dettagli precisi delle cellule, focus selettivo sulle cellule positive a MTHFD2.

Spegnere l’Interruttore: Cosa Succede se Blocchiamo MTHFD2?

A questo punto, la domanda era ovvia: cosa succede se proviamo a “spegnere” MTHFD2 nelle cellule di Mieloma Multiplo? Per scoprirlo, abbiamo usato due approcci:

  1. Knockdown genetico: Abbiamo usato delle tecniche di ingegneria genetica (shRNA) per ridurre specificamente l’espressione di MTHFD2 in linee cellulari di MM (NCI-H929 e OPM2, scelte perché avevano livelli alti di questo enzima).
  2. Inibitore farmacologico: Abbiamo utilizzato un farmaco sperimentale, chiamato DS18561882 (DS), che è un inibitore specifico proprio di MTHFD2.

I risultati sono stati incredibilmente incoraggianti, quasi emozionanti!

Sia riducendo l’espressione genica sia usando l’inibitore DS, abbiamo osservato effetti anti-MM molto potenti in vitro (cioè in provetta, sulle cellule coltivate in laboratorio):

  • Inibizione della proliferazione: Le cellule di MM smettevano di crescere così velocemente. L’inibitore DS si è dimostrato efficace su diverse linee cellulari di MM, con concentrazioni inibitorie (IC50) piuttosto basse. Interessante notare che DS era molto più tossico per le cellule tumorali CD138+ rispetto alle cellule non tumorali CD138- prelevate dagli stessi pazienti, e mostrava pochissima tossicità sulle cellule sane del sangue (PBMC) di donatori sani. Questo suggerisce una certa selettività per le cellule malate!
  • Induzione dell’apoptosi: Le cellule tumorali iniziavano a “suicidarsi” attraverso un processo chiamato apoptosi. Abbiamo visto aumentare i marcatori tipici di questo processo, come la PARP clivata e la caspasi-3 clivata.
  • Arresto del ciclo cellulare: Le cellule si bloccavano in una fase specifica del loro ciclo di vita (la fase G0/G1), impedendo loro di dividersi. Questo era accompagnato da una diminuzione delle proteine che regolano questa fase, come CDK4 e ciclina D1.

Ma funzionava anche in vivo, cioè in un organismo vivente? Abbiamo creato dei modelli animali (topi NOG immunodeficienti) in cui abbiamo impiantato le cellule di MM umane. Ebbene sì! Sia nei topi trattati con cellule in cui MTHFD2 era stato “spento” geneticamente, sia in quelli trattati con l’inibitore DS, i tumori crescevano molto più lentamente ed erano significativamente più piccoli e leggeri rispetto ai gruppi di controllo. Le analisi dei tumori hanno confermato una minore proliferazione (meno Ki67) e una maggiore apoptosi (più caspasi-3 clivata). E tutto questo senza causare una perdita di peso significativa nei topi trattati con DS, suggerendo una buona tollerabilità.

Come Funziona? Sveliamo i Meccanismi

Ok, bloccare MTHFD2 funziona. Ma come? Essendo un enzima metabolico, la prima cosa che siamo andati a vedere è stata proprio l’impatto sul metabolismo energetico delle cellule di MM. Usando una tecnologia sofisticata (Seahorse XF analyzer), abbiamo misurato due parametri chiave:

  • Glicolisi (ECAR): La capacità della cellula di produrre energia “bruciando” zuccheri in assenza di ossigeno.
  • Respirazione mitocondriale (OCR): La capacità della cellula di produrre energia usando l’ossigeno nei mitocondri (un processo molto più efficiente).

I risultati? Colpire MTHFD2 mandava in tilt entrambi i sistemi! Abbiamo osservato una significativa riduzione sia della glicolisi basale e della capacità glicolitica, sia della capacità respiratoria basale e massima dei mitocondri. In pratica, le cellule di MM facevano molta più fatica a produrre l’energia necessaria per sopravvivere e crescere.

Grafico scientifico stilizzato ma fotorealistico che mostra una netta diminuzione della capacità di respirazione mitocondriale (OCR) in cellule di mieloma multiplo dopo l'inibizione di MTHFD2. Le curve del gruppo trattato sono significativamente più basse rispetto al controllo. Lente macro, 80mm, alta definizione dei tracciati, illuminazione da laboratorio controllata.

Ma non è tutto. MTHFD2, come dicevamo, è coinvolto nel metabolismo 1C, che fornisce intermedi per il ciclo della S-adenosilmetionina (SAM). La SAM è il principale “donatore di metili” nella cellula, fondamentale per un processo chiamato metilazione dell’RNA (m6A), che regola come l’RNA viene processato, localizzato e degradato. Abbiamo misurato i livelli di SAM e di m6A totale nelle cellule dopo aver bloccato MTHFD2 e, come sospettavamo, entrambi erano diminuiti. Quindi, MTHFD2 influenza anche questo importante meccanismo di regolazione genica.

Una Sorpresa: MTHFD2 Fa Anche Altro!

Qui la storia si fa ancora più intrigante. Ci siamo chiesti: se il problema è solo la mancanza di prodotti del metabolismo 1C (come il formiato, un prodotto finale), possiamo “salvare” le cellule fornendoglielo dall’esterno? Abbiamo provato ad aggiungere formiato alle colture cellulari dopo aver bloccato MTHFD2, ma… sorpresa! Il formiato non riusciva a ripristinare completamente la crescita cellulare. Questo ci ha fatto capire una cosa fondamentale: MTHFD2 deve avere anche delle funzioni non metaboliche importanti per il Mieloma Multiplo.

Per capirne di più, abbiamo fatto un’analisi bioinformatica (GSEA) su dati di espressione genica di pazienti con MM (dataset GSE24080), confrontando quelli con alti e bassi livelli di MTHFD2. Il risultato più eclatante? La via metabolica più influenzata era la “Unfolded Protein Response” (UPR), o Risposta alle Proteine Mal ripiegate.

Cos’è l’UPR? Le cellule di Mieloma Multiplo producono enormi quantità di proteine (gli anticorpi monoclonali anomali). Questo mette sotto stress un organello chiamato Reticolo Endoplasmatico (ER), che deve ripiegare correttamente tutte queste proteine. L’UPR è un sistema di controllo qualità che aiuta la cellula a gestire questo stress. È un’arma a doppio taglio: se lo stress è troppo, l’UPR può indurre la morte cellulare, ma se ben regolato, aiuta la cellula a sopravvivere. L’UPR ha tre “bracci” principali: IRE1α/XBP1, PERK e ATF6.

Andando a vedere le proteine chiave dell’UPR nelle nostre cellule trattate (sia con knockdown che con l’inibitore DS), abbiamo notato una cosa molto specifica: i livelli di XBP1s (la forma attiva, “spliced”, di XBP1, attivata dal braccio IRE1α) erano significativamente ridotti. Gli altri bracci dell’UPR non sembravano essere influenzati allo stesso modo. E, cosa cruciale, aggiungere formiato non ripristinava i livelli di XBP1s! Questo conferma l’idea che MTHFD2 regoli XBP1s attraverso un meccanismo indipendente dalla sua funzione metabolica enzimatica. Questo è importantissimo, perché la via IRE1α/XBP1s è nota per promuovere la sopravvivenza nel MM ed è considerata un bersaglio terapeutico.

Il Duo Dinamico: MTHFD2 e Bortezomib Insieme Contro il MM

Ora mettiamo insieme i pezzi. Il Bortezomib (Btz), uno dei farmaci cardine per il MM, agisce inibendo il proteasoma. Questo porta a un accumulo di proteine mal ripiegate, aumentando ulteriormente lo stress del Reticolo Endoplasmatico e spingendo l’UPR verso l’induzione della morte cellulare. Inoltre, è stato riportato che Btz può anche compromettere la funzione respiratoria dei mitocondri.

Vedete dove voglio arrivare? Noi abbiamo scoperto che bloccare MTHFD2:

  1. Inibisce la respirazione mitocondriale.
  2. Influenza l’UPR, in particolare riducendo XBP1s.

Sembra quasi che MTHFD2 e Bortezomib colpiscano punti vulnerabili simili o complementari della cellula di MM! Questo ci ha fatto ipotizzare che combinarli potesse essere una strategia vincente, magari potenziando l’effetto l’uno dell’altro (un effetto sinergico).

E così abbiamo provato. Abbiamo trattato le cellule di MM in vitro con l’inibitore DS, con Bortezomib, o con entrambi insieme. I risultati? Sinergia pura! La combinazione dei due farmaci era molto più efficace nell’inibire la proliferazione e nell’indurre l’apoptosi rispetto ai singoli trattamenti. Abbiamo anche visto che “spegnere” MTHFD2 rendeva le cellule di MM più sensibili al Bortezomib, mentre aumentarlo le rendeva più resistenti. Dal punto di vista metabolico, la combinazione DS + Btz riduceva la glicolisi e la capacità respiratoria mitocondriale in modo ancora più marcato.

Immagine fotorealistica di un modello murino di xenotrapianto per mieloma multiplo. Un topo mostra un tumore significativamente ridotto dopo il trattamento combinato con l'inibitore di MTHFD2 (DS) e Bortezomib (Btz), rispetto ai topi trattati con i singoli farmaci o con il veicolo. Lente teleobiettivo zoom 150mm, tracciamento del movimento leggero per catturare la scena in vivo, profondità di campo ridotta per focalizzare sui topi e sui tumori visibili.

Infine, abbiamo testato la combinazione anche nel nostro modello animale in vivo. I topi trattati con DS + Btz hanno mostrato una riduzione della crescita tumorale significativamente maggiore rispetto ai topi trattati solo con DS o solo con Btz. I tumori erano più piccoli, più leggeri, con meno cellule in proliferazione (Ki67) e più cellule in apoptosi (caspasi-3 clivata). E, ancora una volta, la combinazione è stata ben tollerata dai topi.

Cosa Ci Portiamo a Casa?

Questa ricerca, secondo me, è davvero entusiasmante. Abbiamo dimostrato che MTHFD2 è un attore chiave nel Mieloma Multiplo, sovraespresso e legato a una prognosi infausta. Colpirlo, sia geneticamente che farmacologicamente con l’inibitore DS, ha potenti effetti anti-tumorali, sia in vitro che in vivo.

Abbiamo svelato che MTHFD2 agisce su due fronti:

  • Alterando l’omeostasi metabolica: Riduce la capacità delle cellule di MM di produrre energia tramite glicolisi e respirazione mitocondriale, e abbassa i livelli di SAM e la metilazione dell’RNA.
  • Influenzando l’UPR tramite funzioni non metaboliche: Riduce i livelli della proteina pro-sopravvivenza XBP1s.

E la ciliegina sulla torta: abbiamo scoperto che bloccare MTHFD2 lavora in sinergia con il Bortezomib, potenziandone l’efficacia. Questo apre nuove, concrete prospettive per future strategie terapeutiche nel Mieloma Multiplo, magari combinando l’inibitore di MTHFD2 con le terapie standard per superare la resistenza o migliorare la risposta.

Certo, la strada è ancora lunga. Dobbiamo capire meglio i meccanismi non metabolici, indagare se questa strategia funziona anche nelle forme di MM resistenti a Bortezomib, esplorare il legame con altri attori importanti nel MM come c-Myc, e ovviamente, portare questi risultati verso studi clinici sull’uomo. Ma aver identificato MTHFD2 come un nuovo, promettente bersaglio terapeutico è già un passo avanti importantissimo nella lotta contro il Mieloma Multiplo. Speriamo che questa scoperta possa tradursi presto in nuove opzioni di cura per i pazienti!

Fonte: Springer

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