Ritratto fotorealistico, obiettivo 35mm, profondità di campo, che mostra una ricercatrice genetica pensierosa mentre osserva una visualizzazione luminosa di una sequenza di DNA su uno schermo trasparente, con sottili accenni di sfondo a pattern di mappe mondiali ancestrali. Duotono blu e grigio.

MPS VII: Svelando i Segreti del DNA tra Antenati e Nuove Varianti Genetiche

Ciao a tutti, appassionati di scienza e curiosi del nostro incredibile DNA! Oggi voglio portarvi con me in un viaggio affascinante nel mondo della genetica, alla scoperta di una malattia rara chiamata Mucopolisaccaridosi di tipo VII (MPS VII), conosciuta anche come Sindrome di Sly. È una condizione complessa, ma le storie che il nostro genoma può raccontare al riguardo sono davvero sorprendenti, mescolando indagini quasi da detective sulle origini ancestrali e la scoperta di nuovi tasselli nel puzzle genetico.

Cos’è la MPS VII (Sindrome di Sly)?

Immaginate le nostre cellule come città indaffarate. All’interno di queste città ci sono dei “centri di riciclaggio” specializzati chiamati lisosomi. La MPS VII è causata da un problema in uno di questi centri: manca o funziona male un operaio specializzato, un enzima chiamato beta-glucuronidasi. Questo enzima ha il compito di smaltire delle molecole complesse chiamate glicosaminoglicani (GAG). Quando l’enzima è K.O., questi GAG si accumulano dove non dovrebbero, un po’ come se la spazzatura non venisse raccolta in città. Questo accumulo, purtroppo, causa danni progressivi a vari organi e tessuti.

La MPS VII è una malattia autosomica recessiva, il che significa che una persona la sviluppa solo se eredita due copie “difettose” del gene responsabile, chiamato GUSB, una da ciascun genitore. I sintomi possono essere molto variabili e comparire già in fase fetale (con idrope fetale, un grave accumulo di liquidi) o durante l’infanzia. Tra le manifestazioni più comuni troviamo:

  • Problemi scheletrici progressivi (displasia scheletrica)
  • Manifestazioni cardiovascolari
  • Fegato e milza ingrossati (epatosplenomegalia)
  • Tratti del viso più marcati (“facies grossolana”)
  • In molti casi, declino cognitivo

Il trattamento oggi si concentra sulla gestione dei sintomi e sulla terapia di sostituzione enzimatica (ERT), che fornisce l’enzima mancante, o sul trapianto di cellule staminali ematopoietiche, anche se quest’ultimo ha delle limitazioni.

Un Mistero Brasiliano: La Variante p.Leu176Phe

Ora, entriamo nel vivo della nostra indagine. La MPS VII è rara ovunque, ma in alcune popolazioni si nota una frequenza maggiore di specifiche varianti genetiche, spesso a causa di “effetti fondatore” (quando un piccolo gruppo fonda una nuova popolazione portando con sé specifiche varianti) o endogamia (matrimoni tra consanguinei). In Brasile, una variante in particolare, chiamata p.Leu176Phe nel gene GUSB, sembrava essere la protagonista quasi assoluta. Uno studio precedente [10] aveva rivelato che ben 12 pazienti brasiliani su 13 erano omozigoti per questa variante (cioè avevano due copie identiche di p.Leu176Phe). Solo una paziente, proveniente dal nord del Brasile, era diversa: aveva una copia della p.Leu176Phe e un’altra variante, mai vista prima: la p.Leu292Pro.

Questo ci ha fatto drizzare le antenne: come mai questa p.Leu176Phe è così diffusa in un paese vasto e geneticamente variegato come il Brasile? Poteva esserci un’origine ancestrale comune?

Macro fotografia, obiettivo 90mm, che mostra filamenti intrecciati di una doppia elica di DNA con sottili linee luminose di mappe sovrapposte che rappresentano i continenti europeo e sudamericano. Dettaglio elevato, messa a fuoco precisa, illuminazione controllata e leggermente drammatica.

Alla Scoperta delle Origini: L’Analisi dell’Ascendenza

Per capirci di più, abbiamo indossato i panni dei detective genetici. Abbiamo analizzato il DNA di 5 pazienti brasiliani con MPS VII (quattro con la doppia p.Leu176Phe e una con la combinazione p.Leu176Phe/p.Leu292Pro) utilizzando dei marcatori speciali chiamati INDELs. Questi marcatori ci permettono di stimare le proporzioni delle diverse “radici” ancestrali che compongono il genoma di una persona, in particolare quelle europee, africane e amerindie, che sono le principali componenti della popolazione brasiliana.

E cosa abbiamo scoperto? Che in questo gruppo di pazienti, il contributo genetico europeo era predominante (in media il 52%) e significativamente maggiore rispetto a quello africano. L’ascendenza amerindia era la seconda più influente, anche se la differenza con quella europea non era statisticamente netta con questo piccolo campione. La paziente con la nuova variante p.Leu292Pro, curiosamente, mostrava la più alta percentuale di ascendenza europea (60%).

Questo risultato supporta l’ipotesi che la variante “brasiliana” p.Leu176Phe possa avere avuto origine in Europa, magari portata dai colonizzatori portoghesi o da altre ondate migratorie europee, e si sia poi diffusa nel paese. Certo, il Brasile è un melting pot incredibile, e la storia genetica è complessa, ma questa è una pista intrigante! Potrebbe anche esserci un collegamento con le popolazioni messicane, dove la MPS VII è relativamente frequente e dove c’è un mix di ascendenza amerindia ed europea, considerando le antiche migrazioni tra Nord e Sud America.

Una Nuova Variante Sotto i Riflettori: p.Leu292Pro

Ma torniamo alla nostra paziente “speciale”, quella con la combinazione unica di varianti: la comune p.Leu176Phe ereditata dal padre e la nuova p.Leu292Pro ereditata dalla madre. Identificare una nuova variante è sempre emozionante, ma solleva subito delle domande: è lei la causa della malattia? Come influisce sulla funzione dell’enzima beta-glucuronidasi?

Espressione Genica vs. Attività Enzimatica: Un Puzzle Complesso

Qui le cose si fanno davvero interessanti (e un po’ strane!). Abbiamo misurato l’attività dell’enzima beta-glucuronidasi nella paziente e nei suoi genitori. Come previsto, nella paziente l’attività era bassissima (0.70 nmol/h/mL nel plasma, contro un valore di riferimento di 30-300). Nei genitori, portatori sani, l’attività era ridotta ma presente: curiosamente, la madre (portatrice della nuova p.Leu292Pro) aveva un’attività più bassa (14.56 nmol/h/mL) rispetto al padre (portatore della p.Leu176Phe, con 43.49 nmol/h/mL).

Poi siamo andati a vedere l’espressione del gene GUSB, cioè quanto “messaggio” (mRNA) viene prodotto a partire dal gene per costruire l’enzima. E qui la sorpresa: l’analisi (RT-qPCR) ha mostrato che la paziente produceva una quantità di mRNA del gene GUSB non solo paragonabile a quella di un gruppo di controllo di persone sane, ma in alcuni casi persino superiore! Anche confrontando la paziente con i genitori, lei mostrava livelli di mRNA leggermente inferiori, ma la madre (con la p.Leu292Pro) ne produceva meno del padre (con la p.Leu176Phe).

Com’è possibile? È come se la cellula avesse la “ricetta” (l’mRNA) in abbondanza, ma il “prodotto finito” (l’enzima funzionante) fosse scarso o difettoso. Questo suggerisce che il problema potrebbe non essere solo nella quantità di messaggio prodotto, ma in quello che succede dopo: forse la proteina prodotta è instabile, viene degradata rapidamente, o non riesce a raggiungere il lisosoma. Ci sono meccanismi complessi di regolazione post-trascrizionale che potrebbero entrare in gioco. È un puzzle affascinante che merita ulteriori indagini!

Natura morta, obiettivo macro 100mm, che mostra un modello molecolare complesso dell'enzima GUSB parzialmente dissolto o malfunzionante accanto a un filamento chiaro e intatto di mRNA sotto una luce da laboratorio morbida e focalizzata. Dettaglio elevato, messa a fuoco precisa.

Cosa Ci Dice il Computer? L’Analisi In Silico

Non potendo “interrogare” direttamente la proteina in tutti i modi possibili nel contesto di questo studio, ci siamo affidati ai nostri “oracoli” digitali: i programmi di analisi in silico. Questi strumenti bioinformatici utilizzano algoritmi complessi per prevedere l’effetto di una variante genetica sulla proteina corrispondente. Abbiamo “dato in pasto” la nuova variante p.Leu292Pro a diversi di questi programmi (PolyPhen, SIFT, PROVEAN, Mutation Taster, HOPE). Il verdetto è stato abbastanza unanime: la variante è stata classificata come deleteria o probabilmente deleteria.

L’analisi ha mostrato che la sostituzione dell’amminoacido Leucina con Prolina alla posizione 292 avviene in una regione della proteina molto conservata tra diverse specie (anche rane e pesci zebra!), suggerendo che sia importante per la sua funzione. La prolina è un amminoacido un po’ “rigido” e potrebbe alterare la struttura locale della proteina, modificando le interazioni con altre parti dell’enzima o con il suo substrato (i GAG), compromettendone l’attività catalitica.

Conclusioni e Prospettive Future

Quindi, cosa abbiamo imparato da questo viaggio nel DNA della MPS VII?

  • L’analisi dell’ascendenza suggerisce fortemente un’origine europea per la variante p.Leu176Phe, la più comune in Brasile, aprendo nuove prospettive sulla storia genetica della malattia nel paese.
  • Abbiamo caratterizzato una nuova variante patogenetica, p.Leu292Pro, nel gene GUSB, aggiungendo un nuovo pezzo al complesso quadro delle mutazioni che causano la MPS VII.
  • Abbiamo osservato una discrepanza intrigante tra i livelli di mRNA del gene GUSB (apparentemente normali o alti) e la bassissima attività dell’enzima beta-glucuronidasi nella paziente con la nuova variante, indicando possibili problemi a livello post-trascrizionale.

Questo studio è solo l’inizio. C’è ancora tanto da scoprire su come esattamente la nuova variante p.Leu292Pro influenzi la proteina e contribuisca al fenotipo della malattia. Serviranno studi futuri, magari utilizzando modelli cellulari o in vitro, per comprendere appieno le relazioni tra genotipo (le varianti genetiche) e fenotipo (le manifestazioni cliniche) nella MPS VII, specialmente nel contesto unico della popolazione brasiliana. È una sfida complessa, ma ogni passo avanti ci avvicina a una migliore comprensione e, speriamo, a trattamenti più efficaci per questa rara malattia.

Fonte: Springer

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