Teleto zoom, 300 mm, velocità dell'otturatore rapido, tracciamento d'azione, barbiglio europeo e un oratore comune che nuota vicino alle acque fredde e leggermente torbide del fiume Severn durante l'inverno. La riva del fiume sullo sfondo sfocato mostra la vegetazione dormiente. L'immagine trasmette un senso di resilienza e attività nonostante il freddo.

Privilegi, Svantaggi e il Palcoscenico dell’Anima: Lo Psicodramma Incontra l’Intersezionalità

Avete mai pensato a come le diverse etichette che la società ci appiccica addosso – genere, etnia, classe sociale, orientamento sessuale, abilità fisiche e mentali – non siano compartimenti stagni, ma si intreccino in un modo unico per ognuno di noi? Ecco, questa è l’essenza dell’intersezionalità. Non si tratta semplicemente di sommare le discriminazioni o i privilegi come se fossero figurine, ma di capire come queste dimensioni interagiscano, creando realtà vissute complesse e sfaccettate. E sapete una cosa? C’è un approccio terapeutico e di esplorazione sociale che sembra fatto apposta per sviscerare queste dinamiche: lo psicodramma.

Mi sono imbattuto in un articolo illuminante che esplora proprio questo legame, “Von Privilegien und Benachteiligungen: Eine psychodramatische Annäherung an Intersektionalität”, e mi ha fatto riflettere su quanto questi due mondi siano concettualmente allineati, anche se finora non se n’è parlato abbastanza. Voglio condividere con voi alcune di queste riflessioni, perché credo davvero che possano aprire nuove prospettive.

Ma cos’è esattamente l’Intersezionalità? E perché dovrebbe interessarci?

Immaginate la vostra vita come una ragnatela complessa. Ogni filo rappresenta un aspetto della vostra identità o della vostra posizione sociale: siete uomini, donne, persone non binarie? Siete bianchi, neri, asiatici? Provenite da una famiglia agiata o avete lottato per ogni cosa? Siete abili o convivete con una disabilità? L’intersezionalità ci dice che la vostra esperienza del mondo non è data da un singolo filo, ma dal punto esatto in cui tutti questi fili si incrociano. Questa “singolare situazione di vita”, come la definiscono gli esperti, influenza profondamente le opportunità che abbiamo, le porte che ci si aprono e quelle che ci restano chiuse.

L’approccio intersezionale non si limita a constatare queste differenze, ma analizza come privilegi e marginalizzazioni nascano da norme legali, strutture istituzionali, pratiche culturali e, soprattutto, da rapporti di potere ben radicati. L’obiettivo? Contribuire a un mondo più sensibile alla diversità e, di conseguenza, più giusto. Non siamo mai riducibili a un’unica etichetta – “donna”, “immigrato”, “disabile” – ma siamo un meraviglioso (e a volte complicato) mix di tutte queste cose.

Lo Psicodramma: Mettere in Scena la Vita per Capirla Meglio

E qui entra in gioco lo psicodramma, una creatura affascinante nata dalla mente di Jacob Levy Moreno. Fin dalle sue origini, lo psicodramma è stato concepito come uno strumento di cambiamento sociale. Moreno lavorava con gruppi emarginati: persone con storie di migrazione, detenuti, ragazze con comportamenti considerati “problematici”, donne nella prostituzione. Il suo scopo era migliorare la loro posizione sociometrica nella società e dar loro gli strumenti per difendere i propri interessi collettivamente.

Moreno aveva una visione olistica: per lui, da persone più “sane” e consapevoli poteva nascere una società più “sana”. Questo si sposa perfettamente con l’esigenza dell’intersezionalità di mettere a fuoco i fattori strutturali che generano privilegi e svantaggi. Entrambi, in fondo, mirano a una comprensione più profonda del mondo per renderlo un posto migliore.

Un concetto chiave in Moreno è quello dell’atomo socio-culturale: non siamo isole, ma esseri profondamente interconnessi e dipendenti gli uni dagli altri. Ognuno di noi ha la responsabilità di co-creare il mondo in cui viviamo. Moreno sognava un mondo “in cui ogni individuo, indipendentemente dalla sua intelligenza, razza, credo, religione o appartenenza ideologica, abbia la stessa possibilità di sopravvivere e di applicarvi la propria spontaneità e creatività”. Un ideale che vedeva realizzabile in una comunità democratica e partecipativa, dove l’incontro con l’altro è un impegno etico fondamentale.

Un gruppo eterogeneo di persone di diverse etnie, età e generi, impegnate in una sessione di psicodramma su un palcoscenico. Alcuni interpretano ruoli attivamente, altri osservano con attenzione. L'illuminazione è teatrale, con un focus sui volti espressivi dei partecipanti. Fotografia di persone, obiettivo 35mm, bianco e nero con un leggero viraggio seppia per un effetto film noir, profondità di campo per mantenere a fuoco sia i protagonisti che gli osservatori.

Dal punto di vista intersezionale, siamo tutti multiculturali, perché apparteniamo a diverse culture interconnesse (coorti d’età, classi socio-economiche, ecc.). Queste “culture” plasmano la nostra esperienza di sé e il modo in cui gli altri ci trattano. E qui, la teoria dei ruoli di Moreno calza a pennello. Per lui, il è il prodotto dei ruoli che interpretiamo nella vita. Per capire una persona, dobbiamo considerare il suo repertorio di ruoli attuale e il suo “serbatoio” di ruoli passati. Moreno arriva a dire che “il ruolo è l’unità della cultura”. Un certo mix di ruoli può descrivere la cultura di un’azienda, di una nazione, o la “cultura di vita” di un individuo.

Sei Punti d’Incontro Fondamentali tra Psicodramma e Intersezionalità

L’articolo tedesco da cui prendo spunto evidenzia sei parallelismi chiave che mi sembrano illuminanti:

  • Impegno per il cambiamento sociale: Entrambi gli approcci nascono con una forte vocazione a trasformare la società e a dare voce agli oppressi.
  • Complessità dell’identità: L’intersezionalità parla di identità multiple che si intersecano; lo psicodramma, con la sua teoria dei ruoli, descrive il Sé come un insieme di ruoli.
  • Centralità dell’esperienza vissuta: Entrambi pongono l’accento sulla prospettiva soggettiva e su come le esperienze individuali siano plasmate da contesti più ampi.
  • Orientamento all’azione: Lo psicodramma è un metodo attivo che permette di esplorare e sperimentare alternative attraverso la messa in scena. L’intersezionalità spinge all’azione per smantellare le strutture di oppressione.
  • Comprensione scenica: Lo psicodramma organizza l’esperienza in “scene”. L’intersezionalità analizza come le diverse “scene” della vita (lavoro, famiglia, istituzioni) siano influenzate da privilegi e svantaggi.
  • Analisi del potere: Sebbene lo psicodramma abbia a volte trascurato un’analisi esplicita del potere, le sue radici e i suoi strumenti sono perfetti per esplorare le dinamiche di potere, un tema centrale per l’intersezionalità. Patricia Hill Collins, ad esempio, descrive una “matrice di dominio” che opera a livello strutturale, disciplinare, egemonico e interpersonale – tutti aspetti esplorabili con lo psicodramma.

Mettere in Pratica l’Intersezionalità con lo Psicodramma: Due Esempi Concreti

Ma come si traduce tutto questo in pratica? L’articolo propone due “arrangiamenti” psicodrammatici che trovo geniali per far diventare l’approccio intersezionale un’esperienza viva e tangibile.

1. Il “Riscaldamento” con le Parole Chiave e le Sculture Viventi:
Prima di affrontare temi così delicati, è cruciale creare un ambiente sicuro e coraggioso. Si inizia spargendo per la stanza dei cartoncini con parole chiave come: multiculturalità del Sé, potere, privilegi, svantaggi, discriminazione strutturale, stigmatizzazione (in)visibile, partecipazione, (dis)uguaglianza, giustizia sociale, intersezionalità. I partecipanti scelgono la parola che li colpisce di più, si raggruppano e discutono le loro associazioni ed esperienze. Poi, ogni gruppetto crea una “scultura vivente” per rappresentare il nocciolo della loro discussione. Un modo creativo per rendere tangibili concetti astratti e avviare una riflessione profonda.

2. Il “Power Flower” (Fiore del Potere) Psicodrammatico:
Il Power Flower è uno strumento fantastico, originariamente usato nell’educazione politica. Immaginate un fiore: ogni petalo rappresenta una dimensione della diversità (genere, età, etnia, status socio-economico, ecc.). I petali sono divisi in due anelli concentrici: quelli interni simboleggiano le aree in cui una persona gode di privilegi, quelli esterni le aree di marginalizzazione.

Nella versione psicodrammatica, si parte chiedendo al gruppo: “Quali identità sociali o appartenenze a gruppi giocano un ruolo importante nella vostra vita, nel vostro contesto lavorativo o nella vostra organizzazione?”. Le risposte diventano i “petali”. Ogni dimensione viene poi associata a due teli colorati (uno per il privilegio, uno per lo svantaggio), disposti a formare un fiore gigante nella stanza. I partecipanti esplorano questi “petali”, posizionandosi e riflettendo su come si sentono, quali immagini o esperienze emergono. “Cosa provo qui? Dove lo sento nel corpo?”. Poi, scelgono una dimensione significativa e si posizionano sul telo del privilegio o dello svantaggio, condividendo (se vogliono) un “Io sto qui perché…”.

La cosa potente è che si possono poi creare scene sociodrammatiche, permettendo scambi di ruolo tra posizioni privilegiate e svantaggiate – cosa spesso impossibile nella vita reale. Un uomo cisgender potrebbe interpretare una donna trans* per capire meglio il sessismo e la trans*negatività. Una persona rifugiata potrebbe mettersi nei panni di chi ha uno status di residenza sicuro. Questa “realtà surplus” dello psicodramma offre insight profondissimi e stimola la consapevolezza.

Una rappresentazione stilizzata del 'Power Flower' su un grande telo a terra, con petali di diversi colori che indicano varie dimensioni di identità (genere, etnia, classe). Alcune persone sono in piedi su diversi petali, in atteggiamento riflessivo, mentre un facilitatore osserva. L'immagine dovrebbe trasmettere un senso di esplorazione e consapevolezza. Fotografia di oggetti, obiettivo macro 90mm, alta definizione, illuminazione da studio controllata per evidenziare i colori e le texture del 'fiore' e le figure umane in modo chiaro.

3. La Comprensione Intersezionale dei Casi (in Supervisione):
Questo approccio è preziosissimo anche in contesti di supervisione. Si parte da un caso specifico (es. una giovane donna musulmana che ha difficoltà in un ambiente di lavoro laico e maschile). Si identificano le dimensioni di diversità rilevanti (genere, religione, etnia, età, ecc.) e si crea una “mappa psicodrammatica” nella stanza. I partecipanti possono “incarnare” queste diverse dimensioni, portando impulsi e prospettive, analizzando come le strutture di potere influenzino la situazione. Si scopre così la complessità del caso, andando oltre le letture superficiali.

Perché Tutto Questo è Importante?

Sia chi partecipa a un gruppo di psicodramma, sia chi lo conduce, porta con sé il proprio bagaglio culturale e le proprie appartenenze. L’approccio intersezionale ci ricorda che queste non sono mai singole, ma multiple e interconnesse, e che sono sempre in gioco dinamiche di potere.

C’è un crescente riconoscimento dell’importanza delle analisi intersezionali per comprendere la complessità delle condizioni umane, ma c’è ancora bisogno di sapere come integrare questa prospettiva nella pratica. Lo psicodramma, con la sua flessibilità e la sua capacità di rendere esperienziale l’apprendimento, offre strumenti potentissimi.

Credo fermamente che unendo le forze, l’intersezionalità e lo psicodramma possano arricchirsi a vicenda e contribuire in modo ancora più efficace a promuovere la giustizia sociale. Si tratta di aprire gli occhi, il cuore e il “palcoscenico” interiore per vedere noi stessi e gli altri nella nostra intera, complessa e meravigliosa umanità. E forse, così facendo, possiamo davvero iniziare a costruire quel mondo più giusto che sognava Moreno, un mondo in cui ognuno trovi un posto che assomigli al “desiderio del proprio cuore”.

Fonte: Springer

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Un’immagine concettuale che rappresenta l’intersezionalità: fili colorati diversi (rosso, blu, giallo, verde, viola) che si intrecciano strettamente a formare un complesso e vibrante tessuto tridimensionale. Alcuni fili sono più spessi (privilegi) altri più sottili o tesi (svantaggi). L’illuminazione mette in risalto la complessità dell’intreccio. Fotografia di still life, obiettivo macro 105mm, alta definizione, illuminazione laterale controllata per creare ombre e profondità, mettendo in risalto la texture e i colori intensi dei fili.
Psicologia Sociale
Scopri come lo psicodramma svela privilegi e svantaggi attraverso l’intersezionalità. Un approccio innovativo per una società più giusta e consapevole.
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Psicodramma e Intersezionalità: Svelare Privilegi e Svantaggi
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Pesci Invernali: Svelati i Segreti dei Loro Movimenti Sotto Zero!

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Ciao a tutti, appassionati di natura e misteri acquatici! Avete mai pensato a cosa combinano i pesci quando il termometro precipita e noi ci rintaniamo al caldo con una cioccolata fumante? Istintivamente, verrebbe da dire che se ne stanno belli tranquilli, magari in una sorta di letargo, aspettando tempi migliori. Beh, preparatevi a una sorpresa, perché quello che abbiamo scoperto nel fiume Severn, in Gran Bretagna, potrebbe farvi cambiare idea!

Mi sono immerso (metaforicamente, eh!) in uno studio affascinante che ha seguito i movimenti invernali di due specie ittiche molto comuni nei nostri fiumi temperati: il barbo europeo (Barbus barbus) e l’abramide comune (Abramis brama), che molti conoscono come breme. L’idea era semplice ma cruciale: capire quanto si riducono davvero le loro attività e i loro spostamenti con il freddo, e se entrano in quello stato di “quiescenza invernale” che tanto si ipotizza.

Ma cosa fanno esattamente questi pesci quando fa freddo?

Per scoprirlo, abbiamo usato una tecnologia pazzesca chiamata biotelemetria acustica. Immaginatela come una specie di “GPS subacqueo” per pesci. Abbiamo impiantato dei minuscoli trasmettitori nei nostri amici pinnuti, capaci non solo di tracciare i loro movimenti ma anche di misurare la loro temperatura corporea. Poi, abbiamo disseminato il fiume Severn e il suo affluente Teme di ricevitori pronti a captare ogni loro segnale. Abbiamo seguito i barbi negli inverni 2020/2021 e 2021/2022, e gli abramidi nell’inverno 2022/2023.

Le temperature corporee registrate sono state da brivido, letteralmente! Per i barbi si andava da 1.9 a 11.3 °C, mentre per gli abramidi addirittura da 0.4 a 12.8 °C. E la cosa più incredibile? Questi pesci sono rimasti generalmente attivi per tutto l’inverno, anche quando l’acqua era gelida.

Pensate che l’inverno sia una stagione di riposo per i pesci d’acqua dolce? Beh, non sempre! Le basse temperature, certo, riducono il loro metabolismo, la capacità di nuoto e la voglia di cercare cibo. A questo si aggiungono giornate più corte, possibile copertura di ghiaccio e piene improvvise che potrebbero ulteriormente impattare la loro vita. Alcuni pesci, è vero, entrano in uno stato di quiescenza, quasi un letargo, per risparmiare energie. Altri, invece, specialmente quelli abituati ad acque più fredde, continuano a darsi da fare per trovare cibo.

Nei fiumi temperati come il Severn, però, le condizioni invernali possono essere molto variabili: brevi periodi di freddo intenso e scarsa portata d’acqua si alternano a temperature più miti e piene improvvise. Queste montagne russe ambientali potrebbero impedire ai pesci di “spegnersi” completamente, costringendoli a reagire continuamente ai cambiamenti.

Il Barbo e l’Abramide: due caratteri a confronto invernale

Studi precedenti suggerivano che l’attività del barbo diminuisce con il freddo, diventando più diurno e meno attivo all’alba e al tramonto, con un aumento della tendenza a formare banchi e a usare rifugi. Addirittura, si pensava che sotto i 4 °C smettessero di muoversi. L’abramide, invece, pur formando grandi banchi relativamente statici in inverno, sembrava rimanere attivo tutto l’anno, sfruttando acque più profonde e calde ed evitando quelle superficiali e fredde. Una sorta di termoregolazione comportamentale, insomma. Tuttavia, anche per loro, sotto i 10 °C l’attività sembrava ridursi, con pochi movimenti sotto i 5 °C.

Il nostro studio, condotto nel basso bacino del fiume Severn, ha coinvolto il canale principale e l’affluente Teme. Il Severn è caratterizzato da sbarramenti artificiali (briglie) dotati di passaggi per pesci, mentre il Teme offre un habitat più variegato con sequenze di buche e raschi. Abbiamo monitorato i pesci per un periodo di 4 mesi, dal 1° novembre al 28 febbraio, per concentrarci proprio sul comportamento invernale, escludendo i movimenti pre-riproduttivi primaverili.

I pesci sono stati catturati con elettrostorditore o con la canna da pesca, misurati e poi, sotto anestesia, è stato loro impiantato il trasmettitore acustico. Questi aggeggini, pesanti meno del 2% del peso corporeo del pesce, emettevano un segnale ogni 60-180 secondi, permettendoci di identificarli individualmente e tracciarli per almeno 13 mesi. Dopo l’operazione, i pesci venivano fatti riprendere e rilasciati vicino al punto di cattura.

Lenti macro, 60 mm, dettagli elevati, messa a fuoco precisa, illuminazione controllata, che mostra un barbol europeo con i suoi caratteristici barbigli vicino alla sua bocca, nuotando vicino al letto del fiume in torbida acqua invernale del fiume Severn. Sono visibili alcune piante acquatiche dormienti e pietre fluviali lisce. L'acqua ha una leggera tinta marrone-verdastro e la luce è morbida e diffusa, tipica di una giornata invernale nuvolosa.

Una rete di 22 ricevitori acustici copriva una distanza fluviale totale di 53 km nel Teme e 83 km nel Severn. Questi ricevitori, attivi per tutto lo studio, registravano il passaggio dei pesci “marcati”, l’ora e la temperatura del trasmettitore (che consideriamo la temperatura corporea del pesce). Dei sensori di temperatura dell’acqua, posizionati in entrambi i fiumi, ci fornivano dati continui sulla temperatura ambientale.

Niente letargo, grazie! Attività sorprendente anche sotto zero

E qui arriva il bello! I dati raccolti sono stati una vera rivelazione. Tutti i pesci marcati sono sopravvissuti e sono stati tracciati per tutto l’inverno. Le temperature corporee dei barbi e degli abramidi erano strettamente correlate a quelle dell’acqua, come c’era da aspettarsi. Ma la cosa più interessante è che non abbiamo trovato prove evidenti che i pesci cercassero attivamente zone d’acqua più calda per termoregolarsi. Anzi, le temperature corporee degli abramidi erano mediamente di 0.65 °C inferiori a quelle del fiume, un dato curioso considerando la precisione dei sensori!

Ma la vera bomba è stata questa: i pesci marcati si muovevano nell’area monitorata durante tutto l’inverno, anche nei periodi di temperature più rigide e di portate d’acqua elevate. Un barbo è stato rilevato muoversi tra almeno due ricevitori nel 33% e 51% dei giorni rispettivamente nei due inverni studiati. Per gli abramidi, questa percentuale saliva addirittura al 73% dei giorni nell’inverno 2022/2023! E non parliamo di piccoli spostamenti: i barbi venivano rilevati su 2-7 ricevitori diversi, gli abramidi addirittura su 2-13.

I barbi frequentavano entrambi i fiumi, spingendosi anche a monte della briglia di Diglis sul Severn. Gli abramidi, pur preferendo il Severn, non disdegnavano qualche incursione nel Teme, con un individuo che si è avventurato addirittura a monte della briglia modificata di Powick. Queste osservazioni si riflettono nelle distanze percorse: gli abramidi si sono dimostrati dei veri maratoneti, con una distanza totale mediana percorsa di ben 106 km in un inverno, superiore persino a quella estiva (103 km)! I barbi, più stanziali, hanno comunque coperto distanze notevoli, con un “range” totale (l’area complessiva utilizzata) simile in inverno e in estate (mediana di circa 3.9 km in entrambe le stagioni).

Confrontando i movimenti invernali con quelli estivi degli stessi individui, abbiamo notato che per gli abramidi c’era una correlazione positiva e significativa nel range totale utilizzato, ma non nella distanza totale percorsa. Per i barbi, invece, non c’erano correlazioni significative tra i movimenti estivi e invernali. Sorprendentemente, né il range totale né la distanza totale percorsa dagli abramidi differivano significativamente tra estate e inverno. Anche per i barbi, sebbene la distanza mediana percorsa in inverno fosse inferiore a quella estiva, la differenza non era statisticamente significativa, e il range totale era praticamente identico.

Il mistero della termoregolazione: cercano il calduccio?

La temperatura più bassa a cui abbiamo rilevato un abramide in movimento tra due ricevitori è stata di 1.01 °C, e per un barbo di 2.23 °C. E questi movimenti avvenivano sia controcorrente che a favore di corrente, per tutto l’inverno. Gli abramidi si muovevano con qualsiasi portata d’acqua registrata, mentre i barbi sembravano più cauti con portate molto elevate. Nonostante le temperature ottimali per queste specie siano sopra i 10 °C e si pensasse che la loro attività cessasse sotto i 4-5 °C, i nostri dati raccontano una storia diversa. Niente rifugi caldi cercati attivamente, niente quiescenza prolungata. Questi pesci, nel Severn, sembrano aver adottato una strategia di attività continua, anche quando fa un freddo cane!

Teleotdo Zoom, 200 mm, velocità dell'otturatore rapido, tracciamento dell'azione, cattura di un oratore comune con il suo corpo compresso lateralmente, navigando una sezione del fiume Severn con un flusso moderato. La superficie dell'acqua mostra alcune increspature che indicano la corrente. Lo sfondo mostra la riva del fiume con una dormiente invernale sotto un cielo nuvoloso. L'immagine dovrebbe trasmettere movimento e resilienza in condizioni fredde.

Questi risultati sono importanti. Se i pesci rimangono attivi anche con il freddo, devono trovare l’energia per farlo. E in inverno la produttività dei fiumi è molto più bassa che in estate: meno cibo disponibile, giornate più corte. Mantenere le “spese energetiche” in queste condizioni, soprattutto considerando che la stagione riproduttiva arriva subito dopo, in primavera ed estate, è una bella sfida. Per chi pratica la pesca sportiva con rilascio (catch-and-release), questi dati suggeriscono che catturare pesci durante l’inverno è possibile, e forse anche meno stressante per loro rispetto al periodo estivo più caldo.

Allora, perché tutta questa agitazione invernale?

Ci sono diverse ipotesi. Forse i periodi di freddo intenso, quelli che teoricamente dovrebbero indurre la quiescenza, sono stati troppo brevi. Ad esempio, nell’inverno 2021/2022, meno del 2% dei giorni ha avuto temperature inferiori ai 4 °C, la soglia di attività precedentemente ipotizzata per il barbo. Certo, in altri inverni i periodi freddi sono stati più lunghi, ma l’attività è continuata.

Un fattore chiave sembra essere la portata del fiume. I nostri modelli statistici (GAMM) hanno rivelato che le distanze percorse da entrambe le specie erano significativamente e positivamente correlate sia alla portata che alla temperatura. In pratica, con più acqua e temperature (relativamente) più alte, si muovevano di più. Questo è stato osservato anche in altre specie: durante le piene, anche pesci normalmente stanziali tendono a muoversi di più, anche se spesso a valle. Le variazioni rapide di portata, tipiche del Severn in inverno (immaginate un aumento da 170 a 374 m³/s in sole 48 ore!), sembrano quindi modulare il comportamento dei pesci, spingendoli a rimanere attivi.

L’importanza dei “corridoi” fluviali e le sorprese individuali

L’abramide è tipicamente un pesce di acque lente e profonde. Ci aspettavamo quindi che rimanesse nel canale principale del Severn. Invece, sette individui si sono avventurati per almeno 1.5 km nel Teme, un ambiente più veloce e meno profondo, con uno che ha risalito il fiume per diversi chilometri, superando persino una briglia modificata. Anche i barbi sono stati rilevati a monte di questi ostacoli su entrambi i fiumi. Questo dimostra quanto sia cruciale la connettività fluviale: la modifica di barriere, come l’abbassamento o l’installazione di passaggi per pesci, aumenta la libertà di movimento anche per specie non salmonicole.

E poi c’è la variabilità individuale: ogni pesce è un mondo a sé! Alcuni si comportano come da manuale, altri ci sorprendono spostandosi in aree inaspettate. È il bello della ricerca sul campo.

Cosa ci insegna tutto questo?

Insomma, il mondo sottomarino invernale è tutt’altro che addormentato, almeno nel fiume Severn per barbi e abramidi! Questi pesci rimangono sorprendentemente attivi, percorrendo distanze considerevoli anche con temperature vicine allo zero, probabilmente a causa dell’influenza preponderante delle variazioni di portata del fiume. Certo, con temperature più miti si muovono ancora di più.

Resta ancora molto da scoprire sul significato biologico di questa attività invernale. Quanto incide sulla loro successiva capacità riproduttiva o sui movimenti estivi? Sono domande aperte che richiederanno ulteriori studi. Ma una cosa è certa: la vita nei nostri fiumi, anche nei mesi più freddi, è piena di dinamismo e sorprese. E io non vedo l’ora di continuare a esplorarla!

Fonte: Springer