Macro fotografia di Trialeurodes vaporariorum (mosca bianca delle serre) su una foglia verde di pomodoro in una serra, obiettivo macro 100mm, alta definizione, messa a fuoco precisa sui dettagli dell'insetto e della foglia, illuminazione controllata per evidenziare le texture.

Mosca Bianca Sotto la Lente: Segreti Genetici e Batteri “Coinquilini” nelle Popolazioni Turche!

Amici appassionati di scienza e natura, preparatevi perché oggi vi porto in un viaggio affascinante nel mondo microscopico di un insetto che, nonostante le sue piccole dimensioni, può causare grattacapi non da poco in agricoltura: la mosca bianca delle serre, il cui nome scientifico è Trialeurodes vaporariorum. Sembra un nome altisonante per un esserino così piccolo, vero? Eppure, questo emittero della famiglia Aleyrodidae è un vero e proprio specialista nel nutrirsi della linfa delle piante, e non si ferma qui!

Il “Cattivo” della Situazione: Chi è Trialeurodes vaporariorum?

Immaginatevi questi minuscoli insetti, sia adulti che giovani, che con i loro stiletti (una sorta di apparato boccale pungente-succhiante) si attaccano alle piante per sorseggiarne la linfa. Il risultato? Non solo un indebolimento della pianta, ma anche la produzione di una sostanza zuccherina chiamata melata. Questa melata, a sua volta, diventa il terreno fertile perfetto per lo sviluppo di funghi nerastri, la cosiddetta fumaggine, che imbratta foglie e frutti. E come se non bastasse, le mosche bianche sono anche abili vettori di virus vegetali, amplificando ulteriormente i danni alle colture. Tra le specie più note e temute ci sono lei, la nostra protagonista Trialeurodes vaporariorum, e la sua “cugina” Bemisia tabaci, la mosca bianca della patata dolce. Quest’ultima è addirittura un complesso di specie, con almeno 40 gruppi genetici distinti, ognuno con le sue peculiarità. Ma oggi concentriamoci sulla nostra T. vaporariorum.

La Nostra Missione in Turchia: Genetica e Batteri Alleati

Recentemente, un gruppo di ricercatori si è messo sulle tracce delle popolazioni di T. vaporariorum in diverse province della Turchia. L’obiettivo? Capire due cose fondamentali:

  • Come sono strutturate geneticamente queste popolazioni? Sono tutte uguali o ci sono differenze significative tra quelle di una regione e l’altra?
  • Quali batteri endosimbionti ospitano? E qui la faccenda si fa ancora più intrigante!

Per la parte genetica, ci siamo affidati a un marcatore molecolare molto usato, il gene COI (Citocromo Ossidasi I), una regione del DNA mitocondriale che ci dà indizi preziosi sulla storia evolutiva e sulla diversità genetica. Per scovare i batteri endosimbionti, invece, abbiamo usato primer specifici che puntano ai geni 16S e 23S di questi microrganismi.

Caccia al DNA: Cosa Abbiamo Scoperto sulla Genetica?

Ebbene, i risultati dell’analisi filogenetica basata sul gene COI sono stati piuttosto sorprendenti: nessuna divergenza genetica significativa tra le popolazioni di T. vaporariorum campionate in Turchia! In pratica, sembrano tutte molto, molto simili tra loro. Anche confrontandole con popolazioni di riferimento di altri paesi, la variazione nelle sequenze era limitata. Questo suggerisce che le popolazioni turche di questa mosca bianca potrebbero derivare da un’unica introduzione, o che ci sia un flusso genico continuo tra le diverse aree, mantenendo così una certa omogeneità genetica. Pensate, studi precedenti in regioni geograficamente vicine, come la Serbia, avevano riportato una simile omogeneità. Addirittura, un’analisi su popolazioni da 18 paesi, inclusa la Turchia, aveva identificato solo due grandi gruppi, e la popolazione turca rientrava in quello dell’emisfero settentrionale, insieme a quella greca. Quindi, questa bassa variazione genetica sembra essere una caratteristica globale di T. vaporariorum, probabilmente legata alla sua diffusione tramite il commercio di piante e a recenti espansioni di popolazione.
Fotografia macro di un gruppo di mosche bianche Trialeurodes vaporariorum su una foglia di pomodoro in serra, con evidenti goccioline di melata. Obiettivo macro 100mm, alta definizione, messa a fuoco precisa sui dettagli degli insetti e della foglia, illuminazione controllata per evidenziare le texture.
Certo, il gene COI è un marcatore mitocondriale. Altri studi che hanno usato marcatori nucleari, come gli allozimi, hanno mostrato qualche differenziazione in più, ma comunque con una certa connettività tra le popolazioni.

Un Mondo Nascosto: Gli Endosimbionti!

Ora passiamo alla parte forse più “esotica”: gli endosimbionti. Cosa sono? Sono batteri che vivono all’interno delle cellule del loro ospite, in una relazione di simbiosi. Nelle mosche bianche, c’è un endosimbionte primario, chiamato Portiera aleyrodidarum, che è presente in tutte le specie della famiglia Aleyrodidae e svolge un ruolo cruciale nella sintesi di amminoacidi essenziali che l’insetto non riesce a procurarsi dalla sua dieta a base di linfa. Ma poi ci sono gli endosimbionti secondari, una vera e propria “fauna” batterica che può includere nomi come Arsenophonus, Cardinium, Hamiltonella, Rickettsia e Wolbachia. Questi “ospiti secondari” possono influenzare un sacco di aspetti della vita della mosca bianca: dalla sintesi di amminoacidi alla riproduzione, dalla resistenza agli insetticidi alla tolleranza termica, e persino alla capacità di trasmettere virus! Ad esempio, in Bemisia tabaci, si è visto che Arsenophonus e Hamiltonella giocano un ruolo importante nella trasmissione del temibile virus dell’accartocciamento fogliare giallo del pomodoro (TYLCV), mentre Rickettsia può aumentare la tolleranza al caldo ma anche la suscettibilità ad alcuni insetticidi.

La Sorpresa degli Endosimbionti Turchi

Tornando alle nostre mosche bianche turche, l’endosimbionte primario, Portiera, è stato trovato in tutti gli individui analizzati, come ci si aspettava. Tra i secondari, i più comuni sono risultati essere Arsenophonus e, a seguire, Hamiltonella. E qui arriva il bello: è emersa una variazione geografica nella composizione degli endosimbionti!
Le popolazioni delle regioni occidentali della Turchia (come quelle di İzmir e Mersin) erano generalmente prive di Hamiltonella (con una sola eccezione in un individuo di Mersin). In queste popolazioni, Arsenophonus era il batterio secondario dominante, un profilo simile a quello riscontrato in Grecia, Brasile e Camerun.
Invece, spostandoci verso est (nelle province di Karaman, Adana, Osmaniye e Hatay), le mosche bianche erano spesso co-infettate sia da Arsenophonus che da Hamiltonella. Questo quadro ricorda più da vicino quello osservato in Croazia e Macedonia. Addirittura, in un singolo campione proveniente da Osmaniye è stata rilevata la presenza di Rickettsia! Altri endosimbionti come Wolbachia e Cardinium, invece, non sono stati trovati in nessun campione.
L’analisi statistica ha confermato questa divisione: le popolazioni di T. vaporariorum si sono raggruppate in due cluster principali, distinti principalmente dalla presenza o assenza di Hamiltonella.

Ma Perché Tutta Questa Fatica? A Cosa Serve Sapere Queste Cose?

Vi chiederete: ma perché studiare con tanta attenzione la genetica e i batteri “inquilini” di una mosca bianca? Beh, capire la struttura genetica di una popolazione di insetto dannoso ci aiuta a tracciare le sue vie di introduzione, a identificare le possibili popolazioni di origine e a valutare la connettività tra diverse aree. Tutte informazioni cruciali per gestire un parassita invasivo.
E gli endosimbionti? Come abbiamo visto, possono influenzare tantissimo la biologia dell’ospite. La variazione nella loro composizione tra diverse regioni potrebbe riflettere un adattamento locale e avere un impatto sulla fitness dell’insetto e sulle sue interazioni ecologiche. Conoscere il profilo di questi batteri migliora la nostra comprensione della biologia della mosca bianca e può supportare lo sviluppo di strategie di controllo dei parassiti più mirate e sostenibili.

Cosa Ci Riserva il Futuro?

Questo studio ci ha detto che, nonostante una sostanziale omogeneità genetica a livello del gene COI, le popolazioni turche di Trialeurodes vaporariorum mostrano differenze interessanti nella composizione dei loro endosimbionti secondari, specialmente per quanto riguarda Hamiltonella. Questa variazione negli endosimbionti, a fronte di una genetica apparentemente uniforme (almeno per il marcatore usato), apre scenari intriganti. Forse ci sono differenze genetiche più sottili che i marcatori mitocondriali da soli non riescono a cogliere. Per questo, studi futuri che utilizzino strumenti più potenti, come i microsatelliti o approcci genomici su larga scala, saranno necessari per svelare variazioni genetiche più fini e la loro relazione con la diversità degli endosimbionti.
Insomma, anche un piccolo insetto come la mosca bianca nasconde un universo di complessità genetica e simbiotica tutto da esplorare! E ogni nuova scoperta ci avvicina un po’ di più a comprendere e, speriamo, a gestire meglio questi minuscoli ma potentissimi attori del nostro ecosistema agricolo.

Fonte: Springer

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