Ritratto intenso di un pescatore keniota del Lago Vittoria, obiettivo 35mm, bianco e nero, profondità di campo, che riflette le difficoltà e la resilienza della sua vita.

Pescatori del Lago Vittoria: Morire Giovani, Non Solo di HIV

Ragazzi, lasciate che vi racconti una storia che arriva dalle rive del Lago Vittoria, in Kenya. Un posto che magari immaginiamo pieno di vita, di natura rigogliosa, ma che nasconde realtà dure, difficili da digerire. Mi sono imbattuto in uno studio recente che ha acceso un faro su una situazione davvero preoccupante: l’altissima mortalità tra i pescatori che lavorano lì, nella contea di Siaya. E no, non è “solo” l’HIV il problema, come forse si potrebbe pensare data la storia della regione. La faccenda è molto più complessa e, francamente, allarmante.

Numeri che Fanno Rabbrividire

Lo studio in questione era nato per capire come migliorare i test HIV e l’accesso alle cure per questi uomini, una popolazione considerata ad alto rischio. Hanno seguito quasi mille pescatori per sei mesi. Ebbene, durante questo periodo relativamente breve, ben 12 di loro sono morti. Facendo due conti, viene fuori un tasso di mortalità di 1.284 decessi ogni 100.000 pescatori. Sembra un numero astratto? Mettiamolo in prospettiva: è 3,1 volte più alto del tasso di mortalità medio degli uomini kenioti in generale (che è di 419 per 100.000). Capite? Tre volte tanto. Una cifra che ti lascia senza fiato e ti fa chiedere: ma cosa sta succedendo davvero su quelle spiagge?

Non Solo HIV: Un Mix Letale di Cause

Certo, l’HIV gioca ancora un ruolo tragico. Due dei decessi (il 17%) erano legati a complicazioni dell’HIV, magari per diagnosi tardive o difficoltà a seguire le terapie. In una regione dove la prevalenza dell’HIV tra i pescatori può raggiungere cifre spaventose (dal 23% al 29%, contro il 3,1% della media nazionale maschile), questo non sorprende, ma rattrista sempre profondamente.

Ma ecco la parte che forse non ci si aspetta: l’HIV non era la causa principale. Guardate un po’ la distribuzione delle altre cause di morte:

  • Cancro: 3 decessi (25%)
  • Malattie cardiovascolari (come ictus o problemi legati all’ipertensione): 3 decessi (25%)
  • Incidenti legati all’alcol (violenze, forse? O problemi di salute esacerbati?): 2 decessi (17%)
  • Altre cause varie: 2 decessi (17%)

Questo ci dice una cosa fondamentale: la vita del pescatore sul Lago Vittoria è minacciata da un fronte molto più ampio. L’HIV è una battaglia importante, ma è solo una delle tante guerre che questi uomini combattono ogni giorno per la sopravvivenza.

Un gruppo di pescatori kenioti che riparano le reti sulla riva del Lago Vittoria, obiettivo 50mm, luce naturale del mattino, catturando la fatica e la comunità del loro lavoro. High detail.

Una Vita al Limite: Rischi Quotidiani e Barriere Sanitarie

Perché questa mortalità così alta? Proviamo a immedesimarci. La vita del pescatore è dura. Passano giorni, a volte notti intere, sul lago, esposti alle intemperie, al rischio costante di annegamento o di attacchi da parte di animali selvatici (ippopotami, coccodrilli…). Il lavoro è faticoso e il guadagno spesso scarso (la maggioranza guadagnava meno di 83 dollari al mese, secondo lo studio).

In questo contesto, l’alcol diventa spesso un compagno fin troppo presente. Aiuta a sopportare la fatica? A socializzare? Forse. Ma porta con sé un carico pesante: aumenta il rischio di comportamenti sessuali pericolosi (e quindi di HIV), peggiora condizioni di salute preesistenti e, come abbiamo visto, può sfociare in violenza o incidenti mortali. Studi precedenti nella stessa area avevano già collegato l’abuso di alcol al 72% delle morti per aggressione tra i pescatori.

Aggiungiamo poi le barriere all’accesso sanitario. Le cliniche sono spesso lontane. Gli orari di apertura sono incompatibili con quelli di chi esce in barca all’alba e rientra al tramonto. E poi c’è un fattore culturale, una sorta di “machismo” che porta molti uomini a considerare le cliniche come posti “per donne e bambini”, e a cercare aiuto medico solo quando ormai è troppo tardi. Si sentono invincibili, forse, o semplicemente danno priorità ad altri rischi percepiti come più immediati, come quello di non portare a casa il pescato del giorno. L’HIV, il cancro, l’ipertensione… sembrano minacce lontane rispetto al pericolo di una tempesta improvvisa sul lago.

Una semplice clinica sanitaria rurale in Kenya vicino al Lago Vittoria, obiettivo grandangolare 24mm, luce diurna diffusa, che mostra le sfide dell'accesso alle cure mediche per le comunità di pescatori remote. Sharp focus.

Cosa Possiamo Imparare? L’Importanza di un Approccio Integrato

Questa analisi, pur con i suoi limiti (periodo di osservazione breve, dati basati su racconti e non su autopsie), ci lancia un messaggio forte e chiaro. Non possiamo affrontare i problemi di salute di queste comunità a compartimenti stagni. Concentrarsi solo sull’HIV, per quanto cruciale, non basta.

Serve un approccio multi-malattia. Dobbiamo pensare a interventi che integrino la prevenzione e la cura dell’HIV con screening e gestione per le malattie cardiovascolari, per i tumori (alcuni dei quali, ricordiamolo, sono legati anche all’alcol o a infezioni sessualmente trasmissibili), e con programmi seri per contrastare l’abuso di alcol e la violenza.

E soprattutto, questi interventi devono essere pensati per i pescatori: devono essere convenienti, magari portando i servizi vicino alle spiagge o usando unità mobili, con orari flessibili, e devono tenere conto della loro cultura e delle loro priorità. Bisogna lavorare per scardinare le norme di genere che li tengono lontani dalle cure.

Insomma, la lotta per porre fine all’epidemia di HIV in contesti come questo passa necessariamente anche per l’affrontare tutte le altre condizioni che minacciano la vita di queste persone. È una sfida complessa, ma fondamentale se vogliamo davvero migliorare la salute e dare una speranza di vita più lunga ai pescatori del Lago Vittoria.

Fonte: Springer

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