Svelare i Misteri della Mortalità Eccessiva: Un Nuovo Sguardo sulle Popolazioni Vulnerabili durante le Crisi
Amici, parliamoci chiaro. Quando una crisi come una pandemia o, ahimè, una guerra, colpisce, sappiamo tutti che alcune persone sono più a rischio di altre. Pensate agli anziani nelle case di cura, per esempio. Istintivamente sentiamo che per loro il colpo è più duro. Ma quanto più duro? E come facciamo a distinguere la loro vulnerabilità di base dall’impatto specifico della crisi, che magari colpisce un po’ tutti?
Ecco, recentemente mi sono imbattuto in un lavoro scientifico che propone un modo nuovo e, devo dire, piuttosto brillante per districare questa matassa. Si parla di un concetto chiamato “mortalità eccesso dell’eccesso“. Suona un po’ come un gioco di parole, vero? Ma vi assicuro che è una chiave di lettura potentissima per capire cosa succede davvero ai gruppi più fragili quando il mondo va sottosopra.
Cos’è questa “Mortalità Eccesso dell’Eccesso”?
Immaginate la mortalità come una torta a strati. Per un gruppo vulnerabile, anche in tempi normali, c’è uno strato di “mortalità in eccesso” dovuto proprio alla sua condizione di vulnerabilità (ad esempio, l’età avanzata o condizioni di salute precarie). Poi arriva una crisi, come il COVID-19. Questa crisi aggiunge un altro strato di “mortalità in eccesso” per tutta la popolazione generale, perché, beh, è una crisi!
Ma la domanda cruciale è: i gruppi vulnerabili sperimentano un ulteriore strato di mortalità, uno specifico della crisi e della loro vulnerabilità, che va oltre questi due strati già considerati? La risposta, spesso, è sì. E questo “extra strato” è proprio la “mortalità eccesso dell’eccesso“.
Distinguere questi componenti è fondamentale. Senza farlo, potremmo, per esempio, confondere la mortalità extra dovuta alla vulnerabilità preesistente con quella specificamente causata dalla crisi per quel gruppo, oppure dimenticarci che anche la popolazione generale ha subito un aumento di mortalità. Insomma, rischieremmo di non capire la vera portata del problema per chi è già in difficoltà.
Il Caso Olandese: Le Case di Cura e il COVID-19
Per mettere alla prova questo nuovo approccio, i ricercatori hanno analizzato i dati dei residenti delle case di cura olandesi con 70 anni e più durante la pandemia di COVID-19, negli anni 2020 e 2021. E chi meglio di loro, purtroppo, per testare un modello del genere? Sappiamo tutti quanto duramente siano state colpite le case di cura.
Non solo la fragilità degli ospiti li rendeva più suscettibili al virus o agli effetti indiretti della pandemia, ma la natura stessa delle case di cura – con persone che vivono a stretto contatto, assistite dallo stesso personale – rendeva il distanziamento sociale un’impresa quasi impossibile. Era quindi logico aspettarsi che avessero sofferto di più rispetto alla popolazione generale, sperimentando, appunto, una “mortalità eccesso dell’eccesso”.
Utilizzando dati individuali forniti da Statistics Netherlands (l’ufficio statistico olandese), hanno esteso i metodi standard di sopravvivenza relativa. Questi modelli, di solito, dividono la mortalità osservata in una componente “di fondo” (quella che ci si aspetterebbe in assenza di particolari fattori di rischio) e una “in eccesso”. La novità qui è stata incorporare molteplici componenti di mortalità in eccesso. E, cosa molto interessante, hanno usato un modello a rischi additivi. Perché? Perché questo tipo di modello permette di gestire anche i periodi in cui, sorprendentemente, la mortalità è stata inferiore alle attese (un fenomeno osservato in certi momenti della pandemia).

Quantificare questa “mortalità eccesso dell’eccesso” non è solo un esercizio statistico. Serve a dare numeri concreti alle prove aneddotiche che tutti abbiamo sentito, illustrando il vero bilancio di vite umane. E, cosa ancora più importante, aiuta chi prende le decisioni e chi lavora nell’assistenza a prepararsi meglio per future pandemie. Se sappiamo quali gruppi hanno sofferto di più, possiamo pensare a misure protettive mirate.
Cosa Abbiamo Scoperto? I Risultati Chiave
I risultati dello studio olandese hanno confermato il grave impatto della pandemia sui residenti delle case di cura. In generale, gli uomini e le fasce d’età più anziane hanno sperimentato una “mortalità eccesso dell’eccesso” più elevata, sia in termini assoluti che relativi.
Un aspetto affascinante è che il modello ha permesso di vedere come questa mortalità extra si è evoluta nel tempo. Ad esempio, si è osservato che all’inizio del 2020, sia la mortalità in eccesso generale dovuta alla pandemia sia la “mortalità eccesso dell’eccesso” sono state negative. Questo è in linea con studi precedenti che indicavano come il 2020 fosse iniziato con una stagione di infezioni respiratorie relativamente “mite” rispetto agli anni precedenti. Poi, ovviamente, la situazione è cambiata drasticamente con l’arrivo delle ondate COVID.
Interessante anche notare che tra marzo e luglio 2021, la “mortalità eccesso dell’eccesso” cumulativa si è stabilizzata o è leggermente diminuita in tutti i gruppi, per poi ricominciare a salire intorno a settembre 2021, in coincidenza con la terza ondata. La campagna vaccinale, iniziata a gennaio 2021, potrebbe in parte spiegare questo andamento, così come una stagione influenzale 2020-2021 particolarmente blanda.
Un altro punto cruciale emerso è l’importanza di scegliere la giusta popolazione di riferimento per calcolare la mortalità “di fondo”. Usare le tabelle di mortalità dell’intera popolazione può essere fuorviante se il gruppo vulnerabile che stiamo studiando (come i residenti delle case di cura tra gli over 70) costituisce una porzione significativa di quella popolazione e ha tassi di mortalità molto diversi. In pratica, si rischia di sottostimare la mortalità in eccesso. Lo studio ha infatti costruito manualmente i tassi di mortalità di fondo usando dati individuali di chi non era in casa di cura, ottenendo stime più accurate.
Pensateci: se la vostra “base di normalità” è già “gonfiata” dalla mortalità più alta del gruppo vulnerabile, l’eccesso che calcolerete per quel gruppo sembrerà più piccolo di quanto non sia in realtà. È come misurare l’altezza di una montagna partendo da una collina invece che dal livello del mare!
Oltre le Case di Cura: La Versatilità del Modello
Sebbene l’esempio specifico riguardasse i residenti delle case di cura durante il COVID-19, il concetto di “mortalità eccesso dell’eccesso” è molto più generale. Può essere applicato a qualsiasi contesto in cui ci siano due o più cause distinte di mortalità in eccesso che potrebbero interagire tra loro, portando a una mortalità maggiore (o minore!) di quanto ci si aspetterebbe considerando le cause separatamente.
Pensiamo ad altri gruppi vulnerabili durante altre crisi. O addirittura, come suggeriscono gli autori, si potrebbe usare questo modello per studiare gruppi che non sono più vulnerabili, ma magari più resilienti della popolazione generale. Ad esempio, i medici nei Paesi Bassi hanno una mortalità di base inferiore alla media (grazie a una migliore posizione socio-economica). Durante la pandemia, la loro “mortalità eccesso dell’eccesso” potrebbe essere stata positiva (più contatti con infetti) o negativa (maggiore consapevolezza delle misure, priorità nelle vaccinazioni). È una domanda aperta che questo tipo di modello potrebbe aiutare a indagare.

Certo, ci sono delle limitazioni. Questo modello richiede dati dettagliati sul gruppo di interesse e sulla popolazione di riferimento. E bisogna fare attenzione a non trarre conclusioni causali affrettate. I risultati sono principalmente descrittivi: ci dicono cosa è successo, non necessariamente perché in termini di causa-effetto di specifiche misure.
Tuttavia, la capacità di questo approccio di scomporre la mortalità in eccesso in componenti più specifiche è, a mio avviso, un enorme passo avanti. Ci offre una lente più nitida per osservare fenomeni complessi, per quantificare l’impatto reale delle crisi sui più fragili e, speriamo, per prendere decisioni più informate in futuro.
In conclusione, questo concetto di “mortalità eccesso dell’eccesso” non è solo un tecnicismo per addetti ai lavori. È uno strumento che ci aiuta a onorare la verità dei numeri, specialmente quando quei numeri raccontano storie di vulnerabilità e sofferenza. E capire meglio è il primo passo per agire meglio.
Fonte: Springer
