Spiare l’Aterosclerosi: Come PET e CT Rivoluzionano la Diagnosi Precoce e il Monitoraggio
Ciao a tutti! Oggi voglio parlarvi di qualcosa che mi appassiona molto: come possiamo “vedere” dentro le nostre arterie per combattere uno dei nemici silenziosi più diffusi nel mondo occidentale, l’aterosclerosi. Sapete, quella condizione subdola che porta a infarti e ictus e che, pensate un po’, è responsabile di circa la metà dei decessi nei paesi industrializzati. Un problema enorme, anche economicamente parlando.
Ma cos’è esattamente l’aterosclerosi? Immaginatela come un processo infiammatorio complesso che colpisce le pareti delle nostre arterie. Tutto inizia spesso con un eccesso di colesterolo “cattivo” (LDL) che si infiltra e si accumula sotto lo strato più interno dei vasi. Questo scatena una risposta immunitaria: arrivano cellule speciali, i macrofagi, che cercano di “pulire” inglobando il colesterolo ossidato. Peccato che a volte ne inglobino così tanto da trasformarsi in “cellule schiumose” (foam cells), gonfie di lipidi.
Queste cellule schiumose sono un po’ le prime avvisaglie visibili al microscopio, le cosiddette “strie lipidiche”. Col tempo, queste strie possono evolvere in placche aterosclerotiche vere e proprie. Le cellule schiumose muoiono, rilasciano il loro contenuto, formando un nucleo lipidico che è altamente trombogenico (cioè può formare coaguli). Sopra questo nucleo si forma una sorta di cappuccio fibroso. La placca cresce, ispessisce la parete dell’arteria e, come se non bastasse, spesso innesca un processo di calcificazione.
La Calcificazione: Un Segnale d’Allarme?
La calcificazione, cioè il deposito di fosfato di calcio nelle pareti arteriose, è un indicatore del carico di placca aterosclerotica. Anche se per certi versi può stabilizzare la placca, in altre situazioni, specialmente all’interno del cappuccio fibroso, può aumentare lo stress locale e il rischio che la placca si rompa, causando eventi cardiovascolari acuti. Capite bene quanto sia cruciale poter visualizzare e monitorare queste placche, la loro infiammazione e la loro calcificazione.
Ed è qui che entra in gioco la diagnostica per immagini avanzata! Negli ultimi anni, abbiamo fatto passi da gigante. Tra le tecniche più promettenti ci sono la Tomografia a Emissione di Positroni (PET) e la Tomografia Computerizzata (CT) ad alta risoluzione.
Gli Strumenti del Mestiere: 18F-FDG, 18F-NaF e MicroCT
Per “vedere” l’aterosclerosi, usiamo dei “traccianti” radioattivi per la PET. I due più studiati in questo campo sono:
- 18F-FDG (Fluorodesossiglucosio): È un analogo dello zucchero. Le cellule molto attive metabolicamente, come i macrofagi infiammati nelle placche, consumano più glucosio. Quindi, un accumulo di 18F-FDG ci segnala la presenza di infiammazione. È considerato un buon indicatore soprattutto nelle fasi iniziali della malattia.
- 18F-NaF (Fluoruro di Sodio): Questo tracciante è un asso nel rilevare la calcificazione attiva. Si lega specificamente all’idrossiapatite di calcio (Ca-HAP), il componente principale dei depositi calcifici, anche quando sono ancora microscopici (<50 μm), molto prima che diventino visibili con la CT tradizionale (>100 μm). Ci dà una misura dell’attività di calcificazione in corso.
Accanto alla PET, abbiamo la microCT ad alta risoluzione. Questa tecnica anatomica è bravissima a misurare la densità e la massa delle calcificazioni più mature e dense.

Sebbene queste tecniche siano state studiate singolarmente, mancava un confronto diretto, su più gruppi e nel tempo, per capire davvero i punti di forza e i limiti di ciascuna nelle diverse fasi dell’aterosclerosi. Ed è proprio quello che abbiamo cercato di fare in uno studio preclinico approfondito.
Il Nostro Studio: Un Confronto sul Campo (anzi, nel Topo!)
Abbiamo preso dei topi speciali, chiamati ApoE deficienti (Apoe−/−), che sono geneticamente predisposti a sviluppare aterosclerosi se nutriti con una dieta ricca di colesterolo. Li abbiamo messi a dieta “ingrassante” per 12-20 settimane. Come controllo, abbiamo usato topi normali (wildtype, WT) con una dieta standard.
Poi, a intervalli regolari (12, 15, 18 e 20 settimane), abbiamo sottoposto questi topi a sessioni di imaging:
- 18F-NaF PET/CT: Per seguire la progressione della calcificazione. Abbiamo fatto scansioni a 1 ora e 3 ore dopo l’iniezione del tracciante.
- 18F-FDG PET/CT (su un gruppo separato di topi): Per monitorare l’infiammazione. Scansioni a 3 e 5 ore post-iniezione.
- MicroCT ad alta risoluzione: Per visualizzare la calcificazione densa nell’aorta di tutti i topi.
Dopo ogni sessione di imaging, abbiamo sacrificato alcuni topi per analizzare le loro aorte al microscopio (istologia), confermando così la progressione della malattia (accumulo di lipidi, presenza di macrofagi, calcificazione).
Cosa Abbiamo Scoperto? Tempismo è Tutto!
I risultati sono stati davvero illuminanti e ci hanno permesso di capire quale strumento sia migliore a seconda dello stadio della malattia.
18F-NaF PET: Il Segugio della Calcificazione Precoce
La prima sorpresa: la 18F-NaF PET è riuscita a “vedere” la calcificazione aterosclerotica prima della microCT! Già a 12 settimane, nei topi Apoe−/−, il segnale del 18F-NaF nell’aorta era significativamente più alto rispetto ai controlli. Questo segnale ha raggiunto il picco intorno alla 18ª settimana.
Un dettaglio tecnico importante: abbiamo notato che aspettare 3 ore dopo l’iniezione del 18F-NaF dava immagini molto più pulite e affidabili rispetto a 1 ora, riducendo il “rumore” di fondo dovuto al tracciante ancora in circolo. Quindi, per la 18F-NaF PET, la pazienza premia!
MicroCT: Il Misuratore della Calcificazione Avanzata
La microCT, invece, ha iniziato a mostrare differenze significative tra i topi malati e quelli sani solo più tardi, a partire dalla 15ª settimana. Da quel momento in poi, però, il segnale della calcificazione misurato con la CT è aumentato costantemente e in modo marcato (13 volte più alto a 15 settimane, 16 volte a 18, e ben 29 volte a 20 settimane rispetto ai controlli!). Questo ci dice che la CT è eccellente per monitorare l’accumulo di massa calcifica nelle fasi più avanzate.

18F-FDG PET: La Spia dell’Infiammazione Iniziale (ma Fugace)
E l’infiammazione? La 18F-FDG PET ha mostrato un accumulo significativamente maggiore nell’aorta dei topi Apoe−/− rispetto ai controlli nelle prime fasi (settimane 12 e 15), ma solo quando le immagini venivano acquisite 5 ore dopo l’iniezione del tracciante (a 3 ore la differenza non era chiara). Questo suggerisce che, anche qui, aspettare più a lungo permette al segnale del sangue di diminuire, migliorando la visibilità dell’infiammazione vascolare.
La cosa più interessante, però, è che il picco di segnale 18F-FDG si è verificato alla 12ª settimana, quando il carico di placca era ancora relativamente basso. Successivamente, il segnale infiammatorio è diminuito progressivamente, tanto che dalla 18ª settimana in poi non c’era più una differenza significativa tra i topi malati e quelli sani, nonostante l’analisi istologica confermasse un aumento dell’infiammazione (misurata come area CD68+) tra la 9ª e la 16ª settimana.
Questo andamento “transitorio” dell’infiammazione rilevabile con 18F-FDG è cruciale. Sembra che questa tecnica sia più sensibile all’attività infiammatoria iniziale, forse legata alla formazione delle cellule schiumose, ma meno efficace nel catturare l’infiammazione cronica delle fasi successive o quando le cellule cambiano il loro stato. Questo potrebbe spiegare perché, anche negli studi clinici, non tutti i pazienti a rischio mostrano un accumulo anomalo di 18F-FDG.
Mettere Insieme i Pezzi: Una Strategia Combinata
Quindi, qual è il verdetto finale di questo confronto?
- La 18F-FDG PET è ottima per la diagnosi precoce, catturando l’infiammazione che è un segno distintivo delle primissime fasi dell’aterosclerosi. Ma attenzione, il suo segnale può diminuire col tempo. Richiede tempi di acquisizione più lunghi (≥ 5 ore) per una migliore accuratezza.
- La 18F-NaF PET è anch’essa molto sensibile per la diagnosi precoce, rilevando l’attività di calcificazione microscopica prima della CT. Inoltre, si è dimostrata capace di monitorare la progressione della malattia, con un segnale che aumenta parallelamente alla gravità (correlazione forte con l’accumulo di lipidi confermato dall’istologia). Richiede almeno 3 ore di attesa post-iniezione.
- La MicroCT ad alta risoluzione entra in gioco un po’ più tardi, ma è imbattibile nel monitorare la progressione della malattia nelle fasi medio-avanzate, quantificando l’accumulo di massa calcifica densa. Anche lei mostra una forte correlazione con la gravità della malattia.
La morale della favola è che non esiste una singola tecnica “perfetta” per tutte le stagioni dell’aterosclerosi. La combinazione di imaging molecolare (PET con 18F-FDG per l’infiammazione iniziale e 18F-NaF per la calcificazione attiva) e imaging anatomico (CT per la calcificazione densa) ci offre la visione più completa della patobiologia aterosclerotica.

Abbiamo osservato una forte correlazione tra la gravità della malattia (misurata con colorazione Sudan IV per i lipidi) e sia il segnale 18F-NaF PET (r²= 0.83) sia il segnale CT (r²= 0.60). L’18F-FDG, invece, non ha mostrato una correlazione significativa con la gravità complessiva misurata alla fine dello studio, confermando la sua utilità maggiore nelle fasi iniziali. È interessante notare anche la forte correlazione trovata tra il segnale CT e i segnali PET (sia FDG che NaF), suggerendo un legame tra i diversi processi patologici.
Verso il Futuro
Questo studio preclinico rafforza l’idea che sfruttare le capacità complementari di PET e CT, magari utilizzando strumenti ibridi PET/CT che sono sempre più diffusi, sia la strategia vincente. Poter misurare l’infiammazione con 18F-FDG all’inizio, seguire l’attività di calcificazione con 18F-NaF e quantificare la massa calcifica con la CT man mano che la malattia progredisce, ci dà un quadro dinamico e dettagliato.
Naturalmente, la ricerca non si ferma qui. Sono allo studio nuovi traccianti PET ancora più specifici per diversi aspetti dell’aterosclerosi. Ma già oggi, i risultati ottenuti con 18F-FDG, 18F-NaF e CT ci mostrano la potenza dell’imaging nel comprendere e, speriamo presto, nel gestire meglio questa malattia così diffusa e pericolosa. Un passo avanti importante per “spiare” l’aterosclerosi e intervenire prima che sia troppo tardi!
Fonte: Springer
