Un'immagine concettuale che rappresenta l'assistenza sanitaria centrata sul paziente in Cile: una mappa stilizzata del Cile con un cuore luminoso al centro, circondato da icone che simboleggiano medici, pazienti e comunità che si tengono per mano. Obiettivo grandangolare, 10-24mm, colori vivaci e speranzosi, messa a fuoco nitida.

Cile: Vi Svelo il Modello Sanitario che Mette Davvero il Paziente al Centro (e Funziona!)

Amici, oggi voglio parlarvi di qualcosa che mi sta davvero a cuore e che, secondo me, potrebbe rivoluzionare il modo in cui pensiamo alla salute, specialmente quando si tratta di gestire quelle che vengono chiamate “malattie croniche non trasmissibili” e la temutissima “multimorbilità”. Immaginate di avere non una, ma più patologie croniche contemporaneamente: un bel pasticcio, vero? Ecco, questo è un problema enorme a livello globale, e l’America Latina, in particolare, sentiva il bisogno urgente di trovare soluzioni innovative. E indovinate un po’? Qualcuno in Cile ci è riuscito!

La Sfida: Un Sistema Sanitario Frammentato

Partiamo dal presupposto che i nostri sistemi sanitari, spesso, sono un po’ come dei puzzle con i pezzi sparsi. Ogni specialista si occupa del suo, ma chi guarda al paziente nella sua interezza, soprattutto quando le problematiche sono molteplici? Le malattie croniche come il diabete, l’ipertensione, i problemi cardiaci, sono responsabili di quasi quattro decessi su cinque nelle Americhe. E la multimorbilità, cioè avere due o più di queste condizioni, è una realtà per una fetta enorme della popolazione adulta in America Latina, parliamo del 20-40%! Questo non solo peggiora la qualità della vita e aumenta il rischio di mortalità, ma mette anche a dura prova i servizi sanitari. Si capisce subito che c’era bisogno di un cambio di rotta, di un approccio che mettesse davvero le esigenze del paziente al primo posto, e non solo le singole diagnosi.

L’Idea Geniale: Nasce l’MPCM in Cile

Ed è qui che entra in gioco il Centro de Innovación en Salud ANCORA UC (CISAUC) che, tra il 2017 e il 2020, ha dato vita a un progetto pilota pazzesco: il Modello di Cura Centrato sul Paziente con Multimorbilità (MPCM). L’obiettivo? Semplice ma rivoluzionario: riorganizzare i servizi sanitari passando da una visione frammentata, basata sulle singole malattie, a un approccio focalizzato sui bisogni reali della persona. E non solo: offrire strategie di intervento personalizzate in base al rischio di multimorbilità del paziente. Una vera e propria svolta!
Questo modello è nato dalla collaborazione tra CISAUC, il Fondo Nazionale di Assicurazione Sanitaria (FONASA) e il Servicio de Salud Metropolitano Sur Oriente (SSMSO), uno dei distretti sanitari più grandi del Cile, che serve circa 1,5 milioni di abitanti. Mica male, eh?

Come Funziona Questo MPCM? Mettiamo il Paziente al Comando!

Vi chiederete: ma in pratica, come funziona? L’MPCM è una strategia che organizza la popolazione con multimorbilità secondo la loro complessità, un po’ come una piramide. A ogni “livello” di questa piramide corrispondono interventi specifici, pensati su misura. L’idea di fondo è che chi ha già una malattia cronica possa imparare a gestirla al meglio (self-management) per evitare complicazioni, e chi invece ha già multimorbilità e magari qualche complicazione, possa ricevere servizi coordinati e adeguati.
Il modello si basa sull’Assistenza Sanitaria Primaria e integra elementi chiave come:

  • Autogestione (Self-management): dare al paziente gli strumenti per gestire la propria salute.
  • Partecipazione: coinvolgere attivamente il paziente nelle decisioni che lo riguardano.
  • Responsabilità Condivisa: medici e pazienti lavorano insieme.
  • Case Management: una figura che coordina le cure, un vero angelo custode per i pazienti più complessi.
  • Continuità delle Cure: assicurare un percorso fluido tra i vari livelli di assistenza.
  • Stratificazione del Rischio: identificare i pazienti in base al loro livello di rischio per personalizzare l’intervento.

Pensate che uno studio pilota sull’impatto dell’MPCM ha mostrato che i pazienti seguiti con questo modello avevano un’incidenza di mortalità significativamente più bassa rispetto a chi riceveva le cure tradizionali! Parliamo di un OR di 0.56, che in termini semplici significa un rischio quasi dimezzato. Impressionante, vero?

Un medico cileno empatico che discute un piano di cura personalizzato con un paziente anziano in una clinica luminosa e moderna. Prime lens, 35mm, colori caldi e accoglienti, profondità di campo per mettere a fuoco l'interazione.

La Valutazione: Abbiamo Messo Sotto la Lente l’Implementazione

Ovviamente, un’idea così bella doveva essere messa alla prova. Per questo, è stato condotto uno studio per valutare come è stato implementato l’MPCM nella sua fase pilota nel Distretto Sanitario Metropolitano Sud-Est del Cile. L’obiettivo era capire cosa ha funzionato, cosa meno, e quali lezioni imparare per poter, un giorno, estendere questo modello a livello nazionale.
Per farlo, abbiamo usato una metodologia qualitativa, intervistando ben 69 professionisti coinvolti a vario titolo: medici, infermieri di transizione (figure chiave per coordinare gli interventi con gli ospedali), manager e il team di implementazione. In totale, 35 interviste, tra individuali e di gruppo, realizzate tra ottobre e dicembre 2020. E sì, la pandemia di COVID-19 ha complicato un po’ le cose, costringendoci a fare la maggior parte delle interviste da remoto, ma non ci siamo persi d’animo!
Per analizzare i dati, ci siamo basati su due framework teorici molto solidi: il Consolidated Framework for Implementation Research (CFIR), che aiuta a identificare i fattori che influenzano l’implementazione, e gli Outcomes for Implementation Research, che servono come indicatori di successo.

Cosa Abbiamo Scoperto? Luci e Ombre dell’Innovazione

I risultati, nel complesso, sono stati positivi! Hanno dimostrato che un’innovazione complessa come l’MPCM può essere implementata con successo. Certo, non sono mancate le sfide.
Secondo il framework CFIR, ecco i punti salienti:

  • Caratteristiche dell’intervento: L’MPCM è stato visto come una strategia rilevante, anche se complessa da attuare. Il suo valore aggiunto per i pazienti, specialmente quelli ad alto rischio, è stato evidente. Il case management e la stratificazione del rischio sono stati gli elementi più apprezzati, una vera boccata d’aria fresca in un sistema frammentato. Come ha detto un intervistato: “…i pazienti hanno sentito la differenza… si sono sentiti più ascoltati, hanno percepito il cambiamento.”
  • Contesto Esterno: La collaborazione tra le istituzioni coinvolte (FONASA, SSMSO, direzioni locali) è stata fondamentale. Tuttavia, fattori come risorse limitate e lunghi tempi di attesa nel sistema sanitario generale hanno rappresentato un ostacolo. E, naturalmente, la pandemia di COVID-19 ha avuto un impatto significativo, rallentando i processi.
  • Contesto Interno: La leadership impegnata e la capacità di articolare risorse economiche e umane sono state cruciali. L’introduzione dell’infermiere di transizione è stata molto apprezzata. Una delle sfide maggiori? L’alto turnover del personale sanitario. Immaginate: si forma un team, e poi qualcuno va via, e bisogna ricominciare!
  • Caratteristiche degli Individui Coinvolti: L’impegno e la partecipazione attiva di tutti, dai leader agli esecutori, sono stati un motore pazzesco. La formazione continua ha aiutato a sviluppare le competenze necessarie e a rafforzare la fiducia nelle proprie capacità (self-efficacy).
  • Processo di Implementazione: È stato portato avanti con successo, adattando il modello alle realtà locali dei singoli centri sanitari (CESFAMs). La presenza di leader interni (“champions”) e il supporto continuo del team centrale sono stati percepiti come molto importanti.

Barriere e Facilitatori: Le Due Facce della Medaglia

Riassumendo, le principali barriere all’implementazione sono state l’alto turnover del personale e, purtroppo, la pandemia di COVID-19. Immaginate dover implementare un cambiamento così grande con personale che cambia continuamente o con un’emergenza sanitaria globale in corso!
D’altra parte, i facilitatori chiave sono stati la leadership forte e l’impegno del team. Quando le persone credono in un progetto e si sentono supportate, possono fare miracoli. L’infermiere di transizione, in particolare, si è rivelato una figura innovativa cruciale per il successo, garantendo leadership concreta e coordinamento.

Un team multidisciplinare di professionisti sanitari cileni in una riunione collaborativa, analizzando dati su un grande schermo in una sala conferenze. Obiettivo zoom, 24-35mm, illuminazione da ufficio controllata, espressioni concentrate ma positive.

Risultati dell’Implementazione: Accettabilità, Fattibilità e Sostenibilità

E per quanto riguarda i risultati specifici dell’implementazione?

  • Accettabilità, Adozione, Rilevanza e Fedeltà: Le impressioni sono state positive. I professionisti hanno accettato il modello, lo hanno adottato e lo hanno ritenuto rilevante e fedele ai suoi principi, soprattutto per i pazienti ad alto rischio.
  • Fattibilità: Qui la situazione è stata un po’ più complessa, perché dipende molto dalle realtà locali. Tuttavia, le risorse e il supporto continui hanno facilitato l’implementazione.
  • Costi di Implementazione: Un aspetto da tenere sempre in considerazione quando si pensa di estendere il modello.
  • Copertura (Penetrazione): I pazienti a basso e medio rischio sono una popolazione più vasta, quindi aiutano a raggiungere una copertura maggiore, ma questo può presentare sfide per la fedeltà all’intervento.
  • Sostenibilità: Critica per una potenziale estensione. La percezione è stata positiva. I team hanno visto i benefici diretti sui pazienti: “Sono più felici, e quando se ne vanno più felici, l’aderenza migliora, quindi è una catena di benefici.”

Lezioni Apprese e Prossimi Passi: Verso un Futuro Migliore

Questo studio ci ha insegnato tantissimo. Per esempio, è emersa la necessità di:

  • Creare un processo partecipativo per adattare la strategia, tenendo conto delle sfide specifiche per ogni livello di rischio.
  • Sviluppare un piano di valutazione continua per identificare tempestivamente le lacune.
  • Avere un processo sistematico di formazione e disseminazione per garantire l’adozione e la “fedeltà” al modello.
  • Prevedere attività di “self-care” per i team, perché gestire il cambiamento può essere stressante.
  • Integrare meglio la componente di salute mentale nella cura globale dei pazienti.
  • Comunicare meglio l’MPCM ai pazienti stessi, per rendere il cambiamento un processo bidirezionale.

La strada per estendere l’MPCM a livello nazionale in Cile richiede di tenere ben presenti queste lezioni. La Implementation Science, la scienza dell’implementazione, è fondamentale in questo, perché ci aiuta a capire non solo cosa funziona, ma come e perché funziona (o non funziona) nei contesti reali. E credetemi, colmare il divario tra ciò che sappiamo dalla ricerca e ciò che facciamo nella pratica quotidiana è una delle sfide più grandi in sanità.

Questo studio rappresenta un passo importantissimo, il primo nel suo genere a valutare l’MPCM con gli strumenti della scienza dell’implementazione, nel contesto di un’innovazione complessa pensata per migliorare le politiche di salute pubblica. È un esempio concreto di come si possa fare la differenza, mettendo davvero il paziente al centro. E chissà, magari l’esperienza cilena potrà ispirare anche altri paesi, inclusa la nostra Italia, ad adottare approcci simili per affrontare la sfida della multimorbilità. Io ci spero tanto!

Fonte: Springer

Articoli correlati

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *