Gruppo diversificato di studenti universitari che camminano insieme nel viale alberato di un campus, alcuni ridono e parlano animatamente, altri ascoltano. Luce solare filtrata dagli alberi, atmosfera positiva e collaborativa. Obiettivo zoom 24-70mm, stile fotorealistico, colori vividi.

Matricole e Pensieri Oscuri: Possiamo Prevedere il Rischio Suicidio?

Avete presente l’inizio dell’università? Un vortice di emozioni: eccitazione per la novità, un po’ di ansia per gli esami, la libertà di vivere (forse) per la prima volta lontani da casa. È un periodo pazzesco, pieno di scoperte e sfide. Ma, ammettiamolo, può essere anche incredibilmente stressante. E a volte, dietro i sorrisi e le nottate sui libri, si nascondono fragilità e pensieri difficili da confessare, come quelli legati al suicidio.

Parliamoci chiaro: il suicidio tra i giovani, specialmente tra i 15 e i 29 anni, è una realtà tragica. È addirittura la quarta causa di morte in questa fascia d’età a livello globale. Un dato che fa venire i brividi. Le matricole universitarie, poi, si trovano in una fase di transizione delicatissima, bombardate da nuove pressioni accademiche, sociali e personali. Non sorprende che proprio il primo anno sia un momento particolarmente critico per la salute mentale.

E se potessimo *capire prima* chi è più a rischio? Se avessimo uno strumento per individuare quei segnali, spesso silenziosi, che precedono pensieri o comportamenti suicidari (che gli esperti chiamano STB, Suicidal Thoughts and Behaviors)? È proprio questa la domanda che ci siamo posti in uno studio recente, cercando di andare oltre la semplice constatazione del problema.

Un Problema Serio e Diffuso

Le statistiche parlano chiaro. Anche se in alcuni paesi come la Cina c’erano stati miglioramenti grazie a strategie di prevenzione, negli ultimi anni si è vista una nuova, preoccupante tendenza all’aumento dei tassi di suicidio tra gli adolescenti e i giovani adulti. Anche i pensieri suicidari, che sono il primo passo, mostrano andamenti altalenanti ma rimangono diffusi. Uno studio su studenti universitari cinesi ha rilevato una prevalenza annuale di pensieri suicidari tra il 3.89% e il 5.81% tra il 2021 e il 2023.

Sappiamo che la salute mentale degli studenti universitari è sotto pressione. Circa uno su quattro riporta esperienze di malattia mentale, e chi soffre di depressione o ansia, specialmente in forma moderata o grave, ha una probabilità dieci volte maggiore di avere pensieri suicidari. È un circolo vizioso che dobbiamo spezzare. Ma come? I fattori in gioco sono tantissimi e complessi: esperienze passate, stress, ambiente familiare, abitudini… non c’è una causa unica.

La Nostra Ricerca: Seguire le Matricole nel Tempo

Per cercare di capirci qualcosa di più, abbiamo avviato uno studio ambizioso. Abbiamo seguito per due anni un gruppo enorme di matricole universitarie in Cina – ben 4.560 ragazzi e ragazze – che all’inizio del percorso non avevano mai avuto pensieri o comportamenti suicidari. L’obiettivo? Capire quali fattori presenti *all’inizio* (al “baseline”, come diciamo noi ricercatori) potessero predire chi, nel corso dei due anni successivi, avrebbe sviluppato per la prima volta questi problemi (i cosiddetti “new-onset STB”).

Abbiamo raccolto una marea di dati: caratteristiche demografiche, salute mentale (tratti di personalità, umore depresso, perfezionismo), eventi traumatici vissuti, fattori familiari (stile genitoriale, soddisfazione per il matrimonio dei genitori), supporto sociale percepito e persino abitudini come bere alcolici per alleviare lo stress. Un lavoro enorme, reso ancora più complicato dalla pandemia di COVID-19, che ci ha costretti a passare ai questionari online per l’ultimo follow-up.

Usando tecniche statistiche avanzate (come la regressione LASSO e la regressione logistica, per i più tecnici), abbiamo setacciato questa montagna di dati per identificare i fattori predittivi più forti.

Uno studente universitario seduto da solo su una panchina del campus, immerso nei suoi pensieri, con libri accanto. Luce calda del tardo pomeriggio che crea lunghe ombre, leggera sfocatura dello sfondo per enfatizzare il soggetto. Obiettivo prime 35mm, stile fotorealistico, colori naturali.

Cosa Abbiamo Scoperto? I Campanelli d’Allarme (e i Fattori Protettivi)

Alla fine, sono emersi dieci fattori chiave che, messi insieme, ci aiutano a stimare il rischio di sviluppare pensieri o comportamenti suicidari per la prima volta durante i primi due anni di università. Eccoli qui:

  • Essere donna: Purtroppo, le ragazze sono risultate a rischio maggiore in questo studio, un dato che emerge anche in altre ricerche.
  • Preferire attività solitarie (“always solo activity”): Un tratto associato a un certo tipo di personalità (schizoide) che sembra aumentare la vulnerabilità.
  • Diventare paranoici o sospettosi sotto stress (“bigotry under pressure”): Un segnale legato a tratti di personalità borderline, noti per essere associati a instabilità emotiva e rischio suicidario.
  • Avere un perfezionismo orientato socialmente: Cioè, sentire una forte pressione a essere perfetti per soddisfare le aspettative degli altri.
  • Bere alcolici per alleviare lo stress: Un comportamento di coping disfunzionale che aumenta il rischio.
  • Avere un certo atteggiamento di “autonomia” (nel senso di pensare che non portare a termine le cose non sia rispettato): Un aspetto cognitivo legato alla percezione del proprio valore.
  • Percepire una minore soddisfazione nel matrimonio dei genitori: L’ambiente familiare conta, eccome.
  • Aver vissuto un maggior numero di eventi traumatici gravi nel corso della vita: Le ferite del passato possono pesare molto sul presente.

Ma attenzione, non ci sono solo fattori di rischio! Abbiamo trovato anche due importanti fattori protettivi:

  • Percepire un calore emotivo da parte della madre: Un legame materno positivo sembra fare da scudo.
  • Sentire di avere supporto sociale da “altri” (parenti, leader, figure di riferimento): Sapere di poter contare su qualcuno al di fuori della famiglia stretta e degli amici è fondamentale.

Un Modello Predittivo: Uno Strumento per la Prevenzione

Mettendo insieme questi dieci fattori, abbiamo costruito un modello matematico. E la buona notizia è che funziona piuttosto bene! Il nostro modello ha mostrato una buona capacità (il suo valore AUC, una misura tecnica dell’accuratezza, è risultato di 0.738 nel gruppo di “allenamento” e 0.710 in un gruppo indipendente di “validazione” – valori considerati buoni nel nostro campo) nel distinguere chi avrebbe probabilmente sviluppato STB da chi no.

Certo, non è una sfera di cristallo, la previsione non è perfetta al 100%. Ma pensateci: se usassimo questo modello per identificare, ad esempio, il 10% degli studenti con il rischio previsto più alto, riusciremmo a “catturare” circa il 35% di tutti i casi che effettivamente svilupperanno STB nei due anni successivi. Questo significa poter concentrare le risorse e gli interventi di supporto proprio su chi ne ha più bisogno.

Primo piano sulle mani di un consulente che porge delicatamente un volantino informativo a uno studente dall'aria un po' persa, in un ufficio luminoso e accogliente. Illuminazione morbida e controllata, messa a fuoco selettiva sulle mani e sul volantino. Obiettivo macro 100mm, alta definizione dei dettagli, colori caldi.

Cosa Significa Tutto Questo? Intervenire Prima che Sia Troppo Tardi

Questo modello non è solo un esercizio accademico. Può diventare uno strumento concreto per le università, i centri di consulenza psicologica, gli educatori. Immaginate di poter fare uno screening non invasivo alle matricole, basato su questi fattori (molti dei quali possono essere raccolti tramite questionari), per identificare chi potrebbe beneficiare di un supporto extra.

Certo, c’è il rischio dei “falsi positivi”: studenti segnalati come a rischio che poi, per fortuna, non sviluppano problemi. Ma forse è meglio offrire un aiuto non richiesto a qualcuno che sta bene, piuttosto che perdere l’occasione di intervenire con chi sta soffrendo in silenzio. Si tratta di usare le risorse in modo più efficiente, passando da interventi generici a un supporto più mirato e proattivo.

Alcuni di questi fattori, poi, sono modificabili! Si può lavorare sul supporto sociale, offrire terapie per gestire lo stress e i tratti di personalità più problematici, promuovere strategie di coping più sane dell’alcol, e persino intervenire a livello familiare dove possibile.

Limiti e Prossimi Passi: La Ricerca Continua

Siamo onesti: il nostro studio ha dei limiti. Abbiamo avuto un tasso di abbandono abbastanza alto (tipico degli studi lunghi), e i dati si basano su auto-valutazioni, che possono avere dei bias. Inoltre, il campione era composto solo da studenti cinesi di due università specifiche, quindi dobbiamo essere cauti nel generalizzare i risultati a tutti gli studenti del mondo.

Cosa faremo ora? La ricerca continua! Vogliamo migliorare il modello, magari includendo anche la presenza di STB all’inizio dello studio (che sappiamo essere un forte predittore), distinguere meglio tra pensieri e comportamenti (che potrebbero avere traiettorie diverse), e validare il modello su popolazioni più diverse, in altri paesi e contesti culturali.

Un Messaggio di Speranza

Nonostante i limiti, questo studio ci lascia un messaggio importante: identificare precocemente il rischio di pensieri e comportamenti suicidari tra le matricole è possibile. E se possiamo prevedere, possiamo anche prevenire. Avere strumenti come questo modello predittivo ci avvicina all’obiettivo di creare ambienti universitari più sicuri e supportivi, dove nessun studente si senta solo di fronte ai propri “pensieri oscuri”. È un passo avanti, piccolo ma significativo, nella lotta contro una delle più grandi sfide per la salute mentale dei nostri giovani.

Fonte: Springer

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