Paesaggio suggestivo della Turchia occidentale con dolci colline e vapore che sale da sorgenti geotermiche al tramonto, obiettivo grandangolare 20mm, lunga esposizione per nuvole soffuse, colori caldi.

Hüdai Svelata: Viaggio nelle Profondità Geotermiche della Turchia tra Isotopi e Chimica

Ciao a tutti! Oggi vi porto con me in un viaggio affascinante nelle profondità della Terra, precisamente in Turchia, nel campo geotermico di Hüdai (HGF), vicino ad Afyonkarahisar. Non è un posto qualsiasi, ma una meta rinomata per la balneoterapia, dove le acque calde naturali offrono benessere e relax. Ma vi siete mai chiesti da dove arrivi quell’acqua calda, che percorso faccia e quali segreti nasconda? Beh, è proprio quello che abbiamo cercato di scoprire, usando un po’ di chimica e degli “investigatori” molto speciali: gli isotopi ambientali. Immaginate di essere dei detective dell’acqua, seguendo le tracce chimiche e isotopiche per ricostruire la storia nascosta di questo sistema geotermico.

Un Primo Assaggio: Acque Fredde vs. Acque Calde

La prima cosa che salta all’occhio, o meglio, al termometro e agli strumenti di misura, è che nel campo di Hüdai convivono due “famiglie” principali di acque. Da una parte abbiamo le acque fredde (che chiameremo HCW), prelevate da sorgenti e pozzi poco profondi (fino a 100 metri). Queste acque hanno temperature che vanno dai 9.8 ai 23.3 °C e una conducibilità elettrica (che ci dà un’idea di quanti sali sono sciolti) relativamente bassa (141-844 µS/cm). Chimicamente, sono dominate da Calcio (Ca) e Bicarbonato/Solfato (HCO3/SO4).

Dall’altra parte, ci sono le vere protagoniste: le acque geotermiche calde di Hüdai (le HGW), campionate da pozzi più profondi (200-1000 metri). Qui le temperature schizzano in alto, tra i 65.4 e gli 82.4 °C, e la conducibilità è decisamente maggiore (1727-2156 µS/cm), indicando un’acqua ricca di minerali disciolti. La loro firma chimica è diversa: sono dominate da Sodio (Na) e Bicarbonato/Solfato (HCO3/SO4).

Questa differenza non è casuale. È come confrontare un’acqua piovana che ha appena iniziato il suo percorso nel sottosuolo con un’acqua che ha viaggiato a lungo, interagendo con le rocce a temperature elevate. Le acque calde HGW hanno avuto più tempo e più “calore” per sciogliere minerali dalle rocce profonde, arricchendosi soprattutto di Sodio attraverso processi come lo scambio ionico o l’alterazione di minerali silicatici (come l’albite). Abbiamo anche identificato delle acque “miste”, soprattutto in alcuni pozzi meno profondi (come W9), che mostrano caratteristiche intermedie: una sorta di cocktail tra le acque fredde superficiali e quelle calde profonde che risalgono. Questo ci dice che c’è una comunicazione, una perdita dalle profondità verso la superficie.

L’Identikit Isotopico: Da Dove Viene l’Acqua?

Qui entrano in gioco i nostri “investigatori” speciali: gli isotopi stabili dell’acqua, l’Ossigeno-18 (δ18O) e il Deuterio (δ2H). Questi isotopi funzionano come un’impronta digitale dell’origine dell’acqua. Analizzandoli, abbiamo avuto una conferma importante: tutte le acque del campo di Hüdai, sia fredde che calde, hanno un’origine meteorica. Significa che derivano da pioggia o neve.

Ma non finisce qui. Gli isotopi ci dicono anche *dove* e a che *temperatura* questa pioggia/neve è caduta, infiltrandosi poi nel sottosuolo per iniziare il suo viaggio. Le acque geotermiche (HGW) mostrano valori di δ18O e δ2H più “negativi” (più leggeri) rispetto alle acque fredde (HCW). Questo è un indizio chiave: suggerisce che le HGW si siano ricaricate ad altitudini più elevate (stimiamo tra 2105 e 2385 metri sul livello del mare) e a temperature più basse (tra 5.5 e 6.9 °C). Immaginate le montagne circostanti, come il Monte Akdağ, come probabili “culle” di queste acque profonde. Le acque fredde HCW, invece, sembrano ricaricarsi a quote più basse e temperature leggermente più alte.

Paesaggio montano vasto e innevato sotto un cielo parzialmente nuvoloso, che rappresenta l'area di ricarica ad alta quota per le acque geotermiche, obiettivo grandangolare 15mm, messa a fuoco nitida, luce naturale.

Interessante notare che alcune acque fredde superficiali mostrano segni di evaporazione, cosa tipica in un clima semi-arido come quello della zona, dove parte dell’acqua può evaporare prima di infiltrarsi o quando la falda è molto vicina alla superficie.

Il Mistero del Carbonio e dello Zolfo

Non ci siamo fermati agli isotopi dell’acqua. Abbiamo analizzato anche quelli del Carbonio (δ13C) disciolto (il cosiddetto DIC – Dissolved Inorganic Carbon) e dello Zolfo (δ34S) nei solfati.

Il δ13C ci racconta la provenienza del carbonio. Nelle acque fredde (HCW), i valori (tra -22.1 e -10.9‰ PDB) sono tipici del carbonio derivato dalla respirazione delle radici delle piante e dalla decomposizione della materia organica nel suolo (considerando che la vegetazione locale è prevalentemente di tipo C3, come patate e grano). Nelle acque geotermiche (HGW), invece, i valori sono molto diversi (tra -5.8 e +0.5‰ PDB). Questo suggerisce una fonte di carbonio molto più profonda, probabilmente un mix di origine crostale (derivante da processi metamorfici su rocce carbonatiche) e forse anche mantellica, legata all’attività magmatica della regione. Dati precedenti sui gas nobili (come l’Elio) sembrano confermare una forte componente crostale.

Passando allo Zolfo (δ34S), anche qui le differenze sono nette. Nelle acque fredde HCW, i valori isotopici suggeriscono che lo zolfo provenga principalmente dalla dissoluzione di minerali evaporitici terrestri (come gesso e anidrite) formatisi in superficie o dall’ossidazione di solfuri (come la pirite) presenti nelle rocce vulcano-sedimentarie superficiali. Nelle acque calde HGW, la firma isotopica punta a fonti più profonde e variegate: carbone, rocce magmatiche, scisti (shale) e calcari marini presenti nelle formazioni geologiche attraversate durante la lunga circolazione sotterranea.

Viaggio nel Tempo: Quanto è Vecchia Quest’Acqua?

Una delle domande più affascinanti è: da quanto tempo queste acque viaggiano nel sottosuolo? Per rispondere, abbiamo usato due “orologi” radioattivi naturali: il Trizio (3H) e il Radiocarbonio (14C).

Il Trizio, con un tempo di dimezzamento di circa 12.3 anni, è utile per datare acque relativamente “giovani” (fino a circa 150 anni). Le acque fredde HCW mostrano contenuti di Trizio variabili, con età apparenti (calcolate con un modello semplificato detto “piston flow”) che vanno da pochi anni a circa un secolo. Questo conferma la loro natura di acque a circolazione superficiale e relativamente recente.

Il Radiocarbonio, con un tempo di dimezzamento di 5730 anni, ci permette di guardare molto più indietro nel tempo (fino a circa 50.000 anni). E qui arriva la sorpresa: le acque geotermiche HGW hanno contenuti di 14C bassissimi, quasi nulli. Le loro età apparenti variano tra 28.000 e 48.000 anni! Questo significa che stiamo parlando di paleoacque, acque che si sono infiltrate nel sottosuolo durante il tardo Pleistocene e l’inizio dell’Olocene, periodi climaticamente molto diversi da oggi, forse durante la fine dell’ultima era glaciale. Hanno trascorso millenni nel loro viaggio sotterraneo prima di riemergere.

Un dettaglio intrigante: anche le acque HGW più vecchie contengono a volte tracce misurabili di Trizio. Questo è un chiaro segno di mescolamento: durante la loro risalita verso la superficie, queste acque antiche incontrano e si mischiano con acque più giovani e superficiali.

Sezione trasversale geologica illustrativa che mostra strati rocciosi colorati in profondità con linee di flusso dell'acqua indicate, alcune calde (rosse) che risalgono lungo una faglia, obiettivo prime 35mm, stile infografico realistico.

Scavando in Profondità: Temperatura e Circolazione

Le acque HGW arrivano in superficie calde, ma quanto erano calde nel loro “serbatoio” sotterraneo? Per stimarlo, abbiamo usato i geotermometri chimici, in particolare quelli basati sulla concentrazione di Silice disciolta (quarzo e calcedonio), che sono considerati più affidabili per acque che, come queste, non hanno raggiunto un completo equilibrio chimico con le rocce (“acque immature”).

Le stime indicano che la temperatura nel serbatoio geotermico varia tra 73 e 116 °C. Considerando la temperatura media annuale in superficie (circa 12.4 °C) e il gradiente geotermico della zona (stimato in studi precedenti intorno a 49 °C per chilometro di profondità), possiamo calcolare la profondità massima raggiunta da queste acque durante la loro circolazione. I risultati suggeriscono che le HGW abbiano viaggiato a profondità comprese tra 0.93 e 2.09 chilometri. Queste profondità sono compatibili con la posizione delle formazioni geologiche identificate come i principali acquiferi geotermici: le quarziti della Formazione Hüdai e i calcari dolomitici della Formazione Çaltepe.

Da dove viene tutto questo calore? La Turchia occidentale è un’area tettonicamente molto attiva. Il calore sembra essere legato principalmente al magmatismo avvenuto tra il Miocene e il Quaternario, associato a processi tettonici estensionali che hanno assottigliato la crosta terrestre, favorendo la risalita di calore dal mantello e processi metamorfici. A questo si aggiunge il calore prodotto dal decadimento radioattivo naturale degli elementi presenti nella crosta terrestre.

Il Modello Concettuale: Come Funziona il Sistema Hüdai?

Mettendo insieme tutti questi pezzi del puzzle – chimica, isotopi, età, temperature, geologia – possiamo finalmente disegnare un quadro, un modello idrogeologico concettuale di come funziona il campo geotermico di Hüdai.

Immaginate un sistema a più livelli:

  • In profondità, rocce metamorfiche quasi impermeabili (Formazione Kestel) fanno da basamento.
  • Sopra queste, ci sono gli acquiferi geotermici confinati principali (Formazioni Hüdai e Çaltepe), dove l’acqua antica circola lentamente e si scalda.
  • Questi acquiferi caldi sono “sigillati” superiormente da rocce a bassa permeabilità (Formazioni Seydişehir e Derealanı), che agiscono come rocce di copertura (cap rock), intrappolando il calore e la pressione.
  • Ancora più su, troviamo altre formazioni, tra cui calcari carsificati (Formazione Akdağ) e rocce vulcano-sedimentarie (Formazione Sandıklı), che ospitano gli acquiferi superficiali di acqua fredda (HCW), alimentati dalle piogge a quote più basse.
  • Infine, in superficie, abbiamo depositi alluvionali recenti e travertini (formati proprio dalla precipitazione di carbonato di calcio dalle acque termali).

L’acqua piovana che cade sulle montagne circostanti (aree di ricarica ad alta quota) si infiltra profondamente, seguendo percorsi lunghi e lenti negli acquiferi geotermici. Qui si scalda grazie al flusso di calore terrestre e interagisce con le rocce, acquisendo la sua firma chimica Na-HCO3/SO4. La presenza di importanti sistemi di faglie (fratture nella roccia) che tagliano queste formazioni gioca un ruolo cruciale: queste faglie agiscono come condotti preferenziali, permettendo all’acqua calda e meno densa di risalire rapidamente verso la superficie (un po’ come l’acqua calda in una pentola). Durante questa risalita, l’acqua si raffredda un po’ per conduzione e, soprattutto, si mescola con le acque fredde superficiali, dando origine alle acque “miste” che abbiamo campionato. Le sorgenti termali di Hüdai emergono proprio all’intersezione di questi sistemi di faglie.

Vista aerea di un'area con sorgenti termali fumanti che emergono da terreni rocciosi vicino a un corso d'acqua, che illustra il campo geotermico di Hüdai, obiettivo zoom teleobiettivo 150mm, vapore leggero visibile.

In sintesi, abbiamo svelato un sistema complesso e dinamico, dove acque antichissime, riscaldate dalle profondità della Terra e arricchite da un lungo dialogo con le rocce, risalgono lungo vie preferenziali per mescolarsi con acque più giovani e superficiali, regalandoci le preziose acque termali di Hüdai. Capire questi meccanismi non è solo affascinante, ma è fondamentale per gestire in modo sostenibile questa risorsa preziosa, sia per l’energia geotermica che per il benessere che offre da secoli. E chissà quanti altri segreti simili si nascondono sotto i nostri piedi in altre parti del mondo!

Fonte: Springer

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