Microglia in Provetta: Quale Modello Scegliere? Un Confronto Senza Filtri
Ciao a tutti! Oggi voglio portarvi con me in un viaggio affascinante nel mondo microscopico del nostro cervello, parlando di cellule tanto piccole quanto fondamentali: le microglia. Immaginatele come le sentinelle, i tuttofare immunitari del nostro sistema nervoso centrale (SNC). Proteggono, puliscono, riparano… insomma, sono essenziali per mantenerci in salute. Ma cosa succede quando queste guardie del corpo cellulari, invece di proteggerci, iniziano a contribuire ai problemi, come accade in molte malattie cerebrali? Ecco, è proprio qui che entro in gioco io, o meglio, la mia ricerca.
Capire come funzionano (e come smettono di funzionare correttamente) le microglia è cruciale se vogliamo sviluppare terapie efficaci per disturbi come l’Alzheimer, il Parkinson o persino i tumori cerebrali come il glioblastoma. Per studiarle, non potendo (ovviamente!) ficcare il naso direttamente nel cervello delle persone ogni cinque minuti, utilizziamo dei modelli in vitro, cioè coltiviamo queste cellule in laboratorio.
I Protagonisti della Sfida: I Modelli di Microglia a Confronto
Nel corso degli anni, abbiamo sviluppato diversi tipi di “microglia in provetta”:
- Cellule primarie umane (prese da biopsie o autopsie)
- Cellule primarie di roditori (topi, principalmente)
- Cellule derivate da cellule staminali pluripotenti indotte (iPSC) – praticamente microglia “ricreate” da altre cellule del corpo
- Linee cellulari immortalizzate (cellule modificate per dividersi all’infinito, come la famosa HMC3)
Ognuno di questi modelli ha i suoi pro e contro: costi, facilità di accesso, e soprattutto, quanto fedelmente riescono a imitare le vere microglia umane nel nostro cervello. Il problema? Finora nessuno si era preso la briga di metterli tutti fianco a fianco e fare un confronto diretto, una sorta di “test comparativo” per vedere chi si comporta meglio. Ed è esattamente quello che ho deciso di fare!
Il mio obiettivo era semplice ma ambizioso: caratterizzare e confrontare alcuni dei modelli di microglia in vitro più utilizzati. Ho messo sotto la lente d’ingrandimento quattro candidati principali:
- Microglia umana primaria: Il “gold standard”, ma difficile da ottenere.
- Microglia derivata da iPSC umane: Una tecnologia promettente, ma complessa e costosa.
- La linea cellulare HMC3: Molto usata, facile da coltivare, ma è davvero microglia?
- Microglia primaria di topo: Facilmente accessibile, ma… siamo sicuri che i topi siano uguali a noi?
Come controllo negativo, ho usato i periciti cerebrali umani, un altro tipo di cellula del cervello che sapevo essere diversa dalla microglia.
Primo Round: L’Identikit Cellulare (Morfologia e Marcatori)
La prima cosa che ho fatto è stata osservare queste cellule al microscopio e “interrogarle” con degli anticorpi specifici per vedere quali “documenti d’identità” (marcatori proteici) esprimevano. Le microglia umane primarie e quelle derivate da iPSC si assomigliavano molto: piccole, luminose al microscopio, con forme variabili da allungate a ramificate. Anche le microglia di topo avevano un aspetto simile.

Poi è arrivata la sorpresa: le cellule HMC3. Al microscopio apparivano diverse, più piatte, più grandi, meno brillanti e con meno ramificazioni, assomigliando di più… ai periciti! E l’analisi dei marcatori ha confermato i sospetti. Mentre le microglia umane primarie, quelle da iPSC e quelle di topo esprimevano i classici marcatori microgliali/mieloidi (come Iba1, CD45 e PU.1), le HMC3 erano completamente negative per questi! Invece, esprimevano marcatori tipici delle cellule murali (quelle che rivestono i vasi sanguigni), come PDGFRβ e NG2, proprio come i periciti usati come controllo. Un bel colpo di scena, no? Sembra proprio che le HMC3, nonostante siano usatissime come modello di microglia, assomiglino molto di più a un altro tipo di cellula.
Secondo Round: La Risposta Infiammatoria (Secretoma)
Le microglia sono famose per la loro capacità di reagire alle infiammazioni, rilasciando un cocktail di molecole (citochine e chemochine) per comunicare con le altre cellule. Ho voluto vedere come i diversi modelli rispondevano a stimoli infiammatori comuni (LPS, IL1β, IFNγ, TNFα). Ho raccolto il “brodo di coltura” dopo 24 ore di trattamento e ho analizzato cosa c’era dentro.
I risultati? Ogni modello aveva un suo “linguaggio” segreto, un profilo di secrezione unico. Le microglia derivate da iPSC sono state le più “chiacchierone” e reattive, rilasciando grandi quantità di molecole infiammatorie, sia a riposo che dopo stimolazione, soprattutto con LPS e IFNγ. Le microglia umane primarie hanno mostrato anch’esse una risposta chiara e distinta agli stimoli, confermando quanto già sapevamo. I periciti, pur essendo reattivi, avevano un profilo di secrezione diverso da quello delle microglia umane.
E le HMC3? Ancora una volta, deludenti. Hanno mostrato una risposta molto, molto debole agli stimoli infiammatori rispetto alle cellule umane primarie. Rilasciavano qualcosina (tipo IL-6 e IL-8), ma in quantità irrisorie se paragonate alle vere microglia.
Le microglia di topo, invece, hanno reagito bene all’LPS, ma sono sembrate meno sensibili agli altri stimoli (IL1β, IFNγ, TNFα) rispetto alle cellule umane, almeno alle concentrazioni che ho usato io. Un’altra differenza interessante: solo le microglia di topo hanno prodotto ossido nitrico (NO), una molecola infiammatoria, in risposta all’LPS. Le cellule umane (primarie, iPSC e HMC3) non ne hanno prodotto affatto in queste condizioni. Questo sottolinea importanti differenze tra specie che non possiamo ignorare.

Terzo Round: L’Operazione Pulizia (Fagocitosi)
Una delle funzioni chiave delle microglia è la fagocitosi: “mangiare” detriti cellulari, patogeni o cellule danneggiate. Per testare questa capacità, ho dato in pasto ai miei diversi modelli delle microsfere fluorescenti e ho misurato quanto velocemente e quante ne inglobavano nel tempo.
Qui, le microglia umane primarie e quelle derivate da iPSC si sono dimostrate delle vere campionesse: hanno iniziato a fagocitare rapidamente, raggiungendo l’80% delle cellule “piene” già dopo un’ora. Le microglia di topo e i periciti ci hanno messo un po’ di più, raggiungendo lo stesso livello dopo 4 ore.
E le HMC3? Ancora una volta, le più lente e meno efficienti. Dopo 4 ore, solo il 60% circa delle cellule aveva fagocitato le sfere, e in generale ne avevano inglobate molte meno rispetto alle microglia umane o da iPSC. La loro capacità fagocitica era più simile a quella dei periciti, che non sono considerati fagociti “professionisti” come le microglia. Questo conferma che la sola capacità di fagocitare non basta per definire una cellula come microglia!

Tirando le Somme: Cosa Abbiamo Imparato?
Questo confronto diretto ha messo in luce differenze notevoli tra i vari modelli di microglia in vitro.
- Microglia umana primaria e derivata da iPSC: Sono risultate le più simili tra loro e, presumibilmente, le più rappresentative delle microglia umane in vivo per quanto riguarda marcatori, risposta infiammatoria (anche se le iPSC sembrano più “iperattive” di base) e capacità fagocitica. Sono ottimi modelli, ma uno è difficile da ottenere e l’altro costoso e complesso da preparare.
- Microglia di topo: Mostrano somiglianze ma anche differenze cruciali (come la produzione di NO e una diversa sensibilità agli stimoli). I risultati ottenuti su modelli murini vanno presi con le pinze e verificati su modelli umani. Inoltre, usare microglia da topi adulti (come ho fatto io) potrebbe essere più rilevante per studiare malattie legate all’invecchiamento rispetto a quelle da topi neonati, che sono più proliferative.
- Linea cellulare HMC3: È stata la grande delusione. Non esprime marcatori chiave della microglia, assomiglia morfologicamente e antigenicamente di più ai periciti, ha una risposta infiammatoria debolissima e una capacità fagocitica ridotta. Nonostante la sua popolarità, i miei dati (e quelli di altri studi recenti) suggeriscono fortemente che non sia un modello affidabile di microglia umana. Usarla potrebbe portare a conclusioni fuorvianti.
L’Importanza della Purezza e della Validazione Incrociata
Un altro punto cruciale emerso è l’importanza di controllare la purezza delle colture. Cellule simili a fibroblasti, come i periciti, possono facilmente contaminare le colture primarie (sia umane che murine) e persino quelle derivate da iPSC. Dato che anche i periciti rispondono all’infiammazione e fagocitano (come abbiamo visto), è fondamentale usare marcatori specifici (come αSMA e PDGFRβ) per assicurarsi che stiamo studiando davvero le microglia e non un mix di cellule.
In conclusione, scegliere il modello giusto è fondamentale. Non esiste un modello perfetto, ognuno ha i suoi limiti. Le linee cellulari come HMC3 possono essere utili per screening iniziali ad alto volume, ma i risultati devono essere confermati con modelli più fisiologicamente rilevanti come le microglia primarie umane o quelle derivate da iPSC. Allo stesso modo, i risultati ottenuti sui topi devono essere validati su sistemi umani prima di poter pensare a tradurli in terapie per l’uomo.
Spero che questo confronto dettagliato possa essere utile a chi, come me, lavora per svelare i segreti delle microglia e combattere le malattie neurologiche. La strada è ancora lunga, ma avere gli strumenti giusti (e sapere come usarli!) è il primo passo fondamentale.
Fonte: Springer
