Un veterinario in Laos esamina un maiale in un piccolo allevamento, con un'espressione preoccupata. L'immagine è scattata con un obiettivo da 35mm, utilizzando la luce naturale del tardo pomeriggio per creare un'atmosfera realistica e leggermente drammatica, con una profondità di campo che sfoca leggermente lo sfondo per concentrarsi sul soggetto.

Peste Suina in Laos: Quando i Numeri Diventano Alleati Preziosi (Se Letti Bene!)

Avete presente quelle situazioni in cui un problema sembra insormontabile, specialmente quando le risorse scarseggiano? Ecco, immaginatevi di dover combattere un’epidemia devastante in un paese del sud-est asiatico, con mezzi limitati ma con la ferma volontà di proteggere allevamenti e comunità. Vi parlo della Peste Suina Africana (PSA), un vero flagello per i suini, e di come, nel 2019, abbiamo cercato di usare i dati dei focolai nella Repubblica Democratica Popolare del Laos per capire meglio come agire. E credetemi, è stata un’avventura affascinante nel mondo dei numeri e delle decisioni sul campo!

L’incubo della Peste Suina Africana in Laos

Nel 2019, il Laos si è trovato nel bel mezzo di un’epidemia di PSA. Il Dipartimento di Zootecnia e Pesca (DLF) ha fatto i salti mortali, investigando e cercando di controllare oltre 150 focolai sparsi in tutte le province. Hanno applicato misure di “stamping out” (l’abbattimento degli animali infetti e a rischio) e creato zone di controllo. Ma, ahimè, il virus sembrava inarrestabile, diffondendosi per sette lunghi mesi a partire dal primo caso segnalato a giugno.

Ora, in contesti come quello laotiano, le informazioni e le risorse per definire le migliori strategie di prevenzione e controllo della PSA sono merce rara. Nei paesi più sviluppati, si punta su controllo dei movimenti, abbattimenti selettivi e sorveglianza intensiva. Pensate che negli USA, in caso di focolaio, si creerebbe una zona di controllo di 3 km e una di sorveglianza di 10 km. In Cina, addirittura buffer di 50 km in aree con cinghiali. Ma queste strategie funzionano anche in economie basate su piccoli allevatori e sistemi tradizionali come in Laos? Qui, un intero villaggio di piccoli allevatori viene trattato come una singola “azienda agricola” ai fini del controllo. Capire quindi la velocità di diffusione e il periodo di infettività dell’intero villaggio diventa cruciale. Ad esempio, se riusciamo a individuare prima il virus e ad abbattere gli animali infetti, riduciamo davvero la diffusione, considerando che gli animali spesso girano liberi e il commercio è informale? Mancavano dati certi su questo.

Modelli matematici alla riscossa: cosa abbiamo cercato di fare

Si sa molto sulla trasmissione della PSA tra singoli maiali, specialmente in allevamenti commerciali. Conosciamo i periodi di latenza (8-10 giorni) e di infettività (2-3 giorni) del singolo animale, e il famoso R0 (il numero di riproduzione di base, che indica quanti nuovi casi genera un singolo infetto) che può variare da 2.67 a 16.2 a seconda del contesto. Ma tra villaggi? È tutta un’altra storia. Il periodo di latenza di un villaggio dovrebbe essere simile a quello del primo maiale infetto, ma il periodo infettivo del villaggio dura finché ci sono animali contagiosi. E l’R0 diventa il numero di nuovi villaggi infettati da un singolo villaggio-focolaio.

Per far luce su questo, abbiamo usato i dati ufficiali dei focolai del 2019. Prima di tutto, abbiamo usato tecniche di clustering spaziale per identificare gruppi di villaggi colpiti vicini tra loro nel tempo e nello spazio. Questo perché i modelli di diffusione classici assumono una “mescolanza omogenea” della popolazione, cosa non realistica su larga scala. Poi, per ogni cluster, abbiamo utilizzato un metodo statistico piuttosto sofisticato chiamato Approximate Bayesian Computation con Sequential Monte Carlo (ABC-SMC). In parole povere, abbiamo simulato migliaia di scenari di epidemia con parametri diversi (tasso di trasmissione, durata del periodo infettivo del villaggio, ecc.) e abbiamo selezionato quelli che meglio si adattavano ai dati reali osservati sul campo. L’obiettivo era stimare questi parametri di trasmissione del virus tra i villaggi.

Abbiamo usato un modello di diffusione semplice, il classico SEIR (Suscettibili, Esposti, Infetti, Rimossi/Guariti), per capire l’impatto della qualità dei dati sulla precisione delle stime e, quindi, sulle informazioni fornite a chi deve prendere le decisioni. Perché, vedete, non basta avere i dati; devono essere di buona qualità!

I dati: gioie e dolori

Abbiamo analizzato i dati di 150 villaggi-focolaio confermati positivi alla PSA tra giugno 2019 e gennaio 2020. Per la maggior parte dei villaggi, non avevamo la data esatta di inizio delle mortalità, ma solo la data di segnalazione o di conferma del test. Questa è stata una prima, grande limitazione. Abbiamo dovuto usare la data di segnalazione come “data di mortalità” per i nostri modelli. Fortunatamente, per alcuni villaggi nelle province di Savannakhet e Oudomxay, avevamo dati più precisi grazie a studi precedenti.
Fotografia macro di un suino dall'aspetto malato in un contesto rurale del sud-est asiatico, illuminazione controllata per evidenziare i dettagli della sua condizione, focale 80mm.
Identificare la posizione esatta di ogni villaggio è stata un’altra sfida, ma alla fine siamo riusciti a geolocalizzarne 147 su 152.

Cosa abbiamo scoperto: cluster, R0 e un importante avvertimento

L’analisi spaziotemporale ha identificato sei cluster significativi di focolai, con un raggio variabile da 16 a 153 km e contenenti da 4 a 14 villaggi colpiti. All’interno di questi cluster, le stime sono state sorprendenti:

  • Il periodo di latenza medio per un villaggio (cioè il tempo tra l’infezione del primo caso e il momento in cui il villaggio diventa contagioso) era tra 5.82 e 5.96 giorni, in linea con quanto si sa per i singoli suini. E questo è un buon segno per l’affidabilità del modello su questo parametro.
  • Il periodo infettivo per l’intero villaggio è stato stimato tra 61.53 e 67.70 giorni. Quasi due mesi! Un tempo lunghissimo durante il quale un villaggio può continuare a diffondere il virus.
  • Il coefficiente di trasmissione β all’interno di un cluster variava da 0.19 a 0.51.
  • E l’R0 tra villaggi? Preparatevi: variava da 13.06 a 31.63! Un numero decisamente alto, che indica una notevole capacità di diffusione da villaggio a villaggio una volta che il virus entra in un cluster.

Tuttavia, qui arriva il punto cruciale. La capacità dei nostri modelli di “replicare” i dati reali dipendeva enormemente da come erano stati riportati i dati originali. In pratica, se i casi in un cluster sembravano essere stati segnalati “in blocco”, tutti nello stesso giorno o in pochissimi giorni (mancanza di specificità temporale), il nostro approccio modellistico faticava a produrre risultati soddisfacenti. I modelli funzionavano meglio quando avevamo almeno dieci villaggi-caso in un cluster e le segnalazioni erano distribuite su un periodo di almeno sette giorni.

Tre dei cluster identificati, infatti, si sono verificati in due giorni o meno. Questo potrebbe non rappresentare un vero cluster di incidenza della malattia, ma piuttosto un “cluster di attività di segnalazione”. Ad esempio, in provincia di Savannakhet, sappiamo che il personale veterinario locale ha visitato tutti i siti colpiti nell’arco di pochi giorni per raccogliere campioni, ma le mortalità erano iniziate molto prima della data di segnalazione ufficiale. Questo ci dice che la qualità dei dati di sorveglianza è fondamentale.

Lezioni apprese: l’importanza vitale di dati di qualità

Questo studio, pur con le sue limitazioni, ci fornisce stime iniziali per i periodi infettivi tra villaggi di piccoli allevatori e per i valori di R0, che possono aiutarci a capire la potenziale portata di un’epidemia di PSA in contesti simili. Ma, soprattutto, sottolinea le sfide dell’utilizzo di dati imperfetti o incompleti, una realtà comune in ambienti con risorse limitate.

La lezione più grande? La qualità dei dati di segnalazione e sorveglianza ha un impatto diretto sui risultati dei modelli e, di conseguenza, sulla generalizzabilità dei risultati e sulle decisioni che vengono prese. Fattori come la disponibilità di risorse finanziarie e di personale, le distanze dai laboratori, possono influenzare la raccolta dati. A volte, per efficienza, si tende a raggruppare le segnalazioni. Comprensibile, ma problematico per l’analisi epidemiologica fine.
Un team di veterinari e scienziati in Laos, con indosso equipaggiamento protettivo, mentre raccolgono campioni in un villaggio rurale colpito dalla Peste Suina Africana. Scena ripresa con un obiettivo da 35mm, luce naturale, per un effetto reportage realistico, profondità di campo per mettere a fuoco il team.

Nonostante la variabilità della qualità dei dati, le stime per i periodi di latenza (circa 6 giorni) e infettivi (62-68 giorni) sono state abbastanza consistenti tra i cluster. L’R0 tra villaggi (13-32) è molto più alto di quello riportato per allevamenti di piccoli proprietari in Uganda o allevamenti commerciali in Europa, anche se i valori di β (il tasso di trasmissione) sono in linea con studi precedenti. Questo R0 così elevato dipende dai contatti durante il periodo infettivo e dalla probabilità di trasmissione al contatto. Serve più ricerca sulle strutture di contatto tra villaggi e sui comportamenti che favoriscono la trasmissione.

Capire il periodo infettivo di un villaggio è fondamentale. Ci dà un’idea della diffusione interna al villaggio e, soprattutto, un lasso di tempo cruciale per le attività di “trace-back” (rintracciare l’origine dell’infezione) e “trace-forward” (rintracciare dove potrebbe essersi diffusa). Future indagini dovrebbero concentrarsi sui meccanismi di diffusione: visite familiari, matrimoni, feste, condivisione di attrezzature, commercio informale, movimenti di cinghiali.

È interessante notare che i raggi dei cluster identificati (fino a 153 km) erano molto più grandi delle zone di controllo di 3 o 10 km usate comunemente in Europa. Questo, insieme alla presenza di potenziali serbatoi di malattia e vie di trasmissione (cinghiali, commercio informale, suini allevati all’aperto), potrebbe ridurre l’efficacia della sola strategia di “stamping out”.

Guardando al futuro: decisioni informate per la sicurezza alimentare

L’obiettivo di capire questi parametri di trasmissione è utilizzarli per modellare il controllo della malattia. Ad esempio, se si potessero implementare misure di controllo dei movimenti più rapidamente, magari usando test diagnostici rapidi sul campo prima della conferma di laboratorio, si potrebbe ridurre il tasso di contatto effettivo tra villaggi e rallentare la diffusione. Un ritmo di diffusione più lento darebbe più tempo ai servizi veterinari per intervenire e mitigare gli impatti finanziari e sulla sicurezza alimentare, che sono devastanti in questi paesi. Pensate che in Laos il 30% degli agricoltori alleva suini!

Quindi, è fondamentale stimare questi parametri con la maggiore accuratezza possibile, magari usando tecniche alternative o approcci diversi alla raccolta dati in futuro. Questo studio evidenzia la necessità di supportare i servizi veterinari sul campo non solo per rispondere ai focolai, ma anche per investigare e riportare informazioni di alta qualità. Solo così potremo informare al meglio le future strategie di controllo e le decisioni politiche. Combinando questi risultati con dati di sorveglianza continui, indagini approfondite sui focolai e modelli finanziari ed epidemiologici dettagliati, si può sperare di mitigare l’impatto della PSA in Laos e proteggere il futuro dei piccoli allevatori.
Un grafico complesso che mostra la diffusione di un'epidemia, proiettato su uno schermo in una sala riunioni scarsamente illuminata, con decisori che lo osservano attentamente. Stile 'film noir' con duotono blu e grigio, focale 24mm per includere l'ambiente.
In conclusione, la nostra “avventura” con i dati della PSA in Laos ci ha insegnato che, anche con strumenti sofisticati come i modelli ABC-SMC, la qualità dei dati di input è regina. Senza dati solidi e ben rappresentativi dell’evoluzione di un’epidemia, anche il modello più brillante rischia di dare indicazioni fuorvianti. Un monito importante per tutti coloro che lavorano sul campo per combattere le malattie animali e proteggere le comunità.

Fonte: Springer

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