Onde su Barra Sommersa: Sfida tra Modelli Numerici CFD, Chi Vince?
Ciao a tutti! Oggi voglio portarvi con me in un viaggio affascinante nel mondo dell’ingegneria costiera e della fluidodinamica computazionale (CFD). Immaginate la potenza delle onde che si infrangono sulla costa: prevedere come si comportano è fondamentale per progettare difese costiere, dighe, frangiflutti, e persino le fondamenta delle turbine eoliche offshore, soprattutto ora con i cambiamenti climatici e la transizione energetica che bussano alla porta.
Il problema è che le onde, quando si avvicinano alla riva e incontrano fondali variabili, fanno cose davvero complesse: cambiano altezza (shoaling), si piegano (rifrazione), si aggirano ostacoli (diffrazione) e, soprattutto, possono frangere in modo turbolento e caotico. I vecchi modelli matematici, come quelli basati sulle equazioni di Boussinesq o sulle acque basse, spesso non ce la fanno a catturare tutta questa complessità con la precisione necessaria.
La Prova del Nove: I Test Fisici
Per capire davvero cosa succede, non c’è niente di meglio che ricreare la situazione in laboratorio. Nel nostro caso, abbiamo usato il canale ondoso dell’Ocean and Coastal Engineering Laboratory all’Università di Aalborg, in Danimarca. Pensatelo come una lunga piscina attrezzata dove possiamo generare onde controllate e farle passare sopra un ostacolo specifico: una barra sommersa con una forma trapezoidale ben definita (una salita dolce 1:10 e una discesa più ripida 1:5). Abbiamo piazzato un sacco di sensori (wave gauges) lungo il canale per misurare l’altezza della superficie dell’acqua in tempo reale con grande precisione. Questi esperimenti fisici sono il nostro “gold standard”, la realtà con cui confrontare tutto il resto. Abbiamo testato diverse condizioni d’onda, da quelle quasi lineari a quelle decisamente non lineari, incluse onde regolari e bicromatiche (la somma di due onde) che arrivavano a frangere sopra la barra. Avere dati sperimentali affidabili e ben documentati, con tanto di analisi dell’incertezza (cosa non sempre scontata!), è cruciale per validare i modelli numerici.
I Contendenti Digitali: Tre Approcci CFD a Confronto
Qui entra in gioco la CFD. Invece di costruire modelli fisici (costosi e poco flessibili), possiamo usare potenti computer per risolvere le equazioni di Navier-Stokes, che descrivono il movimento dei fluidi. Ma anche nel mondo CFD, ci sono diversi modi per affrontare il problema, specialmente per gestire l’interfaccia tra acqua e aria (la superficie libera). Abbiamo messo alla prova tre “campioni”, molto diffusi nelle rispettive categorie:
- Il Metodo Volume of Fluid (VoF) con interFoam (OpenFOAM): Questo è un classico. Immaginate di dividere lo spazio in tante cellette e, per ognuna, calcolare quanta percentuale è piena d’acqua e quanta d’aria. Seguendo l’evoluzione di questa “frazione di volume” (alpha), il modello ricostruisce la superficie libera. Abbiamo usato il solutore interFoam della piattaforma open-source OpenFOAM, abbinato a un modello di turbolenza sofisticato (il non-lineare k-epsilon di Shih et al.), ottimo per simulare le onde frangenti. È un approccio potente, capace di catturare dettagli complessi come l’aria intrappolata nelle onde che frangono (plunging), ma richiede griglie di calcolo molto fitte, specialmente vicino all’interfaccia, e quindi… costa tempo macchina! Lo chiameremo i-VoF.
- La Trasformazione Sigma con MIKE 3 Waves Model FM: Questo approccio è più furbo dal punto di vista computazionale. Invece di usare coordinate cartesiane fisse, “stira” la coordinata verticale (sigma) in modo che segua sempre il fondo e la superficie libera. Così, l’interfaccia acqua-aria si trova sempre a un valore fisso di sigma (es. sigma=1). Questo semplifica molto le cose, permettendo di usare meno punti di calcolo e quindi di essere incredibilmente più veloce. Abbiamo usato il modello MIKE 3 Wave Model FM di DHI. Il limite? La superficie libera deve essere “liscia” e non può ripiegarsi su se stessa (niente plunging breakers dettagliati, anche se l’energia dissipata viene modellata). Lo chiameremo M-sigma.
- Il Metodo Smoothed Particle Hydrodynamics (SPH) con DualSPHysics: Cambiamo completamente paradigma. Niente griglie! Qui il fluido è rappresentato da un insieme di “particelle” che si muovono e interagiscono tra loro. Ogni particella porta con sé informazioni (velocità, pressione, densità) che vengono mediate (“smoothed”) con quelle delle particelle vicine tramite una funzione “kernel”. È un metodo Lagrangiano (le particelle si muovono col fluido) e quindi segue naturalmente superfici libere molto complesse, senza bisogno di tecniche speciali. Abbiamo usato la piattaforma open-source DualSPHysics, con una formulazione “debolmente comprimibile” (delta-SPH) che aiuta a smorzare oscillazioni numeriche indesiderate. È molto flessibile ma computazionalmente intensivo (anche se l’accelerazione su GPU aiuta molto) e, come vedremo, la sua convergenza può essere un po’… delicata. Lo chiameremo D-SPH.
La Sfida: Accuratezza vs. Applicabilità
Abbiamo configurato i tre modelli cercando di replicare al meglio il caso di studio idealizzato derivato dai test fisici. Prima di confrontarli con gli esperimenti, abbiamo fatto un’analisi di convergenza per ciascuno: in pratica, abbiamo raffinato la “griglia” (o la spaziatura delle particelle per SPH) e il passo temporale finché i risultati non cambiavano più significativamente. Questo è fondamentale per essere sicuri che gli errori non siano dovuti a una discretizzazione troppo grossolana.
E poi, il confronto vero e proprio! Abbiamo guardato:
- Le serie temporali dell’elevazione della superficie libera: Come cambia l’altezza dell’acqua nel tempo in diversi punti del canale? I profili d’onda simulati assomigliano a quelli misurati?
- Metriche di errore: Abbiamo calcolato errori medi sull’elevazione, sull’ampiezza delle onde, sulla fase (quanto sono “sfasate” le onde simulate rispetto a quelle reali?) e sul set-up (il leggero innalzamento medio del livello del mare dovuto alle onde).
- Analisi spettrale: Scomponendo le onde nelle loro componenti armoniche (fondamentale e superiori), abbiamo visto come l’energia si trasferisce tra le diverse frequenze mentre l’onda viaggia e interagisce con la barra. Questo è cruciale per capire fenomeni non lineari come la generazione di armoniche superiori durante lo shoaling e la loro “liberazione” (decomposizione) dopo la barra.
I Risultati: Luci e Ombre
In generale, devo dire che tutti e tre i modelli si sono comportati bene, mostrando una buona correlazione con i dati sperimentali. Sono tutti strumenti validi per simulare trasformazioni d’onda complesse con un’accuratezza sufficiente per molte applicazioni di ingegneria costiera. Ma le differenze ci sono, eccome!
Accuratezza:
- L’i-VoF (OpenFOAM) è risultato il più preciso, specialmente nelle condizioni più toste con onde frangenti (condizioni 3 e 4). Riesce a catturare meglio la dissipazione turbolenta e l’evoluzione del fronte d’onda franto (il “bore”). Anche le elevazioni massime delle creste dopo la barra erano più vicine a quelle misurate.
- L’M-sigma (MIKE 3) ha mostrato qualche difficoltà in più con le onde frangenti, in particolare tendeva a sovrastimare leggermente la velocità delle onde sulla barra (celerità), portando a errori di fase più grandi a valle. Tuttavia, la dissipazione complessiva dell’energia era modellata abbastanza bene. Nelle condizioni non frangenti, se l’è cavata egregiamente.
- Il D-SPH (DualSPHysics) ha avuto performance interessanti. In alcune condizioni (come la 4, bicromatica frangente), dopo la zona di frangimento, i suoi profili d’onda erano sorprendentemente vicini a quelli sperimentali, con errori di fase contenuti. Però, ha mostrato una convergenza un po’ problematica, specialmente per l’onda regolare frangente (condizione 3): raffinando la risoluzione (cioè usando più particelle), i risultati non miglioravano in modo monotono e a volte peggioravano, mostrando un comportamento un po’ “erratico”. Questo è un punto debole noto dell’SPH in regimi turbolenti. Inoltre, ha leggermente sottostimato l’energia iniziale delle onde nella condizione 4.
Applicabilità (Costi Computazionali e Facilità d’Uso):
Qui la storia cambia radicalmente!
- L’M-sigma è stato il vincitore assoluto in termini di velocità: i tempi di calcolo erano da 10 a 100 volte inferiori rispetto agli altri due! Questo grazie alla trasformazione sigma che riduce drasticamente il numero di punti di calcolo. Per la condizione d’onda quasi lineare, girava quasi in tempo reale. Un vantaggio enorme se devi fare molte simulazioni.
- L’i-VoF e il D-SPH sono risultati molto più “pesanti” computazionalmente. i-VoF richiede molte celle, specialmente vicino alla superficie libera. D-SPH, pur essendo meshless, ha bisogno di tante particelle, soprattutto per onde di piccola ampiezza se non si usano tecniche di raffinamento (che sono complesse in SPH). La GPU ha dato una bella mano a D-SPH, ma i tempi restano significativi.
- Facilità d’uso: M-sigma e D-SPH sono forse un po’ più immediati per l’impostazione iniziale (M-sigma genera la griglia quasi da solo, D-SPH non ha griglia). i-VoF richiede un po’ più di lavoro per creare la griglia strutturata con le zone di raffinamento, anche se per geometrie semplici come questa non è un dramma. La generazione delle onde è stata più semplice in i-VoF e M-sigma (usando le “relaxation zones”). Per D-SPH e M-sigma, generare l’onda bicromatica ha richiesto qualche passaggio in più.
- Flessibilità: i-VoF e D-SPH, essendo basati su approcci che gestiscono direttamente l’interfaccia (VoF) o non hanno griglia (SPH), sono potenzialmente più adatti se si volessero aggiungere strutture complesse che interagiscono con la superficie libera (es. un muro verticale sulla barra). La trasformazione sigma di M-sigma “romperebbe” in questi casi, a meno di implementazioni speciali. Inoltre, i-VoF (OpenFOAM) e D-SPH (DualSPHysics) sono open-source, un vantaggio non da poco per la ricerca e lo sviluppo.
Conclusioni: Il Modello Giusto per Ogni Esigenza
Allora, chi ha vinto? Come spesso accade, non c’è un vincitore unico. La scelta del modello CFD dipende da cosa ci serve:
- Se la massima accuratezza, specialmente nel dettaglio del frangimento e della turbolenza, è la priorità assoluta e il tempo di calcolo non è un problema critico, i-VoF (OpenFOAM) è probabilmente la scelta migliore.
- Se la velocità di calcolo è fondamentale, e si possono accettare piccole imprecisioni sulla fase o sul dettaglio del frangimento (ma con una buona stima della dissipazione energetica), M-sigma (MIKE 3) è imbattibile, con prestazioni ordini di grandezza superiori.
- Se serve grande flessibilità geometrica (niente griglia) e si vogliono esplorare fenomeni con superfici libere molto complesse, D-SPH (DualSPHysics) è un’opzione potente, ma bisogna essere consapevoli dei suoi costi computazionali e, soprattutto, prestare molta attenzione alla convergenza, che può essere meno robusta rispetto ai metodi basati su griglia, specialmente in condizioni turbolente.
Questo lavoro di benchmarking, basato su solidi dati sperimentali (che sono stati resi pubblici, insieme ai file di input dei modelli, per favorire la trasparenza e la riproducibilità!), ci aiuta a capire meglio i punti di forza e di debolezza di questi potenti strumenti digitali. Spero che questo tuffo nel mondo della simulazione delle onde vi sia piaciuto!
Fonte: Springer