Voxel all’Attacco! Come Stiamo Mappando la Gravità Nascosta di Asteroidi e Comete
Ciao a tutti, appassionati di spazio e misteri cosmici! Oggi voglio portarvi con me in un viaggio affascinante, nel cuore di asteroidi, comete e piccole lune, per svelare come stiamo cercando di capirne uno degli aspetti più elusivi: il loro campo gravitazionale. E credetemi, non è una passeggiata!
Le Sfide di Navigare “alla Cieca” (o quasi)
Immaginate di dover pilotare una navicella spaziale attorno a un corpo celeste dalla forma super irregolare, una specie di patata cosmica gigante, senza sapere esattamente com’è fatta dentro. La sua massa potrebbe non essere distribuita in modo uniforme: magari ha un nucleo più denso da una parte, o delle zone più “vuote” da un’altra. Queste variazioni interne, unite alla forma bizzarra, creano un campo gravitazionale che è un vero e proprio incubo per chi deve pianificare orbite precise o, peggio ancora, tentare un atterraggio. Missioni storiche come Galileo, Rosetta, Hayabusa e OSIRIS-REx ci hanno insegnato tantissimo, ma più ci avviciniamo a questi piccoli mondi, più i dettagli della loro gravità locale diventano cruciali.
Per anni, noi scienziati abbiamo usato diversi trucchi per modellare questi campi gravitazionali:
- Espansioni in armoniche sferiche: Un metodo classico, che funziona bene se sei abbastanza lontano dal corpo celeste. Ma avvicinati troppo, specialmente se l’oggetto non è una bella sfera liscia, e l’algoritmo inizia a dare i numeri, letteralmente!
- Il metodo poliedrico: Fantastico per calcolare la gravità di un corpo con forma poliedrica e densità uniforme. Ma la maggior parte degli asteroidi e delle comete sono tutt’altro che omogenei al loro interno.
- Modelli “mascon” (mass concentration): Qui l’idea è dividere il corpo in tante piccole “masse concentrate”. Sommi il contributo di tutte e ottieni il campo gravitazionale. Intuitivo, ma può essere impreciso vicino alla superficie e, se vuoi tanti dettagli (cioè tante mascon), i calcoli diventano lunghissimi.
Insomma, ogni metodo ha i suoi pro e i suoi contro. Ma se volessimo qualcosa di più… realistico e flessibile?
Entrano in Scena i Voxel: La Rivoluzione 3D della Densità
Ed è qui che entra in gioco la nostra nuova idea, un approccio che sfrutta i voxel. Cosa sono i voxel? Immaginateli come i pixel di un’immagine, ma in tre dimensioni. Sono dei piccoli cubetti che, messi insieme, possono formare qualsiasi oggetto 3D, per quanto complesso. L’idea è usare questi voxel per costruire un modello della distribuzione di densità interna di un asteroide o di una cometa.
Perché proprio i voxel? Beh, i vantaggi sono parecchi:
- Perfetti per il Deep Learning: La loro natura a griglia strutturata è l’ideale per essere “digerita” dalle reti neurali convoluzionali 3D. E sì, stiamo pensando anche a quello per il futuro!
- Continuità realistica: A differenza di altri metodi mascon, come quelli che usano sfere per riempire il volume (lasciando inevitabilmente degli spazi vuoti), i voxel creano una griglia continua, molto più fedele alla realtà.
- Versatilità geometrica: Possiamo ricostruire corpi celesti con geometrie arbitrarie e complesse senza imporre limiti strani.
- Efficienza computazionale: Offrono un framework strutturato e facilmente parallelizzabile, il che significa calcoli più veloci senza sacrificare la precisione.
In pratica, i voxel ci danno la flessibilità di “scolpire” la densità interna di un corpo celeste con un dettaglio incredibile.

Il Nostro “Laboratorio Virtuale”: VMC (Voxel Mass Concentration)
Per mettere in pratica tutto questo, abbiamo sviluppato uno strumento di simulazione che abbiamo chiamato VMC (Voxel Mass Concentration). È scritto principalmente in Python3 e gestisce i dati in formato tensoriale (usando Pytorch), proprio per facilitare future integrazioni con il machine learning.
Il flusso di lavoro nel VMC è più o meno questo:
- Generazione della Forma: Partiamo creando una rappresentazione a voxel dell’oggetto che ci interessa. Può essere una forma matematica semplice (come un cubo o un ellissoide, utili per i test) oppure un modello topografico realistico di un asteroide o cometa, come Phobos o la cometa 67P/Churyumov-Gerasimenko, basato su dati reali.
- Definizione della Struttura Interna: Qui arriva il bello! Possiamo assegnare una densità omogenea, oppure creare strutture più complesse come gusci concentrici (o decentrati!) di densità e spessore variabili. Ma la vera chicca è l’uso del rumore di Perlin tridimensionale. Questo algoritmo ci permette di generare distribuzioni di densità dall’aspetto incredibilmente naturale, simulando variazioni e disomogeneità realistiche. Possiamo anche “segmentare” questo rumore, raggruppando i valori di densità in un numero definito di livelli, o addirittura simulare la collisione di più corpi introducendo dei “punti di taglio” nella generazione del rumore.
- Aggiunta di Anomalie e Normalizzazione: Vogliamo ancora più realismo? Possiamo inserire nel nostro modello delle “anomalie” di densità: piccole o grandi, sferiche, cubiche o di forma casuale, più o meno dense del materiale circostante. Dopo aver aggiunto tutte queste caratteristiche, applichiamo delle tecniche di normalizzazione per assicurarci che la massa totale del nostro corpo celeste virtuale corrisponda a quella che ci aspettiamo.
- Calcolo delle Proprietà Geofisiche: Una volta che abbiamo il nostro modello di densità super-dettagliato, il VMC calcola diverse proprietà geofisiche fondamentali: l’accelerazione gravitazionale in qualsiasi punto attorno (o sulla superficie) del corpo, i coefficienti di gravità (quelli usati nelle espansioni armoniche sferiche, per intenderci) e il tensore d’inerzia, che ci dice come la massa è distribuita e come l’oggetto risponde alla rotazione.
Una cosa importante: per ora ci siamo concentrati sulla parte gravitazionale pura, tralasciando il potenziale rotazionale.
Mettiamolo alla Prova: Cubi, Sfere e Complessità Artificiali
Ovviamente, un nuovo metodo va testato a fondo. Come abbiamo fatto?
Innanzitutto, abbiamo preso forme semplici di cui conosciamo la soluzione analitica (cioè, la formula matematica esatta) per le loro proprietà geofisiche, assumendo una densità omogenea. Un cubo e una sfera sono stati i nostri primi banchi di prova. Abbiamo calcolato la gravità con il nostro metodo VMC a diverse risoluzioni di voxel e confrontato i risultati con le soluzioni analitiche. I risultati sono stati ottimi! Per il cubo, il nostro metodo si è dimostrato più performante di altri approcci mascon, soprattutto perché i voxel cubici sono perfetti per rappresentare un cubo. Per la sfera, che ovviamente non può essere rappresentata perfettamente da cubetti, l’errore diminuisce all’aumentare del numero di voxel, come ci si aspetta, convergendo verso la soluzione analitica.

Poi, siamo passati a qualcosa di più stuzzicante: un cubo con una distribuzione di densità eterogenea creata apposta con il VMC. Abbiamo inserito un modello a guscio cubico decentrato con densità linearmente decrescente in un angolo e abbiamo sparpagliato anomalie di varie forme e densità sulla superficie. L’obiettivo qui era qualitativo: il campo gravitazionale risultante rifletteva queste caratteristiche interne? La risposta è sì! Le zone più dense vicino alla superficie generavano un’attrazione gravitazionale localmente più forte, esattamente come previsto.
Abbiamo anche validato il calcolo del tensore d’inerzia per cubo e sfera, e i coefficienti di gravità usando un ellissoide triassiale (una specie di uovo schiacciato in modo diverso lungo tre assi). Anche qui, i risultati numerici si sono avvicinati molto bene alle soluzioni analitiche, migliorando con l’aumentare della risoluzione dei voxel. Certo, più voxel significano tempi di calcolo più lunghi, specialmente se si supera la memoria della GPU, ma l’accuratezza generale è notevole.
Cosa Abbiamo Imparato e Dove Stiamo Andando
Questo lavoro ci ha dimostrato che il nostro approccio basato sui voxel è uno strumento potente e versatile. Possiamo:
- Generare rappresentazioni a voxel di corpi celesti reali, come la cometa 67P.
- Creare distribuzioni di densità interne incredibilmente realistiche grazie al rumore di Perlin segmentato, permettendoci di studiare composizioni naturali e persino simulare scenari di collisione tra corpi. Pensate a Phobos, la luna di Marte: il nostro metodo potrebbe aiutarci a modellarne la struttura interna mantenendo la sua bassa densità apparente.
- Calcolare rapidamente l’accelerazione gravitazionale, il che è fondamentale per la pianificazione di missioni e, in futuro, per sistemi di guida e navigazione autonomi durante atterraggi. I tempi di calcolo, specialmente su GPU, sono promettenti.
- Confrontare direttamente i campi gravitazionali vicino alla superficie con le espansioni in armoniche sferiche, usando lo stesso modello di densità. Questo ci aiuta a capire meglio i limiti e i punti di forza di entrambi gli approcci.
Il futuro? Vogliamo applicare il VMC a oggetti celesti specifici come Phobos e 67P/Churyumov-Gerasimenko, sfruttando i dati delle missioni passate e future (come la Martian Moon eXploration – MMX). E, come accennavo, l’integrazione con tecniche di machine learning e deep learning è uno dei nostri obiettivi principali per analizzare i dati e, chissà, fare nuove scoperte sull’origine di questi affascinanti vagabondi cosmici.
Insomma, i voxel ci stanno aprendo una nuova finestra sulla struttura interna e sulla gravità dei piccoli corpi del Sistema Solare. È come avere a disposizione dei mattoncini LEGO cosmici super-potenti per costruire e capire l’universo, un pezzetto (o un voxel!) alla volta. Spero di avervi trasmesso un po’ dell’entusiasmo che proviamo lavorando su queste frontiere della ricerca!

Fonte: Springer
