Fotografia still life, obiettivo macro 100mm, alta definizione, illuminazione controllata, un pezzo di bambù modellato in una forma complessa tridimensionale (es. esagonale o a U) accanto a un pezzo di bambù naturale cilindrico, evidenziando la trasformazione e il potenziale del nuovo materiale.

Bambù 3D: Plasmarlo con l’Acqua è la Nuova Frontiera Sostenibile!

Avete mai pensato al bambù? Quella pianta incredibile che cresce a vista d’occhio, simbolo di flessibilità e resistenza. Un materiale naturale fantastico, rinnovabile e con un potenziale enorme. Ma c’è un “ma”: la sua struttura nativa, cilindrica e con le fibre che corrono dritte per la loro strada, ha sempre limitato un po’ il suo utilizzo in applicazioni ingegneristiche avanzate. Insomma, bello è bello, ma non sempre facile da “piegare” alle nostre esigenze strutturali più complesse.

E se vi dicessi che abbiamo trovato un modo per superare questo limite? Un metodo innovativo che ci permette di controllare la deformazione delle cellule del bambù semplicemente… giocando con l’umidità al suo interno! Sembra quasi magia, ma è scienza applicata, e apre scenari davvero entusiasmanti.

Il problema del bambù: bello ma… rigido!

Da sempre, sfruttare appieno il bambù come materiale da costruzione o per prodotti ingegneristici complessi è stata una sfida. La sua crescita verticale definisce una struttura molto anisotropa, cioè con proprietà diverse a seconda della direzione. Lavorarlo “di traverso” rispetto alle sue fibre è complicato.

I metodi tradizionali spesso comportano:

  • Tagliare il bambù in piccoli pezzi e incollarli per creare compositi laminati. Peccato che così si utilizzi solo il 35% circa della pianta!
  • Tecniche di appiattimento, come quella a vapore saturo (“slit flattening”), che migliorano un po’ la resa (fino al 55-87%) ma non risolvono del tutto i problemi di difetti o la necessità di trattamenti ad alte temperature.
  • Il bambù ricostituito, dove si sminuzza e si incolla il materiale, arriva a rese superiori all’80%, ma richiede molta colla e snatura un po’ la struttura originale.

Inoltre, metodi di densificazione o delignificazione (rimozione della lignina) hanno migliorato le proprietà meccaniche, ma spesso a scapito della plasticità, cioè della capacità di essere modellato senza rompersi. E tecniche efficaci su altri legni, come il “water shock”, sul bambù non funzionano altrettanto bene. Insomma, serviva un’idea diversa.

L’idea geniale: giocare con acqua e calore

Qui entra in gioco la nostra intuizione, basata su un principio noto: l’asciugatura. Sappiamo che il bambù si ritira quando perde acqua, e che questo ritiro non è uniforme a causa della sua struttura (più denso fuori, più rado dentro). Questo può causare tensioni interne e persino crepe se l’asciugatura è troppo rapida o incontrollata.

E se invece di cercare un’asciugatura *uniforme* per evitare problemi, cercassimo un’asciugatura *diseguale* e controllata per *indurre* una deformazione voluta? L’idea è proprio questa: applicare temperature diverse lungo la direzione trasversale del bambù.

Immaginate di scaldare un lato più dell’altro. L’acqua all’interno inizierà a migrare dalla zona più calda (dove evapora) verso quella più fredda. Questo crea un gradiente di umidità localizzato. Man mano che le zone si asciugano in tempi diversi, si generano degli stress interni: le parti più secche tendono a ritirarsi, ma sono “trattenute” da quelle ancora umide. Controllando con precisione questo processo, possiamo far sì che lo stress interno si sposti progressivamente dalla superficie verso gli strati interni, guidando la deformazione delle cellule del bambù nella direzione voluta.

Per facilitare ulteriormente questa deformazione, abbiamo visto che una parziale *delignificazione* aiuta. La lignina è un po’ la “colla” che tiene unite le fibre; rimuoverne una parte crea più spazio e libertà per le cellule di muoversi e riorganizzarsi sotto la spinta degli stress indotti dall’asciugatura diseguale.

Lenti macro, 90 mm, dettagli elevati, illuminazione controllata, primo piano delle celle di bambù sottoposte a deformazione durante il processo di essiccazione irregolare, mostrando gradienti di umidità rappresentati visivamente da sottili variazioni di colore o modelli di condensa.

Dal cilindro alla forma: la magia in azione

Il processo che abbiamo messo a punto, che chiamiamo “asciugatura irregolare guidata dal gradiente di umidità localizzato” (lo so, è un nome un po’ tecnico, ma rende l’idea!), si articola in tre fasi principali:

  1. Delignificazione Parziale: Trattiamo il bambù per rimuovere selettivamente parte della lignina, ottimizzando la struttura delle pareti cellulari per la successiva deformazione.
  2. Asciugatura Irregolare: Applichiamo un gradiente termico controllato (ad esempio, una differenza di 50°C tra i due lati di un pezzo di bambù semicilindrico) per guidare il trasporto dell’acqua e generare gli stress interni necessari. Abbiamo visto che con differenze di temperatura maggiori, il processo è più rapido.
  3. Stampaggio a Compressione: Quando il bambù raggiunge il Punto di Saturazione delle Fibre (FSP, circa il 30% di umidità, il momento ideale in cui le pareti cellulari sono ancora flessibili ma l’acqua libera è quasi sparita), lo comprimiamo in uno stampo per ottenere la forma finale e densificarlo.

Il risultato? Siamo riusciti a trasformare il bambù da cilindrico a piatto, e persino a modellarlo in forme complesse come angoli di 90°, 180°, 270°, 360°, o addirittura lettere come N, E, F, U! E non solo: abbiamo creato campioni con sezioni triangolari, quadrate, pentagonali ed esagonali (simili a nidi d’ape), forme molto interessanti per applicazioni strutturali. La cosa fantastica è che questo bambù modellato mantiene la sua struttura eterogenea naturale, ma diventa molto più denso e compatto. Abbiamo persino dimostrato che funziona anche sotto la luce solare naturale, controllando l’asciugatura in modo più “rustico”. E la tecnica è versatile: l’abbiamo testata con successo anche su altri materiali simili come legno di pioppo, larice e bambù mifei.

Un “Super Bambù”: più forte, più resistente, migliore!

Ma la vera sorpresa sono le proprietà meccaniche di questo bambù modellato. I risultati sono sbalorditivi:

  • Resistenza a Trazione: Passa da 193.7 MPa del bambù naturale a ben 875.4 MPa!
  • Resistenza a Flessione: Da 173.6 MPa a 375.3 MPa.
  • Resistenza a Compressione: Da 73.7 MPa a 102.7 MPa.
  • Resistenza all’Impatto: Schizza da 988.1 J/m a 2033.3 J/m!

La densità aumenta, arrivando a 1209–1315 kg/m³, e la sua resistenza specifica (resistenza divisa per la densità, un parametro chiave per materiali leggeri e performanti) raggiunge i 740.58 MPa·kg⁻¹m³. Questo valore supera quello della maggior parte dei materiali ingegneristici rinnovabili e non rinnovabili, inclusi molti metalli, polimeri e persino alcune ceramiche o compositi come il CFRP (plastica rinforzata con fibra di carbonio) in termini di rapporto resistenza/peso.

Un altro aspetto cruciale, specialmente per l’edilizia, è la stabilità dimensionale in presenza di umidità. Abbiamo testato il nostro bambù modellato (rivestito con poliuretano per protezione) all’85% di umidità relativa. Mentre un bambù trattato termicamente mostrava un “ritorno” dimensionale (rebound) del 45.6%, il nostro bambù modellato ha mostrato un incredibile 1.20% di rebound! Anche immerso in acqua per 24 ore (sempre con rivestimento), è rimasto stabile. Questo è dovuto al fatto che la rimozione di lignina e parte dell’emicellulosa riduce la capacità delle pareti cellulari di gonfiarsi con l’acqua.

Teleotdo Zoom, 200 mm, tracciamento d'azione, velocità dell'otturatore rapido, test di impatto eseguito su un campione di bambù modellato rispetto a un campione di materiale tradizionale (ad esempio acciaio o alluminio), che mostra il frattura che resiste in bambù o l'energia assorbente in modo più efficace.

Ma perché funziona? Uno sguardo all’interno

Come fa questo bambù a diventare così performante? Il segreto sta nel fatto che riusciamo a densificare la sua struttura preservandone l’organizzazione gerarchica naturale, dalle macrofibre fino alle microfibrille di cellulosa.
Macroscopicamente, l’asciugatura irregolare e la compressione riducono la porosità, creando una struttura laminata molto compatta.
Al microscopio (usando tecniche come SAXS – Small-Angle X-ray Scattering), vediamo che le microfibrille di cellulosa rimangono ben allineate e ordinate, anzi, la loro uniformità aumenta.
A livello molecolare, la rimozione della lignina espone maggiormente le superfici delle microfibrille di cellulosa. Questo, unito alla presenza controllata di acqua durante la compressione (allo stato FSP), favorisce la formazione di un numero elevatissimo di legami a idrogeno tra le fibre. L’acqua agisce quasi da “adesivo” naturale, e sappiamo che l’energia di legame tra cellulosa/acqua/cellulosa è molto più alta di quella tra cellulosa/cellulosa da sola. Questo spiega in gran parte l’eccezionale resistenza meccanica ottenuta. Analisi come FTIR (spettroscopia infrarossa) e NMR (risonanza magnetica nucleare) confermano la rimozione parziale di lignina ed emicellulosa, la preservazione della cellulosa e l’aumento dei legami idrogeno.

Un bene per il pianeta e per il portafoglio

Oltre alle prestazioni tecniche, c’è un altro aspetto fondamentale: la sostenibilità. Abbiamo condotto un’analisi del ciclo di vita (LCA) “dalla culla al cancello” (cioè dalla raccolta del bambù al prodotto finito) per valutare l’impatto ambientale. Produrre 1 kg del nostro bambù modellato genera circa 5.24 kg di CO2 equivalente e 0.0256 kg di SO2 equivalente.
Se confrontiamo l’intero ciclo di vita (“dalla culla alla tomba”, includendo uso e smaltimento) con materiali tradizionali come leghe metalliche, acciaio, polietilene (PE) e polifenilensolfuro (PPS), anche considerando scenari di riciclo per questi ultimi, il bambù modellato risulta avere un impatto ambientale significativamente inferiore in quasi tutte le categorie considerate (riscaldamento globale, consumo di risorse fossili, ecotossicità, consumo di acqua, acidificazione, ecc.). Questo è un enorme vantaggio per raggiungere gli obiettivi di neutralità carbonica. Il bambù è rinnovabile, cresce rapidamente assorbendo CO2, e il nostro processo richiede meno energia fossile rispetto alla produzione di metalli o plastiche.

E non dimentichiamo il costo! Analizzando la costo-efficacia per applicazioni come travi leggere e rigide, il nostro bambù modellato risulta competitivo, superando materiali come pietra, legno tradizionale, ghisa e acciaio.

In conclusione, questa tecnica di “asciugatura irregolare” ci permette di trasformare il bambù naturale, una risorsa abbondante e sostenibile, in un materiale ingegneristico ad alte prestazioni, modellabile in forme complesse, resistente, durevole e con un basso impatto ambientale. Supera le limitazioni tradizionali della lavorazione del bambù e apre la strada a nuove applicazioni, dall’edilizia leggera al design, contribuendo a un futuro più verde e sostenibile. Una vera rivoluzione guidata… dall’acqua!

Fonte: Springer

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