Un'immagine concettuale che rappresenta la combinazione di diversi flussi di dati finanziari, simboleggiati da frecce colorate, che convergono in un unico indicatore centrale più stabile e predittivo, illuminato. Questo simboleggia l'approccio di forecast combination per misurare il credit gap. Obiettivo macro 100mm, alta definizione, illuminazione da studio per enfatizzare la chiarezza e la precisione del concetto.

Misurare il Divario Creditizio: E se la Soluzione Fosse Unire le Forze (delle Previsioni)?

Avete presente il credito? Quel motore (o a volte freno a mano) dell’economia che, se gestito male, può portare a qualche bel grattacapo. Ecco, uno degli indicatori più tenuti d’occhio da economisti e banchieri centrali è il cosiddetto “credit gap”, ovvero quanto il rapporto tra credito e Prodotto Interno Lordo (PIL) si discosta dal suo sentiero di crescita di lungo periodo. Capire se il credito sta correndo troppo o se, al contrario, è eccessivamente fiacco, è cruciale per prevenire crisi finanziarie o per stimolare l’economia al momento giusto. Sembra facile, no? Beh, non proprio.

Il Dilemma della Misurazione: Quale Bacchetta Magica Usare?

Il problema fondamentale è che non esiste un consenso universale su come calcolare questo “eccesso” di credito. La Banca dei Regolamenti Internazionali (BRI), un po’ la “banca delle banche centrali”, ha proposto un metodo basato sul filtro di Hodrick-Prescott (HP) con un parametro di lisciamento bello alto. Questo metodo è diventato una sorta di standard, tanto da essere usato dal Comitato di Basilea per la Vigilanza Bancaria per calibrare i famosi “buffer di capitale anticiclici” (una sorta di riserva che le banche devono accumulare nei periodi di vacche grasse per far fronte a quelli di magra). Però, diciamocelo chiaramente, nessun metodo è perfetto. Il filtro HP, per esempio, ha i suoi critici, soprattutto per via del cosiddetto “endpoint problem”: le stime alla fine del campione (quelle più recenti e quindi più utili per chi deve prendere decisioni!) tendono a essere un po’ ballerine e vengono riviste parecchio man mano che arrivano nuovi dati. Un bel rompicapo per chi deve agire in tempo reale!

Inoltre, la scelta di un metodo piuttosto che un altro per scomporre una serie storica nel suo trend (la tendenza di fondo) e nel suo ciclo (le fluttuazioni temporanee) è sempre un po’ arbitraria. È come avere diverse lenti per guardare lo stesso paesaggio: ognuna ti mostra dettagli diversi. E se una misura del credit gap funziona bene per prevedere crisi finanziarie sistemiche, magari non è altrettanto efficace per scovare bolle nel mercato immobiliare. C’è insomma un’incertezza di fondo legata al modello scelto.

La Nostra Idea: Unire le Forze delle Previsioni!

Qui entro in gioco io, o meglio, noi con il nostro studio. Ci siamo chiesti: e se invece di affidarci a un singolo metodo, provassimo a combinarne diversi? L’idea di base è che se una componente ciclica (il nostro credit gap) è davvero “temporanea”, allora dovrebbe avere una qualche capacità di prevedere la crescita futura della variabile. Se il rapporto credito/PIL è sotto il suo trend, ci aspettiamo che prima o poi recuperi, crescendo più della media. Viceversa, se è sopra, potremmo aspettarci un rallentamento. Questa capacità predittiva può diventare un criterio per valutare quanto è buona una scomposizione trend-ciclo.

Così, abbiamo pensato di affrontare l’incertezza del modello mettendo insieme le stime del credit gap ottenute da diversi metodi di scomposizione. E come le abbiamo messe insieme? Pesandole in base alla loro performance nel prevedere, fuori dal campione di stima, l’andamento futuro del rapporto credito/PIL. In pratica, abbiamo fatto una specie di “gara” tra i vari metodi, premiando quelli che si dimostravano più bravi a indovinare. Per assegnare i pesi, abbiamo usato un algoritmo classico, quello di Bates e Granger, che fa proprio questo: dà più peso alle previsioni che storicamente hanno avuto errori più piccoli. E la cosa bella è che questi pesi non sono fissi, ma si aggiornano nel tempo, man mano che nuova informazione diventa disponibile. Questo ci permette di adattarci a eventuali cambiamenti nella capacità predittiva dei singoli metodi.

Un grafico finanziario complesso su un monitor di computer, con linee di tendenza e cicli economici evidenziati, che simboleggia l'analisi del credit gap. Obiettivo macro 60mm, alta definizione, illuminazione controllata per enfatizzare i dettagli del grafico.

Mettiamo alla Prova l’Approccio: USA e UK Sotto la Lente

Abbiamo applicato questo nostro approccio “combinato” ai dati trimestrali del rapporto credito/PIL per gli Stati Uniti e il Regno Unito, coprendo un periodo che va dal primo trimestre 1994 al primo trimestre 2020. Abbiamo considerato ben otto diversi metodi di scomposizione trend-ciclo, tra cui:

  • Il trend lineare e quello quadratico (i più semplici)
  • Il filtro di Hodrick-Prescott (HP) standard
  • La modifica del filtro HP proposta da Ravn e Uhlig
  • La modifica del filtro HP usata dalla BRI (quella di Borio e Lowe)
  • Il modello a componenti non osservate di Clark
  • La scomposizione di Beveridge-Nelson
  • Il filtro di Hamilton (proposto come alternativa all’HP)

Per ciascuno di questi, abbiamo calcolato il credit gap in modo ricorsivo, usando solo l’informazione disponibile fino a quel momento, per simulare una situazione di analisi in tempo reale. Poi, abbiamo usato questi gap “unilaterali” per prevedere le variazioni future del rapporto credito/PIL su orizzonti da 1 a 4 trimestri.

I Risultati Parlano Chiaro: La Combinazione Vince!

Ebbene, i risultati ci hanno dato parecchia soddisfazione! Il nostro credit gap “pesato” e combinato ha mostrato una capacità di previsione superiore rispetto ai gap derivati dai singoli metodi. In particolare, per gli Stati Uniti, abbiamo ottenuto un miglioramento dell’8% nelle previsioni e per il Regno Unito del 6%, rispetto a un modello di riferimento ARMA (un classico modello statistico per serie storiche). E questi miglioramenti non sono casuali, ma statisticamente significativi. Al contrario, il credit gap calcolato con il metodo standard della BRI, in questo esercizio di previsione, ha addirittura performato peggio del modello ARMA base per entrambi i paesi.

Ma non è tutto. Il nostro credit gap combinato si è rivelato anche più stabile, con fluttuazioni di ampiezza minore rispetto a quello della BRI. Questo è abbastanza intuitivo: combinare diverse misure tende a smussare gli estremi. E, cosa forse ancora più importante, il nostro approccio ha mostrato di saper mitigare significativamente il famoso “endpoint problem”. La divergenza tra le stime del gap calcolate usando tutti i dati disponibili (a posteriori, “two-sided”) e quelle calcolate solo con i dati disponibili in tempo reale (prospettiche, “one-sided”) è risultata molto più piccola con il nostro metodo combinato. Questo significa segnali più affidabili per chi deve prendere decisioni basate sui dati più recenti.

Ad esempio, guardando ai grafici, si nota come prima della crisi finanziaria del 2008, entrambe le misure (la nostra combinata e quella BRI) indicassero un rapporto credito/PIL sopra il trend sia negli USA che nel Regno Unito. Tuttavia, ci sono state differenze interessanti. Negli USA, il nostro gap combinato è diventato positivo circa tre anni prima di quello della BRI, segnalando un surriscaldamento già dal 1995, in coincidenza con l’inizio del boom immobiliare. Anche nel Regno Unito, il nostro gap si è positivizzato un anno prima. Dopo la crisi, entrambe le misure sono diventate negative, ma il nostro gap combinato è risultato meno volatile e ha mostrato una ripresa (o meglio, un raggiungimento del punto di minimo del ciclo) leggermente anticipata.

Due curve sovrapposte su un grafico, una più volatile (BIS gap) e una più smussata (combined gap), che illustrano la maggiore stabilità del metodo di forecast combination. Obiettivo prime 50mm, profondità di campo per evidenziare le curve, sfondo neutro.

Implicazioni per chi Guida la Nave (Economica)

Perché tutto questo è importante? Beh, avere una misura più affidabile e stabile del credit gap, che soffra meno del problema dell’endpoint, è fondamentale per la politica macroprudenziale. Come accennavo, il credit gap è uno degli indicatori chiave usati per decidere quando attivare o disattivare i buffer di capitale anticiclici per le banche. Segnali più precoci e meno soggetti a revisioni possono aiutare i policymaker a intervenire in modo più tempestivo ed efficace, contribuendo a una maggiore stabilità finanziaria.

In conclusione, il nostro lavoro suggerisce che, di fronte all’incertezza su quale sia il “miglior” modo per misurare il credit gap, un approccio che combina diverse metodologie, pesandole in base alla loro capacità predittiva, non solo affronta questa incertezza ma porta anche a misure più performanti e robuste. Unire le forze, in questo caso quelle delle previsioni, sembra davvero una strategia vincente!

Fonte: Springer

Articoli correlati

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *