Ritratto fotografico in primo piano di un bambino (circa 10 anni) con espressione pensierosa ma serena, luce naturale laterale che crea profondità, sfondo leggermente sfocato, obiettivo 50mm, stile filmico leggero, che rappresenta la complessità e la potenzialità positiva dei bambini con ADHD.

ADHD e Felicità? Si Può! Scopri Come Misurare il Benessere Oltre i Sintomi

Ciao a tutti! Oggi voglio parlarvi di un argomento che mi sta molto a cuore e che, ne sono certo, interessa tanti genitori, insegnanti e professionisti: l’ADHD nei bambini. Ma non voglio concentrarmi solo sui soliti aspetti, quelli legati alle difficoltà, ai sintomi, alla “patologia”. No, oggi voglio fare un passo in più e guardare all’ADHD da una prospettiva diversa, più completa e, oserei dire, più positiva.

Parliamoci chiaro: quando pensiamo all’ADHD (Disturbo da Deficit di Attenzione/Iperattività), la mente corre subito all’inattenzione, all’iperattività, all’impulsività. Sappiamo che è uno dei disturbi del neurosviluppo più comuni, che colpisce circa il 6-7% dei bambini e che spesso persiste anche in età adulta. E sappiamo anche che questi sintomi possono avere un impatto notevole sulla vita dei ragazzi, a scuola, nelle relazioni con i coetanei, in famiglia.

Per questo, storicamente, la ricerca e la valutazione clinica si sono concentrate quasi esclusivamente sugli aspetti problematici. Si fanno interviste ai genitori, si analizza la storia del bambino, si usano scale di valutazione per misurare la gravità dei sintomi… tutto giustissimo e necessario, intendiamoci. Ma siamo sicuri che basti?

Perché Guardare Solo ai Problemi Non Basta?

L’Organizzazione Mondiale della Sanità ci ricorda da tempo che la salute non è semplicemente “assenza di malattia”, ma uno stato di completo benessere fisico, mentale e sociale. Questo significa che, anche per un bambino con diagnosi di ADHD, limitarsi a misurare i sintomi negativi ci dà solo una parte del quadro. È come guardare una moneta solo da un lato.

E l’altro lato? L’altro lato è la salute mentale positiva: il benessere, la felicità, la capacità di realizzarsi, di avere relazioni positive, di sentirsi parte di una comunità. Trascurare questi aspetti significa avere una visione parziale e potenzialmente fuorviante della reale condizione del bambino. Ecco perché sentivo l’esigenza di integrare questa prospettiva “positiva” nella valutazione dell’ADHD.

Il Modello dei Due Continua: Una Nuova Lente sull’ADHD

Come fare, quindi, a integrare queste due prospettive, quella della patologia e quella del benessere? Esistono diversi modelli teorici, ma uno dei più interessanti e validati è il cosiddetto “Modello dello Stato Completo di Salute” (CSMH) o, più comunemente, Modello dei Due Continua, sviluppato da Corey Keyes.

Cosa dice questo modello? In parole semplici, rompe con l’idea tradizionale che malattia e salute siano i due poli opposti di un’unica linea (o stai male o stai bene). Invece, propone che la malattia mentale (la presenza di sintomi psicopatologici) e la salute mentale positiva (la presenza di benessere) siano due dimensioni distinte, anche se correlate. Sono come due binari paralleli: si può avere un alto livello di sintomi di ADHD e, contemporaneamente, un buon livello di benessere, o viceversa. Oppure si possono avere entrambi alti o entrambi bassi.

Questa visione è rivoluzionaria, soprattutto per l’ADHD, perché implica che la presenza della diagnosi non significa automaticamente l’assenza di felicità o di capacità di prosperare. Ci siamo quindi chiesti: questo modello funziona anche per i bambini con ADHD? Finora, nessuno studio lo aveva verificato specificamente per questo disturbo.

Fotografia macro di due diverse piante che crescono vicine ma separate nello stesso vaso, illuminazione controllata, alta definizione, a simboleggiare la coesistenza distinta di psicopatologia (ADHD) e benessere mentale positivo. Obiettivo macro 100mm.

Cosa Abbiamo Scoperto? I Risultati dello Studio

Per rispondere a questa domanda, abbiamo condotto uno studio su un campione di 124 bambini e ragazzi spagnoli (dagli 8 ai 18 anni) con diagnosi di ADHD, che erano in trattamento psicologico da almeno un anno. Abbiamo misurato sia i sintomi dell’ADHD (usando la scala ADHD-RS-IV compilata dai genitori e da uno psicologo clinico) sia il benessere mentale positivo (usando il questionario Mental Health Continuum Short Form, MHC-SF, che valuta tre tipi di benessere: edonico, psicologico e sociale).

Cosa è emerso dall’analisi dei dati (in particolare, da un’Analisi Fattoriale Esplorativa)? Proprio quello che ipotizzavamo in base al Modello dei Due Continua! Sono emerse chiaramente due dimensioni distinte ma correlate:

  • Una dimensione legata alla psicopatologia (con i sintomi di inattenzione e iperattività/impulsività dell’ADHD).
  • Una dimensione legata alla salute mentale positiva (con gli indicatori di benessere edonico, psicologico e sociale).

Questo conferma che, anche nei bambini con ADHD, i sintomi del disturbo e il benessere sono due cose separate. Certo, sono correlate (abbiamo trovato una correlazione negativa, anche se non fortissima, tra le due), ma non sono la stessa cosa né l’uno l’opposto dell’altro.

Un dettaglio interessante: quando siamo andati a vedere più da vicino le correlazioni, abbiamo notato che i sintomi dell’ADHD erano significativamente correlati negativamente con il benessere psicologico (es. autostima, relazioni positive, scopo nella vita) e con il benessere sociale (es. sentirsi parte di una comunità, contribuire alla società), ma non in modo significativo con il benessere edonico (es. provare felicità, soddisfazione per la vita). Sembra quasi che l’ADHD impatti di più sulla capacità di “funzionare bene” a livello personale e sociale, piuttosto che sulla capacità di provare piacere o felicità nel momento. Una scoperta su cui riflettere!

L’Intervista Semistrutturata: Un Nuovo Strumento nel Cofanetto

Sappiamo però che chiedere direttamente ai bambini e agli adolescenti come si sentono, usando questionari self-report, può avere dei limiti. A volte faticano ad avere consapevolezza dei propri stati interni (capacità introspettiva), altre volte possono tendere a sovrastimare le proprie competenze (il cosiddetto “positive illusionary bias”, comune nell’ADHD).

Per questo, oltre ai questionari, abbiamo voluto sviluppare e testare un nuovo strumento: un’intervista semi-strutturata, basata sempre sui criteri del Modello dei Due Continua, condotta da uno psicologo clinico esperto in psicologia positiva. L’obiettivo era ottenere una “diagnosi categoriale” della presenza o assenza di salute mentale positiva, basata su criteri specifici (provare emozioni positive, soddisfazione, autonomia, autostima, relazioni positive, crescita personale, integrazione sociale, ecc.).

E qui la sorpresa: usando questa intervista, ben 112 bambini su 124 (cioè il 90%!) soddisfacevano i criteri per avere una “salute mentale positiva”, nonostante la diagnosi di ADHD! Attenzione, questo non significa che l’ADHD non sia un problema, ma suggerisce che anche con l’ADHD si può stare bene. C’è da dire che il nostro campione era composto da ragazzi in trattamento da tempo, e questo potrebbe aver contribuito a migliorare il loro benessere. L’intervista, quindi, potrebbe essere uno strumento sensibile per cogliere questi miglioramenti.

Ritratto fotografico di un bambino sorridente (8-10 anni) che interagisce positivamente con un adulto (terapeuta/genitore) in un ambiente luminoso e accogliente, profondità di campo, obiettivo 35mm, toni caldi e rassicuranti.

Cosa Significa Tutto Questo per Genitori e Professionisti?

Il messaggio chiave che emerge da questa ricerca è semplice ma potente: per avere un quadro completo della salute mentale di un bambino con ADHD, non possiamo limitarci a valutare i sintomi negativi. Dobbiamo assolutamente includere nei nostri protocolli di valutazione anche delle misure del benessere e della qualità della vita.

Questo approccio “bi-dimensionale” ci permette di:

  • Capire meglio l’impatto reale dell’ADHD sulla vita del bambino, al di là dei soli sintomi.
  • Identificare i punti di forza e le risorse del bambino, non solo le sue debolezze.
  • Monitorare l’efficacia degli interventi non solo sulla riduzione dei sintomi, ma anche sull’aumento del benessere.
  • Promuovere interventi che non mirino solo a “curare” la patologia, ma anche a coltivare attivamente la salute mentale positiva.

Sapere che l’ADHD impatta soprattutto sul benessere psicologico (come l’autostima, che spesso è bassa in questi ragazzi) e sociale (le difficoltà nelle relazioni con i pari e in famiglia sono note, e purtroppo aumenta anche il rischio di bullismo) ci dà indicazioni preziose su dove concentrare gli sforzi per supportarli al meglio.

Limiti e Prospettive Future

Come ogni studio, anche il nostro ha dei limiti. Il campione proveniva da un’unica associazione di pazienti, quindi i risultati potrebbero non essere generalizzabili a tutti i bambini con ADHD. Inoltre, non avevamo dati longitudinali, cioè non abbiamo potuto misurare il benessere prima e dopo l’inizio del trattamento. Sarebbe importantissimo, in futuro, fare studi che seguano i bambini nel tempo per vedere come il trattamento (psicologico e/o farmacologico) influenzi non solo i sintomi, ma anche i diversi aspetti del benessere, magari usando proprio la nostra intervista semi-strutturata come misura di cambiamento.

Nonostante questi limiti, credo fermamente che questo studio apra una porta importante. Ci ricorda che dietro la sigla “ADHD” c’è un bambino intero, con le sue fatiche ma anche con le sue potenzialità di felicità e realizzazione. Misurare e coltivare la salute mentale positiva non è un optional, ma una parte essenziale del percorso di cura e supporto per questi ragazzi e le loro famiglie.

Spero che questo viaggio nella ricerca vi sia piaciuto e vi abbia offerto spunti utili!

Fonte: Springer

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