Primo piano di un diario alimentare aperto accanto a un piatto con una porzione modesta di insalata colorata. Sullo sfondo sfocato, una persona anziana con espressione pensierosa guarda fuori da una finestra. Luce naturale morbida, obiettivo prime 50mm, profondità di campo ridotta per isolare il diario e il piatto.

Dieta e Bugie: Quanto Siamo Onesti (Davvero) su Ciò che Mangiamo?

La sfida di sapere cosa mangiamo davvero

Sapete, quando si parla di dieta e nutrizione, una delle cose più difficili è capire esattamente quanto mangiamo. Ci proviamo, eh! Teniamo diari alimentari, usiamo app, rispondiamo a questionari… ma siamo davvero così precisi? La scienza ci dice: “non proprio”. Questo fenomeno si chiama misreporting dietetico, ed è un bel grattacapo per chi fa ricerca e per chi cerca di seguire un piano alimentare.

Il problema più noto è l’under-reporting: tendiamo a dichiarare meno calorie di quelle che consumiamo realmente. Succede a tutti, magari per dimenticanza, per stime errate delle porzioni, o forse anche per un desiderio inconscio di apparire più “virtuosi”. Ma c’è anche l’altra faccia della medaglia, meno discussa ma altrettanto insidiosa: l’over-reporting, cioè dichiarare più di quanto si è mangiato. Questo può mascherare carenze nutrizionali o far sembrare efficaci diete che non lo sono.

Recentemente mi sono imbattuto in uno studio affascinante che ha messo il dito proprio in questa piaga, concentrandosi su un gruppo specifico: persone anziane (over 50) con sovrappeso o obesità. Perché proprio loro? Perché spesso in questa fascia d’età e condizione di peso, le discrepanze tra apporto calorico dichiarato e reale possono essere più marcate e avere implicazioni importanti per la salute.

Come si smascherano le calorie nascoste (o inventate)?

Allora, come hanno fatto questi ricercatori a confrontare quello che le persone dicevano di mangiare con la realtà? Hanno usato metodi scientifici tosti!

  • Il racconto dei partecipanti (rEI): Hanno chiesto ai partecipanti di compilare dei richiami dietetici delle 24 ore (usando un sistema computerizzato chiamato ASA24®) più volte nell’arco di due settimane. Questo è l’apporto energetico riportato (rEI).
  • La misura oggettiva (il gold standard): Qui entra in gioco la tecnologia! Hanno misurato il dispendio energetico reale (mEE) usando l’acqua doppiamente marcata (DLW). In pratica, fai bere ai partecipanti acqua con isotopi speciali (innocui!) e poi analizzi le urine per vedere quanto velocemente il corpo li elimina. Questo dà una misura super precisa di quante calorie brucia una persona.
  • La novità – L’apporto energetico misurato (mEI): Ma aspettate, c’è di più! Bruciare calorie (dispendio) non è sempre uguale a introdurle (apporto), specialmente se il peso corporeo cambia. Quindi, i ricercatori hanno calcolato anche l’apporto energetico misurato (mEI). Come? Combinando il dispendio (mEE) con le variazioni delle riserve energetiche del corpo (cioè i cambiamenti di massa grassa e magra, misurati con un’altra tecnica precisa, la QMR). Questo mEI rappresenta una stima più diretta di quante calorie sono state effettivamente introdotte.

L’obiettivo dello studio era confrontare due modi per classificare i diari alimentari come “plausibili”, “sotto-riportati” o “sovra-riportati”:

  • Metodo 1 (Standard): Confrontare l’apporto riportato (rEI) con il dispendio misurato (mEE). Questo è il metodo classico, che però assume che il peso sia stabile (bilancio energetico).
  • Metodo 2 (Nuovo): Confrontare l’apporto riportato (rEI) con l’apporto misurato (mEI). Questo nuovo approccio tiene conto delle variazioni di peso e composizione corporea.

Fotografia macro di una penna sospesa sopra un diario alimentare aperto, con numeri e nomi di cibi scritti a mano. Luce laterale morbida che crea ombre delicate, obiettivo 60mm macro, alta definizione dei dettagli della carta e dell'inchiostro.

Cosa abbiamo scoperto? Le sorprese non mancano!

I risultati sono stati illuminanti, e ve li racconto in modo semplice. Prima di tutto, una conferma: circa il 50% dei partecipanti tendeva a sotto-riportare le calorie, indipendentemente dal metodo usato per verificarlo. Mezzo secolo di studi lo dice, e questa ricerca lo ribadisce: ci “dimentichiamo” spesso di quello che finisce nel piatto!

Ma la vera sorpresa è arrivata con l’over-reporting. Il metodo standard (Metodo 1) ha classificato come “sovra-riportati” solo il 10% dei casi. Il nuovo metodo (Metodo 2), invece, ha alzato questa percentuale al 24%! Questo significa che quasi un quarto dei partecipanti dichiarava di mangiare più di quanto facesse in realtà, e il metodo classico se ne sarebbe perso una buona parte.

Perché questa differenza? Probabilmente perché durante le due settimane dello studio, i partecipanti, pur essendo stati istruiti a mangiare come al solito, hanno avuto piccole variazioni di peso e massa grassa (monitorare la dieta a volte porta a cambiare comportamento, anche inconsciamente!). Il Metodo 2, tenendo conto di queste variazioni, è riuscito a dare un quadro più fedele dell’apporto calorico reale e, di conseguenza, a smascherare meglio sia chi mangiava di più di quanto dicesse, sia chi mangiava di meno.

Il legame tra calorie (vere e presunte) e peso corporeo

Un altro punto cruciale: i ricercatori hanno verificato se l’apporto calorico fosse collegato al peso corporeo e all’Indice di Massa Corporea (BMI). Com’era prevedibile, l’apporto energetico misurato (mEI) era significativamente associato a peso e BMI più alti: chi pesa di più, generalmente, ha bisogno di più energia.

E l’apporto calorico riportato dai partecipanti (rEI), quello “grezzo” senza correzioni? Nessuna correlazione significativa con peso o BMI! Questo dimostra quanto possano essere fuorvianti i dati auto-riferiti se presi così come sono.

La buona notizia è che applicando i metodi di “pulizia” (sia il Metodo 1 che il Metodo 2) per tenere solo i dati considerati “plausibili”, la correlazione tra apporto calorico (questa volta “corretto”) e misure antropometriche migliorava. In particolare, il Metodo 2 sembrava ridurre maggiormente il “bias”, cioè l’errore sistematico, avvicinando di più i dati riportati alla realtà fisiologica che lega l’apporto energetico al peso corporeo. Non eliminava completamente l’errore, attenzione, ma faceva un lavoro migliore nel ridurlo, specialmente per quanto riguarda il peso.

Immagine concettuale scientifica: silhouette di una persona anziana sovrapposta a grafici astratti di bilancio energetico (frecce entranti/uscenti). Colori caldi e freddi (es. rosso e blu duotone) per indicare apporto e dispendio. Profondità di campo che sfoca lo sfondo.

Perché tutto questo è importante per noi?

Forse vi starete chiedendo: “Ok, interessante, ma a me cosa cambia?”. Cambia, cambia! Capire quanto siano affidabili i metodi con cui raccogliamo informazioni sulla dieta è fondamentale per:

  • La ricerca scientifica: Studi che si basano su dati dietetici imprecisi possono portare a conclusioni sbagliate sulle relazioni tra cibo, salute e malattia.
  • Le raccomandazioni nutrizionali: Linee guida basate su dati “sballati” potrebbero non essere efficaci.
  • La pratica clinica: Un nutrizionista o un medico che si fida ciecamente di un diario alimentare potrebbe dare consigli non adatti al paziente.

Questo studio suggerisce che, quando possibile (soprattutto nella ricerca), usare metodi che confrontano l’apporto calorico riportato con l’apporto energetico misurato (mEI), tenendo conto delle variazioni corporee, potrebbe essere più accurato rispetto al classico confronto con il solo dispendio energetico (mEE).

Certo, misurare mEE con DLW e le variazioni di composizione corporea con QMR è costoso e complesso, non fattibile su larga scala per tutti. Ma anche solo essere consapevoli di questi limiti e potenzialità è un passo avanti. Ci ricorda di prendere sempre con un pizzico di sale (metaforico!) i numeri che scriviamo sui nostri diari alimentari.

La strada per una misurazione perfetta dell’apporto dietetico è ancora lunga, ma ricerche come questa ci aiutano a fare passi avanti, fornendoci strumenti e consapevolezze per interpretare meglio quel complesso, affascinante e a volte un po’ “bugiardo” rapporto che abbiamo con il cibo.

Fonte: Springer

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