Un cervello stilizzato diviso a metà: una parte calma e chiara rappresentante la mindfulness, l'altra ingarbugliata e piena di simboli di bias cognitivi come dadi truccati e grafici distorti. Illuminazione drammatica laterale, obiettivo 50mm, stile fotorealistico ma concettuale, sfondo scuro.

Mindfulness Socio-Cognitiva Online: La Promessa Infranta sui Bias Cognitivi?

Siamo onesti, chi non vorrebbe una scorciatoia per pensare meglio? In un mondo pieno di decisioni complesse e trappole mentali, l’idea di migliorare la nostra lucidità con un piccolo intervento online suona quasi troppo bella per essere vera. E forse, come suggerisce una recente ondata di ricerche (inclusa la nostra!), lo è davvero, almeno per quanto riguarda una specifica forma di “mindfulness lampo”.

Parliamo della mindfulness socio-cognitiva, un concetto sviluppato principalmente da Ellen Langer, che è diverso dalla mindfulness meditativa più conosciuta, quella legata alla tradizione buddista e alle pratiche di meditazione. Mentre quest’ultima si coltiva con la pratica regolare, la mindfulness socio-cognitiva, secondo Langer, è più uno stato mentale, un modo di funzionare cognitivamente focalizzato sull’apertura a nuove informazioni, sull’impegno attivo con l’ambiente e sulla creazione di nuove distinzioni (cioè, vedere le cose da più prospettive). La parte affascinante? Si pensava che potesse essere indotta quasi istantaneamente, con interventi brevissimi.

La Scintilla Iniziale: Una Promessa Allettante

Qualche anno fa, uno studio (Maymin e Langer, 2021) ha fatto parecchio rumore. Suggeriva che un breve intervento online di mindfulness socio-cognitiva (chiamiamolo BSCMI) potesse ridurre significativamente la nostra tendenza a cadere nei cosiddetti bias cognitivi. I bias cognitivi sono quelle deviazioni sistematiche dal pensiero razionale, scorciatoie mentali che spesso ci portano fuori strada (avete presente l’effetto “vedo conferme ovunque” o il “costo irrecuperabile”? Ecco, quelli).

Lo studio originale affermava che bastava un semplice esercizio online, come chiedere ai partecipanti di “notare tre cose nuove” nel loro ambiente, per renderli significativamente più “razionali” nel rispondere a quesiti classici sui bias cognitivi. Addirittura, secondo gli autori, non c’era “bisogno di meditazione, training psicologico o educazione statistica”. Una vera rivoluzione, no? Peccato che, come spesso accade nella scienza, le cose non fossero così semplici.

La Prova del Nove: Replicare è Fondamentale

Come ricercatori, sappiamo bene che un singolo studio, specialmente se basato su un campione relativamente piccolo (circa 100 persone nell’originale) e con metodi statistici un po’ insoliti, va preso con le pinze. La replicazione è il cuore del metodo scientifico: se un effetto è reale, dovremmo poterlo osservare di nuovo, in condizioni simili ma con nuovi partecipanti e, magari, analisi più robuste.

Così, ci siamo messi all’opera. Abbiamo condotto non uno, ma due studi randomizzati controllati (RCT) online, molto più grandi (quasi 600 partecipanti nel primo, oltre 300 nel secondo), per vedere se riuscivamo a replicare quei risultati così promettenti. Abbiamo usato gli stessi tipi di compiti sui bias cognitivi e, nel secondo studio, l’intervento BSCMI completo descritto nello studio originale. Per essere ancora più sicuri, abbiamo anche rianalizzato i dati originali di Maymin e Langer, usando però metodi statistici standard (come t-test e test non parametrici, cose che si usano comunemente per confrontare gruppi).

Primo piano di una persona che interagisce con un'interfaccia online su un laptop, l'interfaccia mostra elementi astratti legati alla mindfulness o al pensiero. Illuminazione da ufficio morbida, obiettivo 50mm, leggera profondità di campo.

Il Verdetto: Un Effetto Fantasma?

E qui, come si suol dire, casca l’asino. I risultati dei nostri due studi sono stati netti: nessuna differenza significativa tra i gruppi che hanno ricevuto l’intervento BSCMI e i gruppi di controllo (che non facevano nulla di particolare) nella performance sui compiti dei bias cognitivi. Non solo: nel secondo studio, abbiamo anche misurato la mindfulness socio-cognitiva con un questionario specifico (il Langer Mindfulness Survey, LMS), e anche lì, nessun aumento significativo nel gruppo che aveva fatto l’intervento.

La ciliegina sulla torta? La nostra rianalisi dei dati originali di Maymin e Langer ha dato lo stesso risultato: usando test statistici standard, l’effetto miracoloso svaniva. Non c’era una differenza statisticamente significativa né sui bias cognitivi, né sui livelli di mindfulness socio-cognitiva tra i gruppi dello studio originale.

Sembra proprio che l’effetto “enorme” riportato inizialmente fosse, molto probabilmente, un artefatto del metodo statistico non convenzionale utilizzato (basato su un test binomiale applicato in modo discutibile, senza tenere conto dell’errore di campionamento). Questa non è una critica isolata: problemi simili sono stati sollevati anche per altri studi nell’ambito della mindfulness socio-cognitiva.

Ma Allora Cosa Influenza i Bias Cognitivi?

Se questi interventi flash non funzionano, cosa ci rende più o meno suscettibili ai bias? I nostri studi, esplorando altre variabili, hanno trovato alcune associazioni interessanti, in linea con ricerche precedenti:

  • Età e Genere: I partecipanti più giovani e di genere maschile tendevano ad avere performance migliori (cioè, meno bias). La differenza di genere potrebbe essere legata, in parte, a differenze nelle abilità numeriche e statistiche, dato che molti compiti sui bias hanno una natura matematica.
  • Riflessione Cognitiva: Chi tendeva a fermarsi a riflettere di più (misurato con test specifici come l’ECRT) cadeva meno nei bias. Logico: i bias spesso nascono da risposte intuitive e automatiche.
  • Razionalità Auto-Percepita: Chi si descriveva come più razionale (usando questionari come il REI-S24) tendeva effettivamente a performare meglio.
  • Mindfulness Meditativa (Tratto): Qui le cose si fanno interessanti. Un tratto di mindfulness meditativa più alto (misurato con il FFMQ) era associato a meno bias. Questo suggerisce un legame tra la capacità di essere presenti e non giudicanti (tipica della mindfulness meditativa) e un pensiero più accurato, anche se questa associazione spariva quando si consideravano anche riflessione e razionalità.
  • Pratica di Meditazione: Sorprendentemente, una maggiore frequenza di pratica meditativa era associata a performance peggiori nei compiti sui bias. Questo risultato è controintuitivo e necessita di ulteriori indagini. Potrebbe essere legato al fatto che la pratica meditativa spesso enfatizza aspetti spirituali che, secondo alcune ricerche, potrebbero essere negativamente associati alla riflessione cognitiva, oppure la misura della “pratica” era troppo generica.

Una bilancia della giustizia sbilanciata, su un piatto una piuma etichettata 'Mindfulness Breve', sull'altro un peso maggiore etichettato 'Bias Cognitivi'. Sfondo neutro e pulito, obiettivo macro 90mm, alta definizione, illuminazione da studio.

Questi risultati sottolineano come la riduzione dei bias cognitivi sia probabilmente un processo complesso, influenzato da tratti di personalità, abilità cognitive e, forse, da forme di training mentale più strutturate e prolungate della mindfulness meditativa, piuttosto che da “pillole magiche” di mindfulness socio-cognitiva.

Limiti e Prospettive Future

Ovviamente, anche la nostra ricerca ha dei limiti. I partecipanti erano prevalentemente giovani, istruiti e occidentali. Gli studi erano online, rendendo difficile controllare perfettamente l’aderenza all’intervento. Non abbiamo usato tutti i 22 compiti sui bias dello studio originale (ma una selezione ragionata).

Tuttavia, i risultati sono abbastanza chiari da suggerire cautela. Interventi di mindfulness socio-cognitiva molto brevi potrebbero semplicemente non essere sufficienti per indurre cambiamenti misurabili né nello stato di mindfulness socio-cognitiva né, tantomeno, per ridurre bias cognitivi radicati.

Cosa fare ora? Servono più ricerche:

  • Indagare interventi di mindfulness socio-cognitiva più lunghi e complessi.
  • Sviluppare e validare misure migliori sia per la mindfulness socio-cognitiva che per i bias cognitivi (considerando anche l’impatto delle abilità numeriche).
  • Continuare a esplorare le differenze e le possibili sinergie tra mindfulness socio-cognitiva e meditativa.
  • Assicurare rigore metodologico e statistico, specialmente negli studi online, e promuovere la trasparenza (open science).

In Conclusione: Niente Scorciatoie Facili

La morale della favola? Diffidate delle soluzioni troppo semplici a problemi complessi. L’idea di poter “hackerare” la nostra mente e sconfiggere i bias cognitivi con pochi minuti di un esercizio online era affascinante, ma, almeno per ora, non sembra supportata da prove scientifiche solide quando analizzata con rigore.

La mindfulness, soprattutto quella meditativa coltivata con costanza, può avere molti benefici, ma ridurre i nostri bias cognitivi richiede probabilmente uno sforzo più consapevole, che coinvolge riflessione, apprendimento e forse interventi più strutturati. La mente umana è complessa, e cambiarne le abitudini richiede tempo e impegno, non solo un click.

Fonte: Springer

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